Ricordando Giovanni Lilliu e la battaglia per la lingua sarda, nell’ottavo anniversario della sua morte.

lilliu2di Francesco Casula
Lilliu era un personaggio suggestivo: sempre gentile e disponibile per un’intervista o per partecipare a un Convegno o a un’Assemblea, ti affascinava e ti conquistava con quel suo modo di fare modesto e quasi dimesso. Eppure è stato il più autorevole storico della Sardegna, la voce più importante e prestigiosa nel panorama culturale sardo – ma non solo – come archeologo e storico e per la sua cultura vasta e profonda. (segue)
Il che non vuol dire che tutte le sue posizioni siano verità dogmatiche: la sua tesi sui Nuraghi come “fortezze”, – ma è solo un esempio -, oggi a mio parere giustamente, è contestata e rifiutata da molti studiosi.
E’ autore delle più importanti opere sull’archeologia della Sardegna e di una copiosissima messe di opere e articoli. Accettata da molti e rifiutata da altri, di Lilliu storico è particolarmente nota la categoria storiografica della «costante resistenziale» che così sintetizza:”Quell’umore esistenziale del proprio essere sardo, come individui e come gruppo che, in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo il movimento, attivandolo dinamicamente dalle catene imposte dal dominio esterno”.
Ma in questa nota voglio ricordare Lilliu soprattutto per la battaglia per il Bilinguismo. La iniziò nel 1975, quando come Preside della Facoltà di Lettere di Cagliari, chiedeva con una Lettera indirizzata al Presidente della Regione Sarda, un intervento politico presso il Ministero della Pubblica Istruzione, per l’insegnamento del Sardo nella scuole. Tale lettera faceva seguito alla Risoluzione della stessa Facoltà sulla difesa del patrimonio etnolinguistico sardo.
Scrive Lilliu a proposito di tale pronunciamento: “Il Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia ha constatato che gli indifferibili problemi della scuola, sempre affrontati in Sardegna in forma empirica, appaiono oggi assai particolari e non risolvibili in un generico quadro nazionale. Il fatto stesso che la scuola sia diventata scuola di massa, comporta il rifiuto di una didattica assolutamente inadeguata in quanto basata sull’apprendimento concettuale, attraverso una lingua, l’Italiano, per molti aspetti estranea al tessuto culturale sardo. Il Consiglio ha rilevato che, poiché esiste il popolo sardo con una propria lingua dai caratteri diversi e distinti dall’italiano, la lingua ufficiale dello Stato risulta in effetti una lingua «straniera», per di più insegnata con metodi didatticamente errati che non tengono in alcun conto la lingua materna dei Sardi; e ciò con grave pregiudizio per un’efficace trasmissione della cultura sarda, considerata come subcultura….. In coerenza con queste premesse il Consiglio della Facoltà ha assunto l’iniziativa di proporre alle autorità politiche della Regione autonoma e dello Stato il riconoscimento della condizione di minoranza etnico-linguistica per la Sardegna e della Lingua Sarda come lingua “nazionale” della minoranza”. A tre anni di distanza da questa iniziativa, in qualche modo clamorosa, perché era la prima volta che il Bilinguismo veniva posto con forza alle forze politiche dal mondo accademico e universitario, Lilliu nel 1978 insieme agli esponenti di «Nazione Sarda» fonda il «Comitadu pro sa limba» che elaborerà la legge di iniziativa popolare: il dibattito che si è sviluppato in tutti questi anni e i parziali successi conseguiti sul fronte del Bilinguismo, hanno le radici in quella temperie culturale di cui Lilliu è stato uno dei principali protagonisti.

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