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Do you remember, t’arregordas la “Città dell’Impresa”? (II parte)
Non ricordo quante riunioni fece il Comitato di gestione, senza dubbio pochissime. Ne ricordo solo una a cui partecipò il sindaco di allora, Emilio Floris, il quale fece una dura reprimenda al dirigente responsabile, rimproverandogli di aver fatto poco o nulla per avviare le iniziative della “Città delle Imprese” e minacciando di trasferire l’intero progetto all’Università. Cosa che evidentemente non fece. Di quella riunione ricordo ancora – ed è quanto mi preme mettere in evidenza per il ragionamento che faccio di seguito – la richiesta che mi fece il Sindaco nella mia veste di rappresentante dell’Ateneo: “Senti Meloni, il Comune è impegnato in questi giorni a definire uno o più progetti per la costituzione delle zone franche urbane. Ti confesso che non ne so quasi nulla e altrettanto i miei uffici. Ti chiedo se l’Università può darci una mano. Intanto per chiarire la questione. Poi per aiutarci a definire i progetti nel modo migliore”. Io risposi che sicuramente l’Università era in grado di fornire più che un aiuto, molto al di là della precisa richiesta del Sindaco, nel quadro di relazioni che meritavano ulteriori approfondimenti, innanzitutto con il coinvolgimento del Rettore e del pro-Rettore all’Innovazione e, per loro tramite, delle strutture e del personale di ricerca dell’Ateneo. Feci subito alcune esemplificazioni di quanto poteva fare l’Università, che qui ripeto, anche perché di perdurante attualità: 1) rafforzare il sistema di consulenza alla giovane impresa innovativa, quale quella che si stava già costituendo con i primi spin off, innanzitutto attraverso lo sportello, emanazione dell’Ufficio Liaison office, già funzionante nell’edificio, finanziato con i fondi del progetto Ilon@Sardegna, per poi proseguire con i fondi del progetto Innovare (finanziamenti che perdurano nella programmazione 2014-2020 FESR e FSE). In questo ambito si potevano approfondire questioni come le zone franche urbane e, in generale, riferentesi a tutte le attività innovative. Per queste finalità attivando collaborazioni con giovani laureati, borse per assegni e dottorati di ricerca e così via. 2) Specifici studi di interesse del Comune potevano poi effettuarsi utilizzando la legge regionale n.7 del 2007 (Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna). Giova ricordarla questa legge di grande pregio, della quale fu principale promotore ed estensore il prof. Gianluigi Gessa, anche nella sua veste di consigliere regionale della consigliatura in cui fu varata. Della legge per stretta pertinenza rispetto a quanto qui trattato riporto di seguito integralmente l’articolo 5.
Legge Regionale 7 agosto 2007, n. 7
Promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna.
(omissis)
Art. 5
Trasferimento di conoscenze e competenze scientifiche e tecnologiche
1. La Regione al fine di promuovere il trasferimento delle conoscenze e competenze scientifiche e tecnologiche presso le imprese e le amministrazioni pubbliche, nonché lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali innovative in Sardegna:
a) promuove l’avvio di iniziative imprenditoriali basate sulla conoscenza prodotta in Sardegna dalle università e dagli enti e centri di ricerca pubblici e privati che abbiano una ricaduta economica ed occupazionale;
b) sostiene, per un periodo di tempo non superiore a due anni, la proprietà intellettuale di scoperte di particolare interesse realizzate dalle università e dagli enti e centri pubblici di ricerca operanti in Sardegna;
c) sostiene programmi per favorire il distacco temporaneo di ricercatori e tecnici dalle università e dagli enti pubblici di ricerca alle amministrazioni pubbliche e alle imprese operanti in Sardegna e viceversa;
d) cofinanzia progetti di trasferimento tecnologico tra il sistema della ricerca e quello delle imprese e delle amministrazioni pubbliche;
e) sostiene la costituzione, il potenziamento e il coordinamento di appositi strumenti informativi secondo il modello dei “liaison office”.
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Di recente abbiamo commentato positivamente la ripresa dell’iniziativa dell’Università di Cagliari nel e col territorio, nello svolgimento della sua terza missione (Dove eravamo rimasti? Dopo cinque anni di quasi deserto l’Università di Cagliari riprende un rapporto sistemico con le imprese. Su Aladinews del 6 novembre 2015), ma occorre fare di più: occorre una maggiore integrazione tra università e ambiente di suo primo riferimento: la città, l’area vasta (oggi definita metropolitana), la regione intera (nel perseguimento della concreta realizzazione con l’Università di Sassari di una vera Federazione “Università della Sardegna”). Un esempio concreto lo troviamo proprio per la questione che poneva il Sindaco Floris: le zone franche urbane e, per naturale estensione, i punti franchi doganali. Ecco, ci aspetteremo che quanto prima il rettore dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo, annunciasse che l’Università di Cagliari ha costituito un gruppo di lavoro integrato ricercatori-tecnici-amministrativi per collaborare con tutti i soggetti coinvolti alla concreta realizzazione delle zone franche urbane e dei punti franchi, con la formulazione e la gestione di adeguati progetti. Non solo studio teorico quindi, anche concrete applicazioni, con la nascita di appositi laboratori di ricerca, da realizzarsi nelle aree adiacenti il punto franco doganale del porto di Cagliari e non solo. Il porto però è fondamentale: una risorsa sui cui puntare, centrale nell’economia del mare. Non dimentichiamo che l’economia del mare non può fare a meno dell’apporto delle competenze scientifiche dell’Università. Riprendiamo in questo contesto il concetto di nuovo sviluppo della città verso il mare (Riflessioni sul futuro di Cagliari: il mare come strategia di sviluppo per sbloccare e liberare la città. Ma occorre una diversa classe dirigente).