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con gli occhiali di Piero…

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501419- Un anno fa su Aladinpensiero, il 5 marzo 2014-
- Emilio Lussuemilio-lussu

Federalismo e pacifismo: il messaggio di Lussu a 40 anni dalla sua morte

Lussu di Foiso Fois
di Francesco Casula
Il 5 marzo prossimo ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Emilio Lussu. Ebbene in Sardegna, la sua terra, nessuna pubblica istituzione né partito pare che intenda ricordarlo. Gli è che i politici – ma anche le istituzioni culturali, le Università per esempio – sono impegnati in ben altri riti. Lussu rimane ancora un personaggio “scomodo” e disadatto ad ogni incorporazione storica dei vincitori, anche post mortem. Così, anche quando lo si celebra e lo si ricorda, si cerca di sterilizzare il suo pensiero, la sua eredità morale, politica e persino letteraria. E’ successo così negli ultimi decenni, in cui dopo anni di colpevole silenzio, molti, troppi in Sardegna si sono scoperti e riconosciuti “sua figliolanza” (l’espressione è della moglie Joyce). Magari quelli stessi che in vita hanno combattuto Lussu e le sue idee. Ed hanno cercato, tutti, di tirare Lussu per la giacchetta, cercando di “convertirlo”, di purgare le parti più scomode del suo pensiero, per mitizzarlo e imbalsamarlo. Una volta sterilizzato e ridotto a “santino”, innocuo e rassicurante, si può anche “mettere nella nicchia” (anche quest’espressione è di Joyce) per diventare dio protettore dei sardi e della Sardegna.
Si dimenticano costoro chi era Lussu, uomo di parte. Sempre dalla parte del popolo lavoratore sardo, pacifista e federalista, nemico giurato dello Stato burocratico e accentratore, degli ascari e mediatori locali e delle clientele, della politica ridotta a mera gestione del potere. Nel 1945, quando era Ministro del Governo Parri, Vittorio Foa suo compagno di partito, una volta andò a chiedergli di mettere una firma sotto un’autorizzazione per aiutare finanziariamente il suo Partito. Lussu rispose: “puoi chiedermi di montare a cavallo ed andare in via Nazionale a rapinare l’oro della Banca d’Italia e io, per il Partito, lo faccio subito. Ma mettere una firma sotto una cartaccia mai!” Questo era Lussu, sempre e non solo nel 1945. Rientrato nel 1919 dal fronte, viene trattenuto in servizio di punizione alla frontiera iugoslava per aver dimostrato che un generale si era arricchito vendendo cavalli e altri beni dell’esercito. Una bella lezione a molti politici di oggi, immersi nell’affarismo e nella melma della corruzione.
Scomodo è anche il suo lascito ideale, culturale e di pensiero: ad iniziare dalla sua teoria federalista che si coniuga in modo inscindibile con i valori forti della libertà e dei diritti, della democrazia diretta e dell’autogoverno, della partecipazione e del controllo popolare. Scrive in un saggio del 1933, pubblicato nel n. 6 di «Giustizia e Libertà»: ”Frequentemente accade di parlare con uno che riteniamo federalista perché si professa autonomista e scopriamo invece, che è unitario con tendenze al decentramento”.
E precisa: ”Ora la differenza essenziale fra decentramento e federalismo consiste nel fatto che per il primo la sovranità è unica ed è posta negli organi centrali dello Stato ed è delegata quando è esercitata dalla periferia; per l’altro è invece divisa fra Stato federale e Stati particolari e ognuno la esercita di pieno diritto”. Quando Lussu parla di sovranità “divisa” fra Stato federale e Stati particolari – o meglio federati, aggiungo io – di “frazionamento della sovranità”, pensa quindi alla rottura e alla disarticolazione dello stato unitario “nazionale” che deve dar luogo a una forma nuova di Stato di Stati, in cui “per Stati non si intendono più gli Stati nazionali degradati da Enti sovrani a parti di uno stato più grande, ma parte o territori dello stato grande elevati al rango di stati membri”: l’intera frase virgolettata è tratta da «Federalismo» di Norberto Bobbio, «Introduzione a Silvio Trentin».
In questo modo il potere sovrano originario e non derivato spetta a più Enti, a più Stati e perciò scompare la sovranità di un unico centro, dello stato come veniva concepito nell’Ottocento – che Lussu critica in quanto “unica e assorbente” – di un unico potere e soggetto singolare per fare capo a più soggetti e poteri plurali. Con questa impostazione Lussu supera il concetto di unipolarità con cui si indica la dottrina ottocentesca in cui libertà e diritto fondano la loro legittimità solo in quanto riconducibili alla fonte statale. Quella su Federalismo è un’altra lezione a chi oggi, lungi da imboccare la strada della riforma dello Stato in senso federalista, attacca le Autonomie locali e, delirando, pensa all’abolizione delle Regioni, per ritornare a uno Stato centralista e centralizzatore.
Infine il suo Pacifismo. Interventista convinto e “chiassoso”, parteciperà alla Prima Guerra con entusiasmo, giustificandola “moralmente e politicamente”. Al fronte però sperimenta sulla propria pelle, l’assurdità e l’insensatezza della guerra: con la protervia e stupidità dei generali che mandano al macello sicuro i soldati; con i pidocchi, i miliardi di pidocchi, la polvere e il fumo, i tascapani sventrati, i fucili spezzati, i reticolati rotti, i sacrifici inutili. Ma soprattutto con l’olocausto degli uomini sfracellati e le foreste di crani nei cimiteri militari; con i 13.602 sardi morti su 100 mila pastori, contadini, braccianti chiamati alle armi: i figli dei borghesi, proprio quelli che la guerra la propagandavano come “gesto esemplare” alla D’Annunzio per intenderci o, cinicamente, come “igiene del mondo” alla futurista, alla guerra non ci sono andati..
Scriverà a questo proposito Camillo Bellieni, compagno d’armi prima e di Partito poi, di Lussu:”Chi accennasse a selvagge passioni brulicanti nel nostro sangue nel tragico istante della mischia non avrebbe altra scusa per il suo errore che l’immensa ignoranza delle nostre cose. Giudizi simili possono essere dati solamente da coloro che non hanno visto l’infinita tristezza dei nostri soldati nell’ora precedente all’azione”.
La retorica patriottarda e nazionalista, vieta e bolsa, sulla guerra come avventura e atto eroico, va a pezzi. “Abbasso la guerra”, “Basta con le menzogne” gridavano, ammutinandosi con Lussu, migliaia di soldati della Brigata Sassari il 17 Gennaio 1916 nelle retrovie carsiche, tanto da far scrivere allo stesso Lussu – in «Un anno sull’altopiano»“Il piacere che io sentii in quel momento, lo ricordo come uno dei grandi piaceri della mia vita”. Anche perché, in cambio dei 13.602 sardi morti in guerra, (1386 morti ogni diecimila chiamati alle armi, la percentuale più alta d’Italia, la media nazionale infatti è di 1049 morti) – per non parlare delle migliaia di mutilati e feriti – ci sarà il retoricume delle medaglie, dei ciondoli, delle patacche. Ma la gloria delle trincee – sosterrà lo storico sardo Carta- Raspi – “non sfamava la Sardegna”.
Nascerà dalla sua esperienza sul fronte l’opposizione netta, radicale, decisa di Lussu alla guerra:” Di guerre non ne vogliamo più – scriverà – e vogliamo collaborare e allontanare la guerra vita natural durante nostra e dei nostri figli e a renderla impossibile per sempre, disarmandola”. Chi vuole la guerra, secondo Lussu, è chi non la conosce, parafrasando in qualche modo il seguente apoftegma:”Chi ama la guerra non l’ha mai vista in faccia” (Erasmo da Rotterdam, «Adagia, Sei Saggi politici in forma di proverbi», Einaudi, Torino 1980).
Una lezione pacifista, quanto mai attuale e opportuna, specie in un momento in cui nuove inquietanti fosche e minacciose avvisaglie di guerra sembrano apparire nell’orizzonte.
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Emilio Lussu

Emilio Lussu
Emilio Lussu. Uomo politico e scrittore sardo (Armungia, 4 dicembre 1890 – Roma, 5 marzo 1975)
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Il cavaliere dei Rossomori e la questione morale

lussu
di Giuseppe Andreozzi

Giuseppe Fiori, nel bellissimo saggio “Il cavaliere dei Rossomori”, riporta un aneddoto su Emilio Lussu riferito da Vittorio Foa, che all’epoca del fatto era segretario, con altri, del Partito d’Azione. Lussu era ministro dell’assistenza post bellica nel governo guidato da un altro compagno di partito, l’azionista Ferruccio Parri (21 giugno – 10 dicembre 1945).

Ricorda Foa: «Nel settembre 1945 …. andai (da Lussu) a chiedergli, per aiutare finanziariamente il partito di cui entrambi facevamo parte, di mettere una firma sotto un’autorizzazione, cosa consueta nel sottobosco politico del tempo. Lussu rispose: “Compagno, puoi chiedermi di montare a cavallo e andare in via Nazionale a rapinare l’oro della Banca d’Italia, e io – per il partito – lo faccio subito. Ma mettere una firma sotto una cartaccia, giammai!” »

Chi ha avuto modo di conoscere Vittorio Foa, o almeno la sua storia, arrestato all’età di 25 anni e condannato a 15 anni di carcere dal tribunale speciale fascista, può immaginare che si trattasse di un peccato veniale e si legge l’ironia dell’uomo nel riferimento alle consuetudini del “sottobosco politico del tempo”, se pensiamo che Foa raccontò il fatto negli anni ’80, quando il sottobosco aveva ormai soverchiato la foresta. Ma la lezione fu sicuramente salutare per il giovane segretario.

Quanto a Lussu, sappiamo che dopo la caduta del governo Parri fece parte ancora per pochi mesi (fino al 20 febbraio 1946) del primo governo De Gasperi, ma solo come ministro “senza portafoglio”, oggetto, quest’ultimo, che doveva essere ritenuto inutile nelle mani di un simile uomo politico.

Poco dopo finiva anche, col partito d’azione, la straordinaria esperienza di una forza politica che aveva preteso di coniugare libertà democratiche e socialismo, governo del mondo e diritto dei popoli all’autodeterminazione, il sardismo di Lussu e l’europeismo federalista di Spinelli. Saldata sul cemento del movimento antifascista di Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli. Fatta di persone straordinarie per integrità e spessore intellettuale e morale come Norberto Bobbio, Piero Calamandrei, Carlo Azeglio Ciampi, Vittorio Foa, Alessandro Galante Garrone, Leone Ginzburg, Riccardo Lombardi, Emilio Lussu, Eugenio Montale, Ferruccio Parri, Gaetano Salvemini, Altiero Spinelli, Giorgio Spini, Leo Valiani, Bruno Zevi.

Il paragone col presente intristisce. Però dobbiamo immaginare che quel patrimonio di idee, di coraggio e di esempi non è scomparso per sempre, come acqua gettata nel deserto, ma scorre ancora nel sottosuolo e forma una specie di fiume carsico che ognuno di noi deve alimentare ogni giorno, con pazienza. Sapendo che un giorno potrà risalire e scatenarsi contro le ingiustizie e l’immoralità con la furia di un coraggioso cavaliere.
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Pubblicato anche sul sito dei Rossomori

Gli OCCHIALI di PIERO

Alessandro ManzoniCITAZIONE DELLA SERA
La storia senza la politica è una guida che cammina, cammina, con nessuno dietro che impari la strada; la politica senza la storia è uno che cammina senza guida. (Alessandro Manzoni).

MartinLuteroMARTIN LUTERO
Il 31 di ottobre del 1517 un frate agostiniano, sassone di origini contadine, laureato in teologia, affigge sul portone della cattedrale di Wittenberg, 95 tesi che mettono in discussione la politica di santa romana chiesa della vendita delle indulgenze (per guadagnare il paradiso) per raccogliere fondi pro erigenda basilica di S. Pietro in Roma.
Parte da questo avvenimento la Riforma protestante.
Non fu cosa facile, se si pensa che Martin Luther rischiò la testa.
Tra le cose che la Riforma mise in discussione fu l’uso esclusivo del latino nella liturgia e il rifiuto relativo delle lingue volgari (a proposito, quale sarebbe il problema di celebrare la messa in sardo in Sardegna?), così che la lettura e l’interpretazione della Bibbia era riservata ai dotti, nonostante circolassero ormai edizioni della Bibbia nelle lingue volgari (la prima Bibbia stampata da Gutenberg nel testo della Vulgata è del 1455).

ANTEO ZAMBONI
Su 31 de su mes’e ladamini de su 1926 arribat sa nova in Casteddu chi a Bologna unu piccioccheddu boliat bocciri a Mussolini. Su piccioccu, Anteo Zamboni, 15 annus, dd’anti mortu a stoccadas in sa ruga. Custu pero’ a su segretariu de su partidu fascista no dd’abbastat e mandat in donnia cittadi unu telegramma cun custus fueddus “restano da colpire i complici”.
(da “Emilio Lussu”, di Piero Marcialis, 1996).
Anteo Zamboni era nato a Bologna l’11 aprile 1911. figlio di un tipografo anarchico divenuto fascista. Anteo si appostò nel punto in cui l’auto del Duce rallentava per svoltare, tra via Rizzoli e via Indipendenza, sparò un colpo di pistola, ma il braccio fu deviato da un maresciallo dei carabinieri.
Il colpo sfiorò soltanto Mussolini. Il tenente del 56° fanteria Carlo Alberto Pasolini, padre del piccolo Pier Paolo, bloccò l’attentatore. Subito dopo un gruppo di squadristi bolognesi e milanesi lo massacrò. (segue)

Gli OCCHIALI di PIERO

CITAZIONE DELLA SERA
I nostri responsabili nazionali e regionali darebbero esempio di umiltà se si ritirassero per qualche anno in mezzo ai lavoratori delle officine, delle miniere e delle campagne, a farvi un serio corso di rieducazione democratica e socialista. E quelli fisicamente più deboli nell’Istituto Gramsci, per approfonditi studi sulla prassi. (Emilio Lussu).

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501414MARCIA SU ROMA
28 ottobre 1922, nigro signanda lapillo.
Sono ben noti i delitti, le smargiassate, il razzismo e il disastro militare.
Meno noti l’avversione all’autonomia (“non intendo fare la minima concessione all’autonomia”, Mussolini), il disprezzo della lingua sarda e di tutte le parlate locali, considerate primitive e distintive delle classi inferiori per censo e per cultura. Obbligatorio quindi l’uso dell’italiano nella vita pubblica, a scuola, nelle feste, nelle funzioni religiose.
La faccenda è continuata in democrazia ed è ancora imperante e coriacea, per non dire di altre spiacevoli cose.
Ciò che è storicamente superato è ancora storicamente presente.

Rafael Alberti ft1RAFAEL ALBERTI
Il 28 ottobre 1999 muore a Cadice il poeta Rafael Alberti.
Ho avuto occasione, non dico di conoscerlo, ma di incontrarlo.
Ero militare a Roma, nel ’75, in fuga dalla caserma per seguire gli amici della Cooperativa Teatro Sardegna che rappresentavano al Tor di Nona
“Gli occhi tristi di Guglielmo Tell” di Alfonso Sastre, periodo pasquale.

La LAMPADA di ALADIN

lampadadialadmicromicro133foisoFOIS emilioLUSSUNereide Rudas, psichiatra e studiosa, apprezzata a livello internazionale, nel corso della sua lectio tenuta ieri presso la Fondazione Sardinia di Cagliari, su: “La vergogna dei sardi” ha avanzato la proposta che le ceneri di Emilio Lussu tornino in Sardegna. E’ una iniziativa che ci sentiamo di caldeggiare (completandola con la considerazione che devono tornare insieme le ceneri di Joyce), per ora sommessamente, considerato che la decisione al riguardo spetta innanzitutto al figlio di Emilio e di Joyce Lussu, Giovanni. Dedicheremo ampio spazio a considerazioni sul significato che può avere tale proposta, per ora solo un auspicio, e richiederemo al riguardo interventi di esponenti autorevoli della cultura e della politica sarda. Per ora ci limitiamo a segnalare dove si trovano attualmente le ceneri di Emilio e Joyce Lussu. Ecco un’informazione finora sconosciuta ai più. Da un articolo di Silvia Ballestra su L’UNITA’ del 27/08/2004, riportato sul blog di Rosetta Martellini: “(…) Il 15 febbraio del 2003, il giorno della grande manifestazione a Roma contro la guerra in Iraq, sono finalmente riuscita ad andare a vedere dove Giovanni Lussu ha sistemato le ceneri di Emilio e Joyce. Sono al cimitero degli Inglesi al Testaccio, un luogo bellissimo ove riposano tanti poeti e scrittori, poco distanti dalla tomba di Gramsci”.

Sa die de sa Sardigna 2013: pubblicati i video dell’evento “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”

Pubblicati i video del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi”
Tramas de amistade ha pubblicato i video degli interventi del convegno “Le cinque domande del 2013, a noi stessi” che si è tenuto sabato 27 aprile 2013 nel Palazzo Viceregio di Cagliari. Il cercare di sapere dove deve andare la Sardegna di domani, rispondendo a cinque domande, è stato il tema dell’iniziativa con la quale la Fondazione Sardinia, le associazioni Tramas de Amistade e ‘Riprendiamoci la Sardegna’, il blog del giornalista Vito Biolchini a Aladinews hanno voluto celebrare Sa die de sa Sardigna.

Gli approfondimenti in Aladinews

Riflessione correlata: La Brigata Sassari di Emilio Lussu. Possiamo ripercorre quell’esperienza attualizzandola nei tempi di Erasmus e Master and Back?

Gli OCCHIALI di PIERO

Enrico Mattei, Duke Ellington, Zizi Jeanmaire, Cosa direbbe Emilio Lussu?
ENRICO MATTEI
EnricoMatteiNasce il 29 aprile 1906, il padre carabiniere soleva dire “è brutto essere poveri, perchè non si può studiare e senza titolo di studio non si può fare strada”.
Operaio, ragionieri, piccolo imprenditore, nel 1943 nella Resistenza, partigiano cattolico. Fa riferimento alla sinistra democristiana, ma utilizza i rapporti avviati da partigiano, tra cui l’amicizia con Luigi Longo, comunista. Riorganizza l’Agip, trova il petrolio a Cortemaggiore nel 1949, fonda l’ENI nel 1953. Apre rapporti col mondo arabo e con l’Unione Sovietica, mette in crisi il predominio delle 7 sorelle inomba campo petrolifero. Pur minacciato continua la sua opera fino alla fine: il 27 ottobre 1962, il piccolo aereo che lo riporta a casa dalla Sicilia esplode in volo, non per il temporale ma per una bomba. Muoiono lui, il pilota e un giornalista americano.
Sulla sua morte l’ombra della Mafia e delle 7 sorelle. Mauro de Mauro, giornalista che aveva studiato la vicenda e doveva fornire elementi al regista Rosi per il film “Il caso Mattei “, scompare misteriosamente. Gli investigatori che si occuparono del caso furono uccisi dalla Mafia, tra essi Boris Giuliano e Carlo Alberto Dalla Chiesa.