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Innovazione e Sinnova. Molti applausi, qualche fischio. La critica più grande: oggi l’Università e le Camere di Commercio della Sardegna cenerentole. Domani?

4 suonatori
di Franco Meloni
ape-innovativa2Torno su “innovazione e dintorni” in relazione all’iniziativa Sinnova2014 (e non solo). Voglio premettere di ribadire il plauso per l’iniziativa, che, come da prassi e come è giusto sia, va a tutti coloro che hanno collaborato per il suo successo, in primis ai responsabili delle istituzioni che l’hanno promossa e organizzata, cioè a Raffaele Paci per l’Assessorato regionale alla programmazione e a Maria Paola Corona per Sardegna Ricerche. Soprattutto a quest’ultima si deve un giusto riconoscimento per la tenacia e l’impegno dimostrati. Detto questo, passiamo ad alcune notazioni critiche, ovviamente con intenti costruttivi. Innanzitutto parliamo della location. Riconoscimenti a L’Unione Sarda per la disponibilità per la nuova edizione di Sinnova e condivisione della decisione dell’assessore Paci di confermare detta sede, in quanto la complessa organizzazione dell’evento era già molto avanti nel momento del suo insediamento come assessore. Ma, come espresso fin da molto prima della prima edizione, la sede ottimale per la manifestazione è a parer nostro la Fiera Internazionale della Sardegna, sia per la più ampia disponibilità di spazi espositivi e congressuali, sia (ed è questa la ragione più importante) per assecondare concretamente il disegno di riconversione della Fiera in struttura utile per le esigenze di sviluppo dell’economia della Sardegna. Grazie quindi a L’Unione Sarda, ma la terza edizione di Sinnova, Sinnova 2015, la vorremmo proprio nello spazio Fiera. C’è poi un ragionamento da fare sugli organizzatori: bene – lo ripetiamo – Sardegna Ricerche, ma questa organizzazione non può occupare spazi che altri dovrebbero occupare in modo più pertinente. Finchè questi “altri” sono assenti è evidente che Sardegna Ricerche fa bene e non dobbiamo che essergliene grati, ma sono appunto questi “altri” a dover muovere il culo (scusate il linguaggio, ma rende bene) e darsi da fare per assolvere al loro compito istituzionale. Per essere chiari, ci riferiamo a due soggetti precisi e ci limitiamo a due, anche se ciascuno di questi ha una propria articolazione su basi territoriali. Ci riferiamo allora alle quattro Camere di Commercio sarde, riunite nella struttura di UNIONCAMERE SARDEGNA e alle due Università sarde, riunite in un labile patto federativo allo stato ben lontano dall’auspicabile UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA. Ecco, Sinnova2015 dovrebbe essere promosso e organizzato proprio da queste quattro entità: la Regione, Sardegna Ricerche, Unioncamere Sardegna, Università della Sardegna. A ben vedere sono esattamente i soggetti a cui la Regione e l’Unione Europea avevano affidato una parte importante della promozione dell’innovazione nella nostra regione. peraltro riconoscendo per questa finalità rilevanti risorse, soprattutto a far data dal ciclo programmatorio 2000-2006, a seguire con quello 2006-2013 nel quale un finanziamento consistente è stato destinato al progetto INNOVARE. Tali fondi, non dimentichiamolo, prevedono un cospicuo cofinanziamento regionale, circostanza che impone ancor più attenzione nel fare le scelte di utilizzo delle risorse. La programmazione 2014-2020 conferma ingenti finanziamenti sotto la voce INNOVAZIONE (allocati negli Obiettivi Tematici finanziati dai vari fondi Por), prevalentemente destinati alle imprese, con l’obbiettivo prioritario di creare occupazione (mantenimento e nuova). Le risorse 2014-2020 sono state già oggetto di specifico “atto di indirizzo strategico” della Giunta regionale (delibera 19 del 27/5/2014), sulla base dei macro obbiettivi stabiliti dall’Unione Europea. Prima di procedere alla definizione dei progetti esecutivi occorre fare una valutazione precisa, soprattutto in termini di efficacia e risultati conseguiti per quanto è stato fatto nel ciclo programmatorio 2006-2013, ora in fase conclusiva, per il quale è consentita la spendita di risorse fino al tutto l’anno 2015. Quanto detto vale per tutti i fondi europei, ma in questa occasione, ci riferiamo specificamente ai fondi del progetto INNOVARE. Nonostante le assicurazione degli assessori e dei funzionari competenti risulta tuttora una difficoltà di spendita dei fondi, tale da far paventare una restituzione di una parte di essi all’Unione Europea. Al di la di questa circostanza, che sarebbe una iattura, occorre ragionare sulle scelte effettuate dalle Università e da Sardegna Ricerche (ma su quest’ultima in questa nota non ci soffermiamo) per la realizzazione degli obbiettivi del progetto Innovare. Intanto segnaliamo l’esclusione dalla realizzazione del progetto delle Camere di Commercio regionali. Non discutiamo in questa sede delle responsabilità di tale assenza, certo in parte attribuibile all’inconsistenza organizzativa dell’Unioncamere regionale, incapace di costituire interlocutore unico rispetto alla Regione, ma si potrebbe obbiettare che neppure le Università sarde sono state in grado di rappresentarsi come soggetto unitario, eppure tale situazione non ha impedito a ciascuna di esse di essere partner del progetto Innovare. Quindi sono altre le ragioni dell’esclusione delle Camere di Commercio, su cui è importante indagare, sempre nella logica di una corretta programmazione dei fondi futuri. Ma anche sul comportamento delle Università occorre fare chiarezza, perchè proprio su questo versante appaiono rilevanti criticità. E non solo sulla lentezza della spesa. Le Università sarde, come è costume di molte altre Università, tendono a piegare l’utilizzo dei finanziamenti europei alle loro esigenze specifiche, spesso prescindendo dalle finalità dei singoli progetti. Così con i soldi di Innovare si sono finanziati progetti di ricerca lontani da un loro immediato beneficio per le imprese. L’Unione Europea ha ben chiarito che tali fondi erano destinati alle imprese per il tramite delle iniziative delle Università e non alle Università per le loro finalità istituzionali. Altri sono infatti i programmi e i fondi per la ricerca. Lo stesso finanziamento delle borse di dottorato di ricerca, massicciamente utilizzato dagli Atenei sul progetto Innovare, non è dimostrato sia andato a beneficiare il sistema produttivo della Sardegna. Discorso da approfondire, certo, e lo faremo, contando di disporre di un report esaustivo da parte della Regione, così come obbligatoriamente prevedono i regolamenti europei. Ma, tornando a Sinnova, non sembra che tra i protagonisti attuatori delle politiche dell’innovazione si sia creata la necessaria intesa. Lo ha dimostrato perfino il ruolo giocato dalle Camere e dalle Università nella manifestazione. Sostanzialmente un ruolo di cenerentole. La Camera di Commercio e le Università relegate in ristrette postazioni, non rappresentate nei diversi workshop tenutisi nelle due giornate dell’evento. L’Università era certo presente in maniera diffusa nelle diverse aziende presenti, spin off e start up, ma totalmente assente come istituzione, se si eccettua il “ripostiglio delle scope” a ciascuna assegnato in una sala espositiva, quasi a marcarne la povertà di proposta piuttosto che la presenza. Eppure le Università avrebbero potuto esporre buona merce: basti citare il C-Lab a Cagliari o l’incubatore/acceleratore d’impresa a Sassari. Anche tutto questo attende una risposta chiarificatrice! Certo è che così continuando non si va da nessuna parte. Lo sa bene Raffaele Paci, a cui senza malizia rivolgiamo l’invito a rileggersi il suo editoriale su L’Unione Sarda del 9 settembre 2009 in tema dì mancanza di amalgama tra le istituzioni. E, infine, l’Europa. Possibile che sia stata la grande assente in una manifestazione consentita anche per i finanziamenti europei? Possibile che l’Europa sia stata assente sia nei suoi simboli grafici e bandiere stellate, che peraltro sono obbligatori in queste circostanze, sia soprattutto per i contenuti e i programmi/progetti? Partecipando a un Seminario su sharing economy e dintorni siamo stati gli unici a ricordare le indicazioni dell’Unione Europea in materia. C’è poco da fare: il provincialismo o forse anche l’ignoranza sono attitudini che in questa come in altre occasioni sono ancora una volta emerse a denunciare le carenze culturali della politica sarda. Infine una notazione personale. Dai tempi in cui le Università sarde si ponevano come trainanti rispetto alle esigenze dell’innovazione per la Sardegna (non per nulla nel 2005 l’Università di Cagliari istituì la Direzione per l’Innovazione – Dirinnova) siamo tornati indietro a fare i fanalini di coda. Ma non devono essere questi tempi di rimpianti, quanto di ripartenze nel segno del cambiamento, altrimenti, come ha giustamente detto il direttore de l’Unione Sarda a chiusura del suo editoriale di domenica in tema di innovazione : “se non cambiamo – subito e ora – forse non ci sarà un domani”.

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Franco-Nurzia-e-Franco-Meloni-ipg Nella foto il prof. Franco Nurzia prorettore all’Innovazione fino al 2009 e Franco Meloni, dirigente di Dirinnova, Direzione per l’Innovazione dell’Università di Cagliari fino al 2010.

Nella complessità della situazione odierna cogliere le opportunità per costituire legami forti tra le strutture di ricerca e le imprese operanti nel territorio

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di Franco Nurzia*

Nell’introdurre i lavori di questo seminario [28 aprile 2012] concordo con l’atteggiamento degli organizzatori che non hanno voluto dare ad esso un eccessivo risalto. Si sta infatti attraversando un momento di riflessione e discussione che, a mio parere, deve condurre ad una migliore focalizzazione dei rapporti tra il sistema della ricerca e quello delle imprese.

Anche se la mia posizione riflette il punto di vista di uno che ha svolto per più di quarant’anni ricerca nel settore dell’Ingegneria Industriale ed in particolare di quella Meccanica, debbo dire che raramente ho percepito situazioni di difficoltà simili a quelle attuali. Sarà perché i ridimensionamenti verificatesi nella grande industria hanno comportato anche  una progressiva contrazione delle attività di ricerca, sarà perché gli indirizzi che sta prendendo il sistema universitario penalizzeranno sedi come la nostra, ma  certo è che la situazione, fatte salve le debite eccezioni, non favorisce un atteggiamento ottimista.

(nella foto, di repertorio, Franco Nurzia e Franco Meloni, fino al 2009 ai vertici dell’area Innovazione dell’Ateneo di Cagliari, nella rispettiva veste di pro-rettore all’innovazione e dirigente della Dirinnova
Rivolgendo l’attenzione al tema che ci riunisce, rapporti tra ricerca e imprese, osserviamo che non a caso il seminario è promosso dalla Camera di Commercio,  cioè da un Ente a forte valenza territoriale e sensibile, almeno in linea di principio, alle interazioni tra il sistema della ricerca e le realtà produttive operanti nel territorio. Si pongono allora  due necessari interrogativi, e cioè che cosa ha fatto il sistema della ricerca per il sistema delle imprese, ma anche che cosa ha chiesto il mondo delle imprese al sistema della ricerca.

Non v’è dubbio che molta della ricerca sviluppata nel passato, per molteplici e comprensibili  ragioni,  sulle quali in questo momento non intendo addentrarmi, abbia avuto poca attinenza con il territorio;  tuttavia oggi si potrebbe assistere ad un ulteriore impoverimento dei rapporti poichè potrebbe anche accadere che docenti di  discipline che possono legarsi  a problematiche territoriali,  per ragioni connesse  alle modalità di valutazione della qualità della ricerca basate su indicatori bibliometrici, siano indotti ad occuparsi di tematiche con minori ricadute territoriali ma  presentanti un maggior interesse per la letteratura scientifica  internazionale. Potrebbe quindi verificarsi per alcuni, pur importanti, settori un ulteriore allontanamento dell’attenzione dell’Università verso il mondo produttivo  regionale  con l’indebolimento del ruolo essenziale che potrebbe e dovrebbe svolgere l’Università  per  lo sviluppo del territorio.

A queste considerazioni si aggiunga anche la constatazione che molti dei nostri migliori allievi trovano occupazione fuori dalla Sardegna, spesso all’estero  ed in posizioni di prestigio. Orbene se da un lato questo testimonia la validità della formazione impartita dal nostro Ateneo, dall’altro pone in luce sia la crisi occupazionale sia lo scarso collegamento tra i due ambienti.

Ed infatti anche il secondo quesito su quanto il mondo delle imprese o in generale il territorio conosca,  interpelli e stimoli la “propria “  Università  trova limitate  risposte. Sovente non si conoscono le reali competenze, scientifiche e formative, presenti nell’Università e si incontrano  difficoltà di dialogo, talvolta per timore di affrontare costi elevati, altre volte  per definire gli obbiettivi e  armonizzare gli  interessi.

A mio avviso non si possono neppure ritenere portatrici di notevoli ricadute sul sistema delle imprese i progetti di ricerca condotti in  collaborazione tra Università, Centri di Ricerca  ed imprese su tematiche spesso importanti e di ampio respiro. In realtà in molti casi tali attività spesso si risolvono con gli apporti separati dei diversi partecipanti attraverso le competenze disponibili, con vantaggi per ciascuno, ma in generale senza determinare  una interazione più profonda  tra i due sistemi che possa prolungarsi nel tempo con i relativi coinvolgimenti ed arricchimenti.

Il tema che ci riunisce è piuttosto complesso e la nostra discussione deve cercare di dare un contributo per individuare possibili percorsi per avviare collaborazioni efficaci. Vorrei però fare due  ulteriori considerazioni.

La prima riguarda la possibilità di svolgere attività di ricerca in proprio da parte delle imprese.

Mentre la grande imprese possiede le risorse  per investire in tale attività e comunque è in grado di far svolgere quegli studi presso qualunque Centro di Ricerca od Università  ovunque esso sia, non altrettanto accade per la piccola impresa, spesso impossibilitata economicamente ad indirizzare risorse umane e materiali in attività di studio e ricerca.

A questo si aggiunga che non ci si improvvisa ricercatori. E’ una questione di metodo e di forma mentis che chi opera nella ricerca acquisisce nel tempo, imparando a convivere, se ci si riferisce ad esempio ai settori tecnologici, con un continuo susseguirsi di prove di laboratorio, analisi teoriche  e messa in discussione delle ipotesi di lavoro sino al conseguimento di un risultato accettabile. E’ evidente allora che in contesti come quello a noi vicino la ricerca può essere fatta solo dall’Università o Centri di Ricerca attrezzati per le competenze presenti e per la possibilità di dedicare ad essa le necessarie energie. E’ quindi preferibile, nell’interesse di un reale coinvolgimento del sistema della ricerca nelle problematiche di sviluppo delle imprese, che si scelgano  forme di finanziamento dell’ attività di ricerca a strutture dedicate, ma ponendo il vincolo di operare su indicazione o in stretta connessione con le imprese per il raggiungimento di risultati utilizzabili dalle stesse. In altri termini,  da un lato  è necessario evitare che per le imprese il finanziamento per la ricerca divenga una delle tante poste di entrata e dall’altro è importante vincolare il finanziamento alle strutture di ricerca al raggiungimento ( anche in termini temporali) di obbiettivi concretamente valutabili  da parte delle imprese. Una ipotesi interessante, peraltro già ventilata in sede di politica regionale, è quella di istituire dei  voucher da conferirsi  alle imprese per una loro utilizzazione presso strutture di ricerca.

La seconda riguarda le tematiche di ricerca e il contesto in cui vengono svolte . Anche se giustamente l’attività di ricerca viene legata ad un discorso di innovazione, è necessario tener presente che molte delle attività vanno indirizzate non tanto  ad innovazioni di prodotto quanto piuttosto ad innovazioni di processo, includendo in tali termini, per brevità, anche tutti gli altri aspetti che concorrono  a rendere più competitiva l’azienda. Orbene, limitando le osservazioni agli aspetti tecnologici, in molte piccole realtà si registra anche un deficit di conoscenze per esempio nell’impiego di nuovi materiali e di processi lavorativi. E’ necessario pertanto agire  perché possano compiersi quelle  operazioni di trasferimento tecnologico indispensabili per far crescere le acquisizioni tecnologiche dell’impresa e quindi favorirne lo sviluppo. E’ evidente che tale attività precede quella di ricerca in senso stretto ma costituisce  un passaggio ineludibile e può essere messa in conto nel quadro delle attività di formazione di elevato profilo.

Credo che vi siano molti elementi per poter avviare un discussione che mi auguro proficua.

Indubbiamente in questo momento vi sono spazi ed opportunità di interventi per Enti territoriali per incentivare e orientare  l’attività di ricerca. Paradossalmente la complessità della situazione che ho cercato di rappresentare potrebbe costituire una occasione da non perdere per costituire legami forti tra le strutture di ricerca e le imprese operanti nel territorio.

E’ altresì evidente che può essere necessario superare le forme tradizionali di rapporti tra i due sistemi e può essere utile utilizzare forme nuove quali possono aversi attraverso i centri di competenza tecnologica, gli incubatori per imprese innovative , le fondazioni etc., cioè attraverso strutture che possano da un lato essere interlocutori unici  ma, allo stesso tempo , essere capaci di svolgere un ruolo di complessa “mediazione” tra i  diversi interlocutori.

Gli strumenti possono dunque essere molteplici e possono essere  potenzialmente tutti efficaci ovvero infruttuosi.

I risultati sono legati alle risorse disponibili, sia quelle materiali sia quelle umane. Anzi vorrei sottolineare proprio l’importanza di queste ultime, poiché è ben noto che chi si impegna sulle frontiere citate a fronte di una attività svolta con dedizione ed impegno di tempo ed energie avrà modeste soddisfazioni economiche ma, probabilmente, elevate soddisfazioni morali.

* Introduzione ai lavori del Seminario sul rapporto tra ricerca e imprese, organizzato dalla Camera di Commercio di Cagliari il 28 aprile 2012 (Fiera della Sardegna)

Per connessione: intervento di Franco Nurzia alla VII giornata dell’Economia, organizzata dalla Camera di Commercio di Cagliari 9 maggio 2008