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Natale 2021. Il nostro Natale sempre uguale sempre diverso.

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NATALE 2021

Mentre il giorno di Natale si avvicinava giorno dopo giorno ho deciso di iniziare le pulizie della casa: lustrare argento e rame, spolverare in ogni angolo sinché la casa non ha profumato di pulito. Ho avuto voglia di lavare e inamidare i centrini e rinfrescare la tovaglia che servirà per il giorno. Nel mentre ho iniziato ad addobbare la casa. Questa atmosfera natalizia mi prende ogni anno e ogni anno ripenso a quando ero bambina e vedevo la mamma e la domestica fare tutto questo. Ho seguito questo esempio da novella sposina e poi da giovane mamma. Ho continuato anche quando i figli erano ormai grandi e non seguivano più questo mio gran da fare ma venivano comunque a controllare se gli addobbi erano stati appesi e il presepio allestito nel soggiorno. Gianmichele, il maggiore dei miei figli, con sua moglie continuano questa tradizione. I miei unici nipoti che abitano lontano da me hanno ogni anno l’albero di Natale addobbato e illuminato e il presepio allestito. Care tradizioni familiari!
Nonostante tutto questo gran da fare non ho mai trascurato alcune letture che mi aiutano a entrare nell’atmosfera spirituale propria di questo periodo. Quest’anno però ho pensato di avvicinarmi alla nascita del Bambino con un certo anticipo. Ho voluto assaporare le feste che anticipano il nostro periodo d’Avvento e che sono arrivate a me dalla tradizione, da amici e dalle giovani donne che hanno sposato i miei figli.
Ho iniziato questo mio viaggio con le feste dei Santi e dei Morti, che ho sempre festeggiato da bambina in famiglia e poi nella mia casa ma da qualche anno sono state impreziosite dalle tradizioni che ha portato Sergio. È rimasta immutata la visita ai due cimiteri della città con la pulizia e l’addobbo delle tombe di famiglia e il pranzo del giorno dei Santi con i tradizionali dolci sardi. Da qualche anno ho aggiunto, come faceva Angela, la mamma di Sergio, la sera del primo Novembre, l’accensione di un lumino sul davanzale della finestra perché le anime dei nostri cari trovino la strada verso la casa. Prima di andare a dormire imbandisco la tavola con del cibo e delle bevande perché i nostri cari possano saziarsi con i profumi della nostra tavola e sentire immutato il legame che ci lega a loro.
Grazie a Pallabi, la moglie di Francesco, il mio secondo figlio, ho scoperto la festa indù di Diwali, che ricorda la vittoria del bene sul male. Quest’anno è caduta il 4 Novembre. È una festa molto importante in India ed equivale al nostro Natale. Ho riletto la storia del giovane principe Rama che per l’invidia della matrigna deve stare per quattordici lunghi anni in esilio, nella foresta. Ma avrà la compagnia della sua dolce moglie e di un caro fratello. Dopo varie vicissitudini tornerà in patria e sarà nominato re. Sulla strada del rientro il popolo lo festeggerà ornando il suo cammino con fiori e lumi. Mi sono sentita in sintonia con questa festa preparando il tipico piatto con i fiori e accendendo tanti lumini. In cucina ho un po’ pasticciato ma sono riuscita anche a cucinare del cibo pseudo indiano.
Il 25 Novembre, l’ultimo giovedì del mese di Novembre, è arrivata la festa del Ringraziamento che ho iniziato a festeggiare a Milano con Lindsay, la moglie del mio primo figlio. Ringraziare, che cosa meravigliosa! Spesso diamo tutto per scontato e non ci accorgiamo che possediamo molto. Sento che è doveroso fermarsi ogni anno e ricordare quello che si è avuto. Ho ringraziato per l’affetto dei miei cari e degli amici, la salute ritrovata dopo la malattia, una piccola tranquillità economica che mi ha permesso alcune comodità. Ma il ringraziamento più sentito è stato quello per aver avuto quest’Estate i miei figli, le nuore e i nipoti qui con me. Ho goduto le gioie dello stare insieme, la comune vita marina aggiunta alle delizie culinarie che Lindsay ha sempre cucinato con generosità per tutti noi. Ho ringraziato per le colazioni consumate sotto il loggiato, sola con Cecilia e Matteo mentre tutti gli altri dormivano e la casa era silenziosa. Sono stati momenti di pura gioia. Per la Festa del Ringraziamento non sono riuscita a cucinare il tacchino al forno ma mi sono deliziata di preparare le fettine di tacchino condite con la salsa di mirtilli, non sono mancate le patate al forno e la torta di zucca.
Tra la fine di Novembre e i primi di Dicembre è arrivata la festa ebrea del Chanukkah. Quest’anno si è festeggiata tra il 28 Novembre e il 6 Dicembre. Ricorda la fine del conflitto degli ebrei contro gli elleni. Gli ebrei, pur in minor numero e mal equipaggiati, ebbero la meglio e ripresero possesso di Gerusalemme. Riconsacrarono il tempio che gli elleni avevano profanato con i loro idoli e le loro statue. È la storia, quindi, di una lotta per poter continuare a seguire le proprie leggi e le usanze, di ritrovare la propria dignità di popolo e di potersi sentire ancora ebrei. La tradizione talmudica racconta che una volta entrati nel tempio di Gerusalemme per purificarlo e accendere il candelabro a sette braccia gli ebrei si accorsero che c’era solo un’ampolla di olio puro che sarebbe bastata per un solo giorno. Per miracolo l’olio durò otto giorni che era il tempo necessario per produrre del nuovo olio puro.
A ricordo di quel miracolo i saggi del Talmud istituirono la festa del Chanukkah, per ringraziare e lodare il Signore e che dura appunto otto giorni. Ogni sera al calar delle tenebre si accende una candela dalla canukkia (il portacandele), partendo da destra verso sinistra e recitando i versi: “Benedetto sei tu Signore che hai permesso di accendere le candele del Canukkah”. Giorno per giorno si accende una candela in più sino ad averle tutte e otto accese. La canukkia si espone fuori della finestra o dell’uscio di casa in modo che tutti la possano vedere. Queste luci invitano a tenere acceso il desiderio di camminare secondo le indicazioni di Dio.
Quando vivevo a Milano nei giorni della festa c’era una grande chanukkia nel Corso Vittorio Emanuele, acconto alla Basilica di San Carlo e ogni anno andavo a vederla. Questa festa l’ho celebrata anche con i miei alunni nella classe terza quando raccontavo le storie bibliche degli ebrei. Francesco, poi, aveva un carissimo amico, Riccardo, che era di religione ebraica e con la sua famiglia abbiamo, negli anni, festeggiato anche la Pasqua ebraica.
Per la prima volta nella casa di Cagliari ho acceso, giorno dopo giorno, la cannukia e Domenica 5 ho preparato le frittelle di zucchine, di patate e quelle dolci. La tradizione è stata rispettata anche nel cibo, appunto le frittelle che ricordano il miracolo dell’olio.
Lasciate alle spalle queste feste preparatorie è arrivato il periodo dell’Avvento, dell’attesa. Le quattro settimane mi hanno lentamente accompagnata verso la nascita del Bambino. Ho preparato la corona d’Avvento, ho allestito il presepio, settimana dopo settimana così come ho imparato dal mondo steineriano. La prima settimana sono apparsi solo i minerali, nella seconda i vegetali, nella terza gli animali e solo nell’ultima gli uomini e le donne con le loro case e i loro utensili. Assaporo ogni anno questo avvicinarmi alla Nascita attraverso i grandi momenti della vita del Mondo.
Natale è una festa che viene da molto lontano e dai quei popoli nei quali era viva la spiritualità. I nostri antichissimi antenati festeggiavano l’Inverno che stava per finire e la Primavera che sarebbe presto arrivata. Il giorno aveva finito di accorciarsi e iniziava di nuovo ad allungarsi. La luce del Sole trionfava sul buio. Solo nel IV secolo la chiesa cristiana ha deciso che la nascita del Bambino Gesù dovesse festeggiarsi negli stessi giorni in cui le grandi religioni della saggezza avevano festeggiato la vittoria della luce sul buio. Per questo Natale è un simbolo universale.
Anche quest’anno mi sono chiesta che significato abbia per me il Natale oltre all’aspetto esteriore degli addobbi. Ho ripercorso allora i vari Natali della mia vita. Ho ricordato l’atmosfera magica che i miei genitori riuscivano a creare quando noi tre fratelli eravamo bambini. Aspettavamo il giorno con una attesa palpitante e con una ferrea sicurezza che Gesù Bambino non ci avrebbe deluso e ci avrebbe portato i doni richiesti. Che trepidazione ci prendeva quando la notte della Vigilia chiudevamo gli occhi, stesi nei nostri lettini sistemati uno di fianco all’altro, pensando all’indomani mattina. Che gioia la mattina trovare sotto l’albero i tanti pacchetti. Era viva in noi una incondizionata gratitudine per quanto avevamo ricevuto, quei doni che venivano dal cielo e nientemeno portati dal Bambino Gesù. Correvamo, allora, nel lettone dei genitori per rassicurarli che il Bambino ci aveva premiato, segno che eravamo stati riconosciuti dei bravi bambini.
Quando avevo dieci anni è arrivato il Natale della verità. Il babbo era mancato il mese prima e una mattina di Dicembre, poco prima di Natale, ho visto Zio Goffredo, nell’atrio del nostro palazzo, con una alta pila di scatole. L’ho salutato con calore ma ho notato che lui era imbarazzato. L’ho lasciato andare portandosi via il mio rammarico; avevo capito che Gesù Bambino non portava i doni. È stata così dura quella scoperta subito dopo la morte del Babbo che da adulta ero fermamente convinta che i miei figli non avrebbero avuto quella disillusione. Era molto meglio non creare tutta quella aspettativa e fargli intendere che i regali sono dei genitori senza disturbare un piccolo bambino o un vecchio vestito di rosso e con la barba bianca. Per fortuna una collega degli uffici universitari, Cetty, dove entrambe lavoravamo, mi aveva convinta che per i bambini era importante creare la fiaba dei doni ricevuti in modo magico. Allora avevo optato per Babbo Natale, differenziando i ruoli e lasciando al piccolo Gesù la parte spirituale della festa.
Da adolescente il periodo natalizio era diventato lungo e noioso. Era bello allora contestare i riti e le usanze, specialmente le visite e gli auguri a tutti i vari parenti. La mamma continuava a tenere alte le tradizioni e si teneva stretta quella festa che la riempiva di gioia. Comprava con cura tutte le leccornie che avrebbero deliziato i nostri palati, preparava pacchi e pacchetti per tutti noi senza dimenticare le sue adorate sorelle Delia e Olga e la cara cognata Maria. L’albero e il presepio erano sempre allestiti con cura e grande amore e illuminavano un angolo del soggiorno.
Quando sono diventata mamma, per la prima volta è sorto il desiderio di avere anche nella mia casa l’albero e il presepio. Con grande generosità la mamma aveva allora diviso il suo presepio e così Gianmichele, pur di pochi mesi, ha avuto dopo il sacro battesimo anche quello nelle nostre tradizioni natalizie. Anche Francesco poi ha goduto del clima di attesa che vivevamo in famiglia. Bei giorni che ho curato con gioia e che ora sono tutti lì presenti nel mio ricordo e mi scaldano il cuore.
Pian piano sono arrivata ai giorni nostri, ai figli, le nuore e i nipoti lontani ma è viva in noi la voglia di sentirci vicini anche grazie alle moderne tecnologie che ci tengono connessi. Attraverso le video chiamate ho potuto vedere la gioia dei nipotini, Cecilia e Matteo, nell’allestire gli addobbi natalizi, ho colto i loro occhietti colmi di felicità. Ho atteso la lettera con la loro foto natalizia che è sempre il regalo più atteso e gradito che ricevo per Natale.
Anche quest’anno ho sentito l’esigenza di mettere per iscritto i miei pensieri e condividerli con tutte le persone con le quali ho percorso il cammino. Care e cari tutti grazie di questo cammino che spero continui ancora a lungo. Buon Natale
Elisabetta
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Auguri Auguri Auguri di un Sereno Natale
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Natività, Gherardo delle Notti, 1619-20, Uffizi, Firenze.
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