Oggi domenica 5 gennaio 2020 – Sempre e comunque per la Pace!
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Oggi a Bonaria l’ordinazione episcopale e la presa di possesso della Diocesi del nuovo Arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi.
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Carbonia. Verso la guerra
5 Gennaio 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Carbonia è stata fondata nel ‘39 in vista della guerra. Eccola ora vicina la guerra in questo nuovo post domenicale sulle origini del centro minerario. Il primo è stato pubblicato domenica 1° settembre.
Impreparata a combattere sia militarmente che industrialmente, allo scoppio della guerra in Europa l’Italia si dichiara per la non belligeranza: ridicola e […]
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Oltre. Riflessioni di politica estera.
di Tonino Dessì su fb.
Ieri ho commentato assai criticamente, a caldo, nella discussione su un altro profilo FB, un post nel quale si riportava la singolare posizione di Giulietto Chiesa (ormai rappresentante ufficioso delle posizioni estere di un certo sovranismo italiano schierato sulle suggestioni di un salvifico asse Trump-Putin) secondo il quale l’assassinio terroristico del generale iraniano Soleimani sarebbe opera di chi negli apparati USA vorrebbe silurare The Donald. [segue]
Alla luce della rivendicazione del mortale attentato da parte del Presidente USA e del Segretario di Stato Pompeo, sembrerebbe un’interpretazione abbastanza campata in aria.
Certo, il vezzo complottista degli appassionati di geopolitica vellica una certa curiosità criptica.
Vuoi vedere che in quella frase sibillina “L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato” si nasconde un messaggio in bottiglia, tipo “Sono prigioniero, aiutatemi a liberarmi”?
Ma é cosa troppo fantasiosa per esser credibile.
Tuttavia è un fatto che il Trump “isolazionista”, addirittura semi-pacifista, così simpatico perfino a una residua e un po’ patetica area rossobruna anche nostrana, ieri (lui o il Pentagono, ma il Commander in Chief costituzionalmente è lui) ha disposto il preallarme per l’invio nell’area interessata di un contingente di tremilacinquecento militari delle forze speciali, preludio evidente di un cambiamento di rotta rispetto alla parola d’ordine del ritiro da conflitti “lontani, dispendiosi e inutili”.
Solo che questo avviene in un contesto che l’attentato ha peggiorato, non solo per gli USA, ma anche per i suoi alleati.
Il Parlamento iracheno (per quel che può contare l’organo rappresentativo delle fazioni in lotta di un Paese ancora occupato da eserciti e milizie di varia appartenenza, ma della cui stabilità l’Iran stava cercando di far da garante anche in chiave anti-turca) discuterà nei prossimi giorni sul consenso alla permanenza americana in quel Paese. Ora sulla discussione incomberà la paura che l’Iraq divenga ancor più teatro di una guerra combattuta non solo per procura.
Per quanto Israele e l’Iran siano ufficialmente in conflitto (ma non formalmente in guerra: si confrontano ringhiandosi e minacciandosi e tirandosi colpi bassi a distanza), c’è da dubitare che lo stesso Netaniahu sia fra i politici più favorevoli a un’escalation di ritorsioni nell’area in cui il suo Paese resta abbastanza circondato da vicini ostili.
Chissà, forse ambienti arabo-sauditi potrebbero trarre qualche soddisfazione dall’accaduto; comunque, senza un diretto coinvolgimento degli USA, in un confronto con l’Iran l’Arabia Saudita semplicemente non potrebbe reggere, né militarmente ne’ politicamente.
Putin ed Erdogan cercheranno di infilarsi, l’uno come mediatore per rafforzare il ruolo regionale della Russia, l’altro per rosicchiare qualche ulteriore vantaggio (ma l’Iran non è osso che la Turchia possa illudersi di spolpare ne’ un regime che la Russia abbia interesse a indebolire).
L’Europa è al solito politicamente debole, ancorché Germania e Francia siano visibilmente seccate: già la rimessa in discussione da parte di Trump dell’accordo fra Obama e Teheran sul freno al nucleare degli Ayatollah ha rovinato non pochi affari europei in Iran, compresi affari italiani.
Siamo alla vigilia di una Terza Guerra mondiale?
No, Baghdad non sembra Sarajevo e d’altra parte io resto sulla scia dell’intuizione di Bergoglio: una guerra mondiale è già in corso.
Ma è una guerra di tutti contro tutti, con vittime reali finora i molti popoli coinvolti.
Il punto vero è che è una guerra cieca, che mette in evidenza ancora di più la crisi della politica interna delle grandi potenze e quella, sempre politica, delle rispettive relazioni internazionali.
Forze sorde a ogni strategia di conciliazione pacifica degli interessi si muovono un po’ come i mercati finanziari speculativi: il profitto è quello che si ottiene con operazioni a breve, giorno per giorno, fatto per fatto.
E in questo si, con qualche evidenza anche The Donald è un attore che recita a soggetto, pur non essendo definibile una comparsa.
Questo è lo scenario reale nel quale nuotano le illusioni e le velleità “sovraniste” e neo-nazionaliste e nel quale i decisori sono in realtà inafferrabili e incontrollabili.
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