Il diritto non va in quarantena

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La bussola della costituzione
di Beppe Andreozzi

Fa specie vedere l’ex ministro dell’interno e vicepremier, ora soltanto senatore, invocare il rispetto della costituzione e la centralità del parlamento.

È la stessa persona che appena otto mesi fa, ad agosto, si esprimeva in questo modo: «Chiedo agli italiani di darmi pieni poteri per fare quello che abbiamo promesso di fare fino in fondo, senza rallentamenti e senza palle al piede…» (così definendo i vari passaggi e i delicati equilibri fra poteri dello Stato e sue articolazioni, caratteristici di una democrazia parlamentare).

Fa specie, ancora, vedere sulle barricate, in difesa della “riserva di legge” contro i decreti del primo ministro, alcuni presidenti di regione che giusto alcuni giorni prima si erano distinti a loro volta come autori di provvedimenti limitativi delle libertà personali.

Il problema però si pone e credo se ne possa parlare senza essere obbligati a schierarsi fra le due tifoserie in campo.
[segue]
Nessuno può ragionevolmente contestare la necessità di misure “restrittive” per contrastare l’emergenza epidemiologia e, in larga parte, la loro bontà nel merito (non a caso altre nazioni ne hanno adottate di simili, anche con colpevole ritardo).

Tutto questo però può essere compiuto nel rispetto dell’ordinamento che ci siamo dati, come ha ricordato nei giorni scorsi, con garbo, ma anche con la giusta fermezza, la presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia: «la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali; e ciò per una scelta consapevole. Ma offre la bussola anche per ‘navigare per l’alto mare aperto’ nei tempi di crisi».

La strada maestra è perciò quella della legge, il cui contenuto può essere anticipato con “decreti legge” emanati in via d’urgenza dal governo, sottoposti prima al vaglio del presidente della Repubblica che li emana e poi alla conversione in legge ad opera del parlamento entro i successivi sessanta giorni.

Occorre ragionare, inoltre, sul contenuto delle misure limitative delle libertà costituzionali, che devono essere sempre frutto di un attento contemperamento di tutti gli interessi in gioco: la tutela della salute, i diritti della persona, la libertà di impresa, il diritto all’istruzione etc.

Non è questione di poco conto. Proprio alla stregua del delicato equilibrio fra i valori tutelati dalla costituzione, ad esempio, noi e la generalità dei Paesi democratici abbiamo rinunziato ad accorgimenti che pure costituirebbero un formidabile deterrente alla delinquenza comune e al terrorismo.

Si pensi alla possibilità di munire tutti i cittadini di “microchip”, come quelli in uso per gli animali domestici, allo scopo di monitorare con precisione i nostri movimenti; di formare una banca dati contenente il DNA di ciascuno di noi, per poter identificare l’appartenenza delle tracce biologiche nei teatri di eventi delittuosi; di controllare la corrispondenza elettronica, il contenuto di conversazioni telefoniche etc. anche fuori dai casi di gravi indizi di reato e senza il controllo dell’autorità giudiziaria.

Si tratta di strumenti astrattamente idonei a ridurre in modo drastico i comportamenti criminosi, ai quali tuttavia preferiamo rinunciare, tutti, anche quelli fra noi che non avrebbero alcuna ragione di temerli, proprio in nome di un bene superiore come quello della libertà.

Sostegno al governo in questa difficile navigazione, dunque, senza però rinunziare all’affermazione dei principi sui quali è stata costruita la nostra civile convivenza.
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La foto.
Seattle, Washington. Dicembre 1918. I poliziotti indossano mascherine realizzate dalla Croce Rossa Nazionale Americana durante l’epidemia di influenza.

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