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La storia non si cancella
Prima Guerra mondiale, Vittorio Emanuele III e il colpo di stato.
di Francesco Casula
La salma di Vittorio Emanuele III, il 17 dicembre scorso è ritornata in Italia. Con il beneplacito del Governo Gentiloni e del Presidente della Repubblica Mattarella. Con un volo di stato. Ovvero pagato dai contribuenti. Una scelta sciagurata. Una vergogna. Dimenticandosi della politica funesta di Sciaboletta, “le cui colpe – si ricorda in un bell’articolo su Il Manifesto – sono ben antecedenti alle infami leggi razziali del 1938: in sintesi, la sua intera carriera politica è stata all’insegna del tradimento degli interessi della nazione, della volontà del suo popolo, degli stessi orientamenti politici del Parlamento. Nel maggio 1915 egli firmò l’entrata in guerra dell’Italia, contro il volere della larga maggioranza del Parlamento, d’accordo soltanto con il primo ministro (Salandra) e il responsabile degli Esteri (Sonnino). Si trattò di un vero e proprio colpo di Stato: il primo di una serie, come ricordò il grande Luigi Salvatorelli”1.
Ma vediamo, analiticamente come andarono le cose.
Dopo i fatti di Saraievo e la dichiarazione di guerra dell’impero austro-ungarico, l’Italia assume una posizione neutralista, firmando la sua dichiarazione ufficiale il 3 agosto 1914 . “Essa – ricorda Salvatorelli – riscosse consenso pressoché generale nella opinione pubblica e nel mondo politico” 2 .
Il Parlamento, per la stragrande maggioranza, era contrario alla guerra. Le elezioni del 1913 avevano sancito infatti la vittoria dei liberali, socialisti e cattolici, tutti neutralisti, con questo risultato: Unione liberale (270 seggi con il 47,62%); Partito Socialista Italiano (52 seggi con il 17,62%); Unione elettorale cattolica italiana (20 seggi con il 4,23%).
Dopo la dichiarazione di neutralità il Governo inizia la trattativa con l’Austria, che è disposta a cedere all’Italia il Trentino. Ma forse anche di più. Giolitti infatti il 1 febbraio 1915 in una pubblica dichiarazione ebbe a sostenere che “nelle attuali condizioni dell’Europa, parecchio possa ottenersi senza una guerra” 3. (Segue)