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Punti franchi doganali. Quello di Cagliari sembrava quasi fatto, poi tutto si è fermato… Cerchiamo di capire a che punto siamo. Lo dicevamo nell’ottobre 2015, ma la situazione è restata identica
IL CIABATTINO PIGLIARU (della zona franca). Durante la prima guerra mondiale un soldato sardo portò ad aggiustare i propri stivali ad un ciabattino di Asiago, il quale, dopo averne valutato lo stato e l’entità delle riparazioni da fare, disse: “Va bene, torna tra quindici giorni”. E li ripose in uno scaffale alle sue spalle. Il soldato se ne andò soddisfatto, ma non tornò dopo quindici giorni, avendo dimenticato i suoi stivali, forse perché impegnato a salvare la pelle, come per fortuna gli riuscì. Se ne ricordò d’un tratto ben tre anni dopo, quando, a guerra finita, tornato ad Asiago, questa volta in visita turistica, mentre passeggiava nella città riconobbe la bottega del calzolaio. Entrò, si presentò e chiese dei suoi stivali. “Mi ricordo benissimo”, disse il calzolaio, tirando fuori dallo scaffale gli stivali impolverati, esattamente nello stato in cui il soldato glieli aveva consegnati tre anni prima. “Ma non ricordo cosa le avevo promesso”. “Beh – disse l’ex soldato – mi aveva detto di ripassare dopo quindici giorni che me li avrebbe consegnati tornati a nuovo”. “Ah! Ora mi ricordo” – disse il calzolaio. “E allora?” – chiese l’ex soldato. “Esattamente come le avevo promesso – rispose il ciabattino – Torni tra quindici giorni”.
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In vista del Convegno di Cagliari Città Capitale di mercoledì 10 febbraio ripubblichiamo un nostro articolo del 14 ottobre 2015; purtroppo non occorre aggiornarlo perché la situazione perdura immutata: si chiama immobilismo, ma anche presa per il naso dei cittadini.
di Franco Meloni
Tre mesi fa, precisamente il 30 giugno scorso, la Giunta regionale approvava con propria delibera il “Piano operativo della Zona Franca di Cagliari”. L’assessore dell’Industria, Maria Grazia Piras sottolineava l’importanza del provvedimento, così dichiarando: “Ci consente di individuare e studiare un modello di Zona franca che vorremmo estendere, come previsto dal nostro Statuto, agli altri cinque punti franchi della Sardegna: Olbia, Porto Torres, Oristano, Arbatax e Portovesme. Il punto di Cagliari, insomma, sarà una sorta di «laboratorio» che permetterà alla Regione di capire come integrare le Zone franche con modelli di sviluppo coerenti con le esigenze dei diversi territori”. “La delibera – riportava una nota stampa della Giunta – consentirà alla società Cagliari Free Zone di realizzare gli interventi inseriti nel progetto, che ha già ottenuto il nulla osta dell’Autorità doganale di Cagliari. Il Piano Operativo prevede la realizzazione dei servizi comuni e la collocazione logistica degli spazi da adibire a servizi generali. Si tratta di infrastrutture che consentiranno l’avvio delle prime attività. Il Progetto di massima di Cagliari Free Zone individua un lotto di 6 ettari all’interno della zona attualmente recintata nella parte posteriore del piazzale di banchina del molo di Levante del Porto Canale. Il lotto sarà recintato su quattro lati e vi saranno due accessi. I costi di massima per le opere da realizzare ammontano a poco meno di un milione e 100 mila euro. In particolare, saranno costruite le palazzine e sarà sistemata la viabilità. Interventi anche sui servizi tecnologici, il telecontrollo, l’illuminazione e l’impiantistica”. Bene, commentavamo in tale occasione nella nostra news, rammentando i ripetuti interventi sulla questione, che datano dall’esordio on line della stessa: aspettiamo i fatti! Ma, allo stato, questi fatti non si vedono proprio. Non troviamo alcuna informazione sul sito web della Regione, doverosa sulla base della normativa sulla trasparenza. Ma, ci diciamo: andando oltre i noti “difetti di comunicazione” della Regione, non è detto che non si stia facendo nulla… Certo è che se qualcosa si sta facendo è «top-secret». Non solo per noi, ma perfino per uno dei più diretti interessati, cioè l’attuale presidente della Società consortile SpA Zona Franca di Cagliari, Piergiorgio Massidda, il quale in un articolo-intervista (apparso il 13 ottobre nel suo blog ufficiale) informa di aver partecipato il 6 ottobre a una riunione con l’assessore all’industria della Regione Sardegna. In quella sede, dichiara Massidda: “ho ribadito di aver raccolto in giro per il mondo l’adesione di tanti investitori internazionali che stanno aspettando dalla Sardegna una risposta; mi è stato detto che avremo delucidazioni entro poche settimane; è già passata una decina di giorni; l’impressione avuta durante i vari incontri con assessori e dirigenti è che si vogliano rimandare queste decisioni senza spiegarne il perché; spero che l’assessore si renda conto dell’importanza del suo interessamento e delle potenzialità della Zona Franca Portuale Doganale”. Massidda esprime poi una serie di altre considerazioni, che quantunque influenzate dalla sua probabile candidatura a Sindaco di Cagliari nell’imminente tornata elettorale, sono interessanti e in certa parte coincidenti con le posizioni di Aladinews su Zona franca e dintorni, assunte in tempi non sospetti. Ad esempio, dice Massidda: “(…) l’Ente maggiormente interessato [alla Zona Franca] dovrebbe essere il Comune di Cagliari in quanto azionista sia del CACIP che membro del comitato dell’Autorità Portuale, al pari della Regione, ma l’attuale Sindaco di Cagliari ha già fatto intendere che non ritiene che sia compito del Comune investire per la creazione di posti di lavoro a Cagliari. La Regione ha tuttavia facoltà statutaria di entrare nella ZFD con capitale proprio come azionista considerato che è anche l’istituzione con la maggiore solidità finanziaria; più volte si è prospettata l’ipotesi dell’ingresso della regione attraverso la SFIRS ma anche questa soluzione è rimasta sulla carta. Davvero inspiegabile. Secondo alcune voci ciò accade perché ci sono io alla Presidenza e quindi c’è la certezza che il lavoro si crei per davvero, mettendo fuorigioco chi vorrebbe trasformare la Zona Franca in una fabbrica di poltrone (…) Sarebbe bene che tutti ragionassero su come restituire al Comune di Cagliari il suo ruolo centrale nello sviluppo economico, sociale e politico dell’isola, arrestando e invertendo questo palpabile decadimento e rivitalizzando le sue naturali direttrici di sviluppo.”. Infatti, al netto della componente strumentale elettoralistica (peraltro legittima) del suo discorso, le sue considerazioni sono condivisibili. In uno dei richiamati interventi di Aladinews, precisamente del 9 giugno 2014, mentre si dava atto di significativi passi avanti nella realizzazione del punto franco di Cagliari – anche per la meritoria attività di Piergiorgio Massidda quando ricopriva la carica di Autorità portuale di Cagliari – con il rafforzamento della compagine sociale della Società “Cagliari free zone” attraverso gli ingressi della Camera di Commercio e del Comune di Cagliari (già deliberati dai rispettivi organi di governo), si constatava come il modello per il punto franco di Cagliari fosse sostanzialmente quello di Barcellona (città méta di numerose visite/vacanze-studio dei nostri amministratori). La situazione di Barcellona è paragonabile (mutatis mutandis) a quella di Cagliari, non solo per quanto riguarda lo strumento “punto franco doganale”, ma per le analogie del contesto barcellonese che potrebbero in certa misura consentire una replica dell’esperienza su Cagliari. Per esempio con il “naturale” insediamento accanto alla zona franca di centri universitari e aziende utili alle attività di trasformazione consentite nella stessa zona franca. In un non lontano convegno della Camera di Commercio di Cagliari (4 maggio 2012) l’esperienza di Barcellona era stata ben illustrata (purtroppo gli atti del convegno, in particolare l’ottima relazione di Iolanda Conte, esperto di Unioncamere, non risultano più reperibili nel sito istituzionale della Camera).
E allora? Avevamo salutato con favore la decisione della Giunta regionale del 30 giugno scorso e aspettiamo i fatti, che purtroppo, come detto, non si vedono ancora. Per ora non abbiamo null’altro da aggiungere, se non ribadire ancora una volta un concetto a noi caro: per fare una zona franca di successo occorre la costituzione di una compagine di gestione efficiente, fortemente integrata e unita. E’ una condizione realizzabile? Cioè: è possibile che Francesco Pigliaru o l’assessore competente (Regione), Massimo Zedda (Comune), Paola Piras (Camera di Commercio), Vincenzo Di Marco (Autorità portuale), il presidente del Cacip, ma anche Maria Del Zompo (Università) e pochi altri, trovino la formula magica della compattezza nella predisposizione e realizzazione di un comune progetto? Per come fino ad ora dette Istituzioni e i rispettivi responsabili si sono comportati in questa o analoghe circostanze si può essere solo pessimisti. Speriamo arrivino tempi migliori.
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DOCUMENTAZIONE
Delibera del 30 giugno 2015, n. 33/18 [file .pdf]
Piano operativo della zona franca di Cagliari ai sensi dell’art. 7 del D.P.C.M. 7 giugno 2001.
All. 33/18 [file .pdf]
PIANO (allegato alla delibera della G.R.)
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Articolo-Intervista a Piergiorgio Massidda sul suo blog ufficiale (13 ottobre 2015)
- Odg del Consiglio Comunale di Cagliari del 1° luglio 2014 per l’adesione al Comune alla Società Cagliari free zone.
- Legge regionale 2 agosto 2013, n. 20 “Norme urgenti per l’attuazione ed il funzionamento delle zone franche istituite nella Regione autonoma della Sardegna”
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ARCHIVO ALADINEWS del 21 agosto 2013
Zona franca: liberate Barabba!
Zona franca: liberate Barabba!
di Franco Meloni, su Aladinews
Tutti conosciamo la situazione disastrosa dei trasporti (di tutte le vie) da e per la Sardegna, nonchè della rete interna, con poche eccezioni rispetto ad alcune tratte. Portiamo come esempi negativi la tratta aerea per Milano, per la quale occorre prenotarsi con almeno un mese in anticipo e, riguardo all’interno, il collegamento via treno Cagliari-Sassari (o viceversa) con una percorrenza di oltre tre ore!
Solo considerata questa situazione, in gran parte addebitabile direttamente all’inerzia e incapacità del governo regionale, ma complessivamente alla nostra classe dirigente, risulta non credibile e perfino comica la presa di posizione di Cappellacci e della sua giunta sulla questione della zona franca: per ottenerla (nella forma integrale) si dovrebbe convincere il governo italiano (notoriamente ostile a questa ipotesi) a condurre una dura vertenza con l’Unione Europea, anch’essa poco propensa ad autorizzare le zone franche nelle diverse possibili configurazioni. Ma ve lo immaginate il presidente battere i pugni sui tavoli del governo Letta (o chi altri gli succederà) e della commissione europea, nell’immaginario (e non solo) rappresentata dalla cancelliera (di ferro) Merkel, per far valere le “ragioni dei sardi”? Intanto così come si rivendicano più consistenti fondi europei nonostante non si riesca a spendere nella totalità quelli di cui già si dispone, si vuole una zona franca integrale, di difficile se non impossibile ottenimento e nel mentre non si attuano i punti franchi doganali, quelli già previsti dalla normativa. In verità su questo versante si è mosso il Consiglio regionale, con una pessima leggina [L.R. 2 agosto 2013] che al massimo potremmo salvare per l’intento (destinato al fallimento, crediamo) di assicurare una “copertura regionale” per la realizzazione dei sei punti franchi. In realtà detta leggina, di complicata attuazione e del tutto inammissibile nella previsione di surroga del potere regionale con quello prefettizio (!)* rischia di impedire quanto di concreto si stava cominciando a fare a Cagliari con la realizzazione del punto franco doganale, già possibile da ben dodici anni. Di questo abbiamo parlato in un editoriale su Aladin a cui rinviamo. Al riguardo segnaliamo inoltre i pregevoli interventi di Antonio Ladu, su Tiscali news (ripresi anche da Aladinpensiero blog).
Ma dobbiamo avvertire che all’impostazione demagogica della problematica, di cui è portatore il movimento per la zona franca integrale che ha coinvolto ben 350 comuni sardi e a Ugo Cappellacci che ne vuole essere condottiero, non si possono opporre solo ragionamenti e richiami alla ragionevolezza, seppur con tutti i possibili approfondimenti, da svolgere in modo aperto e senza pregiudizi. Occorre una vasta e partecipata battaglia di contrasto e soprattutto di rivendicazione di quanto si può e deve fare da subito. Ci riferiamo in modo particolare alla realizzazione del punto franco di Cagliari e degli altri cinque che devono seguire.
Occorre muoversi con tutti i mezzi di comunicazione, al di là dei pochi che già sono attivi, come questo e altri blog, ma anche organizzare iniziative assembleari.
Muoviamoci per impedire che vinca la demagogia, ricordandoci che la folla fanatica libera Barabba e crocifigge Gesù.
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* Ecco il commento – sdegnato e da noi pienamente condiviso – di Gesuino Muledda su fb ”se Emilio Lussu dovesse tornare in questa Sardegna entrerebbe a cavallo in Consiglio Regionale per cacciare via questi analfabeti della autonomia che nominano un prefetto commissario della Regione Autonoma della Sardegna.ma dove diavolo erano i “sovranisti”e gli autonomisti? è la prima volta nella storia della autonomia che in una legge si prevede che a una inadempienza della giunta ponga rimedio un prefetto. e i sardisti che cosa facevano?”