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La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.
La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare, con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono andati progressivamente perdendo queste capacità, riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa: la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori, via via, a quelle di livello superiore, cioè: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino, eventualmente, agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate. Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato, un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.
Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale, sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.
Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali. Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Anche l’Unione Europea utilizza una procedura analoga per la conferma dei candidati a commissario europeo. Siffatte procedure applicate, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbero rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.
Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di autonomia, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo, italiano ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.
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Gli OCCHIALI di PIERO
ROBERTO COTTI
Il senatore del Movimento 5 stelle, Roberto Cotti è nato a Cagliari il 20 aprile 1961, di professione formatore, imprenditore e guida turistica.
Si parla tanto di lui oggi perchè, intervenendo in Senato contro l’acquisto degli F35, ha indossato una giacca (è obbligatorio avere la giacca) coi colori arcobaleno della bandiera della pace, aggirando il divieto di avere bandiere dentro l’aula.
Si è parlato meno, e invece bisogna farlo, del fatto che Cotti è primo firmatario di una proposta di legge che costituisca la Sardegna come collegio unico alle prossime elezioni europee. Finora aggregata alla Sicilia, che ha un numero di elettori quasi 4 volte superiore, la Sardegna rischia di non mandare nessun rappresentante a Bruxelles.
Finora è stata l’unica risposta concreta all’appello che abbiamo lanciato in questo senso io e gli amici Gianni Mascia e Franco Meloni.
Con questi amici e d’intesa con Fondazione Sardinia, Aladin Pensiero, Vitobiolchiniblog, Tramas de Amistade e altri, abbiamo promosso un convegno-confronto pubblico, che si terrà lunedì 16 settembre alle 17,30 presso l’Ostello della Gioventù a Cagliari, Scalette S.Sepolcro: “per la costituzione di una circoscrizione sardegna che garantisca rappresentanti sardi nel prossimo Consiglio d’Europa”.
IL GOVERNO E’ UNO STABILE
All’attico il candido Letta coltiva narcisi e fa la mammo/letta.
All’ultimo piano l’angelico Alfano ha un telefono in mano.
Al piano di sotto, che strano destino, risponde Bonino
e fa l’amareggiata, Alfano: no grazie, per me una kazata.
Al piano segreto lo strano gruppetto fa gli aeroplanini.
Al piano stradale i saggi impegnati a battaglia navale:
F35! colpito e affondato…
Il ministro della fellonia sta studiando la geografia,
lo stato kazako vuol saper dove sia:
E’ una seccatura non sapere dove inviare la fattura.
Al piano terra la ragioneria, lamenta lo stato dell’economia.
Nei sottosuoli il bel Calderoli grugnisce e ruggisce ma non si dimette.
Epifani nervoso, per l’accanimento della terapia, forse va via.
Governo, che inferno! c’è tanto da fare: le tasse aumentare,
i bolli, la benzina, c’è anche il furfantello da perdonare…
Contro i magistrati ci han fatto scioperare…
Per strada Civati raccoglie il dissenso.
Sarebbe ora di dargli una stanza,
è lui che mantiene la residua speranza.
Oppure c’è Barca che affronta il Diluvio:
iscritto recente, ma ha tanti pensieri,
peccato non averci pensato da ieri.
LA POESIA E’ SINTESI E PROFEZIA
Nel 1930 il regista Abel Gance girava a Parigi il film “La fin du monde”
Per creare l’atmosfera di una società alla fine fece rinchiudere nel Velodromo migliaia di comparse, uomini e donne separati, e li privò di cibo e acqua per 24 ore. Poi filmò lo spettacolo allucinante che ne era derivato.
Il 16 e 17 luglio 1942 a Parigi, sotto occupazione tedesca, per ordine del governo di Vichy e del zelante ministro collaborazionista Pierre Laval, furono arrestati 13.152 ebrei, 5.802 erano donne, 4.115 erano bambini tra i 2 e i 15 anni. Furono rinchiusi tutti per alcuni giorni nel Velodromo dello Sport, come nel film di Gance.
L’operazione “Vento di primavera” era guidata dalla polizia francese.
Gli ebrei furono tutti inviati nei lager. Solo 100 sopravvisero.
Sulla vicenda, nel 2010, è stato fatto il film “Elle s’appellait Sarah”.
Pierre Laval alla fine della guerra fu catturato, processato e fucilato.
Nel 1959 i Velodromo è stato demolito.
Il 16 luglio 1995 lo Stato Francese, per bocca di Jacques Chirac, ha riconosciuto il ruolo dello Stato nella persecuzione degli ebrei.
DA SARDI VOGLIAMO ESSERE EUROPEI. Organizziamo la mobilitazione dei sardi per la modifica della legge elettorale (italiana) per avere nostri rappresentanti nel prossimo Parlamento europeo!
Prendiamo spunto da quanto Franco Meloni ha pubblicato su questo blog di Aladin Pensiero e su altri blog sardi, uniti da un recente accordo di collaborazione, Fondazione sardinia, Tramas de Amistade e Vitobiolchiniblog.
Franco premette al suo intervento che “si ripropone con urgenza la modifica della legge elettorale per consentire ai sardi di eleggere propri rappresentanti nel parlamento europeo”.
Con questa affermazione, e con la sostanza della tesi sostenuta da Franco, concordiamo pienamente. E come sarebbe possibile non concordare?