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Todos cabaleros, tutus programmadores!
Dritto&Rovescio.
di Vanni Tola
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Da un po’ di tempo, in modo particolare, ma direi da sempre, chiunque sappia scrivere due righe e abbia una sia pur minima conoscenza di cose di Sardegna, si cimenta nella difficile arte della programmazione dello sviluppo dell’isola. Ottime idee e vere e proprie idiozie sono presentate ai sardi come la soluzione vincente per uscire dalla crisi, per avviare un nuovo modello di sviluppo, per individuare il settore portante per una nuova rinascita, per conquistare dipendenza e autonomia dall’Italia, dall’Europa, dal mondo intero. Analogo impegno è esercitato nel confutare e contrastare qualunque progetto di sviluppo, qualunque proposta di investimento industriale e produttivo che non coincida con le opinioni personali degli occasionali “consigliori” dei Sardi. Unire le Università di Cagliari e Sassari in un’unica Università? Ed ecco che qualcuno propone di farlo in campo neutro, a Nuoro. Perché? Per garantire una forte ipotesi di sviluppo alla città del centro Sardegna. Sì ma perché no a Oristano o in altre parti della Sardegna? Rilanciare lo sviluppo dell’isola sviluppando la centralità dell’agro-pastorizia? Si va bene ma c’è chi parla anche della centralità del turismo come prioritaria su tutti gli altri comparti produttivi. Biochimica e biotecnologie (e non chimica verde che sembra una parolaccia impronunciabile)? Per carità, Dio ce ne scampi e liberi, niente chimica. C’è sempre qualcuno che reclama il diritto alla conservazione dell’ambiente sardo cosi com’è, immutato, bello come una cartolina. Pazienza se non da lavoro e risorse ai sardi, tanto i teorici dell’incontaminato assoluto spesso traggono la loro fonte di sostentamento da sorgenti certe, affidabili e perenni. Coltivare cardi e canne per produrre prodotti che utilizziamo tutti i giorni quali l’etanolo (nelle benzine) e le resine che fanno parte degli pneumatici delle nostre auto? Giammai, “ a fora” questi progetti. Poco importa se cosi facendo continueremo a ricavare tali sostanze dal buon vecchio petrolio. Le canne poi, come i cardi, presenti da sempre nel territorio, possono e devono essere utilizzate soltanto per dare titoli a opere letterarie (Canne al vento), per suggestioni poetiche e per costruire launeddas. Basta. Allora come ne veniamo fuori? Direi che un aiuto prezioso potremmo riceverlo dalla saggezza popolare, da sempre guida per i popoli. “ A donz’unu s’arte sua”. La programmazione dello sviluppo di un’area geografica deve essere demandata a esperti del settore di comprovata esperienza, magari attraverso un bando internazionale e un concorso di idee serio ed efficace. Le direttive di sviluppo dei diversi comparti produttivi della nostra modesta economia devono essere indicati da chi ha le competenze necessarie per farlo. Non può essere un comune cittadino o un rappresentante politico appena insediato nel consiglio regionale a poter stabilire quale deve essere lo sviluppo dell’agro-industria, della sanità, dei trasporti, del turismo per il solo fatto di aver ricevuto una investitura politica nelle ultime elezioni. Qualcuno potrebbe osservare che cosi facendo si corre il rischio di escludere il popolo sardo dalla possibilità di manifestare opinioni sulle scelte di sviluppo e sui destini dell’Isola. Timore comprensibile che non si esorcizza però con il libero esercizio della programmazione fai da te. Il modello di sviluppo deve anche essere (direi soprattutto essere) una proposta convincente e coinvolgente verso i Sardi. Forme di consultazione popolare e di coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali, dei comitati dei cittadini, dovranno essere certamente garantite e precedute da serie e obiettive campagne di informazione che favoriscano scelte ragionate e orientamenti consapevoli dei singoli. Ma occorre, a mio parere, una scelta di obiettività e di consapevolezza. Creare un movimento per il “no” a qualcosa è facile, basta una assemblea e pochi militanti determinati per generare la convinzione che un’intera comunità, una vasta area sia effettivamente contraria a questo o quel progetto. Se poi si va a verificare il reale livello di informazione fra la gente si realizza che è generalmente molto basso. Il discorso sarebbe analogo anche per i comitati per il “si” a qualcosa che, e forse non è un caso, sono in realtà molto pochi. Intanto che l’opinione pubblica si divide in interminabili discussioni, si misura con convegni e analisi sul tutto e sul niente la Sardegna naviga a vista mancando di tutto, dal piano industriale al piano energetico, dalla programmazione di interventi per arginare lo spopolamento alla politica per l’occupazione e il lavoro. Capitano cercasi per questa sgangherata nave.