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Valore Lavoro
Autorizzati dall’autore, pubblichiamo la trascrizione dell’intervento di Ettore Cannavera al Convegno sul Lavoro tenutosi a Cagliari nei giorni 4 e 5 ottobre u.s. Ettore è intervenuto nell’ambito del Tavolo tematico sull’Economia Sociale e Solidale il 4 ottobre. Le proposte emerse nel Convegno saranno illustrate nell’iniziativa “Incontro-dibattito” che si terrà venerdì 1° dicembre, come riportato nella locandina sotto pubblicata.
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Intervento di Ettore Cannavera
4 ottobre 2017
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Nei 10 minuti a disposizione voglio esprimere i miei pensieri quasi per battute, senza poter approfondire più di tanto. E parto dalla frase di papa Francesco, da altri appena citata, ma soprattutto ricordando la mia appartenenza alla Chiesa Cattolica… : “Il lavoro che vogliamo: Libero, Creativo, Partecipativo, Solidale”. Siamo molto lontani da questo obiettivo.
Questa aspirazione nasce dalla realizzazione del nostro essere uomini. Il lavoro non è qualcosa che possa esserci o non esserci, ma il lavoro è essenzialmente la realizzazione della nostra umanità. Permettetemi di citare Freud. La vita – secondo Freud – si realizza per il 50% nel vivere la nostra sessualità, l’altro 50% nella realizzazione delle nostre potenzialità, delle nostre capacità nel lavoro, sia intellettuale che manuale. Uno che non lavora è – oserei dire – parzialmente realizzato nella sua umanità. Ecco perché parlare del lavoro non è uno dei tanti argomenti di cui la politica possa occuparsi, ma il primissimo obiettivo di cui la politica “si deve” occupare perché deve pensare alla realizzazione dei cittadini di cui è responsabile.
Perché il lavoro ?
Perché il lavoro dà la possibilità di mettere a frutto tutte le nostre potenzialità: intellettive, manuali, artistiche, relazionali, ecc.
Ciascuno di noi è in quanto realizzato nel proprio lavoro oltre che nelle relazioni affettive.
Ecco perché è un argomento di cui non si può non parlare. Ed ecco perché noi dobbiamo richiamare i nostri responsabili politici perché lo sviluppo del mondo si realizza nello sviluppo delle proprie potenzialità. Se uno è credente può appellarsi alla visione biblica: Dio non ha creato il mondo, lo ha appena iniziato – dice così la Bibbia – e allora la realizzazione dell’umanità è nel completare il benessere del mondo realizzato dall’uomo. Ecco perché il “non lavoro” genera nel tempo una menomazione. Chi non lavora è una persona monca, manca qualcosa della sua personalità. Lo dice l’antropologia, lo dice la filosofia, lo dice la psicologia. Ecco perché non è qualcosa su cui possiamo transigere, deve essere il nostro impegno quotidiano, culturale, politico, di primo ordine. È gravissimo se penso che ci sono persone, soprattutto tra i più giovani che non possono realizzarsi nel lavoro, perché è così che si realizza la nostra umanità. Questo deve essere l’obiettivo principale della politica, non l’arricchimento di pochi, ma il lavoro arricchimento di tutti. È questo che deve essere sempre l’obiettivo principale. La parola solidarietà è una parola ambigua, a mio avviso: essere solidali molte volte è stato interpretato nel senso di beneficenza, del “volemose bene”, la solidarietà invece vuol dire riconoscere il diritto fondamentale di ciascuno di realizzare pienamente la propria umanità. E allora: quale è il nostro compito? Ebbene i cristiani, i cattolici (oggi riferendosi a questo Papa) richiamano questi contenuti. Ma non c’è un serio impegno in questo settore. Troppo spesso le nostre parole dentro le nostre chiese sono parole vuote, sono parole che non gridano al diritto fondamentale perché tutti gli uomini abbiano un lavoro. Ancora prima di avere l’accesso alla preghiera, l’accesso al tempo libero.
La mia esperienza come cappellano nel nostro carcere minorile di Quartucciu, mi ha convinto che la cosa peggiore non è la condanna della privazione della libertà, ma la più disumana è la condanna all’ozio. Che non è quell’ozio (positivo) di cui si parlava prima: è l’ozio di ragazzi dai 14 ai 25 anni, distesi nei loro letti in attesa che passi il tempo, che sia espiata la loro pena, la loro condanna. Ma la condanna peggiore è quell’ozio a cui sono condannati dentro il carcere. Anche nel nostro carcere di Uta, dei 650 detenuti lavorano solo 60-70 persone mentre tutti gli altri sono condannati all’ozio. Questa è la cosa più grave della condizione detentiva. Anche l’accoglienza dei rifugiati è orientata più verso l’assistenzialismo, piuttosto che al rispetto dei diritti spettanti a tutti gli esseri umani: il lavoro.
L’assistenza si dà a chi non è in grado di lavorare, a chi ha diverse difficoltà, ma assistere uno che arriva in Italia in cerca di dignità, perché scappa non solo dalla persecuzione, ma scappa dalla povertà, in cerca di un diritto: il lavoro dignitoso. L’assistiamo? Diamo loro un compenso per vivere? Ecco perché la destra gioca molto su questo. Perché si spende troppo per assistere queste persone che arrivano da noi. Non siamo in grado di organizzare le opportunità lavorative! Perché ancora prima del bisogno di nutrirsi hanno necessità di realizzare la loro umanità. Per questo il compito principale del nostro Governo, deve essere improntato sulla ricerca di opportunità lavorative. Nella mia esperienza nella gestione dello SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo Rifugiati) accogliamo 35 rifugiati: quale è il nostro compito principale? Quello di creare una svolta, dare loro possibilità di vivere del loro lavoro. Questo è il rispetto della dignità umana. Non assistenza, ma rispetto, con una retribuzione dignitosa, non sfruttamento. Perché questo sta capitando ai nostri rifugiati, invece ci vuole un riconoscimento del loro diritto fondamentale: il lavoro. Il nostro compito, e credo sia l’obiettivo di questo nostro incontro, è quello di avere una coscienza, di rispetto della dignità della persona che non può non passare se non attraverso il lavoro, la realizzazione delle proprie potenzialità, intellettive, manuali, artistiche. L’aspetto più importante dell’uomo è poter dire che vive del proprio lavoro. In conclusione, il convegno di stasera deve giustamente ribadire questo rispetto della dignità e dei diritti. La dignità è legata ai diritti. Il diritto fondamentale è poter vivere del proprio lavoro. E che dire del lavoro precario, del modo in cui stiamo vivendo questa situazione storica, in Sardegna e nel mondo intero? L’invito finale che vorrei fare è proprio questo: non pregare per queste persone, ma pregare perché tutti abbiano pienamente dignità nel rispetto del loro impegno, della loro capacità per poter dire che si vive del proprio lavoro. In fondo l’impegno principale di un politico nel gestire la polis non è altro che creare per tutti opportunità di lavoro. Ed è per questo che tutti noi dobbiamo batterci e credo sia il messaggio di questo convegno.
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Seconda parte
La mia aspirazione è che si prenda consapevolezza della necessità del superamento del concetto e soprattutto della pratica dell’assistenzialismo. Sto male quando i mass media pubblicano i dati delle Comunità, in particolare parlo ad esempio del Sant’Egidio di Roma, o della Caritas. dicono: “questa Pasqua siamo passati ad assistere da 3000 a 6000 persone”. Come dire “abbiamo fatto bene!” Invece lo devono dire con tristezza: più aumenta l’assistenza più vengono dimenticati i diritti. Ecco perché dico al nostro mondo cattolico: superate questa visione strabica che quasi si bea del bene fatto e non cerca di superare questa discriminazione. Se aiuto, giustamente, chi ha bisogno, nello stesso tempo devo lavorare perché non ci sia più bisogno del mio aiuto. Questo è a mio avviso il rispetto della dignità della persona, dei diritti della persona. L’assistenzialismo va superato. È ammissibile assistere solo se nello stesso tempo vado a chiedere politica perché vi sia sempre meno bisogno di assistenza, proprio perché vengono riconosciuti i diritti di ciascuno. Questa è un’azione veramente politica anche seguendo l’insegnamento evangelico perché si basa sul rispetto della dignità di tutte le persone.
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