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la meglio gioventù della scuola popolare… Domenica nell’ambito di “Monumenti aperti 2015″

monuaperri scuolpopoNegli anni Settanta funzionò a Is Mirrionis la “Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis”, che ha consentito a centinaia di lavoratori del quartiere e del resto della città di acquisire una seria preparazione culturale, conseguendo – in alcuni casi – il titolo di licenza elementare e – nel maggior numero dei casi – di media inferiore.Tale circostanza ha consentito a molti lavoratori migliori prospettive di lavoro e, spesso, il proseguimento di ulteriori percorsi formativi.
Questa esperienza, condotta da un gruppo di universitari e laureati, che si poneva nella scia degli insegnamenti di don Lorenzo Milani, pensatore cattolico e animatore della Scuola Popolare di Barbiana, ha costituito un grande esempio di solidarietà sociale e di pratica di riscatto culturale dei ceti popolari che oggi sembra importante ricordare, valorizzare, riproporre nei suoi elementi fondanti di solidarietà e impegno sociale e culturale.
Attualmente lo stabile in cui si svolse l’attività della Scuola Popolare e in prosieguo quella del Comitato di quartiere e del Circolo culturale versa in stato di grande degrado, che è importante superare per restituire la struttura al suo utilizzo più congeniale, al servizio del quartiere e della città.
La descrizione dei luoghi e delle citate esperienze che vi si sono svolte sarà oggetto dell’apposita visita e passeggiata che viene proposta nell’ambito della manifestazione “Monumenti aperti” che si terrà domenica 10 maggio 2015. Ecco una breve descrizione dell’esperienza centrata sugli aspetti motivazionali dei suoi promotori.
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lezione alla scuola popolare 1971
La Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis
di Franco Meloni
Perchè a vent’anni è tutto ancora intero, perchè a vent’anni è tutto chi lo sa, a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età…
- Francesco Guccini – “Eskimo”, Amerigo, 1978.

Così scriveva nel 1978 Francesco Guccini nella sua canzone Eskimo, pensando a quando aveva vent’anni. A nostro parere un po’ a ragione un po’ a torto. Perchè noi che nel 1971 iniziammo l’esperienza della Scuola popolare di Is Mirrionis, avevamo ciascuno 20 anni – chi più, chi meno – e quantunque idealisti e sognatori e, a volte, abbastanza ingenui, non eravamo affatto stupidi. Ci facemmo carico dei problemi della gente specie di quella meno abbiente, delle masse popolari, come si diceva allora. Lo facemmo per quanto eravamo capaci di fare e solo con le nostre risorse: denari pochi, i nostri; nessuna altra risorsa a disposizione come locali e attrezzature. Dotati invece della consapevolezza di avere sufficiente intelligenza, buona preparazione culturale e adeguate competenze scolastiche, buona volontà, tanta passione e entusiasmo… da mettere in campo per contribuire a risolvere qualche problema della gente, nel nostro caso la carenza di preparazione culturale e del titolo di studio di scuola media inferiore dei lavoratori dei quartieri popolari. Le risorse materiali ce le saremo procurate nel tempo, come infatti avvenne. Noi, i promotori, in prevalenza studenti universitari, con qualche laureato, volevamo semplicemente “cambiare il mondo” muovendoci concretamente nel nostro piccolo, che però ci sembrava “grande”. Facendo cose modeste, alla nostra portata, avevamo comunque la certezza di farle come parte attiva di un movimento complessivo di dimensioni planetarie: quello della lotta dei popoli per liberarsi dallo sfruttamento e dall’oppressione capitalistica. I nostri riferimenti erano molteplici e ci sembravano privi di contraddizioni: le lotte studentesche del 68 e oltre, le lotte operaie dal ’69 in poi, la guerra di liberazione del Vietnam… ma anche l’insegnamento di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana e le esperienze dei “cristiani per il socialismo”. Pur collocandoci in un ambito progressista con simpatie per tutti i movimenti rivoluzionari di sinistra, la nostra esperienza si caratterizzava per una convivenza pacifica anche se fortemente dialettica tra le diverse anime della sinistra, sia extraparlamentare (che raccoglieva il più alto numero di consensi) sia parlamentare. Fuori dalla Scuola popolare lo scontro dialettico era forte e spesso paralizzante, dentro la Scuola ci univa il lavoro concreto e la pratica della partecipazione democratica.

Il nostro pregio fu pertanto quello di coniugare comuni ideali di solidarietà con la pratica della partecipazione democratica, applicata al fare scuola, in modo che ritenevamo decisamente alternativo ai modelli dominanti. Così ogni decisione importante per la gestione della scuola veniva presa in assemblea. I docenti avevano certo un ruolo specifico nel trasmettere le conoscenze, ma la gestione della scuola era affare di tutti e l’organizzazione conseguente. Tanti sono gli esempi che potremmo portare al riguardo, tra tutti la conduzione della vertenza con la Curia, che ci portò a salvaguardare l’utilizzo dei locali che il Parroco voleva toglierci dopo alcuni mesi di inizio dell’attività didattica (memorabile l’incontro della delegazione di alunni e docenti con il cardinale Sebastiano Baggio, allora arcivescovo di Cagliari) o l’occupazione dell’ex centro sociale, da molti anni praticamente inutilizzato.
La Scuola Popolare utilizzò i locali dell’ex centro sociale a partire dal secondo anno dalla sua costituzione risalente al 1971 e fino alla chiusura dell’esperienza di volontariato dovuta alla presa in carico da parte della scuola pubblica dei corsi per il conseguimento della licenza media da parte dei lavoratori (le cd 150 ore). Pertanto la scuola popolare funzionò per tre anni nell’edificio dell’ex centro sociale, che continuò in seguito ad ospitare il comitato di quartiere e il circolo culturale fino al 1984, anno in cui l’edificio fu occupato da alcune famiglie di senza tetto. Come avvenne tale operazione è ancora da chiarire. Senza dubbio si trattò di un’occupazione “suggerita” dall’amministrazione comunale di allora, e specificamente, dall’assessore agli alloggi, che in questo modo “sistemava” alcune famiglie di disperati e chiudeva un’esperienza di partecipazione democratica. Il centro, che fino ad allora aveva difeso ogni iniziativa di tutela dei diritti popolari (anche quando non richiesta), non oppose resistenza e non avendo le energie per contrastare la squallida operazione dell’amministrazione comunale, si rassegnò alla perdita dell’edificio ex centro sociale e decise di continuare la propria attività culturale nei restanti locali (situati a fianco del circolo Acli).
Alcuni numeri della scuola popolare
Nei quattro anni di attività, la scuola ha consentito il conseguimento della licenza media a 120 lavoratori, a cui si aggiungono un decina di licenze elementari.
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- Ulteriori informazioni sulla Scuola Popolare su Aladinpensiero.