Politiche attive del Lavoro – RdC improprio – RdC vero
Documentazione
ANNOTAZIONI
I) Il Reddito di Cittadinanza, introdotto nell’ordinamento per merito del M5S, sappiamo essere essenzialmente un provvedimento di contrasto alla povertà, un’estensione del precedente (e tuttora vigente) REI (Reddito di Inclusione Sociale, introdotto dal Governo Gentiloni prima delle ultime elezioni politiche). La CGIL non si è schierata contro la misura, ma ne ha contestato la sua efficacia come strumento di politica attiva del lavoro. Landini, nella dichiarazione che riporto di seguito lo ha chiarito molto bene. Occorre dire che la chiarezza di Landini arriva nel contesto di un dibattito politico confuso in cui fino all’emergenza coronavirus è sembrata prevalere una posizione pregiudizialmente sfavorevole (i maggiori oppositori del RdC sono da sempre stati Fratelli d’Italia e Renzi; un po’ meno decisa la Lega).
La posizione della CGIL
LABIT Napoli, 20 novembre 2019
Il leader della Cgil, Maurizio Landini, oggi è intervenuto all’incontro sul Mezzogiorno organizzato dal Sindacato regionale.
Il segretario sul reddito di cittadinanza ha detto che mancano “dati dettagliati, abbiamo chiesto da tempo sia all’Inps che oggi gestisce sia al Governo di poter avere un confronto di merito. Un confronto per poter capire come ha funzionato perché noi non siamo mai stati contrari all’idea che servono strumenti per combattere la povertà, esiste e va affrontata. La nostra critica è sempre stata il collegamento un po’ forzato tra reddito di cittadinanza e la creazione di posti di lavoro. Continuiamo a pensare che non sono i centri per l’impiego a doverli creare, il lavoro si crea se ripartono gli investimenti. Credo che questo sia il nodo debole che va affrontato e va fatta una discussione di merito per capire esattamente i dati di come questo sistema ha funzionato. Non abbiamo pregiudizi – ha proseguito Landini -vogliamo però capire se ha funzionato anche perché combattere la povertà non è soltanto una questione di reddito. Se si va a vedere sui territori cosa significa combattere la povertà possiamo trovarci di fronte a un problema che riguarda per esempio i servizi, la non autosufficienza, la scuola, quindi in alcuni casi combattere la povertà vuole anche dire mettere nelle condizioni i territori, in senso generale le istituzioni per potere avere anche strumenti che sono in grado di affrontare questi temi”.
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L’8 febbraio 2019, il sindacalista ha sostenuto che “nel provvedimento che loro chiamano Reddito di Cittadinanza, hanno mescolato due cose, hanno mescolato la lotta alla povertà alle politiche per il lavoro, e il rischio che noi vediamo è che venga fuori un ibrido che rischi di fare male sia all’una che all’altra cosa”.
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II) Le politiche attive del Lavoro sono altra cosa, tuttavia in talune circostanze il RdC ha spinto verso occupazioni, perlopiù di basso valore. Non dispongo dei dati, ma si dice che su questo versante il RdC sia stato un fallimento.
Altra cosa è invece il “reddito minimo garantito”, di cui in ogni caso bisognerebbe disporre con apposita legge (sembrerebbe possa farsi in fretta dato l’accordo tra Pd, Leu e M5S).
In tema di politiche del lavoro, ultima arriva la proposta di legge del Pd.
ECCO UNA NOTA SPAMPA dell’Agenzia DIRE
ROMA – Lavorare meno, lavorare tutti, ma guadagnare meno. Il Pd rielabora un’ormai datata formula sulla proposta di riduzione dell’orario di lavoro. Se la storica misura, avanzata nel 1998 da Rifondazione Comunista, prevedeva la riduzione a 35 ore ma inderogabilmente a parita’ di salario, il Pd infrange il tabu e propone: lavorare meno, ma anche guadagnare meno.
Non e’ la scoperta dell’acqua calda ma una misura al passo con la crisi innescata violentemente dal coronavirus, che oggettivamente produrra’ un calo della produzione. Cosi’ la proposta di legge depositata dai deputati Stefano Lepri, Maurizio Martina, Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Chiara Gribaudo prevede “contratti stabili meno costosi fino a 30 ore settimanali, incentivi ai part-time volontari, penalizzazione fiscale delle ore di straordinario oltre una data soglia, part-time come prassi nel pubblico impiego”.
Si tratta di quattro proposte che possono portare 750 mila occupati in piu’ all’anno, ma anche una riduzione dei salari. Spiega Maurizio Martina: “Ci ispiriamo al modello tedesco, prevedendo non piu’ di 42 ore settimanali, straordinari inclusi. L’Italia ha un gap da colmare con la Germania: lavoriamo di piu’, 180 ore contro 160 al mese, ma con una produttivita’ piu’ bassa. Puntiamo a trasformare l’eccesso di straordinario in occupazione aggiuntiva“.
Lepri osserva: “Si parla molto di riduzione dell’orario si lavoro a parita’ di salario ma l’ipotesi non funziona, si perde competitivita’. Anche la Francia che aveva introdotto le 35 ore poi e’ tornata indietro. In attesa che il Pil riparta, non ci resta che fare fette piu’ piccole della torta che abbiamo, anziche’ lasciare le persone fuori dal mercato del lavoro a vivere di espedienti o di reddito di cittadinanza”.
Se tutte le aziende assumessero con le risorse che si libererebbero dal taglio delle ore, potrebbero esserci 750 mila nuovi occupati: 150 mila dalla defiscalizzazione dei contratti a 30 ore e del part-time volontario, 100 mila grazie alla “quota 30” nella Pubblica amministrazione e almeno 500 mila dal disincentivo delle ore di straordinario.
La proposta si inserisce nel dibattito tra governo e industriali sulla rimodulazione dell’orario a parita’ di salario. La ministra Catalfo prevede di dare la possibilita’ alle imprese di trasformare un monte ore della produzione in ore di formazione pagate dallo stato. I lavoratori riceverebbero lo stesso salario. Ma Confindustria dice no e annuncia le barricate. Ora la proposta del Pd: lavori meno e guadagni meno, ma lavorano tutti. O almeno si spera
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III) Il RdC vero, quello sostenuto da Sabattini con i grandi economisti da Keynes in poi è ancora altra cosa: si tratta di un reddito incondizionato e universale, che – sostiene Sabattini – non s’iscrive né come mezzo di contrasto alla povertà, né come provvedimento teso a creare lavoro, anche se servirebbe per ambedue gli scopi. Si veda la produzione editoriale del prof. Sabattini, sintetizzata nell’ultimo suo articolo apparso su Democraziaoggi, aladinpensiero, il manifesto sardo: http://www.democraziaoggi.it/?p=6609
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CONCLUSIONI CHE CON CONCLUDONO
Nel tempo del coronavirus tutto sembra ulteriormente incasinarsi, anche con scambi di posizioni tra favorevoli e contrari e, udite udite!, anche Trump e il Papa (e non solo) sembrerebbero schierarsi per un reddito di cittadinanza incondizionato e universale! Tutto da chiarire. Intanto tutti i paesi introducono misure di emergenza per quanti sono rimasti senza risorse (in Italia tra poco sarà introdotto il Reddito di emergenza, ulteriore misura che si aggiunge a quelle esistenti).
E’ comunque aperto un grande e interessante dibattito, che riguarda il tempo oltre l’emergenza. Noi (CoStat, Scuola, Blog) ne siamo partecipi, da tempo!
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Quanto all’uscita di Bonaccini, la penso come il Sindacato dei COBAS (pensa tu!), che riporto da una loro News online.
Sulle dichiarazioni di Bonaccini sul reddito di cittadinanza e il lavoro in agricoltura
Bonaccini Vergogna!
18 aprile 2020
RUBRICA: SINDACATO SOCIALE
Contro il #caporalato ed il Covid-19 servono garanzie di sicurezza, diritti e #reddito, non mandare le persone a lavorare senza tutele!
“Essendo andati via per la gran parte i lavoratori stranieri, chi prende il Reddito di cittadinanza può cominciare ad andare a raccogliere la frutta e la verdura nei campi così restituisce un po’ quello che prende”.
Queste sono le incredibili parole usate del Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ad un convegno della Bologna Business School.
L’attacco è diretto a quelle migliaia di persone in difficoltà economica che prima dell’emergenza e ora ancora di più non possono far altro che richiedere questa (seppur insufficiente) forma di sostegno al reddito.
Lo schema è il solito: colpevolizzare i poveri, farli sentire in debito per la loro condizione e pretendere per questo che siano disponibili a sottoporsi a qualsiasi forma di sfruttamento. Perché molto spesso di questo si parla, soprattutto quando si ha a che fare del lavoro dei campi.
Basti pensare che solo ieri sono stati eseguiti quattro arresti per caporalato agricolo nella provincia di Forlì!
La stessa Giunta regionale riconosce che anche nella nostra Regione “molti braccianti vivono in condizioni igieniche precarie, senza acqua corrente, cibo scarso (…) rischiando di ammalarsi e di contribuire al rischio di contagi nei luoghi, spesso ghetti” (https://www.regione.emilia-romagna.it/…/caporalato-in-romag…).
Eppure evidentemente per Bonaccini la priorità non è assicurare condizioni di sicurezza sul lavoro e garantire salario dignitoso e rispetto dei diritti, elementi fondamentali affinché il necessario lavoro nei campi sia etico e sostenibile, ma sostituire al più presto il “tradizionale” bacino di sfruttamento (rappresentato dai lavoratori migranti) con un altro (chi percepisce la misura assistenziale del RdC), costi quel che costi.
Quello di cui c’è invece bisogno urgente è una moratoria sui permessi di soggiorno per consentire ai lavoratori migranti di essere meno ricattabili e il riconoscimento di una misura di Reddito universale allargando la platea dell’attuale Reddito di Cittadinanza.
D’altronde lo hanno scritto non più di due settimane fa, tra gli altri, persino la Vicepresidente della Regione Emilia Romagna e il capogruppo di E.R.C.: peccato che il Presidente non sembra essere molto d’accordo…
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