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in giro con la lampada di aladin sul gasdotto…
Toh, chi si rivede! Il Galsi. Raffaele Deidda su SardegnaSoprattutto.
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- Il Galsi su Aladinews
#civuolecoerenza!
di Vanni Tola
“Mille nuove scuole in mille giorni”. Era l’ennesima bugia dell’ “Udinì” della politica, un uomo che alle bugie che racconta non crede neppure lui tanto che, alle volte, gli scappa un sorrisetto beffardo dopo che ha raccontato l’ennesima frottola. Durante la scorsa estate il suo governo avrebbe avviato tutti i lavori necessari per la messa in sicurezza delle scuole e a Settembre gli alunni sarebbero entrati in aule sicure, rinnovate e, perfino, belle. Non è accaduto niente, i soffitti delle aule continuano a crollare (vedi scientifico di Sassari e altre scuole). Acqua passata, perché parlarne ancora. Ora il pifferaio suona un’altra musica. L’Expo di Milano, l’anno Felix dell’Italia, e molti italiani sembrano ancora credergli mentre altri attendono che un altro Messia, l’otto marzo, scenda in campo con l’ennesimo codazzo di giocolieri, nani e ballerine per cambiare l’Italia. Dio, se ci sei… batti un colpo, anzi due.
La politica renziana della non coerenza
di Raffaele Deidda
“Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori”. L’aveva detto, con enfasi, Matteo Renzi in una trasmissione di Porta a porta del 2013, prima di diventare segretario del Pd e presidente del Consiglio. Si riferiva al vincolo di mandato escluso dall’art. 67 della Costituzione, utilizzato a piene mani dai parlamentari che passano da un partito politico all’altro. Eppure lo spirito dell’art. 67 è ben altro e va contestualizzato con la fine del fascismo.
Specificamente, l’articolo non intendeva dire che un parlamentare una volta eletto può fare quello che gli pare, ma determinava un meccanismo di sicurezza per non rendere i parlamentari dipendenti e sottomessi al leader del loro partito o al capo del Governo, in caso di “deriva” autoritaria da parte di questi.
Non é l’unica frase celebre di Renzi, forse è una delle più datate. Ve ne sono altre, più note e di grande effetto mediatico, quali: “Mai al governo senza voto” – “Mai al governo con Berlusconi” – “Enrico stai sereno”. Anche chi non segue con l’attenzione dell’osservatore le vicende italiane sa benissimo quali sviluppi abbiano avuto queste solenni dichiarazioni. Contro i “voltagabbana”, individuati in particolare in Sergio Cofferati, si sono recentemente scatenati i politici di fede renziana che hanno utilizzato i social network per lanciare durissimi proclami del tipo: “Cofferati lascia il Pd? Se è così si dimetta da parlamentare europeo, i voti che ha preso sono del Pd”, accompagnati dall’hashtag #civuolecoerenza! Per rendere più enfatici i messaggi è mancato solo il termine usato dal Comandante De Falco per sollecitare Schettino a tornare a bordo della Costa Concordia.
Accade ora che otto parlamentari di Scelta Civica abbiano deciso di passare al Pd, avendo accolto l’invito di Renzi per “un percorso e un approdo comuni”. In quel percorso e in quell’approdo non c’è spazio per le invettive e il monito “Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori!” per Renzi non vale più. Al bando questi inutili moralismi! Che invece vengono evidenziati dal sottosegretario all’Economia Zanetti: “Entrare nel Pd solo perché Renzi chiama senza nessun tipo di progetto preciso e di cambio di linea equivale a rispondere a una chiamata di potere e di volontà di mantenere lo scranno parlamentare”.
Può essere una scusante il fatto che il trasformismo è sempre esistito nella politica italiana e sono centinaia i casi di parlamentari che hanno “trasfugato”? Forse a Renzi e ai suoi sostenitori poco importa, ma chi si ostina a coltivare un’idea di politica corretta e coerente nelle idealità e nelle azioni fa fatica ad accettare l’idea che la politica intesa come arena del cinismo e dell’opportunismo non sia appannaggio solo di quel vituperato centro destra a forte caratterizzazione berlusconiana, ma anche di un partito che continua a dichiararsi di sinistra.
Fa fatica anche ad accettare il fatto che il Pd abbia respinto la richiesta di autorizzazione a procedere contro il senatore della Lega Calderoli che aveva dato dell’orango a Cecile Kyenge, facendo immaginare alla ex ministra il sussistere di vergognosi calcoli elettorali. Fanno fatica i democratici sardi, iscritti al Pd e no, ad accettare che sia stato il sardo Giuseppe Cucca, capogruppo Pd nella Giunta delle elezioni e immunità parlamentari, a dichiarare che “La Giunta delle immunità ha ritenuto che la fattispecie dell’istigazione all’odio razziale non sussistesse”.
Lo stesso Cucca, già componente del gruppo di dissidenti del Pd contrari alla nuova legge elettorale in quanto “Fatta con Belusconi anziché con il Pd e il centrosinistra”, poi coerentemente allineato nel voto a favore dell’Italicum. Si potrà forse obiettare che si tratta di questioni secondarie, insignificanti rispetto ai “veri” problemi del Paese che il Governo Renzi affronta con grande determinazione ed efficacia (?).
L’assenza di coerenza fra enunciazioni ed azioni porta però a riflettere su come Enrico Berlinguer avesse ragione nel dire a proposito dell’allora presidente del Consiglio: “La cosa che mi preoccupa in Craxi è che certe volte mi sembra che pensi soltanto al potere per il potere”. Per questo, caro Renzi, non siamo affatto sereni
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By sardegnasoprattutto/ 8 febbraio 2015/ Società & Politica/
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Riflessioni domenicali e oltre
di Antonio Dessì
1) la Russia, anche se Putin non è simpatico. Hollande ha detto che se fallisce la mediazione in corso sull’Ucraina non ci sarà alternativa alla guerra. Una dichiarazione folle. Francia e Europa non sono affatto in buone mani.
2) la Grecia, nonostante Tsypras e Varoufakis siano al picco del gradimento femminile e molti di noi rosichino meschinamente. Rilevazioni empiriche riportate da molte fonti di informazione rivelano non solo che il nuovo Governo greco sta guadagnando consensi interni anche tra quelli che non hanno votato Syriza, ma che l’opinione pubblica occidentale maggioritariamente tifa per la piccola Grecia. Qualche ragione ci sarà.
3) il Papa. Bergoglio non si esprimerà come un raffinato teologo (e non so se questo sia un bene), ma è in sintonia con un mare di persone e di popoli, quando dice che il problema della fame nel mondo nasce dall’ingiustizia economica, da una speculazione finanziaria priva di scrupoli e dalla rapina delle risorse ambientali del pianeta a vantaggio di pochi. Poi dice che uno si butta … a sinistra.
4) il Governo italiano. Tralasciamo la “pugnalata nella schiena” ai cugini greci. Come nel 1940, anche allora a seguito dei soliti Tedeschi contro la Francia ormai in ginocchio, l’Italia si è fatta di nuovo conoscere nel mondo per il caldo sostegno dato a un Paese amico in grave difficoltà. La novità è invece che ieri abbiamo scoperto di avere un ministro dell’Agricoltura il quale, tomo tomo, cacchio cacchio, ha prospettato l’introduzione nella Costituzione della Repubblica del diritto all’alimentazione. Insomma del diritto a mangiare. Eppure se il Governo si impegnasse a promuovere il diritto al lavoro e quello a una retribuzione adeguata, che in Costituzione sono solennemente scolpiti, la gran parte della gente mangerebbe a sufficienza. Detto come lo dice Martina, sembra piuttosto che si voglia formalizzare il diritto alla carità: ma anche così sarebbe molto meno del dovere di solidarietà, che parimenti in Costituzione c’è già. Un altro cazzone. Scusate il termine.
5) noi tutti, in Sardegna, o almeno buona parte di noi. Non sono mai stato per l’abolizione delle Province. Sarebbero (state) lo strumento decisivo per far dimagrire l’elefantiasi burocratica della Regione, trasferendo molte funzioni amministrative e gestionali a un livello intermedio congruo. Eliminarle è del tutto conforme a un obiettivo centralistico e all’inesausta bulimia del ceto politico e burocratico regionale. (Intanto a Roma si pensa di fare altrettanto con le Regioni: altro tipo di bulimia, stavolta neo-ministerialista). Tuttavia, ora che la fesseria è fatta, non condivido neppure tutta la resistenza dei politici e degli amministratori locali alla prospettiva della gestione associata intercomunale di molti servizi. Non c’è ragione alcuna per non costruire e promuovere un processo che non sarebbe solo di collaborazione tra istituzioni, ma anche di solidarietà consapevole e di senso civico diffuso tra comunità limitrofe, molto più avanzato dello sbando attuale in cui si versa sotto tanti campanili.
6) il grigio ragionierismo della Regione, ma anche le giaculatorie ipocrite e strumentali. In una situazione di calo demografico e di spopolamento, assicurare organizzativamente un adeguato livello di istruzione alle nuove generazioni resta la priorità delle priorità e non si può farlo difendendo l’esistenza in ogni paese di scuole ridotte a poche pluriclassi. Ignorare questa priorità evocando la felicità dei tempi passati è un esercizio retorico poco convincente. Strumentalizzare le resistenze a scopi politici non è solo meschino: è criminale. Anche per questo servizio di straordinaria essenzialità vale la pena di pensare a forme organizzative associate e alla condivisione di responsabilità fra comunità vicine. Non c’è proprio alcuna perdita nel frequentare le scuole insieme a compagni di paesi confinanti, tra i quali le affinità, come anche le differenze, sono una ricchezza da condividere, che può compensare ampiamente qualche sacrificio materiale in termini di mobilità. Certo, operazioni di questa portata richiederebbero modalità di coinvolgimento e persino di comunicazione tali da dar loro quell’anima di consapevolezza epocale che dovrebbe accompagnarle. Nascono invece morte, se vissute come conseguenza di un’impotenza progettuale, rivestita appena da ragionamenti finanziari dei quali, onestamente, siamo arcistufi e sui quali non immotivatamente siamo diffidenti.
7) Chiudo. E passo.
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da fb
La Sardegna ha bisogno di buoni giuristi, di umanisti, di scienziati e di validi economisti nelle Università, per la trasmissione di saperi indispensabili alle future classi dirigenti. Altrettanto bisogno ha oggi, però, di una classe dirigente che oltre le conclamate competenze possa vantare una reale capacità di rappresentanza delle esigenze e degli interessi dei sardi
La memoria non è sempre corta
di Raffaele Deidda*
Solo alcuni, per la nota caratteristica che contraddistingue i portatori più o meno sani di memoria corta, ricorderanno lo svarione in cui incorse Ketty Corona, l’ex assessore degli Affari Generali della Giunta Cappellacci, quando sostenne pubblicamente con convinzione che L’Ente Foreste della Sardegna fosse composto da “personale dello Stato”. Ignara del fatto che la Regione ha competenza primaria in materia di foreste e che, quindi, il Corpo Forestale regionale dipende dalla Regione e non dallo Stato. D’altronde la signora in questione era “solo” l’assessore degli Affari Generali, Personale e della Riforma della Regione! Perché mai avrebbe dovuto saperlo?
L’amarcord per riferire della richiesta di dimissioni del ministro della Difesa Roberta Pinotti da parte di Ugo Cappellacci. Il contesto è l’incendio che ha distrutto ben 32 ettari di macchia mediterranea a Capo Frasca, causato dalle esercitazioni militari in corso e in particolare, a detta del Corpo Forestale (Regionale), dalle scintille provocate dall’impatto sul terreno di un colpo inerte lanciato sul terreno durante le esercitazioni. La motivazione della richiesta di Cappellacci? L’incapacità del ministro a capire “che le servitù devono essere radicalmente ridimensionate e che le decisioni devono essere prese con chi rappresenta il territorio”. Con la conclusione: “La Pinotti ora tolga il disturbo e lasci spazio a persone più competenti e più inclini al dialogo”.
Ora, a prescindere dalla fondatezza della richiesta di Cappellacci, risulta a qualcuno che l’ex governatore avesse chiesto le dimissioni dell’ex assessore degli Affari regionali, Personale e Riforma per “togliere il disturbo e lasciare spazio a persone più competenti”? Sorge il sospetto che anche l’Aeronautica Militare abbia pensato che il Corpo Forestale fosse composto da “personale dello stato”. In quanto tale, tenuto a supportare le azioni di guerra simulata in Sardegna anche dai Paesi Nato. Sospetto non peregrino se, facendo ricorso alla memoria, ci si ricorda che l’ex ministro dell’agricoltura Zaia, dovendo venire in Sardegna per un tour elettorale con Cappellacci, aveva richiesto al Corpo forestale autovetture ed autisti per se stesso e per tutto il suo seguito. Richiesta gentilmente respinta dalla Regione con l’invito a servirsi di taxi o di altri mezzi privati. Non risulta che Cappellacci avesse chiesto, in quell’occasione, le dimissioni del ministro Zaia. Ma tant’è.
Mentre è difficile ritenere che Cappellacci abbia credibilità, non poche perplessità desta l’autorevolezza dell’attuale Giunta in relazione, particolarmente, alla vicenda delle bombe di Capo Frasca. Per quanto inerti, capaci di distruggere 32 ettari di territorio sardo. Anche perché in questo caso la memoria è meno corta, essendo il ricordo della seppur breve campagna elettorale di Francesco Pigliaru molto presente. Difficile dimenticare espressioni del tipo: “Chiusura di Capo Frasca e Capo Teulada e specializzazione del Poligono del Salto di Quirra” e anche: “Lo Stato paghi per intero il costo delle bonifiche”, a fronte di 32 ettari di territorio sardo in fumo e con l’assimilazione dei poligoni militari alle aree con destinazione industriale.
“Inaccettable”, “inconcepibile”, attivazione di “interlocuzioni forti” col Governo, le dichiarazioni della Giunta regionale. Sono queste le “dure” reazioni che i sardi si attendono dai propri rappresentanti voluti come alternativa al “pronismo” di Cappellacci ai beceri governi di centrodestra? Basta ai sardi la solenne dichiarazione di Pigliaru che tra le richieste al ministro della Difesa “c’è quella di prolungare il blocco delle esercitazioni, anticipando l’inizio al primo giugno e posticipando la conclusione al 30 settembre”? Poi, bombe o non bombe, ritiene la giunta Regionale, insieme agli alleati “sovranisti”, di dover ossequiosamente ottemperare all’accordo col Governo in cui la Regione “si impegna a ritirare entro il 16 settembre 2014 tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni” a fronte delle macroscopiche (e violente) violazioni operate dallo Stato stesso?
Sicuramente la Sardegna ha bisogno di buoni giuristi, di umanisti, di scienziati e di validi economisti nelle Università, per la trasmissione di saperi indispensabili alle future classi dirigenti. Altrettanto bisogno ha oggi, però, di una classe dirigente che oltre le conclamate competenze possa vantare una reale capacità di rappresentanza delle esigenze e degli interessi dei sardi.
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* By sardegnasoprattutto / 7 settembre 2014 / Società & Politica /
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Il silenzio della Regione
di Nicolò Migheli*
Non è il momento diranno i realisti e i cinici. In pochi mesi è cambiato tutto. In Ucraina si combatte, la Nato ha ritrovato il suo antico avversario e la Russia rinata aspira allo spazio geopolitico che considera suo fin dai tempi dell’impero zarista. In Medio Oriente è comparso l’Isil o Isis che l’analista Shiraz Maher definisce “La forza d’invasione più aggressiva che si sia vista in questa regione dai tempi dei mongoli”. Una formazione terroristica che amministra un territorio abitato da circa nove milioni di persone, con pozzi petroliferi che garantiscono un flusso di dollari per finanziare la guerra.
Un gruppo terroristico costituitosi in Stato che può contare su una solida organizzazione militare comandata dagli ex ufficiali baathisti di Saddam Hussein. Per il forte richiamo che l’Isis ha sui giovani occidentali di religione islamica essa rappresenta un grave pericolo per le nostre società. L’Italia dando armi ai curdi secondo la rivista on-line Analisi Difesa, è in uno stato oggettivo di guerra con i radicali islamici. Improvvisamente una alleanza decotta come la Nato ritrova il suo senso fondante: la difesa degli stati membri. In questi giorni in Galles il Patto Atlantico prenderà decisioni che riguardano la vita di tutti noi.
Oggi (4 settembre) a “Tutta la città ne parla” su Radio 3, si è trattato delle contestate servitù militari sarde e per molti ascoltatori è stata una novità, sanno tutto dei No Tav e nulla della loro terra di vacanze. Il conduttore ricordava il grande disagio che vive la Sardegna a causa di quelle esercitazioni. Sono intervenuti, Bustiano Cumpostu, Michele Piras, il generale della riserva Campolin, il sottosegretario alla difesa Domenico Rossi, i ricercatori Sergio Finardi di Trans Arms di Chicago e Francesco Vignarca dell’Istituto Affari Internazionali. Seguire quella trasmissione è stato istruttivo sia per noi sardi che conosciamo il problema sia per gli altri ascoltatori che hanno scoperto come il nostro territorio sia sottoposto a limitazioni e costi ambientali insopportabili.
Per la prima volta la Rai ha rivelato ai più che esistono due diversi interessi nazionali. Il primo ben descritto da Campolin, che minimizzando sugli impatti, “il traffico automobilistico produce più micropolveri delle esercitazioni”, ha spiegato bene il perché della scelta della Sardegna. Un territorio senza grandi città, a bassa densità abitativa, luoghi “vuoti” che ben si prestano per le attività militari simulate. Che poi tutto questo entri in conflitto con il nostro interesse nazionale dei sardi, con il diritto di avere un luogo pulito, di non morire di malattie indotte da quei veleni pare non interessi alla retorica negazionista della lobby militar-industriale e neanche al governo italiano.
I Sardi godono dei vantaggi della difesa comune? Che ne paghino il prezzo, e che diamine! La nostra terra non solo luogo di esercitazioni, ma anche di operazioni coperte. Finardi per conto dell’Onu ha seguito le vicende delle armi ex sovietiche sequestrate a Taranto, di cui una parte dovranno essere date ai curdi. Secondo lui sono scomparse 1000 tonnellate di fucili e missili anticarro, armi che dovrebbero essere state consegnate ai ribelli libici anti Gheddafi, probabilmente però finite in Siria agli oppositori di Assad. A questo punto nessuno può escludere che siano in mano allo Stato Islamico e che le usi per massacrare cristiani, yazidi, curdi, sciti e i mussulmani sunniti contrari alla loro visione oscurantista.
La Sardegna è diventata la terra che non vogliamo. Altri fanno e dispongono, spesso con la nostra complicità. In trasmissione non vi era nessun rappresentate del governo regionale. Probabilmente non invitato. Ne ha fatto le veci il sottosegretario Rossi che ha detto della mancata firma dell’intesa Stato-Regione e ha annunciato il solito tavolo di trattativa. È vero che le amministrazioni parlano con gli atti, poiché però questo è un tempo in cui la presenza dei politici sui media è costante, il silenzio della Regione si fa notare. Da quando il Ministero della Difesa ha annunciato le nuove esercitazioni, nessuno ha detto nulla. Eppure da più parti si chiede una presa di posizione, un tweet che dica cosa si pensa.
Il 13 a Capo Frasca ci sarà una manifestazione dei cittadini sardi contro l’ennesimo sopruso. Presidente Pigliaru, convochi lì la giunta, raccolga il disagio dei Sardi e dica a Roma che così non si può continuare. Lo faccia con un atto spettacolare, le saremo grati.
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* By sardegnasoprattutto / 4 settembre 2014 / Società & Politica /
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Prima illustrazione: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del buono e cattivo governo . (particolare buon governo). Ultima illustrazione: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del buono e cattivo governo . (particolare cattivo governo).
It’s the economy, stupid
di Raffaele Deidda*
Anno 1992. James Carville, lo stratega elettorale del partito democratico americano, lanciò lo slogan della vittoriosa campagna presidenziale di Bill Clinton contro George Bush padre: “It’s the economy, stupid”. Il senso era che solo i numeri sulla crescita e sull’occupazione avrebbero determinato l’esito delle elezioni. Con l’economia Usa in grave crisi e la disoccupazione a livelli elevatissimi, l’allora giovane governatore dell’Arkansas combinò le sue capacità oratorie con l’intuizione di Carville. Sconfisse George Bush padre e conquistò la Casa Bianca.
Anno 2014. “Un lungo viaggio nella Sardegna che vuole ripartire“. Slogan della giornata conclusiva della campagna elettorale dell’economista Francesco Pigliaru, candidato governatore del centrosinistra che, partito da Cagliari, attraversò l’isola in pullman, fino a Olbia. Fece molte soste per mostrare una Sardegna ferma per cinque anni e che sarebbe potuta finalmente ripartire con azioni concrete e buona amministrazione. Si era presentato al popolo del centrosinistra con lo slogan: “Cominciamo da domani” dopo cinque anni di disastri nei trasporti, strade, occupazione e in tutti i settori economici. Pigliaru sconfisse Ugo Cappellacci col 42,4% dei voti, contro il 39,6 dell’avversario.
Perché confrontare il moscerino Sardegna e il gigante USA? Perché il tema delle campagne elettorali di Clinton e di Pigliaru è stato lo stesso: l’economia. Clinton ha lasciato la carica con il più alto indice di gradimento mai ottenuto da un presidente dopo la seconda guerra mondiale. Di lui si ricorderà la riforma del welfare e lo “State Children’s Health Insurance Program”, che ha fornito assistenza sanitaria a milioni di bambini. Durante il suo mandato gli Stati Uniti hanno vissuto uno dei più lunghi periodi di pace e prosperità economica.
Francesco Pigliaru ha incentrato il suo programma su lavoro, valorizzazione di competenze e persone, società inclusiva, ambiente sostenibile, collegamenti efficienti, istituzioni di alta qualità. Temi riconducibili tutti all’economia e peculiari di un PD moderno. Premessa per annoverarlo, in caso di successo, fra i migliori presidenti della Regione. La sentenza sulla “vera gloria” sarà a fine legislatura ma qualche considerazione, dopo sei mesi di governo Pigliaru, è azzardabile partendo dai punti programmatici.
Lavoro? Non è colpa di Pigliaru se non c’è. A causa della crisi globale manca in gran parte del mondo e in Italia in particolare. Molto di più in Sardegna, ma questo non deve far desistere dal perseguire ogni occasione per crearlo. Quando il presidente parla però di valorizzazione delle competenze, si riferisce alla sistemazione nelle strutture politico-amministrative della Regione delle persone che provengono dall’apparato dei partiti della sua maggioranza? A prescindere dal requisito della competenza – concetto soggettivo, per carità!- che come un mantra ha risuonato nel corso della campagna elettorale.
Società inclusiva? Cosa s’intende? Quella basata sul rispetto reciproco e sulla solidarietà, che garantisce pari opportunità e un tenore di vita dignitoso per tutti e considera la diversità come un elemento di forza e non di divisione? Se di questo si tratta va bene, è la visione europea. Cosa ha fatto, finora, la giunta regionale in questa direzione?
Ambiente sostenibile? Cosa significa? Ci si augura non sia, aldilà degli slogans ad uso della pubblica opinione, l’adeguarsi alle decisioni del Governo centrale sui poligoni militari che in Sardegna occupano ben 5mila ettari, il 60% dell’intero Paese, assimilati alle aree industriali.
Collegamenti efficienti? Quelli definiti dagli assessori del turismo e dei trasporti, già consulente di Cappellacci, efficienti ed economici? Quelli che pochi mesi prima, col centrodestra al governo della Regione, erano per il centrosinistra inadeguati, cari, inefficienti?
Istituzioni di alta qualità? Se il riferimento è alla giunta regionale, in cui sono presenti sette professori universitari ordinari e cinque laureati, la qualità dell’istruzione è sicuramente alta. E’ altrettanto alta l’efficienza e l’efficacia della loro azione politico-amministrativa? Come già detto, la sentenza non potrà che essere postuma. Non sarà però necessario aspettare la fine della legislatura per valutare la fragilità delle politiche messe in campo per il rilancio dell’economia sarda malgrado la “folla” dei laureati in giunta. Gli effetti promessi ed attesi, specie quelli sulla crescita e sull’occupazione, non si vedono. Non si vedono inoltre visione e chiarezza, quelle in grado di riconfermare la validità di una squadra e di una coalizione di governo di cui la Sardegna ha necessità. Buon Ferragosto di riflessione .
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* By sardegnasoprattutto / 13 agosto 2014 / Economia & Lavoro
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Sullo stesso argomento: Aladinpensiero del 13 luglio 2014 “aurea merdiocritas”- E il lavoro?
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E’ in discussione l’autonomia, altro che sovranismo!
Si legge che la Commissione Autonomia e ordinamento regionale del Consiglio regionale della Sardegna vigilerà sulla proposta di riforma del Titolo V della Costituzione all’esame del Parlamento per scongiurare lo svuotamento dell’autonomia sarda. Alcuni emendamenti, concordati in sede di Conferenza Stato-Regioni, modificano il primo testo di riforma preso in esame dalla Commissione Affari costituzionali del Senato che prevedeva l’eliminazione delle Regioni a Statuto speciale.
Sarebbe stato costituito l’Osservatorio Sardo Riforme Istituzionali con l’obiettivo di “monitorare costantemente quanto accade nel Parlamento italiano, nel Consiglio regionale della Sardegna ed all’interno della società sarda, al fine sia di contrastare il pericolo della perdita della specialità sarda e dello svuotamento del nostro statuto autonomistico e sia di promuovere tutti quegli elementi che costruiscano una Sardegna del futuro più libera, giusta e solidale”. All’Osservatorio aderiscono cittadini, parlamentari, consiglieri regionali, operatori sociali e culturali, associazioni e gruppi.
Il (momentaneo?) salvataggio dell’autonomia, attribuita alla Regione Sardegna nel 1947, si deve ad un gruppo di senatori non sardi (Zeller, Laniece, Berger, Palermo, Fravezzi e Panizza) che sono riusciti a far inserire in sede di Commissione Affari Costituzionali del Senato la dicitura “13. Le disposizioni di cui al Capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”.
Questo si legge e fatalmente ci s’interroga: Ma come, siamo chiamati a difendere l’autonomia della Regione quando eravamo già “oltre”, quando i partiti al governo della Sardegna (alcuni di lotta e di governo, così da non essere coinvolti troppo nelle scelte impopolari) parlavano di “sovranismo” per l’isola? Di quell’idea, cioè, che va oltre l’autonomia, di quel concetto di autogoverno che dev’essere riconosciuto ai sardi in virtù delle loro peculiarità storiche, culturali, economiche e geografiche.
Ci s’interroga ancora sull’anomalia del doversi difendere dal governo “amico”, a capo del quale c’è un giovane premier nonché segretario nazionale del più grande partito italiano. Lo stesso che ha tirato la volata al presidente della Giunta Regionale, “renziano della prima ora”, e che ha risolto con generosità i problemi del Pd sardo conseguenti alla candidatura di Francesco Pigliaru. Ci stiamo difendendo dal Governo Renzi? Renzi che, ricordava il sindaco di Sedilo Umberto Cocco, in materia di edilizia scolastica si è distinto nel prendere in giro sindaci, insegnanti, genitori e ragazzi? Lo stesso che, ora invita i parlamentari del Pd ad andare in agosto nelle località di vacanza a incontrare i cittadini, e le famiglie sul tema chiave della scuola. Mah, potenza della surreale comunicazione disinvolta!
”L’autonomia é un valore costituzionalmente irrinunciabile, un principio riconosciuto da tutti che non può essere messo in discussione” afferma l’assessore regionale agli Affari Generali e su questo principio non si può certo dissentire. Perché, allora, il presidente del Consiglio nonché segretario nazionale del Pd non solo dissente ma cerca, se può, di “fregare” l’autonomia alla Sardegna? Ma i dirigenti e politici del Pd sardo non sono ormai tutti di fede renziana e ripongono il loro destino nel giovane premier già “rottamatore”? Il quale vorrebbe rottamare quella vecchia “cosa” che risale al 1947, facendo cessare le ragioni costituzionali della Regione a Statuto Speciale. In cambio di che? Di un centralismo statale con potere di controllo su ambiente, territorio, energia e infrastrutture?
S’impone uno scatto di autorevolezza e di orgoglio della classe politica sarda e non sono sufficienti espressioni come quella emersa dalla direzione regionale del Pd: “La proposta del Governo rischia d’intaccare il patrimonio di democrazia autonomistica inciso nello Statuto sardo e nelle norme di attuazione”. Non è neppure concepibile che nel gruppo dei senatori che hanno (momentaneamente?) salvato l’autonomia della Sardegna per salvare l’autonomia delle province autonome di Trento e Bolzano non ci fosse neanche un sardo.
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* Raffaele Deidda su SardegnaSoprattutto
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Aurea mediocritas: così come la intendeva Orazio, cioè nel suo significato nobile di “giusta moderazione ed equilibrio, per il quale conviene appagarsi serenamente di quanto ci offre la vita comune, evitando ogni ambizione eccessiva”. E’, a nostro avviso, una onesta definizione che ben si attaglia alla Giunta di Francesco Pigliaru. Ma oggi noi sardi e la Sardegna abbiamo bisogno di molto di più! Ce la può fare questo governo regionale a perseguire obbiettivi più ambizioni? Questo è l’interrogativo di oggi. Abbiamo poco tempo per rispondere.
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Rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro
di Franco Meloni
“Il nostro Dio è Dio delle sorprese: ogni giorno ce ne fa una. Dio è così, Dio rompe gli schemi: se non rompiamo gli schemi, non andremo mai avanti. Perché Dio ci spinge a questo, a essere creativi verso il futuro”.
Questa bella frase che papa Francesco ha detto sabato nella sua visita in Molise, anche se vogliamo leggerla in una versione laica, indica la strada che oggi dobbiamo percorrere in tutti i contesti. Limitiamoci alla Sardegna per dire che l’attuale situazione di crisi drammatica non può essere superata con i consueti strumenti, sia pure utilizzati nel modo più efficiente e razionale possibile. E’ quanto ci sembra stia facendo l’attuale governo regionale. Non basta, anzi potrebbe essere tutto inutile. Sì, perché si tratta di rispondere a problemi che hanno una enorme e straordinaria rilevanza. Ci riferiamo innanzitutto alla crisi demografica, cioè al fatto che i nuovi nati a cui aggiungere i nuovi arrivi non riescono complessivamente a superare i morti sommati a coloro che emigrano. Le conseguenze cominciano a mostrarsi con il progressivo abbandono dell’agricoltura (non compensato dal significativo interesse di molti giovani al settore) e la prevedibile chiusura di alcuni comuni sardi per mancanza di abitanti. Una situazione che può essere contrastata solo attuando una innovativa politica di accoglienza, che sappia integrare nuovi emigranti, in massima parte giovani, con le popolazioni, dando ad essi abitazioni e lavoro, in modo particolare nel settore agricolo. E’ quanto sostenuto da tempo da valenti studiosi, per citarne uno tra essi, il prof. Giuseppe Pulina, dell’Università di Sassari. La proposta è stata recentenente ripresa dal prof. Andrea Saba (anch’egli illustre docente, ora in pensione, di Economia Industriale alla “Sapienza” di Roma, allievo di Paolo Sylos Labini), in un intervento su La Nuova Sardegna. Ci rendiamo conto che non sono cose di poco conto, ma appunto perché difficili e complesse vanno affrontate con tempestività e con capacità politica e organizzativa. Si tratta di costruire piani di grandi dimensioni e complessità che devono coinvolgere molti soggetti pubblici e privati. Parlando delle istituzioni questa è senza dubbio la maggiore criticità: far lavorare insieme, in modo coordinato, più amministrazioni. Le risorse esistono, anche se vanno organizzate in relazione a programmi ben strutturati. Sono prevalentemente fondi europei, a cui si aggiungono i cofinanziamenti statali e regionali, e, auspicabilmente, anche privati.
Riuscirà l’attuale governo regionale a proporre programmi di così grande dimensione, con tutto l’azzardo che necessariamente ciò comporta? Sospendiamo il giudizio in attesa di notizie al riguardo, ovviamente in tempi brevi.
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Approfondimenti su Aladinews e dintorni
- Demografia e sviluppo nel prossimo futuro. La Sardegna senza Sardi? Drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo? Di Vanni Tola (https://www.aladinpensiero.it/?p=19142#more-19142)
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- Economia e immigrati. Far rinascere i paesi fantasma con l’agricoltura plurietnica. Si potrebbe ottenere allo stesso tempo il recupero dei campi e quello demografico, necessario una specifico progetto regionale. Gli esempi da seguire. Di Andrea Saba.
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- 13 marzo 2015 Aladinews. Intervista a Giuseppe Pulina, a cura di Franco Meloni. L’EUROPA 2020 E LE PROSPETTIVE DELL’AGRICOLTURA SARDA – Sala Conferenze Banco di Sardegna, Cagliari (a cura di www.aservicestudio.com)
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- Riflessioni sul convegno Caritas-Migrantes di presentazione del dossier immigrazione 2012. Cosa fare in (e per la) Sardegna? Di Franco Meloni
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- Barbagia a rischio estinzione. Giuseppe Pulina: «La soluzione? Accogliere quindicimila coppie di immigrati».
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- Per i 150 della Camera di Commercio. Di Franco Meloni (https://www.aladinpensiero.it/?p=1158)
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- Dibattito: rompere gli schemi e azzardare perché la Sardegna abbia futuro. Ecco come la pensa Nicolò Migheli.
in giro nella rete con la lampada di aladin…
Sardegna laboratorio di una nuova fase politica- Giommaria Bellu su SardiniaPost ripreso da Aladinpensiero Blog
- Repetita iuvant di Raffaele Deidda, su SardegnaSoprattutto