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35ma Marcia della pace “Educazione, lavoro, dialogo tra 35ma Marcia della pace “Educazione, lavoro, dialogo tra le generazioni: strumenti per edificare una pace duratura”
Carissimi
La 35ma Marcia della pace “Educazione, lavoro, dialogo tra le generazioni: strumenti per edificare una pace duratura” si svolgerà on line mercoledì 29 dicembre 2021, alle ore 15. [segue]
Oggi mercoledì 15 novembre 2017
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La sedia
di Vanni Tola su Aladinews
Lavori usuranti e gravosi, ma di che stiamo parlando?
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Separatismo: tra ragioni economiche e “invenzioni”
15 Novembre 2017
Gianfranco Sabattini su Democraziaoggi
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SOCIETÀ E POLITICA » TEMI E PRINCIPI
Due articoli e una postilla, a proposito di democrazia e uguaglianza
di TOMASO MONTANARI
il manifesto, 14 novembre 2017. Anna e Tom hanno disdetto l’assemblea convocata il 18 maggio (vedi su eddyburg: la loro lettera). Civati (“Possibile”) casca dal pero. Con postilla. Su eddyburg, ripreso da aladinews.
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Oggi martedì 3 ottobre 2017
di Stefano Puddu Crespellani, su fb.
A partire da domani, a Cagliari, si svolgono queste interessanti giornate, a cui avrei partecipato se non fossi impedito dalla distanza. Invito tutti i miei contatti a leggere il programma e ad avvicinarsi all’hotel Regina Margherita per ascoltarne gli interventi. Scrivo queste righe in una giornata in cui, in Catalogna, è stato convocato uno sciopero generale di protesta. Anche qui vorremmo costruire una repubblica, ma lo Stato, fondato ormai sul capitale finanziario, non lo permette.
Il lavoro è oggi il grande paradosso della democrazia. Un concetto da ripensare con la maggiore urgenza, perché mentre la retorica del lavoro rimane intatta, la pratica del lavoro ce la stanno trasformando a velocità vertiginosa sotto i nostri piedi (e occhi, se riuscissimo a vedere). Solo se diventiamo capaci di concepire una idea nostra su come trasformare il lavoro, in chiave cooperativa, in un orizzonte di equità, in equilibrio con l’ecologia del pianeta e di ciascuna persona, potremo avere un discorso da opporre al sistema neoliberista, che usa il ricatto del lavoro scarso per incatenarci alla ruota dello sfruttamento e del consumo, entrambi alienanti.
Spero che in queste giornate si arrivi a parlare anche della necessità di distribuire il reddito senza una relazione diretta con il lavoro. Disporre di un minimo reddito è imprescindibile in una società totalmente monetarizzata. È anche la condizione di possibilità per una trasformazione del lavoro. La retorica meritocratica non è più sufficiente a trasformare gli ingranaggi di un mondo che ci vuole obbedienti nel produrre e nel consumare. Occorre creare condizioni per la libertà di scelta. Queste condizioni sono almeno due: una è quella di dare a ciascuna persona le condizioni minime della dignità e della partecipazione; l’altra è quella di ricostruire comunità all’interno delle quali le capacità delle persone siano messe a frutto, il lavoro abbia senso e non si limiti a essere un anello necessario nella catena dell’alienazione.
Buon incontro a tutti voi e grazie alle persone che l’hanno organizzato.
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Verso il Convegno sul lavoro a Cagliari
Il lavoro come fondamento della Repubblica
Questo il titolo del Convegno dibattito, promosso dal Comitato d’iniziativa costituzionale e Statutaria e da Europe direct Regione Sardegna, che si terrà a Cagliari il 4-5- ottobre Hotel Regina Margherita.
Su Democraziaoggi.
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************DOCUMENTAZIONE************
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La pagina fb dell’evento.
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Verso il Convegno Lavoro: la chiave è la formazione
3 Ottobre 2017
Fernando Codonesu su Democraziaoggi.
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SOCIETÀ E POLITICA » TEMI E PRINCIPI » POLITICA
«La sinistra deve fare una vera rivoluzione morale»
di NAOMI KLEIN
il manifesto, 1 ottobre 2017, ripreso da eddyburg e da aladinews. Testo estratto dal discorso pronunciato il 26 settembre scorso alla conferenza del partito laburista di Brighton, courtesy LabourPress. I millennial non sopportano le false promesse. Sanders, Podemos e Corbyn dimostrano che partiti e movimenti devono allearsi. (c.m.c.)
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SOCIETÀ E POLITICA » EVENTI » 2015-ESODOXXI
This land is their land
di SUKETU MEHTA
foreignpolicy.com, 12 settembre 2017, ripreso da eddyburg e das aladinews. L’autore sostiene che i paesi ricchi non sono messi in pericolo dai migranti, ma dalla paura dei migranti, che rappresentano lo spettro di un cambiamento, radicale e irrevocabile.Anche Suketu Metha, scrittore e giornalista, lui stesso migrante, esprime il suo punto di vista sulla grande sfida del nostro secolo di sistemare un afflusso assai variegato di migranti. Flusso destinato a crescere, per effetto dei cambiamenti climatici e conflitti.
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Gli Editoriali di Aladinews. La superpotenza riluttante, di Roberta Carlini, su Rocca.
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Legge elettorale sarda e donne dei partiti: chi, uomo o donna, vuol partecipare a una rapina è rapinatore.
3 ottobre 2017.
Su Democraziaoggi, Amsicora.
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Il Comitato riparte dalla legge elettorale
3 Ottobre 2017
Grandi del Comitato nazionale per la democrazia costituzionale
Su Democraziaoggi.
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in giro con la lampada di aladin…
- Torna a salire la disoccupazione: a luglio balza al 12,6%.
Il mese scorso si sono ‘persi’ mille occupati al giorno. Il tasso di senza lavoro tra i giovani è calato al 42,9%: 0,8 punti in meno su giugno, ma in rialzo di 2,9 punti sul luglio 2013. Forti disparità territoriali: nel secondo trimestre al Sud il tasso supera il 20%. Stranieri in crescita, calano i tempi pieni. Su La Repubblica on line.
Il piano inclinato
Non sembra vero. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro si fonda sulla base del principio secondo il quale “il lavoro non è una merce”. Sta scritto nel preambolo della sua Carta istitutiva. E la Oit non è mica una succursale della Internazionale socialista, è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite dell’Onu, a base tripartita, composto da rappresentanti dei governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Un’idea condivisa, dunque, un’idea nobile. Scaturita dalle esperienze di secoli, dalle lotte di chi ha rivendicato, per noi tutti, il diritto ad una vita dignitosa di chi ha sfidato i cannoni della repressione (come racconta Bertold Brecht nel suo “i giorni della Comune”) proclamando che “da bestie vivere, peggio che morire è!”
Non è solo filosofia. L’Europa ha saputo costruire una società dove davvero si è incominciato a dar valore alla dignità del lavoro. Anche lo Stato italiano ha fatto la sua parte, sia con le leggi che rendono dignitoso il lavoro, sia con le politiche che si ripromettevano di dare lavoro a tutti. Non soltanto per la pura sopravvivenza materiale. Perché chi non lavora non ha, ma soprattutto non è.
La caratteristica di una merce, in economia, è quella di poter essere oggetto di transazioni, Il prezzo di una merce viene fissato dal mercato, attraverso il meccanismo dell’incontro della domanda e dell’offerta.
Se il lavoro non è merce, se non fosse merce, dovrebbe essere esentato da questa legge crudele. Perché è una legge che non tiene conto delle condizioni dei contraenti. E perché il cosiddetto prezzo di mercato, in realtà è solo un’astrazione, il prezzo, quello vero, è quello che viene stabilito volta per volta da parte di contraenti in carne ed ossa. Ed è giusto, quel prezzo, anche quando il bisognoso vende per quattro soldi i tesori di famiglia magari perché è rimasto senza lavoro ed ha urgente necessità di qualche spicciolo per arrivare al giorno seguente.
Per tempo, il liberismo, si è pasciuto dell’accattivante principio secondo cui “qui dit contractuel dit juste» : ciò che viene liberamene contrattato è naturalmente giusto. Consentendo agli Stati di limitarsi a garantire la libertà contrattuale, fingendo di non accorgersi che la diversa forza dei due contranti fa si che l’apparente uguaglianza formale serva solo al predominio del più forte ed all’assoggettamento del debole, cioè proprio alla ineguaglianza.
Ed è per questo che il Diritto del lavoro, si è affranco da questo “diritto comune dei contratti”, che, in definitiva, consentiva lo sfruttamento dei lavoratori, apparentemente contraenti, ma in realtà costretti a prendere o lasciare, per diventare una disciplina speciale, un diritto speciale ispirato al principio per cui i due contraenti non sono affatto uguali.
Persino il fascismo si ispirava a questo principio, considerando il lavoratore un contraente debole e, quindi, meritevole di una particolare protezione, anche legislativa, tale da compensare il suo svantaggio.
La Costituzione italiana è andata molto oltre. Perché i padri costituenti, pur prendendo atto di quella situazione di svantaggio, hanno dettato un programma di superamento di quella condizione di debolezza, hanno affidato alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitando “di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana….”
Di questo stavamo ragionando, ci eravamo incamminati su questa strada.
Ora “tutto questo non c’è più” direbbe Lucio Battisti, ma non per l’avvento di migliori condizioni, ma per un pauroso ritorno al passato.
Serve ricordarlo per meglio comprendere la cronaca di questi giorni, e darsi conto che non siamo più in presenza di emergenze transitorie, di eccezioni al principio, ma di un ormai completo ribaltamento del sistema che ci riporta proprio al cosiddetto diritto dei contratti, cioè all’esaltazione della libertà di contrattare. E’ un ragionamento presente anche in pezzo del partito democratico, purtroppo solo in parte transitato nel partito di Monti, secondo cui il lavoratore, al giorno d’oggi, non è più l’operaio debole e privo di strumenti, anche culturali, per cui lo Stato deve impedirgli di vendere, a prezzo iniquo, la propri forza lavoro. Ora il lavoratore sarebbe maturo e cosciente, quindi non più bisognoso di tutela. Questo è il ritirarsi dello Stato sociale ed il ritorno alla “libertà” del mercato.
Eppure, è evidente che è vero proprio il contrario. In presenza di una crisi che produce una dilagante disoccupazione crescono, lo riconoscono tutti, le diseguaglianze. E con il crescere delle diseguaglianze cresce, fatalmente, l’iniquità dello scambio contrattuale che, in apparenza, formalmente, è libero.
Ma libero non è. Perché uno dei due contraenti si trova in condizioni di difficoltà e, conseguentemente, è spesso costretto ad accettare clausole inique. Per dirla con un rozzo linguaggio marxiano, a vendersi sottocosto.
Un recente esempio.
La Nissan ha scelto gli stabilimenti di Barcellona per la costruzione di un nuovo modello: 1000 nuovi posti di lavoro, “diretti” ed un indotto stimato in 3000 unità.
C’è da esserne contenti. Magari fosse toccato a noi! Direbbe qualcuno.
Ma se andiamo dentro la notizia scopriamo una lunga e difficile trattativa, spesso sul punto di spezzarsi, anche perché, di fronte alla difficoltà di quella trattativa, altre fabbriche, come la francese Renault, si erano offerte. Poi l’ha spuntata Barcellona. Nella sostanza perché ha accettato, mediante un libero contratto, di ridurre del 20 per cento il salario dei dipendenti che andranno a lavorare nella nuova linea.
Detto in altri termini: il contraente forte ha messo in concorrenza, al ribasso, i possibili partner ed ha stipulato il contratto con il migliore offerente (al ribasso), con soddisfazione comune del governo catalano, dei sindacati, delle associazioni datoriali.
Barcellona si è aggiudicata l’affare.
Dobbiamo festeggiare per 1000 posti di lavoro in più, o interrogarci sul costo sociale e umano, che viene pagato, per quella operazione, da lavoratori, uomini e donne, famiglie, che vedono retrocedere la propria condizione economia e sociale, rispetto alle conquiste che la civiltà occidentale era stata capace di raggiungere negli anni passati?
Non si tratta di un caso esemplare. Né di un caso spagnolo. Forse che il lavoro precario o quello nero e sfruttato di molti dei nostri giovani non risponde alla stessa logica? Al medesimo sistema “ricattatorio”? E cosa significano quegli operai di Marchionne che si sono recati al referendum annunciano il loro si, di fronte ad una ipotesi di contrato aziendale che non condividevano affatto?
Hanno fatto una scelta libera, cioè di mercato. La libertà contrattuale, individuale o collettiva che sia, ha trionfato.
E dove andremo a finire se, in tempi di crisi, con la disoccupazione dilagante, i posti di lavoro verranno messi all’asta, sulla base di questi principi, al miglior offerente? Cioè a chi è disposto ad accettare un salario inferiore?
Il sindacato spagnolo, giustamente, si è fatto garantire che l’organico della fabbrica non subirà riduzioni, cioè che gli altri lavoratori, gli “anziani”, non saranno licenziati per essere sostituiti dalle più economiche “new entry”, che non subiranno una riduzione di salario. Quindi esasperazione del dualismo, anche all’interno alla stessa fabbrica.
Altro che “il lavoro non è merce”! Altro che immaginare contingenze! Siamo semplicemente tornati indietro, molto indietro. Si sta consumando una mutazione Il piano è ancora inclinato. E le prossime elezioni non c’entrano nulla … quasi nulla.
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* articolo pubblicato anche su il manifesto sardo
Nel riquadro dipinto di Fernand Léger
Diritto&Rovescio
Giovani e tirocini: una guerra di nuova povertà
di Gianni Loy *
L’ assalto alla diligenza costituisce una delle rappresentazioni del nostro immaginario collettivo. Ma non è archeologia sociale. Sono, semplicemente, cambiate le modalità. Non è stato, forse, un assalto alla diligenza quell’improvviso picco di operazioni telematiche organizzate o confuse, finalizzate alla conquista di uno o più tirocinanti, unica merce, scarsa ma an-cora disponibile nel mercato, per svolgere una vera e propria attività lavorativa subordinata, ancorché, spesso, sotto le mentite spoglie di una attività para-formativa? Hackers o semplice ingorgo informatico? Forse la seconda ipotesi è quella più giusta. Ma sia chiaro, prima dell’informatica, in casi analoghi, i pretendenti bivaccavano davanti agli uffici dell’assessorato, per giorni, con provviste e sacchi a pelo, per riuscire a presentarsi per primi allo sportello. E’ cambiata solo la tecnica. Rimane la sostanza del vecchio adagio: chi tardi arriva male alloggia! Solo che per poter arrivare primi, sia quando si facevano le file che da quando ci sia affida alla nuova divinità informatica, occorrono risorse, forza, e magari furbizia, a tacer d’altro, che fa si che nella selezione siano sempre i più deboli, e non i meno meritevoli a soccombere.
Cosa fare subito per i giovani disoccupati? Le idee non mancano, ma le realizzazioni sono poche
Prospettive per i giovani disoccupati
Editoriale di Maurizio Ferrera pubblicato sul Corriere della Sera del 2 settembre 2012
- Presentato il rapporto dell’Osservatorio del lavoro della provincia di Cagliari