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Editoriale
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Progetto Sardegna e altre Organizzazioni rilanciano la mobilitazione popolare unitaria per una nuova legge elettorale sarda. Al riguardo emerge un nuovo protagonismo dei Cattolici.
Cando si tenet su bentu
Est prezisu bentulare
Fortza paris! Nel suo duplice significato: forza insieme e forza uguali!
.
Il documento-appello che di seguito pubblichiamo, redatto dai rappresentanti delle formazioni che avevano espresso la candidatura di Renato Soru alle elezioni regionali, a cui per l’occasione se ne sono aggiunte altre come Sinistra Futura e la Confederazione Sindacale Sarda, non è definitivo, in quanto ancora al vaglio delle stesse aggregazioni per la formulazione finale. Attendibilmente il documento finale non se ne discosterà sostanzialmente. Eppoi si tratta pur sempre di un documento di principi, suscettibile di interventi tesi ad ampliare in partenza la platea dei consensi.
E allora, perché non aspettare alcuni giorni o magari una settimana? Semplicemente: 1) intanto perché anche in questa versione sostanzialmente lo condividiamo, 2) perché con questa piccola forzatura vogliamo simbolicamente sottolineare l’urgenza che si crei una pressione popolare che costringa il Consiglio regionale della Sardegna a discutere ed approvare una nuova legge elettorale, profondamente innovata rispetto alla pessima in vigore. Pensiamo che sia arrivato il momento buono per raggiungere questo scopo. Lo sosteniamo anche in relazione all’interessante dibattito che su dette tematiche si sta sviluppando in ambito cattolico, a cui anche noi stiamo contribuendo. Citiamo al riguardo il tour di incontri in tutta l’Isola (Sassari, Cagliari, Oristano, Tempio) sulla tematica “diamo un’anima alla politica” che ha avuto come filo conduttore i contenuti del libro, di uguale titolo, di don Bruno Bignami. Sta scritto che la politica senza la partecipazione attiva dei cittadini non è democratica; e la partecipazione dei cittadini si esprime in modo importante, anche se non esaurientemente, con il voto in libere elezioni. Dunque sono necessarie leggi elettorali che la consentano nella misura più ampia possibile. Cosa decisamente impensabile con le attuali leggi, sia al livello nazionale, sia al livello regionale. Occorrono nuove leggi elettorali che appunto favoriscano la partecipazione e nella rivendicazione di queste constatiamo, con soddisfazione, si stanno muovendo importanti movimenti cattolici, come il MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), che coinvolgono numerose altre associazioni laicali.
E, allora, in questa battaglia, a cui partecipiamo con convinzione, vorremo che si rafforzasse un ampio schieramento di forze democratiche, senza distinzioni di carattere partitico o ideologico.
Custa est s’ora: “Cando si tenet su bentu Est prezisu bentulare” (*).RICOSTRUIAMO LA DEMOCRAZIA SARDA.
Appello per una grande assemblea di forze politiche, sociali e di cittadini per il cambiamento della legge elettorale.
(
In Sardegna, dal 2013, ad ogni tornata elettorale assistiamo ad una lesione dei diritti dei cittadini ad essere realmente rappresentati.
La legge elettorale sarda, di impostazione maggioritaria, ha avuto e ha tuttora un ruolo nel produrre la crescita abnorme
dell’astensionismo, la sfiducia nel ruolo dei partiti e delle istituzioni, la tendenza al leaderismo e al personalismo nella politica, l’emarginazione delle iniziative dal basso.
Tale sistema elettorale, accompagnato dall’elezione diretta del capo dell’esecutivo (che sia Sindaco, Presidente di Regione o – come nel progetto di premierato, da contrastare con forza – Presidente del Consiglio dei Ministri), intendeva assegnare all’elettore il potere di scegliere da chi essere governato, ma si è rivelato un fallimento. Da un lato ha prodotto effetti distorcenti nella formazione della rappresentanza istituzionale, dall’altro è stato nettamente rifiutato dagli elettori stessi, che hanno riconosciuto l’inganno sotteso dietro la maschera di una presunta democrazia diretta.
Di fatto, il sistema maggioritario ha minato il sistema rappresentativo disegnato dalla Costituzione, a cominciare dalla decadenza della funzione dei partiti politici, che hanno perso la capacità di favorire la partecipazione dei cittadini nella elaborazione delle proposte politiche e programmatiche e si sono ridotti, nella grande maggioranza dei casi, a comitati elettorali funzionali alla riproduzione del potere di ristrette élites.
Anche l’obiettivo di garantire un adeguato livello di governabilità e di continuità nell’azione di governo delle istituzioni si è rivelato illusorio; se pure si è raggiunta una certa stabilità nella durata degli esecutivi, l’effetto dovuto al bipolarismo forzato e alla frequente alternanza delle coalizioni è stato quello di assistere a una continua e devastante successione di riforme e controriforme che hanno gettato nel caos la già debole macchina burocratica delle varie
amministrazioni senza mai affrontare le grandi questioni politiche, sociali ed economiche.
Occorre, altresì, tenere conto dei chiari indirizzi manifestati in materia elettorale dal Consiglio d’Europa e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non solo con riguardo all’esigenza della riduzione delle soglie di sbarramento e della piena trasparenza dei processi elettorali (art. 3 del primo protocollo CEDU), ma anche in relazione alle indicazioni di cui al punto 82 della risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa n° 1547 del 2007, che fa carico ai partiti politici della responsabilità di “assicurare un’equa rappresentanza delle minoranze nelle istituzioni elettive, tenuto conto della proporzionalità”.
Se si vuole invertire la tendenza e ricostruire processi democratici, è giunto il momento di cambiare i meccanismi elettorali, al fine di rilanciare la centralità degli organi elettivi, che rappresentano tutti i cittadini e tutti gli orientamenti politici presenti nel panorama sardo.
Risulta necessario elaborare una legge elettorale democratica che garantisca la costruzione di un Consiglio Regionale realmente rappresentativo del variegato tessuto politico sardo, dei
territori e dei generi. Quello che possiamo constatare senza possibilità di smentita è che l’attuale legge per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta contraddice questi tre obiettivi, impedendo la rappresentanza a gruppi che pure hanno ottenuto non trascurabili consensi, privilegia i territori delle circoscrizioni più grandi ed elegge un numero di donne del tutto sproporzionato rispetto al loro peso nella vita sociale.
Desideriamo, perciò, porre all’attenzione dei cittadini, singoli o associati, e alle forze politiche, alcuni punti di principio sui quali crediamo che debba essere costruita la nuova legge elettorale. A partire da questi punti, chiediamo alla Giunta e al Consiglio Regionale di avviare una consultazione con le forze politiche, sociali e cittadinanza, per elaborare in maniera partecipata la nuova legge. A fronte di una crisi sempre più evidente della democrazia rappresentativa, pensiamo sia decisivo l’utilizzo di un metodo innovativo e realmente democratico, capace di far dialogare eletti ed elettori per la riscrittura delle regole del gioco.
Proponiamo i seguenti principi sui quali convocare una grande assemblea sarda per la ricostruzione della democrazia:
1. Sistema proporzionale ed elezione in Consiglio Regionale del Presidente, con eventuali correttivi necessari, quale ad esempio la cosiddetta “sfiducia costruttiva”, per rispettare quei principi di governabilità e stabilità richiesti dalla Corte Costituzionale italiana.
2. Eliminazione della possibilità del voto disgiunto che favorisce il clientelismo e la personalizzazione della politica.
3. Un abbassamento delle soglie di sbarramento per le singole liste e le coalizioni.
4. Una maggiore rappresentanza politica dei territori marginali, attraverso l’aumento delle circoscrizioni territoriali e la suddivisione delle circoscrizioni maggiori, bilanciata dalla costituzione di una circoscrizione regionale in grado di valorizzare il voto di opinione e le forze politiche minori, alla quale riferirsi anche per la quantità di firme da raccogliere per la presentazione delle liste. Per favorire questi obiettivi si potrebbe aumentare il numero dei consiglieri regionali, a parità del costo totale dell’organo legislativo e dunque a condizione di un taglio delle remunerazione degli eletti.
5. Una norma coraggiosa, costituzionalmente orientata, di vera “discriminazione positiva”, che porti ad avere obbligatoriamente una composizione del consiglio regionale almeno a 60/40% rispetto alla non perfetta suddivisione binaria tra generi.
Il maschilismo e la predominanza maschile della politica istituzionale sarda non sono più tollerabili.
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(*) Da “Procurade ‘e moderare”P.S. Lunedì 3 luglio è previsto un incontro online del gruppo di redazione del documento pubblicato, al fine di definirne la formulazione finale. Contiamo di poter partecipare da “osservatori” a detta riunione sostanzialmente per appoggiare questo movimento riformatore, dando informazione dell’impegno nella stessa direzione di tanti cattolici singoli e organizzati. Ovviamente daremo comunicazione delle novità del dibattito in corso nel proseguo del tempo.
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