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NON LASCIAMO SOLO FRANCESCO
“E pregate per me”. Con questa invocazione papa Francesco ha chiuso alcuni suoi discorsi di questa giornata. Come dire anche “Non lasciatemi solo”. Nel momento in cui tutti chiedono a lui conforto e sostegno e, quanti credono, preghiere, che lui generosamente assicura, chiede di essere ricambiato. Ne ha necessità Francesco per sostenere l’immane compito che gli è stato affidato – dallo Spirito o dagli uomini non fa differenza – di guidare la Chiesa e di dare al mondo intero prospettive di progresso in questa critica fase storica. Che richiederebbe scelte coraggiose, partendo dalla constatazione che occorre cambiare i modelli di sviluppo ormai inadeguati. Cosa che si può fare solo cambiando mentalità. I cinesi, ha ricordato il papa parlando al mondo della cultura, compongono la parola crisi con due caratteri, dei quali uno significa pericolo e l’altro opportunità. Dobbiamo superare la crisi utilizzandola per cambiare i sistemi, per farlo occorre un cambio culturale, che sa di rivoluzione! Ecco cosa precisamente sostiene il papa: “Vorrei condividere con voi tre punti semplici ma decisivi. Il primo: rimettere al centro la persona e il lavoro. La crisi economica ha una dimensione europea e globale; ma la crisi non è solo economica, è anche etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune, sia da parte di singoli che di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene comune”.
Mica facile. Eppure è la strada giusta, che richiede uno sforzo immane. I due terzi dell’umanità e in generale i poveri della terra non accetteranno per molto tempo ancora di essere vittime di un sistema economico globale e globalizzante sempre più ingiusto. Purtroppo non ci sono leader disposti a sostenere questo mutamento epocale con la necessaria credibilità. Papa Francesco invece sì: ha senza dubbio le caratteristiche e capacità necessarie, ma non può da solo assolvere a un compito che per grande parte appartiene ad altri, ai politici innanzitutto. La Chiesa indica strade da percorrere eticamente, ma non può e non deve sostituirsi (se non per brevi tratti) al potere politico, a cui compete la funzione di governo delle comunità.
Mentre emerge in maniera netta questa ineludibile necessità di forte cambiamento, di cui papa Francesco è credibile portatore, si evidenzia la crescente inadeguatezza dell’attuale classe politica a tutti i livelli e in tutte le latitudini. Eppure le energie per cambiare ci sono e risiedono proprio in quelle donne e in quegli uomini, appartenenti sopratutto alle giovani generazioni, oggi in grande misura esclusi dal potere di governo dell’economia e delle istituzioni.
Come ci esorta Francesco, non ci resta che credere e impegnarci nel cambiamento non lasciandoci rubare la speranza.
Riprenderemo questo discorso…
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< “Scusi Papa, possiamo fare una foto con lei?”. Francesco a Cagliari in sedici immagini (e due riflessioni)
di Vito Biolchini
Le foto sono disponibili nel sito di Vito Biolchini http://www.vitobiolchini.it
by vitobiolchini
Sì, papa Francesco è proprio così come sembra: è un uomo normale. Oggi ho incrociato il suo sguardo. L’ho visto ridere, pregare, scherzare, pensare, ragionare. L’ho visto con i teologi e con i malati, con i potenti e con i ragazzi. L’ho visto condividere con migliaia di persone un entusiasmo che poteva essere tutto per lui ma che invece questo prete diventato incredibilmente papa ha restituito alla folla, umilmente.
A Cagliari Francesco ha invitato alla lotta contro un sistema economico sbagliato, ha esortato tutti a non lasciarsi travolgere dallo scoramento, ha spiegato che il coraggio non è un concetto vuoto ma pratico, vivo, concreto. Ha dato una bellissima immagine della solidarietà, “come il soffio che ravviva la brace”. Ha dimostrato che la vita si può cambiare e che nulla può essere subìto passivamente.
Il papa che sta mettendo il Vangelo davanti alla dottrina ci spinge a mettere l’uomo davanti a qualunque altra logica, prima di tutto a quella del denaro.
Col tempo capiremo meglio quali messaggi lanciati nel corso della sua visita a Cagliari rimarranno più a lungo nei nostri cuori e nelle nostre menti. Ora resta solo l’emozione di una giornata straordinaria. Per questo voglio condividere con voi alcune immagini che ho scattato col mio Iphone all’interno della basilica di Bonaria e poi durante la visita in facoltà teologica.
Tornando a casa dopo una giornata così intensa ho pensato anche che se non fosse morto dopo soli 33 giorni di pontificato, papa Luciani avrebbe avuto sulla società italiana e sulla chiesa lo stesso impatto che sta avendo oggi Francesco. Trentacinque anni dopo.
“Scusi Papa, possiamo fare una foto?”. Mario Bergoglio da vicino sembra veramente come quei parroci che alla fine delle prime comunioni o delle cresime posano insieme ai ragazzi e alle loro famiglie. E così il Papa non si tira indietro: dopo la messa celebrata davanti ad ottantamila persone, rientra nella basilica di Bonaria e qui si sente rivolgere l’innocente richiesta da una ragazza che passa subito il suo Iphone ad uno degli uomini della sicurezza. Io sono lì e scatto pure io. La foto poi l’ho regalata all’Ansa, e infatti la trovate su diverse testate on line (Ansa, Unione Sarda, La Provincia di Como, Il Corriere della Sera).
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REMEMBER
In ogni caso Cagliari e la Sardegna si salvano solo insieme con l’Europa!
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LA LETTERA DI RINGRAZIAMENTI DEL SINDACO DI CAGLIARI MASSIMO ZEDDA
Cagliari, 23 settembre 2013
Ieri Cagliari si è dimostrata una città all’altezza di ospitare grandissimi eventi.
Oggi per me, da sindaco, è il giorno dei ringraziamenti.
In primo luogo vorrei ringraziare la Chiesa cagliaritana e di tutta la Sardegna e sua Eccellenza Monsignor Miglio, grazie al quale Papa Francesco è venuto in Sardegna, per lo straordinario lavoro di organizzazione e la collaborazione instaurata per la realizzazione di questa giornata che resterà nella storia della città.
Un grazie sincero a tutte le Istituzioni e tutte le Amministrazioni comunali della Sardegna che hanno contribuito con uomini, mezzi e ogni tipo di sostegno necessario.
Di cuore, grazie a tutti i dipendenti del Comune di Cagliari, impegnati dal primo all’ultimo senza orari e ben al di là dei ruoli e degli incarichi assegnati a ciascuno. E con loro, grazie a tutte le ditte, le cooperative e gli operai che hanno fatto lo stesso.
Grazie al Corpo della Polizia Municipale di Cagliari, il lavoro svolto in questi giorni non semplici è stato encomiabile. Allo stesso modo e per lo stesso motivo, grazie alla Protezione civile a tutti i livelli: da quella comunale a quella provinciale e regionale.
Un ringraziamento, poi, ai Vigili del Fuoco e a tutte le donne e gli uomini delle Forze Armate e di Polizia.
Grazie ad Autorità Portuale, Arst, Rfi e alla nostra azienda di trasporto Ctm: il superlavoro di ieri è stato un bel modo per chiudere la Settimana europea della Mobilità Sostenibile.
Formidabile l’operato della Asl, del 118, di tutte le associazioni di soccorso e di tutti i volontari che hanno prestato assistenza ai pellegrini con competenza, velocità e precisione.
Grazie a tutti gli organi di informazione, che con ore e ore di lavoro hanno permesso a chi non è potuto essere in città di vivere comunque da vicino la visita di Papa Francesco. E – cosa non da poco, anzi – hanno contribuito a rilanciare nel mondo l’immagine di Cagliari.
Ultimo, ma non per importanza, un ringraziamento a tutte le cittadine e tutti i cittadini cagliaritani: siamo ben consapevoli di qualche disagio che si è dovuto soffrire, ma la giornata e le immagini di Cagliari ieri ripagano di ogni cosa. La nostra è una città di cui possiamo andare orgogliosi.
Massimo Zedda, Sindaco di Cagliari
Francesco ai sardi: Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida
«Nostra Segnora ‘e Bonaria bos acumpanzet sempre in sa vida». Con questo saluto in lingua sarda Papa Francesco ha concluso la sua omelia nella messa sul sagrato di Bonaria.
– Cortissimo di Aservicestudio
- Servizio sul Corriere della Sera
- Servizio su La Repubblica
Est arribande…
Scrivo mentre nel Largo innalzano le torri televisive per riprendere papa Francesco. Novelli Zaccheo saliamo sul sicomòro per vedere passare il Maestro, ascoltarlo, fotografarlo, possibilmente toccarlo. Ma il papa non è, come si dice, il rappresentante di Cristo in terra. Gesù – oggi e, soprattutto, nel giorno del ‘giudizio’ – è rappresentato dai poveri, dai carcerati, dai perseguitati e dagli stranieri (vangelo di Matteo 25,40) e, ancora misteriosamente, nel pane consacrato. Francesco è il primo di un’organizzazione che vive e annuncia tutto questo… e, scusate se è poco!
Viene in Sardegna forse non solo per il nostro curioso legame con la sua patria e la Chiesa di origine. Viene dopo Lampedusa e Rio, nella regione più abbandonata della/dall’Italia. Ma non porterà risorse per la nostra povertà. Non potrà salvare operai dal licenziamento o commercianti dal fallimento. Non risanerà le storture della nostra organizzazione sociale o istituzionale. Ci annuncerà solo la fede, la speranza e la carità predicata dal falegname della Galilea, bruciatosi in soli due anni e finito impiccato su una croce. Trasposizione metaforica ed interpretazione teologica dicono che pure noi siamo all’origine di quella morte. E la sua risurrezione alimenta la nostra speranza di salvarci essendo ‘folli’ (1 Cor. 1,23) come Lui.
I sardi accorreranno in tanti a salutare ed applaudire papa Francesco, come già Giovanni Paolo e Benedetto. Ma Francesco arriva in tempi non normali per la Chiesa. Per quello che lui è e per ciò che fa. Per quello che noi siamo, santi e peccatori, anche nella Chiesa sarda. Il Papa ha avviato la rivoluzione di un’organizzazione che, solo sei mesi fa, ha visto le dimissioni del suo predecessore perché impossibilitato a raddrizzarne le storture. Francesco le ha nominate per nome: carrierismo, clericalismo, amore per il potere e le ricchezze, superbia della vita … Da combattere con il ritorno allo spirito e alla lettera del vangelo.
Raramente le rivoluzioni dall’alto hanno avuto successo, se non si sono congiunte ad una convinta spinta da parte del popolo. Attenti osservatori già scrivono che ‘non ci sarà un Francesco II’, intendendo il probabile trasformismo delle strutture clericali, anticipo del fallimento di ogni riforma. Potrebbe non essere così anche per la Chiesa sarda se esamina dentro se stessa quanto di solamente clericale, di esteriore mondanità, di mediocrità essa pure contiene. Se lavora con lena e decisione ad una soluzione di continuità con il suo passato, più o meno recente, ad iniziare da Cagliari.
E’ bene che andiamo a concedere i nostri applausi e gli ‘evviva’ a Francesco. Servono anche a lui per vincere una difficile battaglia. Che è pure incitamento alle nostre. Nella fede in noi stessi, nell’appoggio reciproco, nella speranza operosa. I doni che, credenti e non credenti, occorrono ai sardi.
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Questo articolo è stato pubblicato anche su L’Unione Sarda di oggi (21 settembre), con alcuni cambiamenti per ragione di spazio e integralmente sul sito della Fondazione Sardinia.
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Il programma della visita papale, Cagliari domenica 22 settembre 2013
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Oggi 21 settembre San Matteo. Auguri a tutti i Matteo e alle Mattee
con Bomeluzo
basta un “benennidu”
Per favore basta con le lettere al Papa. Non se ne può più. E’ persona disponibile ed aperta al dialogo ma se tutti gli scrivono gli occupano la maggior parte del tempo della Sua giornata, lasciamolo respirare e ascoltiamo ciò che ha da dirci. Poi la cosa tragica è che ciascuno degli scriventi, se ha un minimo di carica istituzionale, si sente autorizzato a proporre al Papa la sua analisi personale sull’universo mondo. Il sindacalista sul mondo del lavoro, il pastore sulla pastorizia, l’insegnante sulla scuola ecc ecc. Ma che palle! Chi credete di essere Eugenio Scalfari? Se proprio gli volete scrivere qualcosa basta un “benennidu”.
AIUTO LA BUROCRAZIA! Una mia piccola teoria, sicuramente priva di fondamenti scientifici. Quando ci sarà una nuova glaciazione del pianeta, oltre i microscopici batteri, si salveranno soltanto i burocrati e la burocrazia. Offro, su richiesta, migliaia di esempi a sostegno. Se il vostro nome scompare dall’anagrafe o un errore burocratico vi trasforma improvvisamente in defunto vostro malgrado, non vi basterà presentarvi negli uffici e dichiarare di non essere morto. Vi chiederanno di presentare uno specifico documento (certificato) attestante l’esistenza in vita. Solo cosi potrete resuscitate, a meno che non siate Dio. In quel caso però dovreste attendere tre giorni, come da prassi consolida.
La LAMPADA di ALADIN
In giro per la rete
- Il segretario nazionale della Confederazione Sindacale Sarda scrive a papa Francesco in occasione della sua visita in Sardegna (Cagliari 22 settembre). Ecco la lettera
- A rappresentare il governo italiano il ministro Cecil Kyenge . Un’occasione per dire no al razzismo. L’intervento di Vito Biolchini, ripreso da Aladinews
- Un intervento di Giuseppe Melis Giordano. Anche in politica è cosa buona e giusta… salire sulle spalle di giganti… non di nani!!!
Il lavoro degno
Proprio alla vigilia del primo maggio. Del giorno della festa dei lavoratori! Una giornata che, del resto, ricorda tragedie. Ai lavoratori ed alle lavoratrici morti nei secoli se ne sono aggiunte altre centinaia, oltre 600, in Bangladesh. Non per un incidente, ma per una tragedia annunciata. Perché produrre camicette in Bangladesh, al prezzo di 1,5 centesimi l’una, per poter poi essere rivendute a qualche decina di euri ciascuna, suppone un rischio certo. Rimane solo da sapere dove accadrà e quanti operai, uomini, donne e bambini, moriranno la prossima volta. Purché si tratti morti plurime, perché quelle individuali, quelle che non assumono connotati di tragedia, non interessano ai media.
Alcuni marchi prestigiosi, ora, si dissociano. La Walt Disney ha già annunciato che lascerà il Bangladesh, altre la seguiranno. Eppure molte fabbriche son finite in quell’inferno solo perché in Cina i prezzi cominciavano a lievitare, e la legge dell’economia, quella che tanto veneriamo, è impietosa ed inflessibile.
Eppure è questa la concorrenza. E’ questo l’ordine internazionale invocato dai soloni dell’economia. Ma cosa crediamo che sia, il martellante invito ad una maggior flessibilità, alla riduzione del costo del lavoro, al superamento dei “lacci e lacciuoli” che continuamente viene proposto anche qui da noi? Ma in cosa consiste quella parola d’ordine della “competitività”, quella divinità pagana che viene riproposta in tutte le salse? A che prezzo dovremmo “competere” con le economie in grado di produrre beni a costi ridicoli? Vivere con 38 euri al mese (ma il salario minimo, in Bangladesh, è addirittura di 29 euri al mese) significa schiavitù, ha commentato proprio il primo maggio Papa Francesco. Con tutta l’ipocrisia di molte imprese di grido che affermano la propria responsabilità sociale, che sbandierano ai quattro venti pretese indagini preventive per assicurarsi del rispetto dei diritti dei lavoratori e delle loro condizioni di lavoro, che ostentano “codici di condotta” qualche volta improbabili. Ma che bisogno c’è di tante indagini per capire che a prezzi tanto bassi il rispetto delle condizioni di lavoro è semplicemente impossibile?
Ed infatti, neppure ci provano se è vero (fonte: Human Right watch) che nella capitale del Bangladesh il controllo di 100mila fabbriche è affidato a soli 18 ispettori ! Papa Francesco, nell’omelia del primo maggio, ha anche ricordato che dobbiamo seguire la strada che deve condurci al riconoscimento della dignità del lavoro.
Ma la dignità del lavoro non è la nostra personale convenienza, di noi che magari auspichiamo l’apertura ininterrotta dei luoghi di culto del consumo, le città mercato, anche in occasione delle festività più impossibili, senza pensare che ciò significa lavoro imposto ad altre persone proprio al prezzo di sottrazione di dignità. La dignità del lavoro è un bene collettivo che si conquista nel prendere coscienza che la dignità è di tutti o non è! Nel sottosviluppo, in quella condizione tragica che sembra tanto lontana da noi tutte le volte che siamo costretti a commentare tragedie di questo tipo, non si cade all’improvviso. Piuttosto si scivola, a poco a poco, senza neppure rendersene conto, tutte le volte che si scende a compromessi, credendo che un po’ di precariato, di flessibilità, poi magari una piccola riduzione di un salario già insufficiente, come consentito o auspicato in sede di contrattazione collettiva, o una riduzione dei propri diritti, una maggior facilità del licenziamento incolpevole…, possano davvero aiutarci ad uscire da questa crisi.
Il lavoro o è degno, o non è lavoro. Quell’altro, ha proprio ragione Papa Francesco, è schiavitù.
* Intervento pubblicato anche su “Il Portico”
Gianni Loy
Auguri a papa Francesco
Auguri a papa Francesco da Aladinews.
Giorgio Maria Bergoglio è il Papa. Figlio di emigranti piemontesi, diploma di perito chimico è poi entrato in seminario. Provinciale della Compagnia di Gesù dal 1973 al 1979. Vescovo ausiliare di Buenos Aires nel 1992, arcivescovo nel 1997, cardinale dal 2001. (Piero Marcialis)
Benvenuto Papa Francesco. Pare che conosca i poveri, che vivesse rifiutando il lusso e al fianco degli ultimi. Un noto vaticanista ha detto che ora, per la Curia romana la ricreazione é finita. Sono segnali positivi anche per noi laici. Auguri. (Vanni Tola)
L’arcivescovo di Milano resta a Milano. E il papa è un gesuita. Se fosse il primo miracolo del cardinale Carlo Maria Martini? #conclave
(Emiliano Bos, da Twitter)
Si è definito solo vescovo di Roma, si è praticamente fatto benedire dai fedeli. Una cosa così non si vedeva da mille anni. Paba nou ferramenta acutza. Ci stupirà. (Nicolò Migheli)
“Io mi chiamo Francesco”: la speranza di una Chiesa che torna povera per guardare ai poveri (Vito Biolchini blog)