Dall’Illuminismo alle (improbabili) “magnifiche sorti e progressive” del Capitalismo

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Il presunto inganno delle false promesse annunciate dall’Illuminismo

Gianfranco Sabattini

eta-della-rabbiaRipercorrendo la storia delle idee dell’età moderna, l’editorialista indiano di diversi periodici e giornali anglosassoni, Pankaj Mishra, in “L’età della rabbia” individua il “filo rosso” che collega tra loro gli eventi negativi del nostro tempo, come conseguenza del fallimento delle promesse annunziate dell’Illuminismo, “di un avvenire di giustizia, uguaglianza e prosperità che, per gran parte dell’umanità, si è rivelata solo un’illusione, se non un vero a proprio inganno”.
Dopo la fine della Guerra Fredda si era diffuso il convincimento che al capitalismo neoliberista, inteso come strumento regolatore della vita economica e sociale, non esistessero alternative; oggi, invece – afferma Mishra – “il presupposto condiviso all’inizio dell’era post Guerra Fredda, secondo cui l’economia capitalistica globale può mitigare le differenze di religione ed etiche e determinare prosperità e pace in tutto il mondo, è peggio che screditato”. Il trionfalismo del capitalismo neoliberista, però, ha subito (e continua a subire) improvvise e inaspettate battute d’arresto; il guaio è, a parere dell’editorialista indiano, che il mondo non dispone di ipotetiche visioni di organizzazione politica ed economica ad esso alternative.
Per la comprensione della “miscela esplosiva” di rancore, odio, invidia e risentimenti, che fa della storia attuale del mondo “l’età della rabbia”, “avvelenando la società civile” e mettendo in pericolo la libertà politica e la democrazia, occorre, secondo Mishra “smantellare l’architettura concettuale e culturale” sulla quale è stata fondata la costruzione dell’idea della superiorità, rispetto ad ogni altra forma, dell’organizzazione politica ed economica dell’Occidente. Si tratta, per Mishra, di un’architettura costruita sulla base di presupposti semplicistici e ingannevoli ispirati dalla logica trionfalistica del capitalismo che, da quando si è affermata, influenza gli uomini di Stato e mass-media, e attraverso questi ultimi l’opinione pubblica.
Strutturati all’interno delle istituzioni occidentali, i corifei del trionfalismo capitalista hanno concorso a diffonderne, coi loro messaggi, la presunta superiorità, oscurando “l’immagine di un mondo complesso e in continuo cambiamento”; erano certi (i “corifei”) che le istituzioni capitalistiche si sarebbero diffuse in tutto il mondo e che gli esseri umani razionali, sostituendo alla religione lo spirito laico, avrebbero sconfitto le forze dell’irrazionalismo, quindi che tutte le società avrebbero subito un’evoluzione identica a quella subita dalle società occidentali che avevano già sperimentato il successo.
La religione del progresso universale ha avuto – sostiene Mishra – “molti presunti papi ed encicliche”, che sono valsi ad affermare la teoria della modernizzazione, preludendo ad una “rivoluzione su scala mondiale” delle aspirazioni umane allo sviluppo economico. Una delle ultime “encicliche” è stata scritta e diffusa, dopo la fine delle Guerra Fredda e il crollo dell’Unione Sovietica, da parte del politologo americano Francis Fukuyama, il quale, in “La fine delle storia e l’ultimo uomo” ha sostenuto, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, che la “Dissoluzione dell’Unione Sovietica”, dissoluzione dell’“Impero sovietico”, rappresentava la premessa per raggiungere il traguardo comune delle società occidentali: lo stato liberale e democratico, basato sui principi fondamentali dei “Diritti umani”. Si trattava di un giudizio fondato sulla convinzione che la modernità capitalistica rappresentasse “un potentissimo treno merci che gli ultimi eventi, per quanto dolorosi e inauditi, non [sarebbero riusciti] a far deragliare”; con il passar del tempo, la democrazia e i liberi mercati avrebbero continuato ad espandersi, sino a diventare dominanti nella maggior parte del mondo.
Questo atto di fede nell’”inevitabilità della storia”, però, osserva Mishra, è stato smentito dai fatti, rendendolo privo di credibilità; con l’allargamento della globalizzazione, il succedersi di continue crisi economiche (culminate nella Grande Recessione del 2007-2008) è valso a favorire la diffusione di movimenti politici “che hanno fatto piombare le élite politiche e mediatiche dell’Occidente in uno stordito stupore”, rendendole incapaci di azioni idonee a garantire ai sistemi sociali le promesse della tanto propagandata modernizzazione sostenuta dal trionfalismo capitalista.
Come ora si tende ad ammettere, il culto del neoliberalismo internazionalista “è stato un’imitazione sfacciata del sogno marxista di rivoluzione universale”; non casualmente – nota Mishra – sia l’internazionale comunista che l’internazionale liberale hanno mutuato la loro origine dalla profezia settecentesca “di un mondo organizzato razionalmente e ordinato logicamente: l’aspettativa che, come elemento determinante della storia, la ragione potesse rimpiazzare la tradizione e l’inerzia”. E’ accaduto invece che il liberalismo non “abbia trovato fondamenta sicure nemmeno sul suolo natio”, nel senso che molto spesso neanche “l’Occidente è stato ‘occidentale’”.
La modernizzazione capitalistica, divenuta il credo universale, ha glorificato l’individuo autonomo e dotato di soli diritti, celebrandone la capacità di compiere scelte razionali, per promuovere una crescita economica intesa come “colonna portante della vita politica nonché l’indicatore universale del progresso”, la cui avanzata sarebbe dipesa dall’accumulazione di denaro. E’ accaduto persino che, con la diffusione dell’ideologia della modernizzazione capitalistica, anche “la lotta dei rivoluzionari marxisti” (condotta per realizzare una società liberata dal conflitto tra le classi) abbia accettato “le fantasie storiche” maturate nell’Occidente capitalista durante la Guerra Fredda, giungendo a condividere l’affermazione definitiva dell’ideologia neoliberista del mercato autosufficiente.
Mishra ritiene che la crisi attuale nella quale versa la presunta modernizzazione dell’occidente capitalistico imponga considerare in termini più disincantati uno degli eventi più drammatici della storia umana: “l’ascesa di una civiltà industriale materialista che, emersa nel Regno Unito e in Francia, [si è diffusa] nel vecchio mondo asiatico e africano e nel nuovo mondo dell’America e dell’Oceania”, creando le basi dello stato di solidarietà negativa in cui i popoli vivono oggi. Si tratta di una crisi innescata da due rivoluzioni (quella francese e quella industriale) che, dopo aver determinato una profonda discontinuità della storia, hanno contribuito ad affermare una nuova coscienza globale.
Infatti, le due rivoluzioni, forti “l’una delle idee e l’altra delle navi a vapore”, hanno determinato che le promesse valicassero i loro confini geografici, dando all’azione umana “un contesto nuovo e potenzialmente sconfinato”; in tal modo, ha avuto inizio il tanto declamato processo di modernizzazione dell’Occidente, dando origine, per gli esseri umani, a “un nuovo universo di possibilità” e a un nuovo modo di agire nella storia, sino a determinare la caduta degli “anciens régimes”.
Gli illuministi colti, che hanno elaborato le idee innovative e guidato il processo rivoluzionario di cesura rispetto al passato, hanno anche concorso a fondare “la moderna ‘teoria’ dell’ideologia”, secondo cui le idee “esprimono gli interessi conflittuali di un individuo o gruppo”; a prevalere nella competizione degli interessi sono stati i soggetti che, arricchitisi con il commercio, hanno concorso alla formazione di una nuova classe, tradizionalmente esclusa dalle gerarchie sociali. Al fine di garantirsi la mobilità sociale verso l’alto, i membri della nuova classe non hanno esitato ad utilizzare le risorse e la forza sociale delle quali disponevano, per determinare la formazione in Europa di istituzioni che avrebbero progressivamente soppiantato forme di governo, politica ed economia vecchie di millenni.
Tuttavia, prima di irrompere nei mondi più antichi dell’Asia e dell’Africa, le idee rivoluzionarie degli illuministi – a parere di Mishra – a causa delle aspirazioni che esse avevano alimentato, hanno scatenato “una lunga emergenza” europea, sotto forma di rivoluzioni e rivolte scoppiate nel corso del XIX e nella prima parte del XX secolo. E’ stato dopo il 1945 che i Paesi più industrializzati dell’Occidente, usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale, hanno indirizzato la propria esperienza verso l’elaborazione e l’adozione di “un modello di progresso universale”; dopo un primo trentennio di ricostruzione (1945-1975), si è optato per la liberazione del mercato dagli eccessivi “lacci e laccioli” imposti nel primo periodo postbellico e per l’integrazione nel mercato mondiale delle economie nazionali.
Ciò ha consentito, attraverso la globalizzazione, l’avvio di una crescita esponenziale dell’economia mondiale, alla quale, se per un verso va accreditato il miglioramento delle condizioni economiche di molti Paesi precedentemente sottosviluppati, per un altro verso va imputato l’aumento delle disuguaglianze tra i diversi sistemi economici integrati a livello planetario e tra i diversi gruppi sociali presenti in ognuno di essi. L’approfondimento delle disuguaglianze e l’insufficiente azione politica attuata per contrastarle ha causato – sostiene Mishra – “una crescita esponenziale dell’odio” e del disagio sociale, scatenando una delle patologie peggiori nella ricerca del capro espiatorio scatenata dalle crisi politiche ed economiche diffuse.
In conclusione, secondo Mishra, dopo l’inganno delle false promesse annunciate dall’Illuminismo, predicato dai “philosophes” settecenteschi, è divenuto impossibile negare il grande divario che esso ha concorso a creare tra un’élite che ha colto (e continua a cogliere) “i frutti più maturi della modernità [...], e le masse sradicate che, scoprendosi defraudate di quegli stessi frutti, si rifugiano nel fondamentalismo culturale, nel populismo e nella violenza rancorosa”. Le contraddizioni e i costi del progresso annunciato dall’Illuminismo, a lungo occultati, sono oramai visibili su scala planetaria. Essi inducono a pensare che l’ordine globale attualmente esistente sia “fondato sulla forza dell’imbroglio”; fatto, questo, che causerebbe la formazione di un “umore diffuso e apocalittico come mai prima d’ora” sperimentato dall’umanità e che varrebbe a sottolineare la necessita di un pensiero in grado di trascendere lo stato attuale. Troppo drastica la conclusione di Mishra!
A parte il fatto che egli manca di indicare quali dovrebbero essere le caratteristiche del nuovo pensiero, la sua apocalittica conclusione trascura che la “molla principale” dei costruttori originari del mondo materiale delle modernità (gli economisti ispirati dal pensiero illuminista) hanno forgiato uno strumento (la teoria economica) con cui analizzare l’”ingegnosissimo e potentissimo meccanismo sociale” (l’organizzazione capitalistica dell’attività economica) che ha concorso a creare, non solo un’opulenza mai vista prima, ma anche una straordinaria ricchezza di nuove opportunità.
Un tale meccanismo sociale, cioè l’ideale organizzazione di un libero sistema economico inquadrato all’interno di un libero sistema politico, era destinato, sia pure in prospettiva, a cambiare la vita di tutti gli abitanti del pianeta. Restava, tuttavia, un problema irrisolto, che John Maynard Keynes, in anni a noi più vicini, ha designato come “il problema politico dell’umanità” e che riguarda il modo in cui combinare l’efficienza economica, la giustizia sociale e la libertà individuale.
I costruttori della teoria economica, quindi, sotto la diretta influenza del pensiero illuminista, sono sempre stati motivati dal desiderio che le loro idee potessero essere usate per promuovere sistemi sociali caratterizzati “dalla libertà individuale e dall’abbondanza invece che dalla rovina morale e materiale”. Come lo stesso Keynes pensava, lo sviluppo della teoria economica ha potuto così trasformarsi in “un motore d’analisi in grado di separare il grano dell’esperienza dalla pula”, convinto che le “idee economiche avessero trasformato il mondo più del motore a vapore”.
Per tutte queste ragioni, e contro ogni interpretazione apocalittica dell’esito del pensiero illuminista, è quindi necessario fare tesoro di tale pensiero, considerandolo come la base per realizzare, dopo averlo immaginato, un futuro migliore del mondo attuale, prima che i suoi “rudi costruttori” lo distruggano, in nome di una crescita senza limiti e regole, per una presunta civiltà del benessere.

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