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Francesco
Francesco stava attraversando su una piccola barca il lago di Rieti, diretto all’eremo di Greccio e un pescatore gli fece omaggio di un uccellino acquatico, perché se ne rallegrasse nel Signore. Il Padre lo prese con piacere e, aprendo le mani, lo invitò con bontà a volersene andare liberamente. Ma l’uccellino rifiutò, accovacciandosi nelle sue mani come dentro a un nido. Il Santo rimase con gli occhi alzati in preghiera e poi, dopo lungo tempo, ritornato in se stesso come da lontano, gli ordinò di riprendere senza timore la libertà di prima. E l’uccellino, avuto il permesso con la benedizione, se ne volò via, dando col movimento del corpo segni di gioia. (Fonti Francescane 753)
Est arribande…
Scrivo mentre nel Largo innalzano le torri televisive per riprendere papa Francesco. Novelli Zaccheo saliamo sul sicomòro per vedere passare il Maestro, ascoltarlo, fotografarlo, possibilmente toccarlo. Ma il papa non è, come si dice, il rappresentante di Cristo in terra. Gesù – oggi e, soprattutto, nel giorno del ‘giudizio’ – è rappresentato dai poveri, dai carcerati, dai perseguitati e dagli stranieri (vangelo di Matteo 25,40) e, ancora misteriosamente, nel pane consacrato. Francesco è il primo di un’organizzazione che vive e annuncia tutto questo… e, scusate se è poco!
Viene in Sardegna forse non solo per il nostro curioso legame con la sua patria e la Chiesa di origine. Viene dopo Lampedusa e Rio, nella regione più abbandonata della/dall’Italia. Ma non porterà risorse per la nostra povertà. Non potrà salvare operai dal licenziamento o commercianti dal fallimento. Non risanerà le storture della nostra organizzazione sociale o istituzionale. Ci annuncerà solo la fede, la speranza e la carità predicata dal falegname della Galilea, bruciatosi in soli due anni e finito impiccato su una croce. Trasposizione metaforica ed interpretazione teologica dicono che pure noi siamo all’origine di quella morte. E la sua risurrezione alimenta la nostra speranza di salvarci essendo ‘folli’ (1 Cor. 1,23) come Lui.
I sardi accorreranno in tanti a salutare ed applaudire papa Francesco, come già Giovanni Paolo e Benedetto. Ma Francesco arriva in tempi non normali per la Chiesa. Per quello che lui è e per ciò che fa. Per quello che noi siamo, santi e peccatori, anche nella Chiesa sarda. Il Papa ha avviato la rivoluzione di un’organizzazione che, solo sei mesi fa, ha visto le dimissioni del suo predecessore perché impossibilitato a raddrizzarne le storture. Francesco le ha nominate per nome: carrierismo, clericalismo, amore per il potere e le ricchezze, superbia della vita … Da combattere con il ritorno allo spirito e alla lettera del vangelo.
Raramente le rivoluzioni dall’alto hanno avuto successo, se non si sono congiunte ad una convinta spinta da parte del popolo. Attenti osservatori già scrivono che ‘non ci sarà un Francesco II’, intendendo il probabile trasformismo delle strutture clericali, anticipo del fallimento di ogni riforma. Potrebbe non essere così anche per la Chiesa sarda se esamina dentro se stessa quanto di solamente clericale, di esteriore mondanità, di mediocrità essa pure contiene. Se lavora con lena e decisione ad una soluzione di continuità con il suo passato, più o meno recente, ad iniziare da Cagliari.
E’ bene che andiamo a concedere i nostri applausi e gli ‘evviva’ a Francesco. Servono anche a lui per vincere una difficile battaglia. Che è pure incitamento alle nostre. Nella fede in noi stessi, nell’appoggio reciproco, nella speranza operosa. I doni che, credenti e non credenti, occorrono ai sardi.
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Questo articolo è stato pubblicato anche su L’Unione Sarda di oggi (21 settembre), con alcuni cambiamenti per ragione di spazio e integralmente sul sito della Fondazione Sardinia.
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Il programma della visita papale, Cagliari domenica 22 settembre 2013
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Oggi 21 settembre San Matteo. Auguri a tutti i Matteo e alle Mattee
con Bomeluzo