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Genitori brava gente!
Una vera riforma della Scuola non è mai stata realizzata, e sappiamo quanto sarebbe necessaria
di Vanni Tola.
Comprendo assai poco l’indignazione per l’atteggiamento sostanzialmente classista della scuola romana che sembra voler distinguere e selezionare gli alunni nei plessi con riferimento al ceto sociale di appartenenza. Ma dove avete vissuto finora? Pensavate che questi comportamenti nella scuola non esistessero più? Che la distribuzione degli alunni nei diversi corsi (leggi fra gli insegnanti considerati bravi e impegnati e gli altri) fossero finora regolati da criteri oggettivi e democratici e non di selezione basata su censo, area culturale di provenienza, desiderio di creare le classi dei bravi per far ben figurare la scuola in fase di valutazione del proprio operato? Se avete pensato cosi probabilmente avete saltato qualche passaggio. Fin dalla scuola primaria si verifica ogni anno una feroce lotta tra genitori per far accogliere i propri figli nelle classi e nei corsi ritenuti, a torto o con ragione, i migliori. C’è poi la lotta per scegliere “buone e giuste compagnie” ai propri pargoli e via dicendo fino alla vergognosa richiesta, talvolta esplicita e senza pudori, di non inserire il proprio figlio/a in classi con alunni disabili o problematici, con alunni stranieri, ecc. Naturalmente tali richieste, indirizzate ai dirigenti scolastici, sono precedute dalle solite frasi di circostanza: “non ho niente contro i disabili, non ho niente contro gli stranieri e le persone con pelle scura, neppure contro i bambini rom che vanno a scuola, però non vorrei che mio figlio subisse un “ritardo” di apprendimento durante lo studio”. In realtà l’unico ritardo è quello mentale dei genitori che non colgono l’importanza formativa di ambienti classe eterogenei e il valore altamente formativo del confronto con gli altri, con i “diversi”. E’ cosi da sempre e dappertutto, soprattutto da quando si sono affievolite le speranze generate dai grandi movimenti studenteschi di diversi decenni fa. Un serio e reale processo di riforma della scuola non è mai stato attuato e sappiamo tutti quanto ce ne sarebbe bisogno.
La guerra dei nostri nonni – la Brigata Sassari in musica
Sassari – L’orchestra della Scuola Media n° 5 celebra il centenario della Prima Guerra Mondiale.
“La guerra dei nostri nonni – la Brigata Sassari in musica”
di Vanni Tola
La Scuola Media 5+12 di Sassari, per ricordare l’anniversario della Prima Guerra Mondiale, ha predisposto un progetto didattico dal titolo: ”La guerra dei nostri nonni – la Brigata Sassari in musica”. Il progetto si realizza attraverso una rappresentazione musicale che vede protagonisti gli alunni della 3° B della Media n° 5 (indirizzo musicale) in formazione orchestrale, il noto compositore e musicista sardo Mauro Palmas, autore delle musiche che saranno eseguite e un attore, Maurizio Mezzorani che interpreterà dei brani che si riferiscono al periodo storico ricordato. L’attività progettuale e organizzativa, realizzato con un notevole impegno dei protagonisti, è stato coordinato dalle docenti di strumento musicale della Scuola media di Via Gorizia, Sabina Sanna (chitarra), Monica Uzzanu (pianoforte), Teresa Loriga (flauto) e Patrizia Manca (percussioni). La prima rappresentazione dello spettacolo è stata realizzata alcuni giorni fa nella bellissima Villa Siotto a Sarroch. Il debutto a Sassari, invece, è previsto per martedì 24 Marzo al “Palazzo di Città” (Teatro Civico) alle ore 18,00. Successivamente l‘orchestra si esibirà nell’incantevole e suggestiva Grotta di S. Giovanni d’Antro a Pulfero (provincia di Udine) il 14 Aprile e, sempre nel mese di Aprile, alla Caserma Gonzaga di Sassari in data da stabilire. Riferimento importante della rappresentazione saranno le letture dell’attore Maurizio Mezzorani per gli spettacoli a Sarroch e Sassari, e dall’attore friulano Gabriele Benedetti a Pulfero. Ugualmente importante, significativa e originale è stata la scelta del Maestro Mauro Palmas, autore delle suggestive musiche, di esibirsi insieme ai giovani musicisti dell’orchestra suonando con loro e tra di loro come uno dei tanti musicisti dell’orchestra.
Uno spettacolo nel quale si racconta un periodo importante della nostra isola caratterizzato dall’impegno e dal contributo di sangue che una intera generazione di Sardi ha dato per la causa dell’unità della Nazione, distinguendosi per manifestazioni di coraggio che hanno determinato e caratterizzato la storia e le leggendarie imprese della famosa Brigata Sassari. Un’iniziativa caratterizzata da un considerevole lavoro di ricerca di quei valori che fanno parte della cultura della nostra terra attraverso la riscoperta dei testi, delle testimonianze giunte fino a noi nei decenni passati che si mescolano armoniosamente con i brani musicali dalle sonorità tipicamente dell’isola.
Todos cabaleros, tutus programmadores!
Dritto&Rovescio.
di Vanni Tola
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Da un po’ di tempo, in modo particolare, ma direi da sempre, chiunque sappia scrivere due righe e abbia una sia pur minima conoscenza di cose di Sardegna, si cimenta nella difficile arte della programmazione dello sviluppo dell’isola. Ottime idee e vere e proprie idiozie sono presentate ai sardi come la soluzione vincente per uscire dalla crisi, per avviare un nuovo modello di sviluppo, per individuare il settore portante per una nuova rinascita, per conquistare dipendenza e autonomia dall’Italia, dall’Europa, dal mondo intero. Analogo impegno è esercitato nel confutare e contrastare qualunque progetto di sviluppo, qualunque proposta di investimento industriale e produttivo che non coincida con le opinioni personali degli occasionali “consigliori” dei Sardi. Unire le Università di Cagliari e Sassari in un’unica Università? Ed ecco che qualcuno propone di farlo in campo neutro, a Nuoro. Perché? Per garantire una forte ipotesi di sviluppo alla città del centro Sardegna. Sì ma perché no a Oristano o in altre parti della Sardegna? Rilanciare lo sviluppo dell’isola sviluppando la centralità dell’agro-pastorizia? Si va bene ma c’è chi parla anche della centralità del turismo come prioritaria su tutti gli altri comparti produttivi. Biochimica e biotecnologie (e non chimica verde che sembra una parolaccia impronunciabile)? Per carità, Dio ce ne scampi e liberi, niente chimica. C’è sempre qualcuno che reclama il diritto alla conservazione dell’ambiente sardo cosi com’è, immutato, bello come una cartolina. Pazienza se non da lavoro e risorse ai sardi, tanto i teorici dell’incontaminato assoluto spesso traggono la loro fonte di sostentamento da sorgenti certe, affidabili e perenni. Coltivare cardi e canne per produrre prodotti che utilizziamo tutti i giorni quali l’etanolo (nelle benzine) e le resine che fanno parte degli pneumatici delle nostre auto? Giammai, “ a fora” questi progetti. Poco importa se cosi facendo continueremo a ricavare tali sostanze dal buon vecchio petrolio. Le canne poi, come i cardi, presenti da sempre nel territorio, possono e devono essere utilizzate soltanto per dare titoli a opere letterarie (Canne al vento), per suggestioni poetiche e per costruire launeddas. Basta. Allora come ne veniamo fuori? Direi che un aiuto prezioso potremmo riceverlo dalla saggezza popolare, da sempre guida per i popoli. “ A donz’unu s’arte sua”. La programmazione dello sviluppo di un’area geografica deve essere demandata a esperti del settore di comprovata esperienza, magari attraverso un bando internazionale e un concorso di idee serio ed efficace. Le direttive di sviluppo dei diversi comparti produttivi della nostra modesta economia devono essere indicati da chi ha le competenze necessarie per farlo. Non può essere un comune cittadino o un rappresentante politico appena insediato nel consiglio regionale a poter stabilire quale deve essere lo sviluppo dell’agro-industria, della sanità, dei trasporti, del turismo per il solo fatto di aver ricevuto una investitura politica nelle ultime elezioni. Qualcuno potrebbe osservare che cosi facendo si corre il rischio di escludere il popolo sardo dalla possibilità di manifestare opinioni sulle scelte di sviluppo e sui destini dell’Isola. Timore comprensibile che non si esorcizza però con il libero esercizio della programmazione fai da te. Il modello di sviluppo deve anche essere (direi soprattutto essere) una proposta convincente e coinvolgente verso i Sardi. Forme di consultazione popolare e di coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali, dei comitati dei cittadini, dovranno essere certamente garantite e precedute da serie e obiettive campagne di informazione che favoriscano scelte ragionate e orientamenti consapevoli dei singoli. Ma occorre, a mio parere, una scelta di obiettività e di consapevolezza. Creare un movimento per il “no” a qualcosa è facile, basta una assemblea e pochi militanti determinati per generare la convinzione che un’intera comunità, una vasta area sia effettivamente contraria a questo o quel progetto. Se poi si va a verificare il reale livello di informazione fra la gente si realizza che è generalmente molto basso. Il discorso sarebbe analogo anche per i comitati per il “si” a qualcosa che, e forse non è un caso, sono in realtà molto pochi. Intanto che l’opinione pubblica si divide in interminabili discussioni, si misura con convegni e analisi sul tutto e sul niente la Sardegna naviga a vista mancando di tutto, dal piano industriale al piano energetico, dalla programmazione di interventi per arginare lo spopolamento alla politica per l’occupazione e il lavoro. Capitano cercasi per questa sgangherata nave.
#civuolecoerenza!
di Vanni Tola
“Mille nuove scuole in mille giorni”. Era l’ennesima bugia dell’ “Udinì” della politica, un uomo che alle bugie che racconta non crede neppure lui tanto che, alle volte, gli scappa un sorrisetto beffardo dopo che ha raccontato l’ennesima frottola. Durante la scorsa estate il suo governo avrebbe avviato tutti i lavori necessari per la messa in sicurezza delle scuole e a Settembre gli alunni sarebbero entrati in aule sicure, rinnovate e, perfino, belle. Non è accaduto niente, i soffitti delle aule continuano a crollare (vedi scientifico di Sassari e altre scuole). Acqua passata, perché parlarne ancora. Ora il pifferaio suona un’altra musica. L’Expo di Milano, l’anno Felix dell’Italia, e molti italiani sembrano ancora credergli mentre altri attendono che un altro Messia, l’otto marzo, scenda in campo con l’ennesimo codazzo di giocolieri, nani e ballerine per cambiare l’Italia. Dio, se ci sei… batti un colpo, anzi due.
La politica renziana della non coerenza
di Raffaele Deidda
“Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori”. L’aveva detto, con enfasi, Matteo Renzi in una trasmissione di Porta a porta del 2013, prima di diventare segretario del Pd e presidente del Consiglio. Si riferiva al vincolo di mandato escluso dall’art. 67 della Costituzione, utilizzato a piene mani dai parlamentari che passano da un partito politico all’altro. Eppure lo spirito dell’art. 67 è ben altro e va contestualizzato con la fine del fascismo.
Specificamente, l’articolo non intendeva dire che un parlamentare una volta eletto può fare quello che gli pare, ma determinava un meccanismo di sicurezza per non rendere i parlamentari dipendenti e sottomessi al leader del loro partito o al capo del Governo, in caso di “deriva” autoritaria da parte di questi.
Non é l’unica frase celebre di Renzi, forse è una delle più datate. Ve ne sono altre, più note e di grande effetto mediatico, quali: “Mai al governo senza voto” – “Mai al governo con Berlusconi” – “Enrico stai sereno”. Anche chi non segue con l’attenzione dell’osservatore le vicende italiane sa benissimo quali sviluppi abbiano avuto queste solenni dichiarazioni. Contro i “voltagabbana”, individuati in particolare in Sergio Cofferati, si sono recentemente scatenati i politici di fede renziana che hanno utilizzato i social network per lanciare durissimi proclami del tipo: “Cofferati lascia il Pd? Se è così si dimetta da parlamentare europeo, i voti che ha preso sono del Pd”, accompagnati dall’hashtag #civuolecoerenza! Per rendere più enfatici i messaggi è mancato solo il termine usato dal Comandante De Falco per sollecitare Schettino a tornare a bordo della Costa Concordia.
Accade ora che otto parlamentari di Scelta Civica abbiano deciso di passare al Pd, avendo accolto l’invito di Renzi per “un percorso e un approdo comuni”. In quel percorso e in quell’approdo non c’è spazio per le invettive e il monito “Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori!” per Renzi non vale più. Al bando questi inutili moralismi! Che invece vengono evidenziati dal sottosegretario all’Economia Zanetti: “Entrare nel Pd solo perché Renzi chiama senza nessun tipo di progetto preciso e di cambio di linea equivale a rispondere a una chiamata di potere e di volontà di mantenere lo scranno parlamentare”.
Può essere una scusante il fatto che il trasformismo è sempre esistito nella politica italiana e sono centinaia i casi di parlamentari che hanno “trasfugato”? Forse a Renzi e ai suoi sostenitori poco importa, ma chi si ostina a coltivare un’idea di politica corretta e coerente nelle idealità e nelle azioni fa fatica ad accettare l’idea che la politica intesa come arena del cinismo e dell’opportunismo non sia appannaggio solo di quel vituperato centro destra a forte caratterizzazione berlusconiana, ma anche di un partito che continua a dichiararsi di sinistra.
Fa fatica anche ad accettare il fatto che il Pd abbia respinto la richiesta di autorizzazione a procedere contro il senatore della Lega Calderoli che aveva dato dell’orango a Cecile Kyenge, facendo immaginare alla ex ministra il sussistere di vergognosi calcoli elettorali. Fanno fatica i democratici sardi, iscritti al Pd e no, ad accettare che sia stato il sardo Giuseppe Cucca, capogruppo Pd nella Giunta delle elezioni e immunità parlamentari, a dichiarare che “La Giunta delle immunità ha ritenuto che la fattispecie dell’istigazione all’odio razziale non sussistesse”.
Lo stesso Cucca, già componente del gruppo di dissidenti del Pd contrari alla nuova legge elettorale in quanto “Fatta con Belusconi anziché con il Pd e il centrosinistra”, poi coerentemente allineato nel voto a favore dell’Italicum. Si potrà forse obiettare che si tratta di questioni secondarie, insignificanti rispetto ai “veri” problemi del Paese che il Governo Renzi affronta con grande determinazione ed efficacia (?).
L’assenza di coerenza fra enunciazioni ed azioni porta però a riflettere su come Enrico Berlinguer avesse ragione nel dire a proposito dell’allora presidente del Consiglio: “La cosa che mi preoccupa in Craxi è che certe volte mi sembra che pensi soltanto al potere per il potere”. Per questo, caro Renzi, non siamo affatto sereni
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By sardegnasoprattutto/ 8 febbraio 2015/ Società & Politica/
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Riflessioni domenicali e oltre
di Antonio Dessì
1) la Russia, anche se Putin non è simpatico. Hollande ha detto che se fallisce la mediazione in corso sull’Ucraina non ci sarà alternativa alla guerra. Una dichiarazione folle. Francia e Europa non sono affatto in buone mani.
2) la Grecia, nonostante Tsypras e Varoufakis siano al picco del gradimento femminile e molti di noi rosichino meschinamente. Rilevazioni empiriche riportate da molte fonti di informazione rivelano non solo che il nuovo Governo greco sta guadagnando consensi interni anche tra quelli che non hanno votato Syriza, ma che l’opinione pubblica occidentale maggioritariamente tifa per la piccola Grecia. Qualche ragione ci sarà.
3) il Papa. Bergoglio non si esprimerà come un raffinato teologo (e non so se questo sia un bene), ma è in sintonia con un mare di persone e di popoli, quando dice che il problema della fame nel mondo nasce dall’ingiustizia economica, da una speculazione finanziaria priva di scrupoli e dalla rapina delle risorse ambientali del pianeta a vantaggio di pochi. Poi dice che uno si butta … a sinistra.
4) il Governo italiano. Tralasciamo la “pugnalata nella schiena” ai cugini greci. Come nel 1940, anche allora a seguito dei soliti Tedeschi contro la Francia ormai in ginocchio, l’Italia si è fatta di nuovo conoscere nel mondo per il caldo sostegno dato a un Paese amico in grave difficoltà. La novità è invece che ieri abbiamo scoperto di avere un ministro dell’Agricoltura il quale, tomo tomo, cacchio cacchio, ha prospettato l’introduzione nella Costituzione della Repubblica del diritto all’alimentazione. Insomma del diritto a mangiare. Eppure se il Governo si impegnasse a promuovere il diritto al lavoro e quello a una retribuzione adeguata, che in Costituzione sono solennemente scolpiti, la gran parte della gente mangerebbe a sufficienza. Detto come lo dice Martina, sembra piuttosto che si voglia formalizzare il diritto alla carità: ma anche così sarebbe molto meno del dovere di solidarietà, che parimenti in Costituzione c’è già. Un altro cazzone. Scusate il termine.
5) noi tutti, in Sardegna, o almeno buona parte di noi. Non sono mai stato per l’abolizione delle Province. Sarebbero (state) lo strumento decisivo per far dimagrire l’elefantiasi burocratica della Regione, trasferendo molte funzioni amministrative e gestionali a un livello intermedio congruo. Eliminarle è del tutto conforme a un obiettivo centralistico e all’inesausta bulimia del ceto politico e burocratico regionale. (Intanto a Roma si pensa di fare altrettanto con le Regioni: altro tipo di bulimia, stavolta neo-ministerialista). Tuttavia, ora che la fesseria è fatta, non condivido neppure tutta la resistenza dei politici e degli amministratori locali alla prospettiva della gestione associata intercomunale di molti servizi. Non c’è ragione alcuna per non costruire e promuovere un processo che non sarebbe solo di collaborazione tra istituzioni, ma anche di solidarietà consapevole e di senso civico diffuso tra comunità limitrofe, molto più avanzato dello sbando attuale in cui si versa sotto tanti campanili.
6) il grigio ragionierismo della Regione, ma anche le giaculatorie ipocrite e strumentali. In una situazione di calo demografico e di spopolamento, assicurare organizzativamente un adeguato livello di istruzione alle nuove generazioni resta la priorità delle priorità e non si può farlo difendendo l’esistenza in ogni paese di scuole ridotte a poche pluriclassi. Ignorare questa priorità evocando la felicità dei tempi passati è un esercizio retorico poco convincente. Strumentalizzare le resistenze a scopi politici non è solo meschino: è criminale. Anche per questo servizio di straordinaria essenzialità vale la pena di pensare a forme organizzative associate e alla condivisione di responsabilità fra comunità vicine. Non c’è proprio alcuna perdita nel frequentare le scuole insieme a compagni di paesi confinanti, tra i quali le affinità, come anche le differenze, sono una ricchezza da condividere, che può compensare ampiamente qualche sacrificio materiale in termini di mobilità. Certo, operazioni di questa portata richiederebbero modalità di coinvolgimento e persino di comunicazione tali da dar loro quell’anima di consapevolezza epocale che dovrebbe accompagnarle. Nascono invece morte, se vissute come conseguenza di un’impotenza progettuale, rivestita appena da ragionamenti finanziari dei quali, onestamente, siamo arcistufi e sui quali non immotivatamente siamo diffidenti.
7) Chiudo. E passo.
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da fb
Berlusconi invitato al Quirinale: “Patti vostri”. E’ questa la riappacificazione sociale?
di Vanni Tola
Se avete ancora la capacità di indignarvi vi prego di farlo anche per me, io ci rinuncio, non ci provo neppure a cercare un filo logico negli accadimenti di queste ore. Dopo aver magnificato le doti personali di integrità, coerenza, dignità, del nuovo Presidente della Repubblica, si scopre, nel volgere delle ventiquattro ore successive all’elezione, che é stata concessa la riduzione di pena per buona condotta a Silvio Berlusconi (nonostante il parere contrario del Tribunale di Milano) e che lo stesso è invitato al Quirinale per partecipare alla cerimonia di insediamento del Presidente che seguirà i messaggi alle camere. Era davvero necessario che a tale cerimonia partecipasse un condannato pluriinquisito, attualmente privato dei diritti civili e, perfino della possibilità di continuare a chiamarsi “cavaliere”? Il sottosegretario Del Rio dice che serve per ristabilire nel paese la pace sociale. Un po’ come quando all’elezione di un papa o di un sovrano seguiva l’amnistia con l’apertura delle porte delle patrie galere. Questa volta però quelle porte rimarranno chiuse, tutte tranne quella di Silvio. Riuscite a immaginarlo durante la cerimonia mentre si aggira tra gli illustri ospiti col suo sorriso di plastica a fare battute di spirito, a osservare le scollature e i posteriori delle signore, a raccontare barzellette? Chissà se racconterà a Mattarella la barzelletta della mela che “sa di culo” e che se vuoi apprezzare il profumo giusto devi girarla dall’altra parte? Chissà quanto rideranno i suoi convitati quando spiegherà cosa intendeva dire con la frase rivolta alla Merkel: “culona inchiavabile”. Lo accompagnerà la sua fidanzata col cagnolino o una rappresentanza delle “Olgettine” a libro paga? Quale sarà lo stato d’animo dei giudici che, sulla base di indagini, prove e lunghi processi, lo hanno condannato? Si sentiranno come quei poliziotti che la sera arrestano i “mariuoli” e l’indomani mattina se li ritrovano nuovamente per la strada. Una situazione veramente incomprensibile e paradossale soprattutto dopo il bel gesto del Presidente Mattarella che, appena eletto, si è recato a rendere omaggio ai martiri delle Fosse Ardeatine.
Un uomo, un libro. Gian Tomaso Marchio, venticinque anni di lotta
di Vanni Tola
Gian Tomaso, per gli amici Masino, è un uomo di grande coraggio, protagonista di una lunga lotta personale, sociale e politica. Convive da venticinque anni con una terribile malattia, la Sclerosi Multipla. Una vicenda drammatica che Masino, a differenza di molti altri, ha affrontato e affronta con coraggio e determinazione. Anziché rassegnarsi o, peggio, arrendersi alla propria condizione, Masino ha deciso di combattere, di contrastare la propria malattia denunciandone le caratteristiche, i sintomi, la condizione di chi ne soffre e svolgendo nello stesso tempo un’importante azione d’informazione sulle cause, sulle ricerche in corso, sulle nuove terapie sperimentali, sulla speranza che la ricerca possa, alla fine, trovare il modo di sconfiggere questa terribile patologia. Lo ha fatto dieci anni fa pubblicando un libro dal titolo “la mia vita con la Sclerosi Multipla”, nel quale descrive sedici anni di convivenza con tale patologia. Continuerà a farlo, ora che la sua Sclerosi Multipla compie venticinque anni, con un nuovo libro al quale sta lavorando. Un libro che raccoglierà, oltre le esperienze personali, nuove testimonianze di pazienti, notizie sulla ricerca e le nuove terapie, un quadro dettagliato e realistico della condizione di chi, con la Sclerosi Multipla, deve convivere. Il libro di Gian Tomaso Marchio può essere scaricato gratuitamente dal sito dell’Associazione Sclerosi Multipla della Sardegna della quale Masino è Presidente per la provincia di Sassari. Insieme all’invito alla lettura siamo tutti chiamati dall’autore a inviare domande, suggerimenti e considerazioni sull’argomento che andranno ad arricchire il nuovo libro in lavorazione. Il sito per scaricare il libro è il seguente : http://www.sardegnasm.it/images/documents/La%20mia%20vita%20con%20la%20Sclerosi%20Multipla.pdf
Gli anni della Sir: l’ultimo intervento pubblico di Riccardo Lai (Maggio 1982). La fatica della reciprocità nella solidarietà
Sassari 29/30 Novembre 2014
Dai movimenti degli anni settanta alla Sardegna di oggi.
Ricordando Riccardo Lai
Gli anni della Sir: l’ultimo intervento pubblico di Riccardo Lai (Maggio 1982)
Dobbiamo alla cortesia dello storico Sandro Ruju la pubblicazione di quello che, probabilmente, è stato l’ultimo intervento pubblico di Riccardo Lai prima della sua scomparsa . Durante il convegno svoltosi a Sassari il 29 e il 30 Novembre l’intervento di Riccardo è stato più volte citato da S. Ruju nella sua relazione: “ I movimenti di contestazione in Sardegna. La fabbrica come alleato ed i rapporti con il Movimento operaio”
L’intervento di Riccardo è stato svolto nel mese di Maggio del 1982 in occasione del Convegno organizzato dall’Ufficio studi della CGIL di Sassari dal titolo “Gli anni della Sir – Lotte operaie alla petrolchimica di Portotorres del 1962 al 1982” i cui atti sono stati pubblicati a cura Sandro Ruju con prefazione di Vittorio Rieser. (v.t.)
Intervento di Riccardo Lai (militante del movimento degli studenti)
L’iniziativa di questa sera è molto importante, anche perché come diceva Sandro Ruju, c’è un tentativo storico di ricostruzione di vicende che molti di noi, molti di voi hanno vissuto con grande intensità e che probabilmente hanno segnato non solo in quelle mattine in cui si partecipava allo sciopero , ma hanno segnato anche come scelta di campo, come scelta di vita. Quindi penso sia anche importante l’ausilio dei documentari questa sera e io a partire dall’ausilio dei documentari voglio porre un elemento di riflessione all’assemblea, ai compagni che stasera hanno svolto le relazioni.
Una nuova operazione “Mare nostrum” per una differente politica dell’accoglienza
di Vanni Tola
E’ cronaca di questi giorni. Migranti provenienti da lontani paesi dell’Africa settentrionale, in fuga dalla guerra e dalla miseria, dopo aver attraversato a piedi il deserto e affidato le loro vite agli scafisti e al mare, talvolta trovano temporaneo rifugio in alcuni paesi della nostra isola. Accade però che dopo alcuni giorni di permanenza in questi improvvisati centri di accoglienza, gli ospiti stranieri lasciano spontaneamente i loro nuovi rifugi per cercare fortuna altrove. Cosa c’è che non va nei nostri paesi, a Sadali, a Ottana, a Valledoria, a Lu Bagnu, in riva al mare della Costa Paradiso? La risposta è drammaticamente semplice. Questi luoghi di accoglienza, spesso isolati rispetto ai grandi centri abitati, mal collegati dai trasporti pubblici, non offrono che un alloggio con relativi servizi, piccoli aiuti materiali, un po’ di solidarietà della gente del posto ma anche l’assoluta certezza che difficilmente l’immigrato potrà intravvedere in tali località la possibilità di un reale inserimento sociale, di una valida prospettiva di vita, la possibilità di “mettere radici”. Meglio scappare lontano verso le grandi città. Un’altra considerazione. Più volte ci siamo occupati dell’andamento dei principali indicatori demografici dell’Isola. Dati drammatici, paesi destinati a scomparire nei prossimi decenni per mancanza di abitanti. Comparti produttivi fondamentali per la Sardegna, quale l’agro – pastorizia destinate a non avere un futuro per l’invecchiamento degli attuali addetti al settore e la mancanza di nuova forza lavoro da impiegare a causa del notevole decremento delle nascite. C’è un nesso tra l’arrivo di migranti nell’isola e la condizione di cronico spopolamento della nostra regione? Certamente sì. L’arrivo dei migranti, fenomeno in atto e storicamente irreversibile e l’eccezionale spopolamento della nostra regione, insieme, creano le precondizioni per attivare un differente approccio alla questione dell’accoglienza degli immigrati. Una programmazione organica di flussi immigratori, infatti, potrebbe perfino avere un influsso positivo per la situazione demografica della Sardegna e rappresentare nello stesso tempo una prospettiva di vita accettabile per gran parte dei migranti. Naturalmente a condizione che determini reali possibilità d’integrazione che vadano oltre le pur importanti iniziative di prima accoglienza, finora realizzate. In alcune realtà sono arrivate delle vere e proprie piccole comunità (è il caso delle venti copie di immigrati con bambini) che, se adeguatamente inserite in uno qualsiasi dei nostri paesini con saldo delle nascite negativo, scuole chiuse per mancanza di alunni, centinaia di case abbandonate nei centri storici, avrebbero potuto “fare la differenza”. Avrebbero potuto concorrere a modificare sensibilmente le tendenze demografiche in atto rivitalizzando la comunità ospitante, mantenendo in vita i servizi sociali, e la scuola fra questi, favorendo il recupero dei centri storici abbandonati, rivitalizzando la macro economia locale con l’impiego degli ospiti in lavori utili alla collettività (terre abbandonate, difesa dell’ambiente, ripopolamento aree rurali). Diversi osservatori dei fenomeni demografici, partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, propongono da qualche tempo la necessità e l’urgenza di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza a un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La sintesi delle ricerche effettuate ipotizza la realizzare un grande processo di riantropizzazione programmata – come avvenuto in altre aree del mondo con analoghi problemi di spopolamento – utilizzando la possibilità di razionalizzare e migliorare qualitativamente l’attuale politica dell’accoglienza dei migranti. Un progetto di reale inclusione che garantisca progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. Tali proposte, che potrebbero apparire il parto di fertili menti di sognatori, sono nella realtà saldamente presenti all’interno del dibattito nelle principali istituzioni della Comunità europea. Talmente presenti da essere state tradotte in un piano, il Programma Horizon 2020 per le politiche dell’integrazione che destina milioni di euro (in parte spendibili già dal corrente anno) per le politiche d’integrazione che i paesi comunitari volessero realizzare. Dedicare la dovuta attenzione a questo progetto potrebbe rappresentare per la Sardegna la possibilità di diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un notevole ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Non è un’operazione di poco conto, è un intervento che implica il superamento di difficoltà considerevoli, anche in termini culturali e di evoluzione del modo comune di pensare la convivenza con altri popoli e altre culture, che è cosa ben diversa dall’aiuto temporaneo e dall’ospitalità. Ma perché non provarci?
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- Horizon2020, per saperne di più
Danzando sotto le stelle e sotto la grande luna di Tamuli
Un po’ di fresco notturno danzando e cantando sotto le stelle e la luna di Tamuli, con il bel video di Vanni Tola
Tamuli – Notte di San Lorenzo
Rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro
di Franco Meloni
“Il nostro Dio è Dio delle sorprese: ogni giorno ce ne fa una. Dio è così, Dio rompe gli schemi: se non rompiamo gli schemi, non andremo mai avanti. Perché Dio ci spinge a questo, a essere creativi verso il futuro”.
Questa bella frase che papa Francesco ha detto sabato nella sua visita in Molise, anche se vogliamo leggerla in una versione laica, indica la strada che oggi dobbiamo percorrere in tutti i contesti. Limitiamoci alla Sardegna per dire che l’attuale situazione di crisi drammatica non può essere superata con i consueti strumenti, sia pure utilizzati nel modo più efficiente e razionale possibile. E’ quanto ci sembra stia facendo l’attuale governo regionale. Non basta, anzi potrebbe essere tutto inutile. Sì, perché si tratta di rispondere a problemi che hanno una enorme e straordinaria rilevanza. Ci riferiamo innanzitutto alla crisi demografica, cioè al fatto che i nuovi nati a cui aggiungere i nuovi arrivi non riescono complessivamente a superare i morti sommati a coloro che emigrano. Le conseguenze cominciano a mostrarsi con il progressivo abbandono dell’agricoltura (non compensato dal significativo interesse di molti giovani al settore) e la prevedibile chiusura di alcuni comuni sardi per mancanza di abitanti. Una situazione che può essere contrastata solo attuando una innovativa politica di accoglienza, che sappia integrare nuovi emigranti, in massima parte giovani, con le popolazioni, dando ad essi abitazioni e lavoro, in modo particolare nel settore agricolo. E’ quanto sostenuto da tempo da valenti studiosi, per citarne uno tra essi, il prof. Giuseppe Pulina, dell’Università di Sassari. La proposta è stata recentenente ripresa dal prof. Andrea Saba (anch’egli illustre docente, ora in pensione, di Economia Industriale alla “Sapienza” di Roma, allievo di Paolo Sylos Labini), in un intervento su La Nuova Sardegna. Ci rendiamo conto che non sono cose di poco conto, ma appunto perché difficili e complesse vanno affrontate con tempestività e con capacità politica e organizzativa. Si tratta di costruire piani di grandi dimensioni e complessità che devono coinvolgere molti soggetti pubblici e privati. Parlando delle istituzioni questa è senza dubbio la maggiore criticità: far lavorare insieme, in modo coordinato, più amministrazioni. Le risorse esistono, anche se vanno organizzate in relazione a programmi ben strutturati. Sono prevalentemente fondi europei, a cui si aggiungono i cofinanziamenti statali e regionali, e, auspicabilmente, anche privati.
Riuscirà l’attuale governo regionale a proporre programmi di così grande dimensione, con tutto l’azzardo che necessariamente ciò comporta? Sospendiamo il giudizio in attesa di notizie al riguardo, ovviamente in tempi brevi.
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Approfondimenti su Aladinews e dintorni
- Demografia e sviluppo nel prossimo futuro. La Sardegna senza Sardi? Drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo? Di Vanni Tola (https://www.aladinpensiero.it/?p=19142#more-19142)
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- Economia e immigrati. Far rinascere i paesi fantasma con l’agricoltura plurietnica. Si potrebbe ottenere allo stesso tempo il recupero dei campi e quello demografico, necessario una specifico progetto regionale. Gli esempi da seguire. Di Andrea Saba.
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- 13 marzo 2015 Aladinews. Intervista a Giuseppe Pulina, a cura di Franco Meloni. L’EUROPA 2020 E LE PROSPETTIVE DELL’AGRICOLTURA SARDA – Sala Conferenze Banco di Sardegna, Cagliari (a cura di www.aservicestudio.com)
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- Riflessioni sul convegno Caritas-Migrantes di presentazione del dossier immigrazione 2012. Cosa fare in (e per la) Sardegna? Di Franco Meloni
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- Barbagia a rischio estinzione. Giuseppe Pulina: «La soluzione? Accogliere quindicimila coppie di immigrati».
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- Per i 150 della Camera di Commercio. Di Franco Meloni (https://www.aladinpensiero.it/?p=1158)
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- Dibattito: rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro. Ecco come la pensa Nicolò Migheli.
Matrìca parte: bene, con attenzione e vigilanza. E subito anche le bonifiche!
di Vanni Tola
Portotorres 16/06/2014 – Oggi diventerà realtà il progetto chimica verde di Matrìca. Presenti il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, il presidente di Matrìca Daniele Ferrari, l’amministratrice delegata Catia Bastioli, i rappresentanti delle istituzioni locali e regionali, sarà inaugurato, a Portotorres, il primo impianto di monomeri biobased, un avvenimento che rappresenta un segno tangibile della riconversione dell’area industriale dal petrolchimico alla chimica verde. L’impianto che sarà inaugurato oggi è impiegato per la produzione di monomeri intermedi ed esteri biobased indispensabili per la sintesi di bioplastiche Mater-Bi di terza generazione. La produzione a Porto Torres sarà concentrata sull’acido azelaico, appartenente alla famiglia degli acidi dicarbossilici che, oltre ad entrare nella formulazione del Mater-Bi, costituisce la base per plastificanti speciali, esteri ad alta viscosità e basso punto di scorrimento per il settore della lubrificazione. Entro la fine dell’anno, l’impianto inaugurato oggi dovrà essere affiancato da altri due impianti della prima parte del piano di riconversione che produrranno additivi per polimeri ed esterificazione. Una volta completata questa prima fase di investimenti, le tre unità di Matrìca produrranno nella zona industriale acido azelaico, una miscela meno pregiata di acido palmitico e stearico, acido perlagonico ed esteri C5 e C9 con relative glicerine. Si apre cosi il nuovo capitolo della chimica verde che, nonostante l’opposizione di alcuni gruppi, diventa realtà. Un progetto che persegue l’obiettivo di realizzare, nell’area industriale turritana, il più grande polo europeo della chimica verde con un investimento complessivo che dovrebbe raggiungere il mezzo miliardo di euro. I dati tecnici del progetto evidenziano che quello di Porto Torres è «il primo impianto al mondo che impiega la tecnologia di scissione ossidativa a basso impatto ambientale». L’impianto ha una capacità produttiva di circa 32mila tonnellate l’anno. Finora Matrica ha investito sul progetto 180 milioni di euro e una volta completato, si parla del pieno regime entro il 2016, darà lavoro a circa 700 persone, senza considerare le imprese dell’indotto. Un progetto rivoluzionario, hanno sempre assicurato i vertici di Novamont ed Eni, che si integra con il territorio, visto che la materia prima per le produzioni, il cardo selvatico, sarà coltivata in Sardegna. Quello che sarà inaugurato oggi non è soltanto il primo impianto di una “fabbrica di bioplastiche”: i vertici di Matrica parlano di “una bioraffineria integrata di terza generazione che, partendo dall’utilizzo di materie prime agricole e di scarti vegetali, produrrà una gamma di prodotti chimici (biochemicals, biointermedi, basi per biolubrificanti e bioadditivi per gomme) attraverso processi innovativi e a basso impatto”. La creazione di una bioraffineria integrata nel territorio, dedicata a una serie di prodotti innovativi in ottica di filiera, porterà a Porto Torres nuove produzioni chimiche a basso impatto ambientale, ponendo le basi per una reindustrializzazione che avrà effetti positivi non solo nel comparto, ma anche in tutta l’industria a valle e sull’agricoltura. I promotori del progetto parlano di una vera e propria “bioeconomia di filiera”, nel rispetto della biodiversità locale e un’opportunità per l’Italia di rilanciare, in particolare nei siti storicamente meno competitivi, un settore industriale strategico come quello chimico.
I PROBLEMI APERTI
I problemi aperti relativamente al progetto della chimica verde non sono pochi e attendono risposte certe, credibili e verificabili. – segue -
Sassari. Ecco la Giunta di Nicola!
Sassari – Varata la nuova Giunta
di Vanni Tola
“Il coraggio, uno non se lo può dare.” faceva dire Manzoni a Don Abbondio. Il neo eletto Sindaco di Sassari invece pare che il coraggio sia riuscito a darselo. Per scelta, come ci piacerebbe pensare, o per mancanza di altre soluzioni di compromesso politico, come verosimilmente è accaduto. Fatto sta che, dopo un summit ad alto livello svoltosi a Cagliari tra il sindaco Sanna e gli esponenti del gruppo dirigente storico del PD (Spissu, Lai, Ganau) è stata varata la nuova Giunta che nasce con l’assenza di esponenti del “gruppone” sconfitto alle primarie di partito. Nove assessori, quattro donne e cinque uomini: Gianni Carbini, Luca Taras, Monica Spanedda, Alessio Marras, Maria Grazia Manca, Ottavio Sanna, Amalia Cherchi, Maria Francesca Fantato, Luigi Polano. Gianni Carbini ricoprirà l’incarico di vicesindaco con delega alle Politiche ambientali, agro, verde pubblico e decoro urbano. Monica Spanedda avrà le deleghe alle Politiche per lo sviluppo locale, programmazione, cultura, turismo, affari generali e legali. Luca Taras seguirà le Politiche per la mobilità urbana e rurale, polizia municipale e protezione civile. Alessio Marras sarà il responsabile delle Politiche per la pianificazione territoriale, attività produttive e edilizia privata. Maria Grazia Manca si occuperà delle Politiche sociali, pari opportunità e partecipazione democratica. Ottavio Sanna seguirà le Politiche abitative, i lavori pubblici e le manutenzioni. Amalia Cherchi avrà le deleghe per le Politiche finanziarie, il bilancio e i tributi, il patrimonio e i contratti. Completano la squadra Maria Francesca Fantato che avrà le deleghe per le Politiche educative, giovanili e lo sport e Luigi Polano che andrà all’assessorato Politiche per l’innovazione, servizi informativi, personale e Punto Città. Nicola Sanna ha dichiarato che si tratta di una giunta che dovrà essere immediatamente operativa per garantire il governo della città ed ha assunto l’impegno di integrare la squadra di governo conferendo altri incarichi e impegni a esponenti delle forze che, pur non presenti in giunta, hanno concorso al successo della coalizione. Ora si lavorerà alla messa a punto del programma tenendo conto delle indicazioni emerse durante la fase di consultazione che ha preceduto il varo della giunta. Tutto bene quindi? C’è da augurarselo, ma è evidente che alcuni nodi restano ancora da sciogliere. Il Sindaco Sanna dichiara di aver scelto i membri della giunta principalmente in base alle competenze specifiche e al grado di rappresentatività politica di ciascuno dei prescelti. All’interno del Pd, nella concitata fase delle trattative, il primo cittadino ha offerto tre posti di consigliere (ed eventualmente l’incarico di vicesindaco) al raggruppamento che sosteneva la candidatura della sua avversaria nelle primarie Angela Mameli. “Ne ho ricevuto un diniego immotivato fondato su equilibri interni di gruppi e correnti, anacronistiche rispetto al rinnovamento proposto da Matteo Renzi, che sostengo convintamente”. E questo la dice lunga sull’aria che tira in casa Pd, aria di tempesta al punto che al nuovo sindaco non rimane altro da fare se non appellarsi al senso di responsabilità di tutti per sostenere l’azione amministrativa, restando aderenti al mandato ricevuto dai sassaresi. Il problema fondamentale, la mina vagante che minaccia i destini della nuova giunta è e resta quindi la profonda divisione all’interno del Pd che è anche conflitto generazionale, scontro tra differenti modi di concepire l’attività politica, il mancato superamento della logica delle correnti e dei “gruppi di interesse”, l’incapacità di avviare un sostanziale e radicale cambiamento nel modo di fare politica e nella gestione del partito e dell’area politica che rappresenta. L’assenza in giunta di rappresentati del correntone Pd che fa capo a Silvio Lai, Giacomo Spissu, Gianfranco Ganau e Salvatore Demontis si farà sentire e rappresenterà per il Sindaco Sanna uno dei principali problemi con i quali dovrà fare i conti insieme all’esigenza di amalgamare una coalizione politica composita e per niente omogenea che lo ha supportato nella tornata elettorale.
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Precedenti. La Giunta del Sindaco Nicola Sanna
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La proclamazione della Repubblica sassarese (Il Consiglio della Repubblica sassarese), di Giuseppe Sciuti, circa 1880. Palazzo della Provincia in Piazza d’Italia.
I Cluster, questi sconosciuti
Dopo il Cluster CL.A.N Agrifood per l’agricoltura, decolla SPRING per la bioeconomy e la chimica verde.
di Vanni Tola
In un precedente articolo Aladinews si è occupato del Cluster CL.A.N. (Cluster Tecnologico Nazionale) AGRIFOOD presentato qualche mese fa nella sede della Società Porto Conte Ricerche. Un progetto importante per lo sviluppo del comparto agroalimentare isolano, realizzato con riferimento alle direttrici della politica comunitaria e in sintonia con le richieste e le caratteristiche dell’economia della globalizzazione. Descriviamo oggi un altro Cluster, che pure interessa la Sardegna, riguardo al progetto Matrìca per la riconversione del polo chimico dell’area industriale di Portotorres. Il Cluster Tecnologico Nazionale della “Chimica Verde” denominato SPRING – Sustainable Processes and Resources for Innovation and National Growth. Un megaprogetto che si pone l’obiettivo di incoraggiare lo sviluppo delle bioindustrie in Italia attraverso un approccio organico all’innovazione, per rilanciare la chimica italiana sotto il segno della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Facendo riferimento ai più recenti orientamenti dell’Unione Europea nel campo della bioeconomy, il Cluster Spring persegue lo scopo di stimolare la ricerca e gli investimenti in nuove tecnologie, con un costante dialogo con gli operatori economici del territorio. Le aziende promotrici del Cluster Spring sono Biochemtex, Novamont e Versalis - tre realtà industriali leader nello sviluppo di tecnologie e processi molto innovativi e nella messa a punto di materiali e prodotti da fonti rinnovabili – e Federchimica, che rappresenta l’industria chimica italiana nel suo complesso. Al Cluster aderiscono diverse imprese che operano nell’ambito della bioeconomy e rappresentano l’intera filiera italiana della chimica verde. Dalle imprese agricole a quelle impegnate nella ricerca di prodotti chimici da fonti rinnovabile e nelle biotecnologie industriali, comprese quelle che operano nella realizzazione di materiali e bioprodotti e nella trasformazione e lo smaltimento di materiali. Si contano al momento già 130 adesioni, tra aziende (45%), centri di ricerca (29%), enti locali (7%) e associazioni (19%) Un insieme di soggetti uniti da un progetto e una strategia di sviluppo comune per il comparto chimico. Otto Regioni italiane e, tra queste la Sardegna, si sono impegnate a sostenere l’attività del Cluster riaffermando la coerenza e la funzionalità delle loro strategie di programmazione e di sviluppo con gli obiettivi dell’iniziativa e impegnandosi a sostenere attività di supporto per lo sviluppo del progetto. Il Cluster Spring – con una rete di cooperazione fra le Amministrazioni interessate – persegue l’obiettivo di determinare ricadute positive nei territori con strategie di sviluppo coordinate a livello nazionale e locale. Il risultato di tali azioni dovrebbe favorire la crescita e lo sviluppo della bioindustria italiana attraverso l’innovazione e il rilancio della nuova industria chimica che dovrà essere caratterizzata da sostenibilità ambientale, sociale ed economica. - segue -
Aiuto!
Come creare un habitat favorevole allo sviluppo industriale del Paese?
di Vanni Tola
Impressionante il servizio di “Servizio Pubblico” sulla vertenza della multinazionale Micron. La società, leader nella progettazione e produzione di memorie per applicazioni elettroniche, sta per licenziare oltre quattrocento dei suoi mille cinquanta lavoratori operanti in Italia, per trasferire una parte o tutta l’attività in altri lidi. Fin qui sembrerebbe una delle tante vicende he accadono in questi mesi. Dove sta allora la particolarità? I dipendenti della Micron sono quasi tutti laureati in ingegneria, fisica, informatica, robotica e simili. Sono cioè tecnici altamente qualificati che producono ricchezza in Italia per conto della società Micron. La società, finora, non ha avuto problemi legati alla crisi internazionale, la produzione va più che bene. E non si tratta neppure di alto costo delle prestazioni di lavoro perché, come afferma una rappresentante dei lavoratori, le loro mansioni stanno per essere trasferite in paesi quali l’America o Singapore, nei quali il costo di tali figure professionali è più che doppio rispetto all’Italia. Allora perché la Micron lascia l’Italia costringendo questi lavoratori molto specializzati e produttivi a cercare lavoro all’estero? Sembrava incomprensibile anche ai partecipanti alla nota trasmissione di Santoro fino a quando la rappresentante dei lavoratori della Micron non ha introdotto un tema particolarmente delicato. Ciò che non va bene alla multinazionale è “l’habitat”, il contesto nel quale deve operare. La corruzione, la burocrazia, la poca chiarezza del quadro legislativo, l’instabilità politica che non concede prospettive a lungo termine per gli investitori. Sono queste alcune delle cause che stanno determinando la precipitosa fuga della multinazionale Micron dall’Italia. Ora è tutto più chiaro. Nel nostro Paese manca una parvenza di programmazione della politica industriale, non esiste alcuna certezza di stabilità politica, nessuna possibilità di pensare a interventi produttivi nel medio e lungo periodo, un quadro legislativo da barzelletta con leggi complicate e di difficile comprensione talvolta ostiche perfino per gli avvocati addetti ai lavori. Che insegnamento trarne? Intanto che il problema dell’occupazione non è soltanto un problema di costo del lavoro. La componente costo del lavoro rappresenta certamente uno degli elementi con il quale fare i conti. Ma è certamente molto più drammatica la mancanza di condizioni generali che favoriscano l’insediamento di attività produttive, che attraggano investimenti stranieri, la carenza di infrastrutture, di politiche del credito alle imprese davvero efficaci, la qualificazione costante della forza lavoro, gli investimenti in ricerca e innovazione tecnologica e scientifica e, soltanto all’interno di questi nuovi contesti, anche una più equa politica di remunerazione del lavoro. Altro che andare dagli arabi per implorare investimenti e raccogliere insignificanti “mance” da sbandierare come grandi successi politici.