Disuguaglianze
Nel mondo esplode l’insostenibilità sociale
La popolazione di molti Paesi è in fermento per l’impoverimento della classe media e la mancata partecipazione alle scelte collettive. Le diseguaglianze, soprattutto intergenerazionali, sono gravi e trascurate anche in Italia. 31/10/2019
Dopo un’estate di grande attenzione ai temi della sostenibilità ambientale e in particolare alla crisi climatica, questo ottobre potrebbe passare alla storia come il mese critico per la sostenibilità sociale. In tutto il mondo, le popolazioni di numerosi Paesi sono scese in piazza o hanno manifestato in qualche modo insoddisfazione per la loro situazione economica e per il senso di mancata partecipazione alle scelte collettive.
Si tratta di “Rivolte senza leader”, perché, come scrive il Financial Times, “le nuove proteste vengono ispirate da hashtag e non più da capipartito”. Sotto questo titolo, La Repubblica ha tracciato una mappa mondiale delle proteste, dai gilet gialli francesi alla Catalogna, dall’Egitto al Libano, dalla Bolivia al Cile, per non parlare di Hong Kong e del crescente malessere in Russia. E si potrebbero aggiungere altri fatti, come il rovesciamento del governo e il ritorno del peronismo in Argentina.
In molti di questi casi, l’innesco è costituito dalle diseguaglianze, cioè dalla percezione che il sistema economico favorisce una minoranza e impoverisce la classe media. Sul Corriere della Sera, Umberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno analizzato le caratteristiche delle diseguaglianze, concludendo che mentre sono diminuite quelle tra i Paesi ricchi e i Paesi poveri grazie alla globalizzazione (in 40 anni, per esempio, la differenza nel reddito pro capite tra un cittadino statunitense e uno indiano si è dimezzata: da 24 a 12 volte), sono nettamente aumentate le diseguaglianze all’interno di ciascun Paese, in particolare a favore del top 1%, che negli Stati Uniti nello stesso periodo ha raddoppiato i propri redditi rispetto al resto della popolazione, passando dal 10 al 20% del totale dei redditi pro capite. La proposta dei due economisti è piuttosto drastica:
Per arginare la disuguaglianza all’interno di un Paese, e aumentare la mobilità sociale, a noi pare che una delle strade da seguire possa essere quella di tassare, con opportuni accorgimenti legati al reddito e con aliquote progressive, eredità e donazioni infra-familiari «inter vivos». E usare il gettito per finanziare politiche che favoriscano le pari opportunità. A questo andrebbe accompagnata la detassazione delle quote di eredità destinate a enti no-profit (ospedali, scuole, università) per finanziare, ad esempio, borse di studio per i meno abbienti. Così si ridurrebbe il trasferimento diretto di ricchezza fra generazioni di ricchi, finanziando al contempo spese che aumentano le pari opportunità, e quindi favorendo la mobilità sociale.
Tra le forme di diseguaglianza denunciate dai due economisti c’è quella intergenerazionale (una quota crescente di ricchezza che dal lavoro dei giovani va a finanziare gli anziani in pensione), particolarmente grave in Italia. Ne scrive sulla Stampa Gabriele De Stefani, prendendo spunto dalla nuova edizione dell’“Atlante dell’infanzia a rischio” pubblicata da Save the children.
È la diseguaglianza più profonda che attraversa l’Italia: un milione 260mila minorenni vivono in stato di povertà assoluta e 500mila non hanno i soldi sufficienti per mettere regolarmente proteine nel piatto. E nello stesso decennio (2008-2018) in cui il numero di under 18 indigenti è triplicato, non è aumentata per contro la quota di over 65 poveri: più si è giovani più è alto il prezzo che si paga alla crisi. Così oggi in Italia un povero su due ha meno di 34 anni. La povertà non è solo nel portafogli, ma è anche educativa e culturale.
Nello stesso articolo, il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto conferma la diagnosi: “Siamo il paese in cui si è allargata di più la forbice tra il benessere dei giovani è quello degli adulti anziani. In Italia le diseguaglianze tra le varie fasce di reddito si sono accentuate meno che altrove, il cuore del problema è nel gap intergenerazionale”.
La riduzione delle diseguaglianze è l’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030 dell’Onu, che al target 10.1 recita:
Entro il 2030, raggiungere e sostenere progressivamente la crescita del reddito del 40 per cento più povero della popolazione ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale.
Le analisi dell’ASviS, contenute nel Rapporto annuale presentate il 4 ottobre, mostrano che siamo ancora lontani da questo risultato, anche se dal 2015 il reddito familiare del 40% più povero della popolazione è in aumento. Sacche di povertà esistono anche al Nord, ma il vero nodo del problema è il Mezzogiorno, dove non soltanto è maggiore il rischio di povertà ma è anche più alto l’indice di diseguaglianze.
Su questo tema è intervenuto il demografo Alessandro Rosina sul Sole 24 Ore di ieri, sottolineando in particolare la questione femminile:
Nella fascia 25 – 34 il tasso di occupazione femminile è fermo al 35% nel Mezzogiorno, circa la metà rispetto alle coetanee del Nord.
Infatti Rosina mette al centro di un nuovo “percorso virtuoso di sviluppo” per il Sud
La promozione del ruolo femminile e una propria risposta alle esigenze di conciliazione tra lavoro e famiglia.
Come abbiamo già segnalato, il Forum diseguaglianze diversità ha avanzato 15 proposte. in parte riprese e integrate nel Rapporto ASviS 2019, che chiede tra l’altro: una riforma fiscale complessiva che riequilibri il carico delle imposte fra i diversi ceti sociali e rafforzi la progressività effettiva del sistema fiscale nel suo complesso; la garanzia di livelli essenziali nei servizi pubblici a cominciare da scuola e salute; una maggiore attenzione alle aree fragili e alle periferie.
Il primo passo, per evitare che anche in Italia si arrivi a una situazione sociale insostenibile, dovrebbe essere un grande dibattito nazionale sulla povertà e l’inclusione, temi troppo frettolosamente liquidati come risolti con il lancio del “reddito di cittadinanza”. Il supporto economico alle fasce più povere è certamente necessario, ma non basta: i fattori di diseguaglianza sono anche altri, dalla istruzione al degrado dei territori, dalla mancanza di lavoro alla percezione di scarsa sicurezza. L’ASviS esaminerà nei prossimi mesi le misure contenute nella nuova Legge di bilancio anche alla luce dell’Obiettivo 10, ma già da adesso si può dire che c’è ben poco per ridurre efficacemente le diseguaglianze.
Completiamo questa rassegna con la cronaca delle più recenti attività dell’Alleanza. Ieri [30 ottobre 2019] si è tenuto il convegno “Educazione finanziaria e finanza sostenibile: investire nel futuro” a cura del Mef – Dipartimento del Tesoro e dell’ASviS. L’incontro si inquadra nel “Mese dell’educazione finanziaria”: la formazione finanziaria in Italia è molto carente rispetto agli altri Paesi dell’Ocse e la difficoltà nel gestire il proprio denaro si traduce in un ulteriore motivo di diseguaglianza.
Infine, è stata annunciata la seconda edizione dei Saturdays for future, che si terrà il 30 novembre con diverse iniziative in tutto il territorio nazionale. Come era già avvenuto in occasione della prima mobilitazione, l’accesso al corso e-learning sarà gratuito per una settimana: dal 22 al 30 novembre.
_________
- Illustrazione e articolo sono tratti dal sito web di ASviS.
Lascia un Commento