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Agricoltura e agroalimentare: migliorare la progettualità per evitare che la Sardegna resti fuori o ai margini dei processi di sviluppo in atto
Intervista prof. Pier Paolo Roggero°
di Vanni Tola
A margine del Convegno sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari, svoltosi nel Parco Tecnologico di Porto Conte, abbiamo intervistato il prof. Pier Paolo Roggero, direttore del Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari. Intendevamo comprendere se, e in quale misura, il problema della desertificazione dei suoli e il decremento della popolazione nell’isola potessero rappresentare un ostacolo per lo sviluppo delle produzioni agroalimentari.
Aladin – Il fenomeno della desertificazione dei suoli e dello spopolamento della Sardegna potrebbe limitare o vanificare i progetti per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari presentati durante il Convegno?
Roggero – Vediamo le cose non solo in termini negativi, ci sono in agricoltura tante potenzialità sulle quali è opportuno investire. Quando parliamo di desertificazione esprimiamo un concetto molto ampio che riguarda il degrado del suolo, ma anche quello legato a cambiamenti climatici e quello determinato da un utilizzo sconsiderato del territorio. In Sardegna registriamo delle situazioni paradossali. Abbiamo dei suoli ottimi che sono stati inquinati da attività industriali (petrolchimica in particolare) e dalle basi militari, e, nonostante quanto si afferma sulle nostre campagne, la superficie regionale inquinata più ampia d’Italia. Anche questa è desertificazione. E’ chiaro che in questi territori non si potrà praticare l’attività agroalimentare, si dovrà fare qualcosa di altro. Sarà necessario bonificarli per quanto è possibile e nel frattempo utilizzarli comunque, per produzioni non alimentari. Potrebbero essere utilizzati per le coltivazioni di biomasse da impiegare nella produzione di energia o di biomateriali. E questo è un aspetto. Abbiamo, però anche la fortuna di avere ampi territori che, a differenza di quanto accade nel resto d’Italia o in molte aree d’Europa, sono rimasti intatti dal punto di vista della fertilità potenziale. Mi riferisco in particolare ai pascoli dei quali, fino a qualche anno fa, si è parlato in termini esageratamente catastrofistici. Si parlava di sovraccarico di bestiame, di degrado associato al pascolo. In realtà è esattamente il contrario. Oggi si preferisce affermare che se non avessimo i pascoli bisognerebbe inventarli. Il fatto che ci sia un’utilizzazione pastorale dei suoli garantisce il presidio del territorio, previene o limita i disastri ambientali, produce prodotti zootecnici oltre che biodiversità. - segue -