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in giro con la lampada di aladin…
Fedeltà a Renzi e tappeti rossi per le multinazionali: è questa l’idea di Pigliaru per la Sardegna?
30 agosto 2014 alle 02:20 Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Ugo Cappellacci non ha proprio tutti i torti quando afferma che “la Giunta dei professori non produce niente di originale, ma copia e incolla le nostre azioni”: effettivamente sul San Raffaele l’esecutivo di centrosinistra e sovranista guidato da Francesco Pigliaru non avrebbe potuto soddisfare meglio le attese del centrodestra. Certo, ci sono battaglie che per loro natura uniscono gli schieramenti, ma chi come me inizia ad avere qualche capello bianco non può dimenticare la storica avversione al progetto dell’ospedale privato di don Verzè (ora fatto proprio da Qatar e Vaticano) da parte del centrosinistra sardo. - segue -
L’ Osservatorio Sardo Riforme Istituzionali si dota di uno spazio web per comunicare le sue iniziative e mettere a disposizione informazioni utili e pertinenti
La Fondazione Sardinia ha attivato all’interno del suo sito web uno spazio dedicato all’Osservatorio sulle riforme isituzionali . Il sito è così organizzato:
O.S.R.I.
- Osservatorio Sardo Riforme Istituzionali
- Testi legislativi
- Convegni e Seminari
- Documentazione
- Comunicazioni
- Rassegna Stampa
– segue documentazione OSRI -
in giro per la rete con la lampada di aladin…
- La Sardegna è debole perché le sue organizzazioni sono deboli. E i sovranisti? Il mistero Rossomori. Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Riflessioni sul futuro di Cagliari: il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ma occorre una diversa classe dirigente.
Il dibattito su Cagliari, intendendo quello che non si ferma alla contingenza dei problemi quotidiani dei suoi abitanti, che riesce a riflettere sul suo ruolo rispetto alla Sardegna e all’Europa, che prefigura scenari futuri rispetto ai quali organizzare le energie sociali, e così via, è presente anche se carente nella realtà culturale della città. Segue un andamento di tipo “carsico”: corre in modo prevalentemente sotterraneo, ogni tanto riaffiorando con i contributi di singoli intellettuali o, in misura più partecipata da diversi soggetti singoli o associati, in relazione a scadenze elettorali o ad altre particolari circostanze. Tra queste le più importanti negli ultimi anni sono state le fasi di elaborazione del “piano strategico della città” e del “piano strategico dell’area vasta”. A dire il vero il rilevante lavoro prodotto è stato in gran parte sprecato, seppure resta disponibile un’interessante documentazione, fruibile sul sito web del Comune (1) (2). Sono tutte parole, per fortuna in questo caso scritte, che però tali rimangono, senza tradursi, se non in minima parte, in effettive realizzazioni; sono elaborazioni interessanti ma in gran parte inutilizzate, come dimostra il piano del Comune per la candidatura a “capitale europea della cultura 2019″, che sembra prescinderne.
Si ripete anche in questo caso il vizio del “ripartire da zero” che fa sprecare risorse e fa perdere di efficacia all’azione politica e amministrativa delle Istituzioni.
Occorre invece rilanciare il dibattito su Cagliari, raccogliendo tutti i contributi del passato che mantengono validità insieme a quelli che si sono aggiunti e vanno aggiungendosi di recente, lasciando alla politica il compito di portare a sintesi operativa le indicazioni su cui si trova la più estesa convergenza.
Prima di riproporre le questioni strategiche vogliamo soffermarci su un altro comportamento patologico delle nostre Istituzioni: quello dei “compartimenti stagni”, cioè dell’incapacità di agire “a sistema” (la leale collaborazione istituzionale). Forse ci si illude che le decisioni prese in solitaria dai singoli Enti possano essere inserite da una “mano invisibile” in un coerente disegno complessivo, purtroppo inesistente. Così non si va molto lontano. Tra i molti esempi che si potrebbero fare al riguardo ci limitiamo a due, importanti ed emblematici: la zona franca e la questione delle abitazioni.
. Per quanto si riferisce alla zona franca, parliamo dei punti franchi doganali (non quindi delle fantasie demagogiche di Cappellacci o della pessima e inutile leggina approvata di recente dal Consiglio regionale), cioè di quelli che potrebbe essere già operativi (per il punto franco di Cagliari il ritardo assomma a oltre dodici anni) e che inspiegabilmente non si fanno, per colpevole inerzia di molte Istituzioni a partire dalla Regione. I punti franchi porterebbero benefici in termini di occupazione e di incremento di attività economiche innovative, se attuati con modalità intelligenti, come, per esempio, dimostra l’esperienza di Barcellona (ampiamente studiata dai nostri politici in innumerevoli viaggi-studio). Per quanto riguarda Cagliari (ma discorso analogo può farsi per gli altri 5 punti franchi previsti dalla normativa vigente) perchè la zona franca possa concretizzarsi con questa valenza occorre che si impegnino più soggetti, raccolti in una compagine sociale a cui partecipino la Regione, l’Autorità portuale, la Camera di Commercio, l’Università e, infine, il Comune capoluogo, che dovrebbe assumerne la guida politica.
Cosa si è fatto al riguardo? Quasi nulla, se si eccettuano alcune iniziative, pur apprezzabili, dell’attuale autorità portuale, Piergiorgio Massidda, giunto peraltro al capolinea del suo incarico. Per il resto i possibili partner si ignorano, quando non sono l’un contro l’altro armati.
. Veniamo ora della questione delle abitazioni. Cagliari, in costante emorragia di abitanti in favore dei centri limitrofi, non può pensare di risolvere il problema riattirando gli abitanti perduti per i quali costruire nuove abitazioni, che andrebbero a saturare le poche aree disponibili. L’operazione già di per sè non condivisibile di “Su Stangioni” potrebbe essere letta in questa luce, specie pensando al possibile aumento dell’edificabile (vedasi al riguardo l’ottimo dossier predisposto dal circolo PD Copernico di Cagliari) (3). Piuttosto occorrerebbe rimettere in gioco le numerose case sfitte e riqualificare il patrimonio edilizio esistente, soprattutto in favore dei ceti meno abbienti e delle fasce giovanili. Si deve pertanto affrontare la questione abitativa in termini di “area vasta urbana”, con appositi piani intercomunali. Occorre al riguardo pianificare il territorio insieme con gli altri Comuni dell’area vasta. Cosa che si dovrebbe fare subito e che non si fa, ma che sarebbe più agevole (e obbligatorio) fare con la costituzione della città metropolitana (vedasi al riguardo lo studio della Società geografica italiana in collaborazione con il CNR) (4). Le responsabilità di questa situazione negativa sono tutte della classe politica. Ne vogliamo parlare?
Tornando al dibattito sulle linee strategiche, volendo individuarne una prioritaria, ovviamente discutibile, ci sembra interessante proporre quella avanzata da Paolo Fadda, storico e studioso cagliaritano, nel suo recente libro “Da Karel a Cagliari”, riassunta nella rappresentazione di una “Cagliari città d’acqua”, che punta sui suoi stagni e soprattutto sul mare come nuova opportunità di sviluppo. Sostiene Fadda: “La nuova centralità assunta da Mediterraneo, per l’emergere di nuove potenzialità ed aspirazioni economiche fra i popoli rivieraschi, fa ben sperare che il mare ritorni ad essere la locomotiva trainante del progresso cittadino”.
In questa proposta, che condivido, trovo un ideale accordo, con Giovanni Lilliu, nel momento in cui invitava i sardi (e qui Cagliari può dare l’esempio e dimostrare l’intraprendenza dei cagliaritani) a “riconquistare” il mare (“per riconquistare la libertà”, diceva Lilliu), facendo leva, valorizzando e, se vogliamo, anche superando, la famosa “costante resistenziale” (al riguardo facciamo riferimento all’intervista fattagli da Francesco Casula per Cittàquartiere, nel maggio 1987) (5).
Bene! Dunque guardare al mare come nuova frontiera. Ma non si può ridurre tutto alla suggestiva enunciazione.
Cosa può significare questa “scelta strategica”, ovviamente se condivisa (ed è tutto da verificare)?
Possiamo trovare molte e significative implicazioni, che lasciamo all’approfondimento e alle integrazioni del dibattito, riconoscendo come in molti casi si tratta di sviluppare quanto di positivo si sta già facendo (porto, porto-canale, Poetto). Voglio però qui indicarne alcune, solo a mo’ di esempio, in aggiunta a quanto già detto. Si potrebbe:
- predisporre un utilizzo turistico del complesso lagunare;
- riprendere un utilizzo produttivo delle saline;
- riconvertire la Fiera internazionale e aprirla al mare;
- rafforzare le pratiche sportive sull’acqua;
- orientare investimenti d’impresa sulla cantieristica da diporto, proiettandoli verso nuovi mercati come quelli del nord Africa;
- rafforzare il sistema formativo, a partire dagli Istituti professionali nautici fino a dare vita all‘ “Università del mare”, basandosi sulle competenze esistenti negli Atenei sardi, anche con l’utilizzo delle aree e strutture da smilitarizzare.
Volutamente in queste riflessioni si tralasciano gli aspetti che attengono all’incontro tra differenti culture dei paesi del bacino del Mediterraneo, che potrebbero vedere Cagliari come centro di scambi e iniziative di rilevante importanza. Questo è un ulteriore filone di riflessione.
Per concludere. Pensare, progettare e fare tutte queste cose nella dimensione sarda, europea e internazionale implica una condizione: che emerga e si consolidi una nuova classe dirigente, non solo politica, che sappia ragionare e agire, con unità d’intenti, e che sappia coinvolgere i cittadini nelle scelte che li riguardano. Le elezioni regionali ed europee in questo senso sono la prima ravvicinata opportunità da non sprecare.
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(1) Piano strategico Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/terrirtorio_areavasta.page
(2) Piano strategico Area vasta Cagliari: http://www.comune.cagliari.it/portale/it/contentview.page?contentId=SCH50524
(3) Circolo Pd Copernico di Cagliari, dossier “Su Stangioni”: http://circolocopernico.wordpress.com/2013/05/27/lo-strano-caso-di-su-stangioni-politiche-residenziali-a-cagliari/
(4) Studio Società geografica italiana-CNR: http://www.societageografica.it/images/stories/Pubblicazioni/e-book_il_riordino_territoriale_dello_stato.pdf
(5) Intervista a Giovanni Lilliu: https://www.aladinpensiero.it/?p=545
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Oltre che su questo sito, questo articolo viene pubblicato anche sui siti Fondazione Sardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra.
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Caro Massimo
Riprendiamo dal sito di Vito Biolchini la lettera inviata dal presidente del gruppo del Pd in Consiglio comunale Davide Carta al Sindaco Massimo Zedda, che nella parte di carattere più generale ci sembra corrispondere alle critiche sulle carenze di politiche di respiro per la città avanzate nel nostro editoriale.
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Caro Massimo,
la recente sentenza del TAR sulla illegittimità della nomina di Marcella Crivellenti a sovrintendente del Teatro lirico conferma, quanto fossero fondate le preoccupazioni, le sollecitazioni e poi le critiche del gruppo PD rispetto alla scelta del sovrintendente , sia sotto il profilo del metodo, che nel merito. Preoccupazioni e perplessità confermate rispetto poi alla concreta gestione del Teatro Lirico.
La sentenza del TAR lede non solo la tua immagine di Presidente della Fondazione, ma coinvolge il tuo ruolo di Sindaco e la nostra maggioranza in consiglio comunale, in quanto è stato messo in discussione uno degli aspetti di maggiore rilevanza del nostro programma: la trasparenza delle scelte politiche e degli atti amministrativi.
Non è stata la prima e purtroppo nemmeno l’ultima volta che hai deciso senza dare la giusta considerazione alle parole dei consiglieri e senza confrontarti con la tua maggioranza: il progetto collettivo che era la forza della nostra proposta per la città è rimasto lettera morta.
Per questi motivi ti chiediamo come PD di valutare con attenzione la possibilità di non procedere con il ricorso al Consiglio di Stato avverso tale sentenza considerando che si tratta di una scelta di natura anche politica, e non solo giuridico amministrativa, che merita attente valutazioni sotto molteplici profili.
Crediamo, inoltre, che sia importante convocare il CdA della Fondazione del Teatro per dare seguito agli esiti della sentenza ed avviare un ragionamento sulla nomina del sovrintendente, nei tempi più brevi possibili, al fine di non mettere a repentaglio la gestione e gli esiti economico – finanziari della Fondazione.
Questa scelta sarebbe un atto di grande consapevolezza e responsabilità politica e favorirebbe la ripresa del dialogo con i lavoratori ed i sindacati del Teatro lirico e il superamento del clima di persistente conflitto.
Credo, caro Massimo, che siamo arrivati ad un punto di non ritorno: il governo della città ha bisogno di un di più di politica, intesa come capacità di progettare il futuro, con una visione alta, e di trovare soluzioni concrete ai tanti problemi, un di più di capacità di ascolto e di dialogo con le forze sociali che la animano, un di più di guida dei processi amministrativi, oggi totalmente delegati alla struttura.
Il PD vuole dare il suo contributo costruttivo, come ha fatto dall’inizio della consiliatura, aprendo anche una fase di rinnovato impegno, mettendo a disposizione tutta la ricchezza di idee e di uomini che il partito possiede: sta a te scegliere se chiederlo, accoglierlo oppure ignorarlo come hai fatto troppo spesso fino ad oggi.
Il futuro di questa amministrazione si decide oggi, in questo passaggio difficile: a te il compito di fare la scelta.
Davide Carta
Presidente del gruppo PD
Cagliari, 14 novembre 2013
La LAMPADA di ALADIN
Verso le elezioni. Questione Morale e Questione Politica
- Il punto di Vito Biolchini sul suo blog (ripreso da Aladinews). Come la pensano Vito Biolchini, Luciano Marrocu, Andrea Pubusa (su Democraziaoggi), Giommaria Bellu, Ettore Cannavera (su SardiniaPost) e altri.
Programmazione UE 2014-2020:Formazione delle amministrazioni meridionali. Il Formez mette in cantiere in progetto Esperi@
ZONA FRANCA. In un intervento nella sua pagina fb Marco Sini ci aiuta a capire cosa ha votato il Consiglio regionale e che forse non hanno capito molti degli stessi consiglieri. Po carirari! L’articolo di Marco chiude con una serie di proposte di cosa si può fare subito, perfettamente concordi con le posizioni di Aladin, ampiamente illustrate sulla news e che qui riproponiamo.
Ma lo spirito critico dov’è? Se la Sardegna va male è anche colpa dei suoi intellettuali
La dove c’era un’opera d’arte ora c’è… un muro qualunque. Mentre Firenze tributa tutti gli onori a Pinuccio Sciola, accogliendo le sue opere all’interno della basilica di Santa Croce, Cagliari cancella un murale realizzato in pieno centro cittadino dal maestro di San Sperate. La colpa di chi è? Di nessuno, ovviamente. Le ragioni della sinistra regolamentare coincidono con quelle della destra condominiale, per fondersi entrambe in una sorta di “idiozia legalitaria” che unisce nuove e vecchie classi dirigenti e amministrative cittadine. Niente cambia a Cagliari. Anzi no, una differenza c’è: in passato almeno si gridava agli scandali, oggi si tende a giustificarli, a minimizzarli.
D’altra parte, trovare in questa società anche un solo responsabile di uno solo dei disastri che abbiamo sotto gli occhi non si può, è troppo difficile. Nessuno ha ucciso i morti di Lampedusa, mettiamoci l’anima in pace. Chi vuole, se la prenda col “sistema” (sempre che esista ancora e che ce ne sia uno solo). Viviamo in un’era di irresponsabilità diffusa, in cui neanche i colpevoli di un reato lo sono mai veramente e fino in fondo, perché nel frattempo ci sarà un ulteriore grado di giudizio (anche ipotetico) a dare loro la speranza di una possibile innocenza, e fino ad allora nulla cambia. E in ogni caso, anche una sentenza rappresenta solo “un punto di vista”.
Cercare i responsabili è dunque inutile e anche rischioso, perché espone alle vendette e alle ritorsioni. Sia chiaro: soprattutto in Sardegna.
Evidentemente se il parlar chiaro espone a rischi crescenti un motivo ci sarà, ed è semplice. Mettere in discussione qualcosa o qualcuno oggi è sconveniente, oltreché maleducato. Meglio evitare. D’altra parte, la libertà è come un muscolo che va utilizzato con regolarità, che va allenato. Così come il coraggio, che ci consente di essere liberi pubblicamente. Servono palestre dove mettersi alla prova, dove prepararsi. Ma queste palestre non esistono più. Quindi chi o che cosa può essere oggi sottoposto ad un credibile vaglio critico?
Una volta per gli intellettuali e per gli aspiranti politici la palestra della loro intelligenza (ovvero conoscenza più libertà più coraggio) era la critica culturale. Si recensiva un romanzo, un film, uno spettacolo, un disco con gli stessi strumenti e con lo stesso rigore con cui più avanti si sarebbe analizzata la realtà. L’oggetto culturale era un piccolo mondo da scandagliare e sezionare in piena libertà, senza remore. Perché il prodotto culturale era metafora del mondo. E chi non sapeva analizzare un film non avrebbe fatto molta strada.
Oggi invece la critica è morta. E non solo in Sardegna, sia chiaro, ma in tutto il mondo, come ci avverte Mario Vargas Llosa nel suo libro “La civiltà dello spettacolo” (Einaudi, 2013).
Non è casuale che la critica sia poco meno che scomparsa (…) è vero che i giornali e le riviste più serie continuano a pubblicare recensioni di libri, esposizioni e concerti, ma chi legge più i paladini solitari che cercano di stabilire un certo ordine gerarchico nella selva promuscua in cui si è trasformata l’offerta culturale dei nostri giorni? (…) In modo impercettibile, è accaduto così che il vuoto lasciato dalla scomparsa della critica sia stato riempito dalla pubblicità.
Una società che non sa e/o non vuole criticare l’arte e la cultura non avrà gli strumenti per criticare la politica, aggiungo io. Perché non è in grado di dare valore alle cose, di stabilire gerarchie. La critica culturale consente invece di ribaltare i rapporti di forza consolidati, evita le rendite di posizione, accoglie il merito e punisce il demerito. Certo, questo se la critica esistesse davvero. Perché le pagine culturali dei nostri giornali sono in realtà la fotocopia di quelle politiche, essendo gestite con la stessa logica superficiale e attenta a non mettere in discussione le rendite di posizione.
Con una novità: che alla fine (come fa notare sempre Vargas Llosa) è questa cultura tutta marketing e poca sostanza a contribuire al peggioramento della politica, a contaminarla: non il contrario.
Insomma, una volta i quadri della sinistra e del sindacato venivano formati nei cineforum e nelle sezioni si studiava: sul serio. Oggi i giovani della sinistra cagliaritana fedele al sindaco Zedda giustificano la distruzione di un’opera d’arte come se tutto fosse colpa del destino.
Di chi è la responsabilità di questa deriva? Le università possono tranquillamente accomodarsi sul banco degli imputati. Ben lungi dall’essere quel luogo di formazione e di esercizio disinteressato dello spirito critico, sono invece diventate delle infallibili scuole di servilismo e di opportunismo, come si evince dalla vasta letteratura riguardante le feudali modalità di selezione della classe insegnante. Per ogni docente universitario che si assume pubblicamente le responsabilità delle proprie idee, ce ne sono altri cento che preferiscono stare in silenzio.
Se la Sardegna vive questa situazione è dunque colpa anche degli intellettuali, colpevoli di diserzione e incapaci di educare i giovani e le future classi dirigenti all’esercizio di una lettura critica e pubblica dei prodotti culturali prodotti in quest’isola, vera palestra di libertà. Se in Sardegna non siamo in grado di stabilire quali sono i cinque romanzi più interessanti pubblicati nell’ultimo decennio, come potremo riuscire a valutare la ben più complessa azione di un assessore, di un sindaco o di un presidente della Regione?
Non sorprendiamoci allora se la società sarda da tempi perde ogni sfida con la realtà: è solo perché scendiamo in campo senza alcuna preparazione, senza esserci mai allenati.
Intanto in piazza Repubblica a Cagliari il murale di Pinuccio Sciola non c’è più. Qualcosa vorrà pur dire.
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Oltre che su questo sito, questo articolo viene pubblicato anche sui siti Fondazione Sardinia, Vitobiolchini, Tramas de Amistade, Madrogopolis, SardegnaSoprattutto, Sportello Formaparis e sul blog di Enrico Lobina.
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Così si sostiene la candidatura di Cagliari capitale europea della cultura?
Distrutto il murale “le tre pietre” realizzato da Pinuccio Sciola nel 1985 sul frontone di un palazzo in piazza Repubblica a Cagliari. La denuncia di Vito Biolchini
Le foto sono tratte dal sito vitobiolchini e da google
A si chesciai? No, est tempus pèrdiu! Lamentarci? No, tempo perso!
di Gianni Mascia
A si chesciai? No, est tempus pèrdiu! De tempus meda no feus atru chi si chesciai e cun cali arrennèscida? A s’amagurai e a sighiri a incungiai negatividadi. Settembre, Caput anni, Cabudanni… S’annu agrìculu torrat a cumentzai e tocat a ghetai sèmini. Est su chi nosu sardus puru depeus fai in su campu casi sempri prenu de lullu de sa vida polìtica nosta. Seus casi in campagna eletorali, infatis de innoi a pagu eus a andai a votai po is regionalis e is europeas ddas ant a sighiri illuegus. S’ant agatai cun is manus in is manus e spartzinaus in milli arritzolus custa borta puru? No podit sutzedi prus chi si andit a votai a collegiu acorpau a sa Sicìlia! S’emus a torrai a agatai sentza de rapresentantis in Bruxelles, a aturai a sa ventana cun sa spera chi calchi parlamentari sicilianu si dimitat, cumenti est sutzèdiu candu sa Barràcciu est intrada in parti de Crocetta. Tocat a si donai de fai e a chistionai e fai chistionai de custa campànnia chi si fetzat arribai a tenni torra unu collègiu totu sardu, poita chi sa popolatzioni sbentiada po is milli spot chi ddi trumentant s’ànima dònnia die si donghit contu de cantu de importu mannu siat a essi innia aundi si detzidint is chistionis primàrias po su svilupu de s’ìsula nosta. Ma innoi nd’arribant is arriolus! De pagu apu fatu una spètzia de sondàgiu po cumprendi in cantus scipiant de is consultatzionis apeliosas e cun scoramentu mannu apu tentu sa cunfirma de su chi timemu: sa maioria de is pessonas no sciiant o in sa mellus de is ipotesis non sciiant chi nosu faessimus parti de su collègiu de is ìsulas, aundi is sicilianus sendi assumancu tres bortas tanti de nosu iant a essi tentu totus is sègius a dispositzioni. Ai custu puntu mi benit de pensai de cantu no si ndi potzat fai de mancu de torrai a partiri de s’educatzioni, de fai cresci tzitadinus cun sa cuscièntzia de ddu essi e cun su deretu-doveri de pigai parti a sa res publica, chi tengant sa cuscièntzia de cantu su votu, mancai sbregungiu e scoloriu, siat unu de is pagus momentus in chi podeus nai sa nosta. Seguramenti is ùrtimas atzionis de is politcus nostus, natzionalis e regionalis, ant sghiu a minai sa cunfia in is istitutzionis, e stesiau sempri de prus sa genti de sa politica, bista che fumu in is ogus po no essi stètia bona a ndi betiri atru chi disparidadi sempri prus manna, che a cursa fata feti po sighiri a preni sa buciaca insoru e sa de is amigus de is amigus ( e non ddi podeus nai chi no est beridadi) e fai de manera chi is ferrus intra de chini tenit tropu e chini nudda siant sempri prus obertus. Cun custa spètzia de guvernu natzionali “di larghe intese” eus pèrdiu nosu puru sa possibilidadi de andai contras a su dìciu “tanto sono tutti uguali” e imoi prus che mai serbint atzionis chi torrint a castiai a is arguais mannus chi pertocant a sa natzioni e prus che mai a s’ìsula e fetzant torrai in su pòpulu sa gana de participatzioni, chi arrennèsciant a fai cumprendi chi sentza de votai sciendi su chi seus faendi no podit esisti democratzia, chi no est una cosa bella su ddu fai tupendisi su nasu o bendendiddu po unu pratu de malloreddus, cumenti eus biu fintzas e tropu in is ùrtimus tempus. Sa tenta depit esssi a fai de manera chi sa genti tengat is anticorpus culturalis po si difendi de su bombardamentu mediaticu chi ddi stontonat su ciorbeddu circhendi de fai passai su messàgiu chi si no tenis su Rolex de oru, su SUV, o chi si no bestis Armani o no ses amistadau cun assumancu cincu o ses fèminas ses unu balossu, a fai cumprendi chi prus che a tenni tocat a essi, a fai cresci òminis indipendentis, chi feti aici si podit aberu arribai a s’indipendèntzia chi no depit essi amarolla separatismu, podit essi puru un’autonomia forti, fata nasci arribendi a tenni su coranta po centu cumenti sutzedit a is regionalis in Val d’Aosta, po si podi permiti de artziai sa boxi cun su guvernu natzionali e no a fai is tzeracus cumenti a s’ùrtima giunta, aundi eus dèpiu po fintas suportai s’afrentu de biri su Psd’Az arregalai sa bandera de sos bator moros a Berlusconi. In custa situatzioni pagu cussoladora is intellètualis podint tenni una parti de importu mannu ponendi a dispositzioni de sa tenta s’atividadi insoru, faendi nasci in is blog, situs, in is pàginas facebook, in is reading, in is presentadas de librus, in is performance, in is atòbius pùblicus, momentus de arrefrescia ponendi de manera lèbia ma chi intrit in costas su focus suba de cussas possibiladadis de crèscida colletiva puru atruessu de is linguàgius artìsticus chi permitint de mandai messàgius in butìllia e input de arrexonamentu puru a is prus mandronis. A bortas est difitzili a agatai su tempus po totu (de seu su primu a ndi tenni pagu…) ma si creeus in sa possibiladi de cambiamentu, depeus essi, cumenti naraiat calincunu, nosu su cambiamentu chi boleus essi, depeus essi nosu etotu a cumentzai sa “Rivolutzioni umana” (aici ddi narat su filosofu giaponesu Daisaku Ikeda ) poita chi si furrit a sa de totu s’umanidadi. Una rivolutzioni no podit cumentzai chi de una sotziedadi chi andit faci a is cosas a una sotziedadi chi andit faci a is pessonas. No tocat a tenni timoria de nai chi fàbricas de nudda no ndi cherimus prus, chi feti cun sa bonifica de is logus apestaus emus a tenni traballu po tempus meda, chi cherimus bivi de EcoAgriCulTurismu, de produtzionis sustenibilis, de is cosas spantosas chi teneus sa bona sorti manna de sciri fai.
Lamentarci? No, tempo perso! Da troppo tempo non facciamo altro che lamentarci e con quale risultato? Amareggiarci e continuare ad accumulare negatività. Settembre, Caput anni, Cabudanni… L’anno agricolo riparte con la preparazione del terreno alla semina. E’ quello che anche noi sardi dobbiamo fare nel campo spesso pieno di gramigna della nostra vita politica. Siamo quasi in campagna elettorale, infatti a breve avremo le regionali e le europee seguiranno subito dopo. Ci faremo trovare con le mani in mano e divisi in mille rivoli come al solito? Non può più capitare che si vada a votare a collegio accorpato alla Sicilia! Ancora una volta ci ritroveremo a non avere rappresentanza a Bruxelles, a stare alla finestra con la speranza che qualche parlamentare siciliano si dimetta, come accaduto con Crocetta a cui è subentrata la Barracciu. E’ necessario uscire allo scoperto e divulgare con ogni mezzo questa campagna affinchè la popolazione distratta da mille spot si renda conto di quanto sia importante essere presenti là dove si prendono decisioni fondamentali per lo sviluppo della nostra isola. Ma qui arrivano le difficoltà. Ultimamente ho fatto una sorta di sondaggio per capire in quanti siano informati dell’imminente consultazione e con grande sconforto ho avuto la conferma di quanto temevo: la maggior parte delle persone non sapevano o nella migliore delle ipotesi non erano a conoscenza del fatto che noi appartenessimo al collegio delle isole, dove i siciliani essendo almeno il triplo di noi sardi in quanto a numero di abitanti avrebbero ottenuto tutti i seggi disponibili. A questo punto mi viene da fare una riflessione sul fatto che sia indispensabile ripartire dall’educazione, dal creare cittadini con la coscienza di esserlo e con il diritto-dovere di partecipare alla vita politica, di avere la consapevolezza di quanto il voto, sia pur vituperato e scolorito, sia uno dei pochi momenti in cui abbiamo voce in capitolo. Certo le recenti performances dei nostri politici, nazionali e regionali, hanno continuato a minare la credibilità delle istituzioni e allontanato ulteriormente la gente dalla politica, vista come fumo negli occhi in quanto portatrice di efferate diseguaglianze, come corsa volta a rimpinguare le loro tasche e quelle degli amici degli amici (e come dargli torto?) e rendere sempre più aperta la forbice tra chi ha troppo e chi nulla. Col cosiddetto governo nazionale di larghe intese abbiamo perso poi anche la possibilità di controbattere al “tanto sono tutti uguali” e ora più che mai si rendono necessarie azioni che riportino l’attenzione sui problemi reali del paese e della nostra isola in particolare e facciano ritornare nel popolo la voglia di partecipazione, che riescano a far capire che senza voto consapevole non può esistere democrazia, che non bisogna andare a votare turandosi il naso o vendendolo per un piatto di malloreddus, come abbiamo visto fin troppo ultimamente. L’obiettivo dev’essere quello di fare in modo che la gente abbia gli anticorpi culturali per difendersi dal bombardamento mediatico che lobotomizza le menti cercando di far passare il messaggio che se non hai un Rolex d’oro, un Suv, o che se non vesti Armani o non hai almeno cinque amanti sei uno stupido, di far capire quanto sia più importante essere che avere, di far crescere uomini indipendenti, che solo così si potrà arrivare davvero all’indipendenza che non dev’essere obbligatoriamente separatismo, potrebbe essere anche una forte autonomia costruita arrivando ad ottenere il quaranta per cento dei voti come capita alle regionali in Val d’Aosta, per potersi permettere di fare la voce grossa con il governo nazionale e non fare i servitori come capitato all’ultima giunta regionale, dove abbiamo dovuto sopportare anche l’offesa di vedere la bandiera dei quattro mori regalata a Berlusconi dal Psd’Az. In questo quadro non certo confortante gli intellettuali possono svolgere un ruolo importante mettendo al servizio della causa la loro attività, creando cioè nei loro blog, siti, pagine facebook, nei reading, nelle presentazioni di libri, nelle performance e negli incontri pubblici, momenti di discussione incentrando in maniera leggera ma persuasiva il focus su quella possibilità di crescita collettiva anche attraverso la creatività dei linguaggi artistici che consentono di mandare messaggi in bottiglia e spunti di riflessione anche ai più pigri. A volte è difficile trovare il tempo per tutto, (io sono il primo ad averne poco…) ma se crediamo nella possibilità del cambiamento, come diceva qualcuno, dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo, dobbiamo essere noi a cominciare la nostra “Rivoluzione umana”, ( così la chiama il filosofo giapponese Daisaku Ikeda), affinchè poi diventi quella di tutta l’umanità. Una vera rivoluzione dei valori non può che iniziare da una società orientata alle cose a una società orientata sulle persone. No bisogna aver paura di dire che fabbriche di nulla non ne vogliamo più, che solo con la bonifica dei siti inquinati ci sarebbe lavoro per molti anni e che noi vogliamo vivere di EcoAgriCulTurismo, di produzioni sostenibili, delle eccellenze che abbiamo la fortuna di saper creare!
Gianni Mascia
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Così come promesso, il cerchio si è allargato e nuovi contributi arricchiscono il dibattito. Ecco allora pubbicato un intervento dello scrittore Gianni Mascia, che viene condiviso, oltre che su questo blog, anche sui siti della Fondazione Sardinia, vitobiolchini, Tramas de Amistade e Madrigopolis (new entry).
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REMEMBER
Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu
Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari
Il terzo intervento di Nicolò Migheli
Il quarto intervento di Vito Biolchini
Il quinto intervento di Franco Meloni
Il sesto intervento di Salvatore Cubeddu
Il settimo intervento di Fabrizio Palazzari
L’ottavo intervento è di Vito Biolchini
Il nono intervento è di Piero Marcialis
Il decimo intervento è di Nicolò Migheli
L’undicesimo intervento è di Vito Biolchini
Il dodicesimo intervento è di Franco Meloni
Chi organizza il dibattito fa crescere la società. Qualche domanda sugli intellettuali e la Sardegna di oggi
Dopo la (breve) sosta estiva, riprende l’appuntamento con i post del martedì che, oltre che su questo blog, vengono anche pubblicati sui siti della della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade e su Vitobiolchini.
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Settembre, è il momento di ripartire. L’antico calendario agricolo rivive in noi, nella voglia innata che abbiamo di riprendere le nostre attività con nuovo vigore. Ma è anche il momento di scegliere cosa fare ancora e cosa non fare più. È il momento di immaginare il futuro.
Il bilancio individuale diventa progetto collettivo per chi, in un modo o in un altro, ha deciso di mettere la propria attività intellettuale al servizio della comunità.
(L’intellettuale, dunque, o vive in un sistema di relazioni o non è tale. Esiste oggi in Sardegna questo sistema di relazioni? È abbastanza ampio, ramificato, diffuso, riconosciuto? Prevalgono le aperture o le chiusure?).
A scadenze regolari gli intellettuali pensano di servire a qualcosa, e forse è proprio così. Nelle campagne elettorali, anche soltanto per riempire un programma, la politica ha bisogno di idee, di riflessioni, di ragionamenti in grado di alimentare una realtà possibile. Idee che non possono ovviamente arrivare dal nulla, ma che sono frutto di anni di studio, di confronti, di illusioni e disillusioni, di successi (pochi) e di sconfitte (la maggior parte).
(Gli intellettuali sono coloro che conoscono la strada giusta o forse coloro che più di altri sanno dove si è sbagliato e che errori bisognerebbe non commettere? Perché se così fosse sarebbe chiaro il motivo del sempre più accentuato distacco tra gli intellettuali e la politica, o meglio tra intellettualità critica e politica: perché gli intellettuali che danno ragione alla politica non rimangono mai senza lavoro).
Anche se lo ammette con sempre maggior riluttanza, la politica ha dunque bisogno degli intellettuali, cioè di chi è in grado di collocare un’idea in un tempo (questo) e in uno spazio (il nostro). Ma gli intellettuali sono pronti oggi ad affrontare in maniera dialettica il rapporto con la politica, soprattutto in questi mesi che ci porteranno a rinnovare il nostro Consiglio regionale?
Dei limiti della politica sappiamo tutto, ma quali sono invece i limiti di chi vuole con le proprie idee e le proprie riflessioni migliorare la società? In Sardegna gli intellettuali sono all’altezza dei tempi e delle sfide di oggi?
Per tre mesi a Cagliari si è tenuto un esperimento originale: un gruppo di sei persone (Salvatore Cubeddu, Nicolò Migheli, Piero Marcialis, Fabrizio Palazzari, Franco Meloni e Vito Biolchini), costituitosi in maniera né del tutto casuale né del tutto precisa, ha condiviso riflessioni sulla realtà sarda nel corso di un incontro settimanale dalla durata molto limitata (un’ora circa), tenutosi nella sede della Fondazione Sardinia. A turno ciascuno di essi proponeva la una riflessione scritta che poi veniva condivisa nei blog e nei siti degli altri partecipanti.
(Perché in effetti l’unico criterio con il quale inizialmente si è proceduto è stato questo: era necessario che ogni partecipante avesse un blog o un sito. L’attività intellettuale può essere quindi disgiunta da un’attività di divulgazione delle idee? E quali sono oggi i canali attraverso cui queste idee vengono divulgate? Sono sufficientemente ramificati? Quante persone raggiungono? E con quali ricadute?).
Settembre, è ora di immaginare il futuro, dunque di farsi domande. E se il gruppo di sei persone si allargasse? Se ogni lunedì fossimo in dieci? Ci sarebbero più idee, è vero. Ma come coniugare la maggiore ricchezza di contributi con la necessaria snellezza degli incontri, la cui durata non può certo essere estesa in proporzione ai partecipanti?
E come selezionare i nuovi arrivati? Sempre sulla base di un loro “potere mediatico”? E di quali idee dovrebbero essere portatori i nuovi innesti? Di quelle in cui si riconoscono (seppur con le inevitabili differenze) i sei “fondatori” oppure il confronto sarebbe più proficuo mettendo sul tavolo posizioni anche disomogenee?
Organizzare il dibattito significa contribuire concretamente alla crescita la società. Questo è quello che gli intellettuali possono e devono fare oggi in Sardegna. Prima ancora di lamentarsi dei limiti della politica.
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(Alla fine una decisione è stata presa: il gruppo del lunedì verrà ampliato ad altri tre-quattro blogger, mentre una volta al mese la discussione si aprirà a contributi esterni qualificati, nel corso di incontri che saranno aperti ad un gruppo più ampio di persone).
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Nel sito di Vito Biolchini gli interventi nel dibattito
La LAMPADA di ALADIN, Sa LANTIA de LADINU
Testo aggiornato del Decreto-Legge 28 giugno 2013, n. 76 coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 99 recante: «Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonche’ in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti». (13A07089).
ELETTORANDO
- Il punto di Vito Biolchini
LINGUA SARDA
- Una famiglia sarda ogni quattro vuole che i figli studino il sardo a scuola
Sa LANTIA de ALADINU
LINGUA SARDA. Sin di scirara su Psdaz. E mancu mali: mellusu tardi che mai! Articolo di Vito Biolchini sul suo blog, ripreso da Aladinews
Gli OCCHIALI (da sole) di PIERO e la LAMPADA di ALADIN
STEFANO BENNI
Oggi Stefano Benni, bolognese, compie 66 anni.
Troppo lungo elencare le sue attività e pubblicazioni.
A lui, ai suoi libri e alle sue incursioni satiriche (su Cuore, o su Il Manifesto e in tante altre occasioni) dobbiamo tante belle risate, ma anche tante belle riflessioni, anche amare (Achille piè veloce).
Tanti auguri e a cent’anni.
L’ARMADIO DELLA VERGOGNA
C’era una volta (ma non è una fiaba, è un delitto) in un palazzo della città di Roma (capitale di un paese dell’occidente democratico) un armadio.
Esso conteneva 695 fascicoli relativi a crimini di guerra commessi in Italia dai nazifascisti. In tutti i paesi civili un armadio si usa in maniera che le sue ante si possano aprire per mettere e togliere il materiale utile.
Invece quest’armadio era utile con le ante rivolte contro il muro, in modo che neppure per sbaglio qualcuno lo aprisse e ne vedesse il contenuto.
Nel 1994, 50 anni dopo i crimini che nascondeva, un magistrato lo aprì.
In uno dei fascicoli si narrava di S.Anna di Stazzema, in provincia di Lucca.
Il 12 agosto 1944 i nazisti delle SS radunarono 560 persone del paese, vecchi, donne e bambini, li uccisero e li bruciarono.
Chi e perchè ha avuto interesse a nascondere questa e altre stragi nazifasciste che era documentate nell’armadio della vergogna?
Lo Stato italiano, dopo aver fatto un’inchiesta, ha detto che non lo sa.
- CAGLIARI GLOBALIST intervista Andrea Murgia, candidato alle primarie del centro sinistra per la presidenza della Regione
- Vito Biolchini sull’intervista di Left a Michela Murgia
SOLIDARIETA’
- Materiale scolastico per i figli dei detenuti di Buoncammino: martedì 13 la raccolta davanti al carcere!, by vitobiolchini
I sessi sono due, ma i generi sono di più.
Lo sanno i nativi americani che non solo accettano la nozione di terzo genere, ma spesso la incoraggiano, considerando sacri e benedetti dagli dei quelli che hanno questa caratteristica.
Essi diventano spesso uomini della medicina, sacerdoti, sciamani.
Possono unirsi in matrimonio con gli uomini più valenti del villaggio o con le donne più coraggiose, che hanno meritato la qualifica di guerriere.
Il terzo genere è pacifico anche in India e in Pakistan.
L’occidente, civile e democratico, ammette invece due generi soltanto.
Così è avvenuto che grandi geni dell’umanità hanno dovuto vivere di nascosto e con vergogna la loro natura e altri hanno pagato col carcere.
Così avviene che a Roma, la città del Papa, del Presidente della Repubblica, del Governo che compra cacciabombardieri per partecipare con stile alla esportazione di democrazia e civiltà, un ragazzetto di 14 anni si uccide: perchè non essere capito è morte sociale e, a volte, semplicemente morte.
QUANDO HAI A CHE FARE CON CERTE TESTE
Leggo che il barbiere dei deputati guadagnerebbe 136mila euro l’anno.
E’ giusto. Ci sono tante di quelle teste…
Sa die de sa Sardigna 2013: pubblicati i video dell’evento “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”
Pubblicati i video del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”
Tramas de amistade ha pubblicato i video degli interventi del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi” che si è tenuto sabato 27 aprile 2013 nel Palazzo Viceregio di Cagliari. Il cercare di sapere dove deve andare la Sardegna di domani, rispondendo a cinque domande, è stato il tema dell’iniziativa con la quale la Fondazione Sardinia, le associazioni Tramas de Amistade e ‘Riprendiamoci la Sardegna’, il blog del giornalista Vito Biolchini a Aladinews hanno voluto celebrare Sa die de sa Sardigna.
Gli approfondimenti in Aladinews
Riflessione correlata: La Brigata Sassari di Emilio Lussu. Possiamo ripercorre quell’esperienza attualizzandola nei tempi di Erasmus e Master and Back?
La qualità delle istituzioni è la qualità delle persone che le costituiscono. Sono pertanto da costruire nuovi adeguati meccanismi di selezione del personale pubblico a livello politico e amministrativo.
La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoils system , che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale. Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare, con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono andati progressivamente perdendo queste capacità, riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità. Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa: la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito. In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori, via via, a quelle di livello superiore, cioè: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino, eventualmente, agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto. Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate. Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale. A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato, un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.
Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale, sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito. Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perchè i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosidette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli. Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.
Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoils system, occorre verificare e discutere pubblicamente i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo. Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali. Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. E’ un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Anche l’Unione Europea utilizza una procedura analoga per la conferma dei candidati a commissario europeo. Siffatte procedure applicate, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbero rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.
Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di autonomia, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo, italiano ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.
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La lingua come una risorsa naturale: chi la gestisce? Bolognesi e la battaglia per una Grafia Sarda Comuna
Ci sono tanti modi per raccontare la storia della Sardegna. Francesco Masala, ad esempio, legò le vicende dell’isola a quelle dell’acqua, e ne scaturì un racconto nuovo. Pensavamo di vivere in una terra arida, e invece in anni di siccità ci scoprimmo improvvisamente ricchi di questa risorsa. Il problema era, semmai, chi la gestiva. La realtà era dunque diversa da quella che ci avevano raccontato e da quella che noi stessi ci raccontavamo. Ma servivano occhi nuovi per guardarla e Masala ce li aveva (“Storia dell’acqua in Sardegna”, Alfa Editrice, 1991).
Allo stesso modo, sarebbe interessante raccontare la storia della Sardegna attraverso l’uso della sua lingua. Giuseppe Corongiu, nel recentissimo volume “Il sardo, una lingua normale” (edizioni Condaghes, 2013), fa il punto della situazione e ripercorre le vicende del movimento linguistico nel corso degli ultimi decenni, mettendo in evidenza il rapporto delle nostre classi dirigenti con questa risorsa (perché anche la lingua, come l’acqua, è una risorsa naturale: e anche in questo caso il problema è chi la gestisce). Rapporto controverso, fatto di élite all’avanguardia e di masse intellettuali refrattarie all’uso (e dunque alla tutela, perché la lingua più la si usa, più la si conserva) di questo bene comune, ma tuttavia capace di regalare novità e svolte inattese.
L’ultima, forse la più importante, è arrivata nel 2006 con la nascita della Limba Sarda Comuna, uno standard fissato dalla Regione per consentire l’uso scritto del sardo in contesti amministrativi.
Quando si parla di lingua sarda bisogna fare i conti con gli stereotipi e con le informazioni a metà, spesso diffuse ad arte per complicare ciò che invece complicato non è per niente. È dura convincere qualcuno che le varianti campidanese e logudorese in realtà non esistono e che sono una suddivisione ottocentesca largamente superata da tempo. È dura convincere qualcuno dell’unitarietà del sardo, come se la lingua sarda fosse tale solo se ogni paese, e financo ogni abitante dell’isola, avesse la sua. È dura spiegare che il sardo ha una grammatica e un lessico omogenei e che differenze sono soprattutto di natura fonetica.
Roberto Bolognesi è un linguista che ha favorito la nascita della LSC e oggi dalle pagine del suo blog ne propone una revisione, denunciando al contempo un sostanziale tradimento della delibera che istitutiva questo standard, in quanto , nato come modello che doveva essere sperimentale e che poteva essere modificato, ora invece sembra essersi cristallizzato proprio come quelle false credenze che voleva smantellare.
Il risultato è che il lessico utilizzato dalla LSC è costituito soprattutto (anche laddove ci sarebbero valide alternative) da parole maggiormente diffuse nel nord dell’isola. L’effetto è distorsivo, perché in questo modo ad essere sfavoriti sono gli abitanti dell’area maggiormente popolata della regione.
Che fare dunque? Al di la di un riequilibrio a favore di un lessico più “meridionale”, da tempo Bolognesipropone una soluzione che potrebbe risolvere alla radice l’annosa questione dello standard, necessario per consentire al sardo di poter essere utilizzato da tutti in tutti i contesti, indistintamente. Una soluzione semplice semplice: una Grafìa Sarda Comuna.
“Tutto quello che occorre, visto che la grammatica e il lessico della lingua sarda sono già sufficientemente omogenei, è un sistema ortografico standard che permetta diverse pronunce” afferma Bolognesi. “ll sardo come l’inglese, allora: un’ortografia e tante pronunce, mantenendo intatta la ricchezza di varianti”. Semplice da dire ma anche da fare, visto che lo stesso Bolognesi ha da tempo avanzato diverse proposte a riguardo.
La lingua sarda è dunque la metafora di ciò che siamo e che potremmo essere: tante singole individualità, dei clan o un popolo. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere.
Vito Biolchini
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Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu
Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari
Il terzo intervento di Nicolò Migheli
Il quarto intervento di Vito Biolchini
Il quinto intervento di Franco Meloni