Tempo obbligato di riflessione
RIFLESSIONI ESSENZIALI: «La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza»
Libertà, politica, comunicazione, cattolici: quattro spunti di riflessione nei giorni del virus
18 Marzo 2020 by sammarco | su C3dem
[C3dem] Con questo intervento intendiamo sollecitare una riflessione a più voci sull’impatto che il Coronavirus sta avendo e avrà sulla nostra vita, sul nostro domani. Chi vorrà portare un suo contributo, un pensiero, una suggestione dovrà utilizzare l’apposito spazio, qui accanto, nell’home page del sito, dove già un primo contributo è pervenuto: quello di Vittorio Sammarco
Mentre combattiamo questa inaspettata e difficilissima battaglia contro il virus; mentre piangiamo le vittime e solidarizziamo con i malati, con chi li cura eroicamente, con chi rimane più solo, con chi rischia di perdere il lavoro o subisce ingenti danni economici; mentre nutriamo speranza per la fine del contagio e per le misure dello Stato e delle altre istituzioni a favore dei cittadini; mentre ammiriamo chi riesce comunque a stare vicino a chi soffre, a prendersi cura dei più fragili, dei bambini, dei giovani, degli studenti; mentre ringraziamo chi offre aiuto materiale, morale e spirituale (non di solo pane vive l’uomo…); mentre ci incoraggiamo a rispettare le regole, per il bene nostro e di tutti; mentre viviamo tutto questo e molto altro; quante riflessioni, pensieri, osservazioni si stanno moltiplicando, sui media, in rete, fra le persone! E’ importantissimo che ciò avvenga: gli esseri umani non sono fatti solo per subire la realtà ma per ragionare su di essa e cercare di imprimerle una direzione, sperabilmente in direzione del bene, del giusto e del bello (anche se la storia, anche di questi giorni, ci insegna che purtroppo spesso non è così, se pensiamo alle tante guerre, al conflitto in Siria e alla tragedia dei profughi respinti alle porte dell’Europa).
E allora, senza alcuna pretesa, vorrei aprire questo spazio di dibattito che molto opportunamente gli amici della redazione del portale c3dem hanno aperto con alcune annotazioni, tra le tante possibili, molto parziali.
Primo tema: la libertà. Le misure per il contrasto al virus sono, con tutta evidenza, misure che comprimono la libertà personale, innanzitutto quella di movimento, con punte drammatiche come quelle purtroppo resesi obbligatorie nelle aree di focolaio. C’è anche chi sta ragionando su questo dilemma: fino a che punto si può comprimere la libertà sulla base di decreti governativi? Ma non ho le competenze per esprimermi su tale complesso nodo. Quello che vorrei invece sottolineare, anche se può apparire paradossale, è che questa compressione di libertà non sarebbe possibile senza la libertà stessa, intesa come libera scelta delle persone. Non bastano infatti qualche sanzione e qualche minaccia: se improvvisamente i cittadini non aderissero, pur sapendo di pagare un alto prezzo, alle ordinanze, e decidessero, per assurdo, di ribellarsi tutti assieme e di uscire di casa e aprire negozi e ristoranti ecc., come se nulla fosse, nessun decreto e probabilmente nessuna forza di polizia potrebbe arrestare il fenomeno, se non con una svolta autoritaria e atti di violenza illegittimi. Dunque, dentro il concetto di libertà ci sta anche la libertà di autolimitare se stessi, obbedendo a un ordine e fidandosi di esso, per il bene proprio e degli altri. Si dirà: lo si è sempre saputo ed è sempre stato così. Vero, ma forse questo passaggio drammatico ci porta a considerarlo con maggiore profondità. In questo senso, l’autolimitazione collettiva della libertà può anche essere un segno di maturità democratica e potrebbe rivelarsi importante anche per future scelte, meno drammatiche e non così altrettanto cogenti nell’immediato: ad esempio per l’uso dei mezzi privati e dell’energia, per lo spreco di risorse, per il consumo compulsivo… Aggiungo: la libertà di comunicare (vedi punto successivo) forse si dimostra oggi davvero fondamentale: cosa vorrebbe dire starsene isolati senza poter comunicare con gli altri e col mondo esterno? In questo senso, una riflessione non solo sulla libertà come concetto generale ma sulle libertà, al plurale, che contano davvero nella nostra vita forse varrebbe la pena di essere condotta.
Secondo tema: la politica. Sappiamo quanto negli ultimi decenni la centralità della politica è stata via via erosa da altre dimensioni, in primis quella economica. Insieme a questo, le istituzioni e chi le rappresenta sono stati spesso aspramente criticati (in diversi casi per giuste e motivate ragioni), fino quasi a forme di rifiuto radicale. In queste situazioni di crisi, riscopriamo tutti che le istituzioni servono (il che non vuol dire che non sbaglino), che non si può vivere o convivere senza la politica, e che i mercati da soli non sono in grado di rispondere a situazioni come quella che stiamo vivendo, salvo accettare passivamente una cinica logica di selezione che lasci morire, nell’abbandono o nell’indigenza, migliaia o milioni di persone. E’ una questione che andrà assolutamente ripresa. Non solo: ma da sostenitore di una politica partecipativa “dal basso”, dico anche che neppure questa può essere assolutizzata. Nessun cordone sanitario attorno ai focolai sarebbe stato possibile con un percorso partecipativo. E qui entra in gioco anche il concetto di autorità (non certo di autoritarismo, sia chiaro). Dire che senza la politica, le istituzioni rappresentative, l’autorità (democraticamente legittimata) non si va da nessuna parte non vuol dire certo che non ci siano molte cose da migliorare nel modo con cui questi istituti sono organizzati o precludere la possibilità di altre forme di partecipazione democratica, a cui lo stesso Moro ci richiamava in anni ormai lontani misurando la distanza tra i partiti tradizionali e le nuove aspirazioni che agitavano la società di allora. Ma nello stesso tempo, teniamo a mente che la complessità, e a maggior ragione l’imprevedibilità, hanno bisogno di politica, buona, certo, con la P maiuscola, certo, come dice il Papa.
Terzo tema: la comunicazione. Siamo in un’epoca in cui gli strumenti di comunicazione presentano possibilità enormi, inaudite, inedite e anche rischi, da vari punti di vista, come tutti ben sappiamo. Non mi soffermo su tale questione, sempre attuale e su cui il pensiero umano dovrà continuare a interrogarsi, per non rinunciare mai, anche di fronte alle migliori invenzioni, a un sano esercizio critico. Vorrei qui però spezzare una lancia per i sistemi di comunicazione di cui disponiamo, che permettono oggi di garantire qualcosa di estremamente prezioso: la possibilità, anche a distanza, di tenersi in relazione, di interagire, di condividere, cioè di rispondere a un’esigenza fondamentale dell’essere umano, quella della relazione, fondamentale quasi quanto la salute e la nutrizione. Certo, era possibile farlo anche in passato, con le lettere e poi col telegrafo e quindi il telefono e l’ormai romantico fax. Ma il passaggio all’e-mail ( qualcosa di incredibile, se ci pensiamo bene : un testo, tra l’altro senza limiti di spazio, e immagini che possono in pochi secondi andare da un posto all’altro del mondo a migliaia di chilometri di distanza…), e poi al web, ai social e a tutto il resto, assume oggi un significato particolare: si può parlare, dialogare, relazionarsi in modo molto più fluido e diretto anche stando distanti. Per lavoro, certo, per interessi culturali, ma pensiamo anche a nonni e nipoti che si possono vedere tramite due semplici dispositivi, così come figli, parenti o amici in altri luoghi del mondo (o magari lontani solo qualche chilometro…). Inutile dirlo: tutto questo non può (io credo e spero: non potrà) mai sostituire la ricchezza e la bellezza dell’incontro diretto, di cui personalmente sento molto la mancanza, come tutti… Ma proviamo anche ad apprezzare i vantaggi di questi strumenti, senza perdere il giusto approccio critico che ci eviti di idolatrarli. Infine: l’informazione, dei quotidiani, settimanali, televisiva, ha offerto luci e ombre (molto ci sarebbe da dire) ma anche qui diamo a Cesare quel che è di Cesare: quando fatta con la giusta deontologia, si rivela uno strumento decisivo di informazione e un alleato prezioso della democrazia, dei cittadini e della crescita culturale. Purtroppo non è così per tutte le testate e tutti i/le giornalisti/e, lo sappiamo, ma in tanti casi, sì.
Quarto tema: noi cattolici. La sospensione delle messe e la riduzione al minimo dei funerali, l’interruzione o rinvio dei percorsi di catechesi, formazione, di convegni, incontri… tutto questo ci lascia sgomenti. Ma noi sappiamo che Dio non abbandona mai il suo popolo e che dice “beati gli afflitti, perché saranno consolati”. Sarebbe contrario alla nostra fede – che non confida nelle strutture, ma nella presenza misericordiosa del Signore nella e oltre la storia – non riflettere fin da ora su cosa tutto questo sollecita alla nostra coscienza di credenti. In terre ed epoche in cui la fede non si può professare pubblicamente è sempre esistita una “chiesa del silenzio”. Non siamo certo abituati a questo in un Paese come il nostro. Cosa vuol dire per noi questa provocazione sul piano spirituale e formativo? Ci eravamo forse disabituati a coltivare una dimensione spirituale personale e non solo assembleare-liturgica? E la Parola di Dio, è nostro nutrimento? Di converso, questa forzata separazione non dovrebbe portarci ad amare e valorizzare ancora di più la vita comunitaria, la gioia dello stare assieme, la formazione comune, il ritrovarsi in assemblea celebrante, soprattutto la domenica, oltre le troppe refrattarietà di tanti credenti e oltre una certa abitudinarietà in chi vi partecipa (non tutti, per fortuna!), impegnandoci a rendere la liturgia sempre più consapevole, preparata, curata, partecipe, in ascolto della Parola e provocata dal pane spezzato per tutti e dal vino a tutti offerto senza distinzioni? Guai se ci abituassimo alla messa in TV o sul web! E da tutta questa esperienza, cosa apprendere per essere ancora più pronti, in futuro, a garantire – assieme alla solidarietà concreta e alla carità, che per fortuna sono molto presenti e che possono essere ancora meglio, per così dire, organizzate per fronteggiare situazioni emergenziali – la vicinanza e condivisione spirituale (soprattutto a chi è più nella sofferenza), la formazione, l’incontro, sia fisico che a distanza? Non sarebbe necessario cercare e potenziare nuove forme di ministerialità laicale, anche per essere a fianco dei nostri presbiteri, spesso umanamente soli nell’affrontare situazioni sempre più difficili e complicate?
Da ultimo, ma non meno importante, che contributo dare dal punto di vista della direzione da imprimere a livello sociale, politico ed economico dopo quel che è successo? Nello sperare che tutto finisca presto, sono in molti a chiedersi cosa ci insegna questa drammatica vicenda e cosa cambiare nei meccanismi politici ed economici nazionali, europei e mondiali. Come ridurre, anziché ulteriormente aumentare, disuguaglianze e ingiustizie, rispettando il pianeta. Non c’è forse uno spazio per continuare ed ampliare ulteriormente quel contributo di proposta “politica” dei cattolici che Papa Francesco ha aperto con la Laudato Si’, magari cercando – appena sarà di nuovo possibile – opportuni momenti di confronto, sintesi e rilancio?
Un abbraccio forte a tutti e a tutte. Ce la faremo, ma non senza il contributo di ciascuno e ciascuna.
Sandro Campanini
Socio de Il Borgo – Parma
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