La storia della medicina
55. Semmelweis, il salvatore delle madri.
Nella battaglia contro la sepsi, Lister ebbe diversi precursori, tutti, e non a caso, nel campo della ginecologia.
Tra essi bisogna ricordare:
Charles White (1728-1813), chirurgo ostetrico di Manchester che prescriveva iniezioni antisettiche, pulizia e buona ventilazione nella stanza della partoriente;
Alexander Gordon (1752-1793), di Aberdeen, prescriveva a infermieri e medici di lavarsi e disinfettare vestiario e strumenti;
Oliver W. Holmes (1809-1894), medico poeta di Boston, denunciò come la sala parto era fonte di infezione e consigliò cambio dei vestiti e lavarsi le mani prima di assistere le partorienti;
Thomas Spencer Wells (1818-1897), chirurgo e ginecologo di Londra, esigeva silenzio e pulizia scrupolosa, riuscì in migliaia di interventi di tumore ovarico con bassissima mortalità.
Il tratto comune a ostetrici e ginecologi fu la ricerca di rimedi alla altissima mortalità per febbre puerperale.
Ignaz F. Semmelweis (1815-1865), medico ungherese, osservò come la mortalità fosse più elevata nelle corsie frequentate dagli studenti di medicina, i quali magari arrivavano dall’aver preso parte a un’autopsia. [segue]
Le stesse pazienti, avendo sentore che qualcosa non andasse, imploravano di essere assistite solo dalle levatrici.
Morì un medico amico di Semmelweis per una ferita che si era prodotto durante un’autopsia.
Ignaz osservò che i sintomi era uguali a quelli della febbre puerperale e capì che la febbre era causata dalla trasmissione alla gestante di particelle putrefatte di organismi viventi, attraverso le dita dell’ esaminatore.
Era il 1847.
Da quel momento impose agli studenti di lavarsi le mani in una soluzione di cloruro di calcio. La mortalità scese nel reparto dal 18 al 3%, poi al 1%.
Nonostante questi risultati Semmelweis fu osteggiato e costretto a lasciare Vienna per Budapest, dove pubblicò la sua opera “Etiologia, concetto e profilassi della febbre puerperale”. Ma le ostilità non cessarono.
Semmelweis finì col perdere la ragione.
Morì di setticemia a soli cinquant’anni, per una ferita a un dito, di quella stessa malattia che era riuscito a prevenire per tante madri.
Le sue buone ragioni furono comprese soltanto dopo il trionfo di Pasteur e di Lister.
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