Se ci riesce rimaniamo intelligenti!
Covid-19: riflessioni
di Maria Carla Casula
Mi tengo a debita distanza dalle polemiche politiche, sterili e perniciose, volte all’esacerbazione degli animi.
Da spettatrice, osservo disgustata l’acrimonia con la quale ci si offende vicendevolmente, in quanto sostenitori e tifosi (in molti casi, fanatici) del politico e/o partito X, contrapposto al politico e/o partito Y. L’atteggiamento in vigore sembra essere il seguente: se X sostiene una tesi, coloro che supportano Y devono necessariamente controbattere, smontarla, anche con argomentazioni inconsistenti e prive di logica, offendere, rivolgere ingiurie ed esprimersi con frasi condite da turpiloqui. E, per un ignobile criterio di equilibrio, se Y sostiene una tesi, coloro che appoggiano X devono fare “tabula rasa” delle sue opinioni. Una condotta disdicevole. È mai possibile che un sistema tanto complesso, di interconnessioni politiche, economiche e sociali possa essere ridotto a mera struttura dualistica (se A, allora non è B e se è B allora non è A)? Si tratta di una realtà multisfaccettata, soggetta a variabili sconosciute, contraddittoria, pertanto non esiste colui che incarna l’ “Ipse dixit” e colui che “Spara continuamente ca…te”, perché i due prototipi posso essere ribaltati e persino considerati interscambiabili. [segue] E le affermazioni di chi fa proclami di verità assolute, dall’alto dell’inviolabilità del suo piedistallo, possono essere assurde e incongruenti, tanto quanto le dichiarazioni espresse da colui che pronuncia menzogne dagli strati più infimi del fango. Ergo, è necessario non dare mai per scontata alcuna asserzione, qualunque sia la fonte, e attuare un’analisi costante delle notizie, filtrarle, raffrontarle, sviscerarle.
Devo tristemente constatare che, in un periodo contrassegnato da instabilità concernente tutti gli aspetti, latita la coesione politica e sociale. Sembra che ciascuno, chiuso nel proprio bozzolo di egoistico ottundimento, si preoccupi esclusivamente di fomentare polemiche, alterchi, odio.
Ma entriamo nello specifico della diffusione e degli effetti del Covid-19.
Le posizioni contrapposte e le conseguenti frecciatine caustiche tra i super esperti in materia, Roberto Burioni e Maria Rita Gismondo, ci fanno capire che neppure la Medicina ha raggiunto un nucleo di opinioni univoche. Ed è comprensibile, dato che si tratta di un virus nuovo (o, forse, non nuovo ma in precedenza classificato diversamente, ossia come influenza stagionale). Ma ciò che maggiormente disorienta gli scienziati è la capacità del Covid-19 di mutare. E più è soggetto a mutazioni, più si “incattivisce”.
Ovviamente, il buon senso, del quale il nostro cervello è dotato (in quanto sede operativa dell’intelligenza e non semplice orpello della scatola cranica) suggerisce di astenersi dalle condotte estreme e deleterie come “Presto moriremo tutti!” e “È un’influenza che si cura con latte caldo e miele”. Al bando, dunque, gli atteggiamenti improntati al catastrofismo e quelli volti al fatuo ottimismo.
Secondo la maggior parte degli esperti, si tratta di un virus altamente contagioso, contrassegnato tuttavia da un basso indice di letalità, che determina conseguenze gravi, fino al decesso, esclusivamente nei soggetti anziani e/o affetti da patologie pregresse, in special modo dell’apparato respiratorio.
Vorrei evidenziare qualche incongruenza in merito ed esprimere alcune personali perplessità, non finalizzate all’accusa, ma volte esclusivamente alla comprensione. Dato che l’epidemia in questione si paragona continuamente alla normale influenza di stagione, sostenendo che quest’ultima mieta più vittime, è lecito domandarsi se il raffronto venga fatto estrapolando una finestra temporale di una settimana, sia per quanto concerne la suddetta influenza, sia per quanto riguarda il Covid-19. Se così non fosse e si paragonassero i dati rilevati nell’arco di dodici mesi per l’influenza e di pochi giorni per il Covid-19, è chiaro che questa comparazione, sbilanciata tra censimento completo e parziale, causerebbe delle valutazioni di percentuali fortemente viziate.
In secondo luogo, lo stato di salute del cosiddetto “paziente 1”, ossia il 38enne di Codogno, che attualmente versa in condizioni molto gravi, sembra contraddire il corollario secondo cui il Covid-19 è potenzialmente letale soltanto per i pazienti anziani e/o affetti da malattie pregresse. Infatti, l’età non ascrivibile alla fascia a rischio e le precedenti buone condizioni di salute (si tratta di un atleta, appartenente al Gruppo podistico di Codogno) sembrano confutare quanto affermato sugli effetti pericolosi del virus.
In ultima analisi, non è chiaro se chi ha contratto il Covid-19, con un decorso più o meno grave, dopo la guarigione sia immunizzato, oppure corra il rischio di una recidiva, a causa del medesimo virus soggetto a mutazioni.
Noi astanti, che ci abbeveriamo nel sistema mediatico, attingitoio di notizie antitetiche, siamo pervasi da un senso di precarietà dell’esistenza, non soltanto per l’allarmismo apocalittico, cavalcato da chi è da sempre avvezzo alla strumentalizzazione, ma anche dall’attuale incapacità di saper reagire con la giusta disposizione d’animo agli eventi inattesi. I nostri antenati, al contrario, formatisi con successo alla scuola della vita, in cui gli esami da superare sono stati le guerre, le carestie e le pandemie (quelle vere, che mietevano milioni di vittime), ben sapevano che la saggezza adottata nell’affrontare situazioni destabilizzanti non ha un ruolo subalterno, anzi, coadiuva la capacità risolutiva degli altri strumenti adoperati.
I nostri avi ci biasimerebbero, poiché, a causa di una subdola dipendenza dai Social Media, abbiamo subito un’involuzione sia caratteriale, che intellettiva. E ci suggerirebbero di prediligere lo strumento concesso in dotazione all’ “Homo sapiens sapiens”. L’intelligenza.
Nell’accezione più nobile del sostantivo, secondo l’etimologia latina: efficienza nel comprendere, analizzare, leggere tra le righe, senza soffermarsi all’involucro.
Carla Maria Casula
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