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Guerra continua. Solo un Dio potrà salvarci?

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Contro il riarmo
L’Editoriale di Mariano Borgognoni*

Una cara ed acuta amica mi faceva notare qualche giorno fa l’impressionante realismo e l’attualità dei discorsi apocalittici in particolare nell’Evangelo di Matteo. «Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno, ci saranno carestie, pestilenze e terremoti in vari luoghi…». Allora, per dirla con il filosofo, solo un Dio potrà salvarci? Per i cristiani sì e no. C’è la fede in una parola ultima di Dio ma c’è anche il campo del penultimo che è, per intero, nelle nostre mani. Dunque: attendere il Regno e attendere al compito e alla responsabilità di chi si trova ad abitare il mondo. Seguendo la via della caritas e della politica, secondo quella illuminante metafora che ci vorrebbe aiutanti dei naufraghi che devono attraversare il fiume e costruttori di ponti per risolvere alla radice il problema. Staccare la concretezza dell’aiuto dalla soluzione più generale del problema che ne determina la necessità è sempre un errore esiziale, come dimostra la stessa storia dei movimenti per conquistare diritti sociali e civili. La pandemia, ancora non del tutto debellata, i tragici terremoti di Turchia e Siria, la guerra in Ucraina, la ripresa del conflitto israelo-palestinese, la situazione in Yemen, in Congo, in Sud Sudan e in tante altre parti del mondo, l’aumento del divario tra ricchi e poveri a livello globale e in ogni singola nazione, comprese quelle occidentali, il sempre più preoccupante degrado ambientale che mette in discussione le condizioni e la stessa possibilità di una vita decente per le generazioni future e può provocare enormi esodi climatici, ci pongono di fronte ad uno scenario inquietante e mai così pericoloso dalla fine del secondo conflitto mondiale. Eppure la risposta a questa situazione che morde la vita e la sicurezza dell’intero genere umano è sostanzialmente una: armarci fino ai denti, spostare su questo versante grandi risorse finanziarie, alimentare e sovvenzionare la ricerca di sistemi sempre più sofisticati di difesa e di offesa, concentrare in poche mani l’esercizio del potere reale al coperto del segreto militare. Lungo questa strada non può che arretrare la funzione e il peso degli organismi sovranazionali, a cominciare dall’Onu, ma anche quella di nuove istituzioni politiche come la stessa Unione europea, e non può che accrescersi e mutare di natura il ruolo della Nato che da alleanza militare si sta trasformando in un vero e proprio soggetto politico a guida statunitense. Più armi per rafforzare la Nato, più armi per i rigurgiti imperialistici granderussi, più armi per rendere sempre più moderno l’esercito cinese e così via. Questa è la fase. Che significa anche meno risorse per il welfare europeo e per assicurare diritti sociali nel mondo che ne è parzialmente o totalmente privo. La linea riarmista ha potenti effetti sociali e disegna assetti economici e di potere molto diversi da quelli sognati e in parte avviati al termine della guerra fredda. Tutto questo nella sostanziale assenza o irrilevanza di processi e soggetti alternativi e di un adeguato livello di consapevolezza e di mobilitazione. Costruire un grande movimento nazionale, europeo ed internazionale contro il riarmo sembrerebbe un obiettivo realistico e capace di parlare a coscienze ed interessi molto diffusi. Lo stesso Aldo Capitini e il movimento nonviolento che ne ha coltivato l’eredità ha sempre avuto l’intelligenza di tenere fermo l’obiettivo del disarmo ma di individuare passaggi intermedi capaci di una più estesa possibilità di mobilitazione. Oggi questo obiettivo immediato potrebbe essere la lotta nella società e nelle istituzioni contro il riarmo e per uno sviluppo sociale e ambientale sostenibile. Un movimento di questa natura e di grande ampiezza può pesare sulla ricerca di una soluzione diplomatica ai conflitti in corso e in particolare a quello che si svolge nella martoriata terra d’Ucraina per effetto dell’aggressione russa. Come pensare una soluzione militare sul campo di quel conflitto, se non a inimmaginabili prezzi per il mondo e in special modo per l’Europa? Difendere con duttilità e realismo l’indipendenza ucraina lungo la via a suo tempo disegnata a Minsk non sembrerebbe un’impresa impossibile. Ma richiede una volontà politica che oggi non si vede in alcuna direzione. Ecco perché la voce, le voci, di un grande popolo della pace capace di tenere insieme profezia e realismo politico è oggi più necessaria che mai. ❑
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*L’Editoriale di Mariano Borgognoni su Rocca 05 del 1° marzo 2023
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MESSAGGIO IMPORTANTE
di Giacomo Meloni
Se siete persone che amano e vogliono la Pace, cercate di
partecipare alla MANIFESTAZIONE SABATO 25 FEBBRAIO 2023, organizzata dal Coordinamento
“Prepariamo la Pace”.
APPUNTAMENTO
ORE 9.30 Piazza Garibaldi Cagliari.
INIZIO CORTEO ORE 10
via Garibaldi, Piazza Costituzione, via Manno, con
interventi finali in Piazza Yenne a Cagliari.’
FACCIAMOCI SENTIRE:
* NO a tutte le guerre
* NO a COSTRUZIONE e INVIO ARMI sempre più potenti e distruttive delle persone e del territorio
* IMMEDIATO CESSATE IL FUOCO
* TRATTATIVE SUBITO SOTTO L’EGIDA DELL’ONU.

La CSS c’è.
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