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La lingua come una risorsa naturale: chi la gestisce? Bolognesi e la battaglia per una Grafia Sarda Comuna
Ci sono tanti modi per raccontare la storia della Sardegna. Francesco Masala, ad esempio, legò le vicende dell’isola a quelle dell’acqua, e ne scaturì un racconto nuovo. Pensavamo di vivere in una terra arida, e invece in anni di siccità ci scoprimmo improvvisamente ricchi di questa risorsa. Il problema era, semmai, chi la gestiva. La realtà era dunque diversa da quella che ci avevano raccontato e da quella che noi stessi ci raccontavamo. Ma servivano occhi nuovi per guardarla e Masala ce li aveva (“Storia dell’acqua in Sardegna”, Alfa Editrice, 1991).
Allo stesso modo, sarebbe interessante raccontare la storia della Sardegna attraverso l’uso della sua lingua. Giuseppe Corongiu, nel recentissimo volume “Il sardo, una lingua normale” (edizioni Condaghes, 2013), fa il punto della situazione e ripercorre le vicende del movimento linguistico nel corso degli ultimi decenni, mettendo in evidenza il rapporto delle nostre classi dirigenti con questa risorsa (perché anche la lingua, come l’acqua, è una risorsa naturale: e anche in questo caso il problema è chi la gestisce). Rapporto controverso, fatto di élite all’avanguardia e di masse intellettuali refrattarie all’uso (e dunque alla tutela, perché la lingua più la si usa, più la si conserva) di questo bene comune, ma tuttavia capace di regalare novità e svolte inattese.
L’ultima, forse la più importante, è arrivata nel 2006 con la nascita della Limba Sarda Comuna, uno standard fissato dalla Regione per consentire l’uso scritto del sardo in contesti amministrativi.
Quando si parla di lingua sarda bisogna fare i conti con gli stereotipi e con le informazioni a metà, spesso diffuse ad arte per complicare ciò che invece complicato non è per niente. È dura convincere qualcuno che le varianti campidanese e logudorese in realtà non esistono e che sono una suddivisione ottocentesca largamente superata da tempo. È dura convincere qualcuno dell’unitarietà del sardo, come se la lingua sarda fosse tale solo se ogni paese, e financo ogni abitante dell’isola, avesse la sua. È dura spiegare che il sardo ha una grammatica e un lessico omogenei e che differenze sono soprattutto di natura fonetica.
Roberto Bolognesi è un linguista che ha favorito la nascita della LSC e oggi dalle pagine del suo blog ne propone una revisione, denunciando al contempo un sostanziale tradimento della delibera che istitutiva questo standard, in quanto , nato come modello che doveva essere sperimentale e che poteva essere modificato, ora invece sembra essersi cristallizzato proprio come quelle false credenze che voleva smantellare.
Il risultato è che il lessico utilizzato dalla LSC è costituito soprattutto (anche laddove ci sarebbero valide alternative) da parole maggiormente diffuse nel nord dell’isola. L’effetto è distorsivo, perché in questo modo ad essere sfavoriti sono gli abitanti dell’area maggiormente popolata della regione.
Che fare dunque? Al di la di un riequilibrio a favore di un lessico più “meridionale”, da tempo Bolognesipropone una soluzione che potrebbe risolvere alla radice l’annosa questione dello standard, necessario per consentire al sardo di poter essere utilizzato da tutti in tutti i contesti, indistintamente. Una soluzione semplice semplice: una Grafìa Sarda Comuna.
“Tutto quello che occorre, visto che la grammatica e il lessico della lingua sarda sono già sufficientemente omogenei, è un sistema ortografico standard che permetta diverse pronunce” afferma Bolognesi. “ll sardo come l’inglese, allora: un’ortografia e tante pronunce, mantenendo intatta la ricchezza di varianti”. Semplice da dire ma anche da fare, visto che lo stesso Bolognesi ha da tempo avanzato diverse proposte a riguardo.
La lingua sarda è dunque la metafora di ciò che siamo e che potremmo essere: tante singole individualità, dei clan o un popolo. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere.
Vito Biolchini
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Il presente contributo viene pubblicato anche in altri siti/blog, nell’ambito di un accordo tra diverse persone (tutte impegnate nel movimento culturale “In sardu”), le quali dispongono di detti spazi virtuali che mettono a disposizione per favorire la circolazione di idee (e l’organizzazione di iniziative di carattere politico-culturale) sulle problematiche della Sardegna, senza limiti di argomenti e nel pieno rispetto delle diverse opinioni e impostazioni politiche e culturali, ovviamente nella condivisione dello spirito e dei comportamenti democratici. I contributi saranno pubblicati in italiano e/o in sardo.
Ecco i siti/blog (a cui nel tempo se ne aggiungeranno altri, auspicabilmente) :
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Il primo intervento di Salvatore Cubeddu
Il secondo intervento di Fabrizio Palazzari
Il terzo intervento di Nicolò Migheli
Il quarto intervento di Vito Biolchini
Il quinto intervento di Franco Meloni