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Sardegna: sovrana o cenerentola?

4mori Liciaape-innovativadi Franco Meloni *

Non sappiamo quanto la missione a Bruxelles del presidente Pigliaru e dell’assessore Paci porti a casa benefici consistenti per la Sardegna. Al di la degli aspetti di cortesia istituzionale nel presentare all’Unione Europea i volti e le personalità dei nuovi amministratori regionali, si trattava 1) di difendere le residue risorse della programmazione 2007-2013 (circa 450 milioni di euro, che in parte rischiamo di perdere); 2) di mettere le basi perché i 5 miliardi della nuova programmazione 2014-2020 possano essere spesi con efficienza ed efficacia: cosa che dipende in massima parte dalla capacità politica e organizzativa della Regione e delle altre entità coinvolte; 3) si trattava infine di capire se ci sono margini perché l’Europa disponga per la Sardegna di ulteriori risorse legate alla condizione di insularità, che richiede interventi di riequilibrio soprattutto con riferimento ai trasporti e all’energia. Nei prossimi giorni, dalle dichiarazioni di Pigliaru e di Paci, che renderanno loro sponte dove e quando vorranno ma, naturalmente, come ovvio e quanto prima, al Consiglio regionale, capiremo di più. In un recente editoriale, che riprendeva una nostra lettura delle dichiarazioni programmatiche, ci siamo chiesti se Pigliaru fosse in grado di superare il deficit di sardità e di europeismo che a nostro avviso le connotavano negativamente. Vedremo. Certo è che le dichiarazioni a caldo del presidente sembrano superare di slancio le citate ristrettezze/povertà di impostazione politica. Vogliamo riprendere i concetti chiaramente espressi da Pigliaru così come riportati nel sito web della Regione: “Sono tanti i temi in campo. Noi abbiamo la necessità e l’esigenza di guardare alla Sardegna non solo come a una regione italiana, ma soprattutto come a una regione europea. La specialità storica, geografica e istituzionale della nostra Isola si inserisce oggi in un nuovo quadro di relazioni istituzionali. Si pensi al fatto che la Sardegna è regione europea di frontiera e di confine con la sponda nord del Mediterraneo e tutto ciò che questo implica. Le politiche regionali europee hanno un senso solo se nascono dal basso: il CdR [Comitato delle Regioni] e la Regione Sardegna al suo interno, dovranno monitorare e indirizzare le scelte strategiche di coesione dentro l’Unione Europea. Per noi coesione significa appunto concentrarsi sul Mediterraneo e sulle problematiche collegate (…) Sul tema dell’insularità e dell’importanza del fare rete, nell’ambito delle relazioni istituzionali vogliamo ulteriormente consolidare gli ottimi rapporti già esistenti con le altre isole del Mediterraneo. Ci troviamo ad affrontare molte problematiche comuni, dai trasporti all’energia sino allo sviluppo economico legato al turismo. Incontrarci e dialogare significa avviare un confronto costruttivo che può aiutare ognuno di noi ad individuare le soluzioni”. Sottoscriviamo e contemporaneamente ci chiediamo quanto questi intenti corrispondano a una piattaforma politico-programmatica, chiara e sufficientemente condivisa e quanto gli obbiettivi annunciati abbiano davvero gambe perché non rimangano solo parole. Cioè perché si traducano in concrete realizzazioni. Abbiamo molte ragioni di preoccuparci del fatto che la coalizione al governo della Regione sia allo stato priva di una adeguata piattaforma politico-programmatica, sorretta dal massimo consenso dei sardi. Anche dal punto di vista organizzativo la Regione è drammaticamente carente e inadeguata, tanto da non consentire a Pigliaru di affidarsi al famoso concetto attribuito a De Gaulle “l’intendenza seguirà”. Abbiamo spesso osservato come dietro Cappellacci e le sue iniziative, più o meno condivisibili, c’era comunque il vuoto. Tanto per fare un esempio nessuno o pochissimi sapevano che la Regione Sardegna partecipasse all’euroregione delle isole mediterranee (Gect Archimed) e che lo stesso presidente della Regione (prima Cappellacci e ora Pigliaru) ne sia addirittura il presidente pro tempore. E’ solo un esempio di inefficienza e di incapacità, purtroppo molto generalizzato nelle nostre Amministrazioni (basterebbe citare i famosi protocolli-gazzosa). Si potrebbe affermare: “Per fare così le cose è meglio non farle”, ma, ovviamente, l’alternativa è farle bene.
Sì, d’accordo, come abbiamo detto, il problema è innanzitutto politico, ma di pari passo vanno le questioni di organizzazione. Al riguardo, non vorremmo che la storia si ripetesse e cioè che dietro le condivisibili dichiarazioni di Pigliaru ci sia in realtà il vuoto, l’incapacità di realizzare concretamente gli obbiettivi, così come fu per Cappellacci.
Infine in cauda venenum, ma non troppo. Pigliaru e i suoi assessori sono senz’altro da classificare come “intellettuali”. Circostanza del tutto positiva, salvo attribuire agli intellettuali una definizione non proprio lusinghiera, almeno per gli intellettuali in politica: “gli intellettuali sono coloro che credono di aver fatto le cose solamente perché le hanno dette. E chi se e frega delle effettive, concrete realizzazioni…”. Speriamo che così non succeda. Vedremo nel tempo che segue, nella consapevolezza (che tutti dovremmo avere) secondo cui il tempo che ci è concesso per salvare la Sardegna è proprio breve.
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Nel riquadro creazione artistica di Licia Lisei
bandiera SardegnaEuropa
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