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Sardegna Che fare? Una chiamata in causa dei cattolici e di tutte le persone di buona volontà

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Per un efficace ruolo dei cattolici nella Politica. Una proposta per la Sardegna
di Franco Meloni

La Sardegna non sta bene. Ha molti problemi, alcuni dei quali si aggravano ogni giorno che passa. Non vogliamo qui farne ulteriore elenco. Chi lo volesse non ha che da sfogliare uno dei quotidiani locali o consultare una News online di un giorno qualunque. E neppure qui vogliamo parlare delle ricette per risolvere o perlomeno affrontare questi problemi. Anche queste le trovate ogni giorno esposte, più o meno bene, negli stessi media. Qui vogliamo semplicemente lanciare un messaggio e proporvi una riflessione su che cosa possono fare i cattolici insieme con tutte le persone di buona volontà disposte a fare un percorso di comune impegno. Il messaggio è il seguente: la Sardegna ha soprattutto bisogno di fiducia. Innanzitutto della fiducia dei sardi verso se stessi, che è la condizione perché gli altri abbiano fiducia nei sardi. Dobbiamo pertanto impegnarci tutti a creare quel clima di fiducia che ci consenta di affrontare i problemi e di impegnarci a risolverli mettendo a frutto le capacità personali e delle comunità di appartenenza. Tutto ciò sembra banale, ma non lo è affatto. Sicuramente è difficile. Pensate cosa significa creare fiducia nel mondo della politica. Significa praticare rapporti di scambio tra persone che nella ricerca del bene comune, anche nel confronto e nello scontro dialettico, arrivino a soluzioni ottimali. La condizione è che si pratichi l’ascolto reciproco e che si persegua l’obbiettivo della massima partecipazione. Cosa abbastanza diversa da quanto accade oggi, laddove la politica tende a selezionare le idee e le scelte sulla base degli interessi dei gruppi prevalenti e la partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica è sempre più ristretta. Allora, se si vuole invertire la rotta, occorre allargare gli spazi di partecipazione democratica sia per quanto riguarda l’accesso alle rappresentanze istituzionali (riforma delle leggi elettorali), sia per la promozione della cittadinanza attiva, sia per la valorizzazione delle competenze che devono prevalere sulle appartenenze. Ma qualcosa occorre fare subito, partendo da casa nostra, cioè da quanto possono fare di nuovo (o forse di antico) i cattolici al servizio della società. La situazione attuale della nostra società richiede un impegno politico che riesca a rendere più incisivo e produttivo il poderoso lavoro che sul piano dell’impegno sociale fanno i volontari nelle diverse organizzazioni cattoliche e laiche al servizio della gente, in modo particolare degli ultimi. Innanzitutto ai volontari è richiesto che diano un aiuto alla Politica, anche se la stessa non la chiede. Al riguardo condividiamo in toto un invito formulato da Walter Tocci in un recente convegno della Caritas romana*. Ma torniamo allo specifico dell’impegno dei cattolici in Politica. Nel vivace dibattito nazionale che si è sviluppato su questa questione emerge con chiarezza anche la proposta della costituzione di un (nuovo) partito esplicitamente ispirato ai valori cristiani.
cattolici-e-politica Proposta legittima, che ha tra i promotori intellettuali di grande spessore culturale e credibilità indiscussa, ma che ci vede del tutto contrari, per una serie di considerazioni che in altre circostanze abbiamo esposto, anche in pubblici dibattiti da noi promossi insieme ad altri. Ci convince invece un’altra proposta che per chiarezza espositiva riprendiamo integralmente da uno scritto di Enzo Bianchi (fondatore della Comunità di Bose). La stessa, che ha valenza generale, vogliamo qui riproporre nella dimensione della nostra regione. Si tratta di dare vita nelle chiese locali, diocesane e regionale, a “uno spazio al quale tutti i cattolici che si sentono responsabili nella vita ecclesiale e nella società possano essere convocati e quindi partecipare. Non un’assemblea dei soliti scelti o eletti in base all’appartenenza ad associazioni o istituti pastorali, ma un’assemblea realmente aperta a tutti, che sappia convocare uomini e donne muniti solo della vita di fede, della comunione ecclesiale, della consapevole collocazione nella compagnia degli uomini. Si tratta di chiamarli a esprimersi in merito a una lettura della vita sociale, delle urgenze che emergono e perciò in merito a un ascolto del Vangelo.
Questo sarebbe un confronto in cui si esaminano i problemi che si affacciano sempre nuovi nella vita del paese e si cerca di discernere insieme le ispirazioni provenienti dal primato del Vangelo. Da questo ascolto reciproco, da questo confronto, possono emergere convergenze pre-politiche, pre-economiche, pre-giuridiche che confermano l’unità della fede ma lasciano la libertà della loro realizzazione plurale insieme ad altri soggetti politici nella società. Un forum, dunque, uno spazio pubblico reale in cui pastori e popolo di Dio insieme, in una vera sinodalità, ascoltino ciò che lo Spirito dice alle chiese e facciano discernimento per trarre indicazioni e vie di testimonianza, di edificazione della polis e della convivenza buona nella giustizia e nella pace. È in questo spazio che si possono delineare le istanze evangeliche irrinunciabili, che poi i singoli cattolici con competenza e responsabilità tradurranno in impegni e azioni diverse a livello economico, politico e giuridico.
Così sarebbe assicurata l’unità dell’ispirazione evangelica, ne sarebbe garantita l’autenticità, senza tentazioni di integralismo, dando vita a “una polifonia ispirata a una stessa fede e costruita con molteplici suoni e strumenti” (papa Francesco, 4 marzo 2019, Udienza a un gruppo della Pontificia Commissione per l’America Latina)
. Da qui si parte per ulteriori indispensabili interlocuzioni con il “resto del mondo” per comuni percorsi nel perseguire il bene comune. Questa proposta ci sembra collimare con le posizioni di Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica italiana, esaurientemente esposte nel suo ultimo libro, del quale riportiamo una recensione apparsa sul quotidiano Avvenire**. Che ne dite? Il dibattito prosegue…

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*Da una lectio magistralis di Walter Tocci rivolta ai volontari della Caritas romana.

(…) La chiamata civica alla politica. Credetemi, il ceto politico non si sente bene, non ce la fa da solo, ha bisogno del vostro aiuto; si, proprio di voi volontari e cittadini attivi. Lo so che siete già molto impegnati, ma proprio voi più di altri sapete come fare. La malattia dei politici è una drammatica perdita del senso di realtà, un po’ come capita alle persone disorientate che arrivano nei vostri centri di accoglienza. Con lo stesso spirito potete aiutare la politica a ritrovare il proprio ruolo sociale.
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**MATTEO TRUFFELLI: CHIESA IN USCITA E IMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI
23 Gennaio 2020 by Forcesi | su C3dem.
Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana dal 2014, docente di Storia delle dottrine politiche a Parma, nel suo nuovo libro “Una nuova frontiera. Sentieri per una Chiesa in uscita” (Ave, 130 pagine, 11 euro), sintetizza “in che modo i credenti possono contribuire concretamente a lasciare nel mondo l’impronta evangelica della fraternità”. L’Avvenire anticipa un brano del libro: “Le scelte politiche plurali, una ricchezza per i cattolici”.
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- Anche su Giornalia.

SardegnaCheFare?

Territorio, ambiente, paesaggio: assi dello sviluppo. Sontuosa fioriturademocraziaoggi
di Fernando Codonesu su Democraziaoggi.
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Una bella serata per una legge regionale democratica
Roberto Mirasola su “il manifesto sardo”.
- L’evento “Confronto sulla legge elettorale sarda tra Gianfranco Ganau e Andrea Pubusa tenutosi mercoledì 22 febbraio e trasmesso in diretta dalla WebTv YouTg, con collegamento www.youtg.net, è rivedibile sulla stessa rete in modalità on demand: https://www.facebook.com/youtg.net/videos/10155100918257320/
16Dib 22 feb 2017 GanauPubusa
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Voliamo alto

Aladinpensiero e le campagne elettorali
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di Franco Meloni, direttore
Qual’è la posizione di Aladinpensiero nella campagna elettorale? Credo emerga da quanto scriviamo e diffondiamo in questi giorni e da quando siamo in rete: nel nostro piccolo ci sentiamo al servizio dei sardi e della Sardegna e di quanti, persone e organizzazioni, riteniamo seriamente impegnati in questa stessa direzione. Lo saremo quindi anche in questa campagna elettorale e così faremo nella prossima campagna per il rinnovo del parlamento europeo (di cui siamo tra i pochi a parlare). In questo ambito politico daremo spazio alle formazioni del vasto campo a cui apparteniamo, quello progressista e di sinistra, che comprende anche l’area indipendentista/sovranista; pertanto alle formazioni del centro sinistra e dei suoi alleati – tradizionali e del mondo indipendentista e sovranista – (che sostengono Francesco Pigliaru candidato presidente), nonchè delle liste di Sardegna Possibile (che sostengono Michela Murgia candidato presidente). Daremo anche spazio alle altre liste delle formazioni del resto dell’arcipelago indipendentista, per le quali abbiamo espresso un giudizio negativo rispetto alla loro frammentazione e insistenza su posizioni isolazioniste. Non crediamo siano tempi di sola testimonianza o, almeno, non ci si presenta alle elezioni solo per testimoniare le proprie posizioni di “duri e puri”. Si va incontro ai soliti insuccessi, rendendo più complicato il perseguimento degli obbiettivi della propria linea politica di indipendentisti e sovranisti. Ma non stiamo a giudicare ulteriormente: ognuno faccia ciò che più ritiene giusto.
E’ evidente che il nostro impegno di informazione e comunicazione sarà centrato sulla parte programmatica e sul dare conto della capacità (o incapacità) dei candidati e delle organizzazioni politiche di sostenere con coerenza le posizioni/linee politiche che professano a parole.
Qualcuno ci ha detto che la nostra è una impostazione ecumenica. Non riteniamo tale giudizio né un’offesa né un rimprovero. Adattando il termine ecumenismo (l’enciclopedia ci dice che la parola deriva dal termine greco oikouméne, che indica in origine la parte abitata della Terra) alle vicende terrene della politica rispetto a quelle della Chiesa universale, possiamo sostenere che la la scelta indica una sorta di indirizzo nella ricerca di una sempre più stretta collaborazione e comunione tra le varie chiese terrene che abitano il mondo della politica, per il perseguimento di obbiettivi virtuosi – di sinistra, diciamo noi -: la pace, il lavoro, l’istruzione, la solidarietà… Nella contingenza si tratta di partecipare a una vera guerra di liberazione della Sardegna dal centro destra che l’ha sgovernata in questi ultimi cinque anni, ma anche di partecipare alla guerra di liberazione da quanti in tutti i settori istituzionali e no opprimono la Sardegna, per consegnarla a onesti e competenti, dando spazio e potere agli attuali esclusi, specie appartenenti alle giovani generazioni.
lussu_part_foisVoliamo alto? Voliamo alto. E dunque camminiamo su questa strada già tracciata dai molti grandi che ci hanno preceduto e dai molti o pochi che ancora ci accompagnano, facendo quanto possiamo con i mezzi a nostra disposizione.
Ci preme infine dichiarare il diritto di ciascun redattore e collaboratore di Aladin di fare al riguardo proprie scelte personali, che possono prevedere anche l’astensione dal voto. Di tali scelte non chiediamo alcuna pubblicità, salvo per quanto ciascuno voglia rivelare o anche propagandare. Il voto di ciascuno di noi conta uno. Molto più importante svolgere un servizio di chiarificazione delle linee politiche su cui si eserciterà la scelta dei cittadini sardi.
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Bellezze-nuragiche-su-aladinews-200x300Sardegna: che fare?
di Vanni Tola
Una campagna elettorale molto breve e fortemente segnata dalle polemiche interne ai partiti, dalla frammentazione delle forze politiche e dall’affannosa individuazione dei candidati alla Presidenza, penalizzerà certamente il confronto preelettorale sui programmi e sulle idee, limitandolo fortemente. Ciò nonostante alcuni temi centrali del confronto politico finiranno con l’occupare comunque la scena e avranno un ruolo fondamentale nelle scelte degli elettori. I principali problemi dalla Sardegna sono sostanzialmente noti. Una gravissima crisi dell’apparato produttivo industriale con conseguenze drammatiche sull’occupazionale. La necessità di ripensare un nuovo modello di sviluppo industriale che permetta alla nostra isola di avere uno spazio e un ruolo nella nuova riorganizzazione internazionale del lavoro e della produzione che i processi di globalizzazione stanno mettendo in evidenza. Un problema che impone un confronto sul nuovo modo di produrre prodotti chimici (es. chimica verde, biochimica) e, più in generale, sulle prospettive offerte dalla green economy che è strettamente connesso con la questione dell’approvvigionamento energetico e delle energie alternative e con i problemi di tutela della salute e dell’integrità dell’ambiente. Occorre poi confrontarsi nel merito delle problematiche riguardanti lo sviluppo e la valorizzazione delle più importanti risorse locali dell’isola, agricoltura e turismo in primo luogo, ma anche la pesca, la risorsa ambiente, i trasporti interni ed esterni, le comunicazioni. Temi che non possono e non devono essere estranei o marginali, nel confronto elettorale. Problematiche che riassumono ed evidenziano il sostanziale fallimento dei diversi Piani di Rinascita e dei differenti interventi di riforma dei comparti produttivi, che tanta parte hanno avuto nel dibattito politico degli ultimi decenni e che tante risorse finanziarie e umane hanno assorbito. La Rinascita sarda, più volte evocata, è sostanzialmente mancata. Il modello di sviluppo praticato si è rivelato fallimentare ed ha penalizzato, nel tempo, quelle che potevano essere le vere risorse locali, sacrificandole alla chimera dell’industria petrolchimica di base. La discussione intorno ad un nuovo Piano di Rinascita – da definire riflettendo sugli errori del passato e tenendo conto delle rivoluzioni economiche e sociali in atto – è quanto mai attuale. Qualunque altra proposta di modifiche o riforme di questo o quel comparto produttivo del sistema Sardegna sarebbe velleitaria e destinata a sicuro fallimento se non inserita in una visione d’insieme del sistema regionale con una prospettiva di sviluppo e programmazione proiettata nel lungo periodo. E’ questo il compito che attende le forze politiche che si candidano al governo della Regione e a rappresentarla in ambito Comunitario. Un’ultima questione non meno importante delle altre. Recenti ricerche sull’andamento demografico della regione indicano, per i prossimi decenni, una consistente diminuzione della popolazione. Centinaia di paesi di modeste dimensioni tendono a scomparire per mancanza di abitanti nell’arco di qualche decennio. L’agricoltura e la pastorizia, pur con qualche segnale che sembra andare in controtendenza, sono ora praticate da operatori anziani che alla fine usciranno dal mercato del lavoro compromettendo irrimediabilmente il già precario equilibrio del comparto. Un preoccupante decremento della popolazione che modificherà, nei prossimi decenni, le caratteristiche stesse del sistema Sardegna. E’ evidente che qualunque ipotesi di sviluppo, di valorizzazione delle risorse, e perfino di mantenimento di attività quali l’agricoltura e la pastorizia, non potrà prescindere da precise scelte che vadano nella direzione dell’incremento demografico della popolazione. Non sappiamo quanto e in quale misura i temi richiamati entreranno a far parte del dibattito preelettorale e dei programmi dei partiti, noi ci auguriamo che ciò accada con l’attenzione che tali questioni meritano. Anche perché gli elettori attendono risposte, prospettive, indicazioni credibili e non pochi manifestano sfiducia e impazienza che potrebbero tradursi in un ulteriore incremento dell’astensionismo elettorale e del sempre più diffuso disinteresse per la politica.