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Investire in Welfare crea nuova occupazione
E’ opinione diffusa che il welfare, cioè i servizi e le prestazioni sociali, rappresenti per il paese un costo improduttivo o addirittura uno spreco di denaro che va ad alimentare la crescita del debito pubblico. Da tale convinzione traggono origine le scelte di consistenti e progressivi tagli alla spesa pubblica con la convinzione di poter cosi contribuire a ridurre il deficit nazionale.
In realtà investire oculatamente nel Welfare potrebbe significare non solo migliorare la qualità di vita delle persone e delle famiglie ma anche favorire celermente ed efficacemente l’occupazione. L’affermazione è contenuta in uno studio condotto dalla Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia”. Un punto di vista diametralmente opposto all’opinione diffusa sul Welfare che, se accolta, porterebbe a un radicale ripensamento delle politiche sociali del nostro paese. I ricercatori della Rete fanno notare che tra il 2008 e il 2012, cioè nel bel mezzo della crisi economica, a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123 mila unità (Eu 15), si è registrato un incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza, pari a 1 milione e 623 mila unità (+7,8%). E’ indiscutibile l’enorme crescita della domanda di welfare favorita, tra l’altro, dall’aumento della durata della vita e dall’invecchiamento della popolazione. A fronte di tale aumento della domanda alcuni paesi europei hanno agito orientandosi verso un’occupazione formalizzata, pubblica e privata, relativa a tale domanda di servizi. Altri invece, e tra questi l’Italia, hanno delegato il soddisfacimento della domanda di servizi alle famiglie. Naturalmente gli esiti di tali scelte hanno ottenuto risultati differenti sia in termini di qualità della vita che di creazione di nuova occupazione.