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L’Europa alla ricerca di una nuova politica dell’immigrazione

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di Vanni Tola

Merkel e Hollande, nell’incontro di Berlino, riflettono sul più grande movimento di profughi dal dopoguerra ad oggi.

I maggiori leader Europei, Merkel e Hollande, nel recente vertice bilaterale di Berlino, hanno avviato una seria riflessione sulla necessità di rivedere la politica di accoglienza dei migranti in ambito europeo. Un fenomeno vasto e diffuso che “attacca” il continente da più parti e si rivela sempre più come fenomeno eccezionale e duraturo, non può essere arginato con le barriere di filo spinato. Occorrono soluzioni differenti. Una prima proposta emersa nel vertice berlinese riguarda la necessità di accelerare la creazione di centri di registrazione degli arrivi, principalmente in Italia e Grecia, ma anche in tutte le altre aree di frontiera dell’Europa. Molto più esplicitamente, Merkel e Hollande, si aspettano che tutti gli Stati membri dell’Unione europea applichino totalmente il diritto di asilo e chiedono alla Commissione europea impegni precisi e rapidi in tal senso. In proposito i due leader hanno annunciato, per il prossimo mese di novembre un vertice straordinario a Malta per parlare degli accordi di rimpatrio con i paesi d’origine e dei necessari maggiori sforzi per dare una vita più dignitosa ai profughi. L’auspicio è che dal vertice di Malta possa scaturire una riflessione sulla possibilità di realizzare una nuova politica migratoria europea. Restano molte perplessità sull’idea che il rimpatrio, organizzato ed efficiente, possa rappresentare una seria e valida risposta alle esigenze di vita che i migranti esprimono. Perché è comunque importante che si sia svolto il vertice bilaterale Germania-Francia? Soprattutto perché è ormai evidente che i principali leader politici europei manifestino una maggiore attenzione al problema immigrazione. Il ministro degli Interni tedesco, per esempio, ha dichiarato che in materia di immigrazione è inaccettabile che le istituzioni europee lavorino con ritmi cosi poco sostenuti. Il vice cancelliere tedesco Gabriel ha dichiarato che la vicenda dei migranti rappresenta per la Germania la più grande sfida dopo la Riunificazione del paese. La Merkel annuncia di attendersi un afflusso record di rifugiati in Germania di almeno 800mila persone entro la fine dell’anno in corso. Preoccupa ancora la tendenza a volere scindere il problema immigrazione facendo distinzione tra chi scappa da paesi in guerra o governati dai tagliatori di teste e chi invece sceglie l’ Europa “soltanto” per sfuggire alla miseria, alla fame, alle sofferenza che i media quotidianamente documentano. Ci vuole una notevole dose di cinismo per sposare tale visione del problema. Nel contesto esaminato appare molto più equilibrata una recente dichiarazione pubblica del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, pubblicata su Repubblica. Il Presidente afferma che: “L’Europa fallisce se la paura prende il sopravvento. L’Europa fallisce quando gli egoismi hanno più voce della solidarietà presente in ampie porzioni della nostra società. L’Europa ha successo quando superiamo in maniera pragmatica e non burocratica le sfide del nostro tempo. Spero che assieme – gli stati membri, le istituzioni e le agenzie Ue, le organizzazioni internazionali e i nostri vicini riusciamo a dimostrare che siamo all’altezza delle sfide. Sono convinto che possiamo farcela”. La questione dell’immigrazione ha reso evidente, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la debolezza strutturale dell’Unione europea, un’unione fondata quasi esclusivamente sulla moneta unica a cambio fisso, che poco o nulla ha fatto per unificare il mercato del lavoro, i sistemi educativi e la fiscalità, la necessità di generalizzazione e omogeneizzazione dei diritti per i cittadini europei. Certamente è necessario porsi nell’immediato il problema di rallentare il flusso dei migranti sui barconi studiando altre possibilità di ingresso “legale” in Europa, per esempio attivando canali di transito umanitari. Ma è altrettanto evidente che occorrono anche scelte di più ampio respiro che partano dalla riconsiderazione dei rapporti tra paesi sviluppati e sottosviluppati, rivedendo le politiche commerciali internazionali che hanno perpetuato, se non aggravato, lo “scambio ineguale” tristemente famoso fin dagli albori della politica coloniale delle potenze occidentali. Un nuovo sviluppo dei paesi del nord Africa e dell’area mediterranea, la risoluzione dei conflitti perenni in quelle regioni, la sconfitta dei regimi totalitari e del fanatismo delle organizzazioni terroristiche dei tagliatori di teste, sono tutti problemi di un’unica questione che origina il movimento dei migranti nel mondo. L’Europa ha la possibilità di evolvere e riqualificare l’attuale Unione e porsi al centro di una rivoluzione politica, economica e culturale sempre più indispensabile per sconfiggere la miseria, le guerre, l’ingiustizia. Un compito non da poco, quasi una utopia. Servirà la pazienza e l’impegno di molti uomini di buona volontà.