Senza una buona Pubblica Amministrazione il Paese non si riprende.
Come uscire dalla crisi? Assumere nella pubblica amministrazione
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Volerelaluna – Aladinpensiero online
Il totale turn-over nella pubblica amministrazione, assumendo un giovane per ogni dipendente che va in pensione è senz’altro necessario, ma è lungi dall’essere sufficiente. Se si vuole attuare una seria riforma della Pubblica Amministrazione è necessario che l’organico aumenti, e di molto. I nostri studi suggeriscono che un aumento di circa un milione di unità è ragionevole e può essere finanziato agevolmente. Non c’è qui lo spazio per riportare tutti i dati, gli argomenti e le elaborazioni che suffragano questa proposta (già in parte illustrata sulle pagine di Volerelaluna: https://volerelaluna.it/economie/2018/03/15/una-proposta-per-affrontare-la-crisi-assumere-un-milione-di-addetti-nella-pubblica-amministrazione/); il lettore interessato potrà scaricare un documento più ampio dal sito www.centrostudiargo.it.
Un piano straordinario di assunzioni è necessario in quanto gli occupati nel settore pubblico in Italia sono eccezionalmente pochi se confrontati ai paesi coi quali amiamo confrontarci, come la Francia, la Germania e il Regno Unito; in effetti sono assai più vicini al dato di paesi con cui non amiamo confrontarci, come la Grecia. Consideriamo gli addetti totali, pubblici e privati, nell’insieme dei settori tipicamente pubblici, in cui cioè è prevalente l’occupazione pubblica: la pubblica amministrazione stessa, la sanità, l’istruzione, l’assistenza sociale e la fornitura di gas, acqua ed elettricità. Questi dati sono più significativi di quelli relativi al settore pubblico in senso stretto (che comunque compaiono nel documento citato e danno le stesse indicazioni) in quanto non sono influenzati dai diversi livelli di esternalizzazione. Nel Regno Unito ci sono 155 addetti ogni 1.000 abitanti, in Germania 147, in Francia 134, in Grecia 90 e in Italia 84. Questi dati possono essere letti in modo più drammatico osservando che i tassi di disoccupazione di Francia, Regno Unito e Germania sarebbero molto più alti di quello italiano (che oggi – o meglio, ieri, prima del Covid – è del 10,3%, il più alto fra i quattro) se il rapporto fra numero di abitanti e numero di addetti ai settori tipicamente pubblici fosse lo stesso dell’Italia: il tasso di disoccupazione della Francia passerebbe dall’8,7% al 20,4%, quello del Regno Unito dal 4,8% al 19,1% e quello della Germania dal 3,3% al 15,8%. Il discorso non cambia se si fa riferimento agli addetti amministrativi in senso stretto, quelli troppo spesso ritenuti “travet” poco produttivi. In Germania ce ne sono 35 ogni 1.000 abitanti, in Francia 37 e nel Regno Unito 32; in Italia 20. Appare chiaro allora che il problema della bassa produttività della Pubblica Amministrazione (cioè quanto ciascun addetto “produce”) non è separabile da quello della bassa produzione (cioè quanto la Pubblica Amministrazione nel suo complesso produce).
Che il numero di addetti alla Pubblica Amministrazione sia anormalmente basso è dimostrato anche da altri due dati, molto noti: rispetto alla media dei paesi sviluppati in Italia ci sono pochissimi laureati, ma la percentuale di laureati disoccupati è altissima. Questo paradosso viene di solito disinvoltamente spiegato con l’ipotesi che gli italiani “si laureano nelle materie sbagliate”. Come risulta dai dati, ciò spiega ben poco: il motivo più importante è proprio il sottodimensionamento della Pubblica Amministrazione, che per sua natura in un paese sviluppato occupa un alto numero di laureati, dal momento che è competente per la salute, l’istruzione, l’assistenza sociale e, ovviamente, per l’amministrazione stessa.
Quanto costerebbe assumere un milione di nuovi addetti? Secondo le nostre stime, circa 26,5 miliardi all’anno. Questi possono essere reperiti in vari modi; qui indichiamo quello che a nostro avviso è il più semplice, ed è quello che ha più effetti positivi e meno effetti negativi. Sono comunque plausibili anche altre modalità. La nostra proposta è che si ricorra ad una imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria (quindi non sugli immobili). Tale ricchezza è molto elevata (4.445 miliardi, quasi tre volte il PIL di un anno) e molto concentrata, quindi 26,5 miliardi possono essere ottenuti con aliquote molto basse. È importante notare che la trasformazione di 26,5 miliardi di ricchezza (che non fa parte del PIL)in reddito farebbe crescere automaticamente il PIL di circa l’1,7%, e che gli effetti moltiplicativi consentirebbero l’abolizione dell’imposta straordinaria entro pochi anni, probabilmente quattro. Né va dimenticato che l’esborso per i contribuenti sarebbe inferiore al rendimento normale della ricchezza finanziaria, e quindi che lo stock iniziale di capitale non verrebbe ridotto. Infine, questa modalità è anche, a nostro avviso, quella più etica: in un’emergenza è giusto che chi ha di più aiuti chi ha di meno.
Questo per quanto riguarda i benefici. I costi – peraltro molto modesti ‒ sarebbero sopportati quasi esclusivamente dai due decimi più ricchi delle famiglie. Nel nostro scenario-base, quello con aliquota e quota esente più basse (rispettivamente 1% e 100.000€), il 60% meno abbiente della popolazione non pagherebbero nulla, e il settimo e l’ottavo decimo quasi nulla; l’aliquota effettiva, data l’esenzione, sarebbe minore dell’1% anche per il decimo più ricco. Naturalmente operando sulla quota esente e sull’aliquota si possono ottenere diversi scenari: per esempio, con una quota esente di 200.000€ e un’aliquota dell’1,33% sarebbe l’80% delle famiglie a non pagare nulla, e il decimo più ricco pagherebbe poco più dell’1%, mentre, con una quota esente di 300.000€ e un’aliquota dell’1,73% solo il decimo più ricco sarebbe tassato, pagando l’1,16%. La futura disponibilità di dati più aggiornati potrebbe rendere necessario modificare queste cifre, ma solo di molto poco.
Ci sentiamo di affermare che anche molti tra coloro che dovranno sostenere l’onere di questa imposta di solidarietà non sarebbero pregiudizialmente contrari, come risulta da un sondaggio condotto qualche anno fa (scaricabile da https://econpapers.repec.org/paper/ucaucapdv/185.htm) e anche da alcune recenti interviste di qualche arci-miliardario americano. Dopo tutto in tal modo non solo si darebbe un valido contributo alla crescita dell’economia sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, ma si darebbe anche lavoro a un milione di giovani, ora disoccupati o sotto-occupati, e certamente la maggior parte delle famiglie conosce qualcuno di essi. Infine, è bene ricordare che i costi di esazione sarebbero praticamente nulli per lo Stato e del tutto nulli per il contribuente, come già è il caso per l’imposta di bollo.
Dove, come, e chi assumere deve essere oggetto di valutazioni tecniche accurate. Pensiamo però che sia possibile avanzare fin d’ora qualche suggerimento riguardo ai criteri cui ci si dovrebbe attenere. In particolare, bisognerà tenere conto dei costi in aggiunta allo stipendio connessi all’attivazione di un posto di lavoro e dell’offerta potenziale di giovani con qualifiche tali da potere essere facilmente addestrati on the job, e operare su quei settori che offrano le maggiori attivazioni sull’economia nel suo complesso. È evidente che tutto ciò – così come la fissazione dell’aliquota e della quota esente – ha anche un aspetto politico. Tuttavia il nostro è e vuole essere un contributo tecnico. Riteniamo quindi di non doverci occupare di questa problematica.
La proposta qui illustrata è stata elaborata da: Filippo Barbera, Università di Torino; Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale; Giancarlo Cerruti, Università di Torino; Bruno Contini, Università di Torino; Ugo Mattei, Università di Torino; Guido Ortona1, Università del Piemonte Orientale; Francesco Scacciati1, Università di Torino; Pietro Terna, Università di Torino; Dario Togati, Università di Torino; Willem Tousijn, Università di Torino.
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PER CORRELAZIONE
FPA, Forum DD e Movimenta presentano “Il Fattore Umano”: Rapporto per la Pubblica Amministrazione.
CONCORSI, 105 GIORNI PER ASSUMERE PRESTO E BENE
Pubblicato il 7 Aprile, 2021 in Amministrazioni pubbliche rinnovate, Comunicati.
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FPA, Forum DD e Movimenta presentano “Il Fattore Umano”: Rapporto per la Pubblica Amministrazione
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Roma, 7 aprile 2021 – Quarantotto riferimenti legislativi, 13 Decreti legislativi, 8 Decreti legge, 7 Leggi, 4 Decreti del Presidente della Repubblica, 4 Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, 4 Decreti Ministeriali, 1 regolamento europeo, 1 contratto collettivo e 6 adempimenti dell’Ente che istituisce il Concorso. Per non parlare delle Linee guida per il piano di fabbisogno di personale e la direttiva del Ministro della PA sui concorsi. È questo il dedalo normativo in un cui si incappa leggendo un bando “tipo” del Dipartimento della Funzione pubblica. Allora non c’è speranza di assumere presto e bene? No, è possibile. E succede. Può e deve diventare pratica di sistema.
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Una forte intesa intergenerazionale per superare la crisi.
Da Aladinpensiero online (10 aprile 2021)
(…) E dunque per quanto accade oggi c’è certo da preoccuparci, partendo però da un dato: non è vero che i giovani non ci sono. E’ che occorre dar loro fiducia e responsabilità, in tutti i campi, ma per la gran massa innanzitutto occorre assicurare lavoro, lavoro degno, qualificato e congruamente remunerato. E quando le qualifiche non si sono occorre crearle attraverso l’istruzione, in tutti i gradi, e la formazione professionale e permanente. Si investa quindi su questi versanti, prioritariamente. Un grosso contributo potrà darlo la Pubblica Amministrazione, che per funzionare bene ha in primo luogo la necessità di un massiccio inserimento di giovani (il dato delle esigenze per tutta Italia è valutato da credibili esperti in 1 milione di assunzioni). Alcune organizzazioni culturali, di cui nutriamo massima fiducia, ci dicono che queste assunzioni possono essere fatte in tempi rapidi, nel rispetto delle normative vigenti, precisamente in 105 giorni. Non c’è nulla da inventare, ci dicono gli esperti: “Basta copiare dai migliori”, cioè dalle migliori pratiche realizzate. Certo, oltre tali assunzioni occorre fare tante altre cose, come investire in occupazione negli altri settori (imprese e terzo settore), sostenendo l’impresa (profit e non) esistente e creandone di nuova, in primis le start up. Le assunzioni nelle Pubbliche Amministrazioni sono una componente fondamentale e per certi versi preliminare di quanto possiamo e dobbiamo fare. Al riguardo il Next Generation Eu costituisce in questa fase il più importante programma e terreno d’impegno, in Italia come in Sardegna. In particolare, riferendoci alla Sardegna: blocchiamo l’emorragia di giovani verso l’estero e il settentrione e favoriamo il ritorno di quanti lo vogliano, creando occasioni di lavoro adeguate alle diverse professionalità. Questa è sicuramente una priorità. I giovani amministratori impegnati in molti comuni sardi, che pur hanno scelto di stare (a volte di tornare) in Sardegna sono convinti assertori di queste politiche (allo stato solo marginalmente in attuazione) ed essi stessi ne rappresentano un esempio positivo (rammento al riguardo i loro interventi negli webinar promossi dall’associazione Nino Carrus), che ci da speranza e motivazione per oggi e domani.
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[…] che per funzionare bene ha in primo luogo la necessità di un massiccio inserimento di giovani (il dato delle esigenze per tutta Italia è valutato da credibili esperti in 1 milione di assunzioni). Altri esperti, su cui nutriamo massima fiducia, ci dicono che queste assunzioni possono essere […]