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Per un’economia al servizio dell’umanità
L’economia sociale e solidale come economia della società.
Michela Passalacqua – IL PUNTO DI LABSUS, 13 dicembre 2016
Secondo il Trattato istitutivo, l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, anche grazie all’affermarsi di un’economia sociale fortemente competitiva. Tale formula, in estrema sintesi, rimette in via principale lo sviluppo economico al funzionamento dei meccanismi di mercato, alimentati dalla razionalità dello scambio, strumentale al profitto. Gli effetti delle dinamiche competitive devono però essere mitigati da interventi pubblici a tutela dei diritti sociali di coloro che restano marginalizzati dal libero gioco delle relazioni economiche. Si pensi, ad esempio, alle prestazioni rese per assicurare il diritto all’abitazione, all’istruzione, alla salute. In questo modello, Stato e mercato operano separatamente: il secondo fisiologicamente genera disuguaglianze, di cui dovrebbe occuparsi il primo, grazie alla funzione redistributiva. Nel diritto europeo, quindi, l’economia deve essere conformata al sociale dai pubblici poteri, chiamati a riparare alle disparità create dal funzionamento del mercato.
Come può l’economia essere sociale e solidale?
Diversa è invece l’Economia sociale e solidale (ESS), priva di alcuna menzione o riconoscimento nei Trattati europei, affermatasi in Francia e in alcuni paesi dell’America latina.
Questa economia diventa sociale perché capace di esprimere, in positivo, il divenire delle relazioni tra gli individui, i quali concludono transazioni governate dal paradigma della reciprocità, nel senso che un soggetto agisce a favore di un altro non per la pretesa di una ricompensa ma per l’aspettativa che anche un altro soggetto in futuro agisca a suo favore, direttamente, o indirettamente; questo sembra poter accadere spontaneamente quando le persone agiscono a favore dello stesso interesse generale – recte: il “Comune” –. È un’economia della società, nel senso che si fonda sulle relazioni sociali tenute insieme dai doveri di solidarietà: è come se gli individui (soggetti) legati da un interesse generale (oggetto) riuscissero a riemergere in una dimensione anche soggettivamente pubblicistica, capace di andare oltre i diritti e gli interessi dei singoli (se ne veda la definizione nel Dizionario dell’altra economia a cura di J.L. Laville e A.D. Cattani). Questo processo di consolidamento della società civile in un polo sostanzialmente pubblicistico intende condurre al cambiamento sociale attraverso l’innovazione delle pratiche con cui si realizza la socialità. Si respinge dunque l’idea di voler affrontare la nuova “questione sociale” attraverso strumenti rimediali, cioè meramente riparatori.
L’ESS, pertanto, non si presta ad essere ridotta al c.d. terzo settore, né tantomeno può essere definita in chiave unicamente soggettiva, cioè limitandosi a ricavarne i confini dagli statuti dei soggetti, quali associazioni fondazioni o cooperative che almeno formalmente non operano per fini di lucro, sebbene spesso nella realtà sembrino essersi ben adattati agli schemi d’azione tipici degli attori dell’economia di mercato.
In definitiva, l’ESS funziona in modo tale da risultare perfetta per la realizzazione dell’interesse generale, ovvero del “Comune”.
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