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Cagliari e sua area vasta quasi una Silicon Valley

di Dolores Deidda *
La stampa nazionale, con articoli recenti e meno recenti di Il Sole24Ore, La Repubblica, La Stampa ed una ricerca (CERPEM per INVITALIA) sul Mezzogiorno tecnologico di giugno 2012, ha rotto il silenzio degli organi di stampa e dei mass media sardi sul fatto che il polo ICT di Cagliari ancora esiste, si espande e produce innovazione. Da svariati anni (esattamente dal 2004) questa realtà produttiva non veniva più indagata. La difficile situazione di Tiscali aveva indotto gli scettici osservatori locali (che ancora liquidano come bolla la più innovativa, sia pur discontinua, esperienza di imprenditorialità originata nel territorio sardo) a ritenere che la scommessa fatta alla fine degli anni novanta fosse irrimediabilmente persa. Cagliari e la Sardegna non potevano più aspirare ad un futuro tecnologico o quanto meno ad un futuro che passasse per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, un terreno su cui Davide non era riuscito a sconfiggere Golia.

I fatti, che gli osservatori esterni oggi rilevano, smentiscono questa versione e la disinformazione che si porta dietro. Non si tratta solo del ritorno di Tiscali, l’impresa pionieristica che perseguì un progetto di espansione a scala internazionale e che, pur ritornata “italiana”, è ancora una grande azienda con circa mille occupati, la terza in Sardegna per fatturato e valore aggiunto dopo le imprese del settore petrolifero (dati 2009). Tiscali riparte immettendo sul mercato servizi integrati di telecomunicazione, declinati in chiave social, che vanno a coprire “vuoti” di offerta nel campo dei servizi web che la diffusione di internet sta portando ad uno sviluppo inarrestabile.

Il successo che stanno ottenendo le applicazioni Streamago e Indoona (che nella versione 2.2 è più simile ad un social network) e il lancio del motore di ricerca Istella, sono segnali forti di questa ritrovata capacità di competere fuori dai confini domestici e di conquistare nuovi mercati, offrendo ciò che il mercato chiede, rispondendo nei tempi giusti alle esigenze degli utenti della rete in Italia e nel mondo.

Anche il caso Akela merita di essere richiamato perché questa impresa che ha raggiunto medie dimensioni, unica sopravvissuta tra quelle della costellazione ICT Saras-Atlantis, ha saputo crescere, incrementare il numero degli occupati e caratterizzarsi per le alte competenze in ambiti tecnologici avanzati, strategici per Solgenia, l’impresa che l’ha rilevata a marzo 2012 con l’obiettivo di sviluppare un’offerta altamente differenziata e competitiva nei segmenti di mercato del cloud computing, software applicativo e piattaforme per soluzioni in mobilità.

Ma le recenti performance di Tiscali e di Akela (ma anche di Softfobia e di Axis Strategic Vison) non basterebbero a dar conto di come è mutato il panorama imprenditoriale dell’ICT cagliaritano, che si mostra molto più articolato che nel passato, grazie soprattutto alla crescita numerica di piccole imprese ed all’emergere di componenti innovative che si affacciano sul mercato digitale globale con originali servizi e prodotti made in Sardinia.

La Camera di Commercio di Cagliari, dati Movimprese 2011, fornisce un quadro analitico delle 2229 imprese attive nell’ICT della provincia in cui, mentre la componente hardware (fabbricazione di computer e di unità periferiche) rimane estremamente minoritaria con 147 imprese, la componente dei Servizi di informazione e comunicazione con 1551 imprese presenta dinamiche di crescita che segnano con chiarezza le linee evolutive della specializzazione del sistema locale. Circa 350 di queste imprese svolgono attività di “sviluppo di software”, comparto ad alta tecnologia, e più di 800 sono attive nei “servizi informatici ed altri servizi d’informazione”, mentre la componente “attività editoriali” con 151 imprese e circa 500 addetti posiziona Cagliari tra i primi dieci Sistemi locali del lavoro in cui si concentrano tali attività. L’occupazione complessiva, utilizzando dati ISTAT sugli addetti medi per unità locale, è stimabile in poco meno di 10 mila unità.

Questo ecosistema digitale, il “mini Silicon Valley” di cui oggi si parla, è trainato da una nuova generazione di imprenditori high tech, formatisi prevalentemente nelle locali facoltà di Ingegneria ed Informatica ma conoscitori del mercato globale, collegati con esperienze d’oltre oceano, aperti alle nuove forme di internazionalizzazione, capaci di competere, e in alcuni casi di eccellere, sui mercati di nicchia che alimentano la cosiddetta app economy, facendo leva sulle proprie risorse cognitive quale principale investimento. Si possono citare i casi di imprese quali Agiletech, Applix (di recente approdata a Cagliari), Apps builder, Entando, Paperlit, Porcovino, Prossima Isola, Karalit, Reilabs, Sardegna.com, Sardex, Xorovo, prevalentemente start up e spin off, che stanno avendo successo, insieme a molte altre.

Il potenziale di queste esperienze, la qualità del capitale umano e delle competenze presenti nell’area di Cagliari non sfugge oggi ad investitori esterni interessati sia al sostegno di progetti innovativi di start up, sia ad investimenti diretti, come nel caso della multinazionale Amazon.

I decisori politici e istituzionali che fanno? Come intendono valorizzare questo sistema che nella crisi è cresciuto mentre il panorama industriale dell’isola diventava sempre più cupo? Con quali politiche pubbliche pensano di rafforzarlo, ben sapendo che l’ICT è un settore che l’Europa continua a considerare una priorità assoluta per il proprio futuro?
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Articolo pubblicato su Sardegnademocratica

Cagliari e la sua area vasta candidatura credibile come Territorio Intelligente

Il polo ICT di Cagliari ancora esiste, si espande e produce innovazione,

Leggete l’articolo di Dolores Deidda

L’innovazione (che era) invisibile ora si vede

su Sardegnademocratica

Sardegna Europa nei nostri cuori

sardegna-europa-bandiera

di Franco Meloni

Probabilmente  con una certa ingenuità, da parte mia, parlando con degli amici che la sanno lunga su politica e dintorni, ho avanzato l’ipotesi di candidatura di Renato Soru a rappresentante sardo nel Parlamento Europeo: l’idea non solo non ha riscosso alcun successo, ma è stata considerata, in prevalenza, come una trovata elegante per “giubilare” Soru, togliendolo di mezzo rispetto a ben altri più importanti incarichi pubblici (essendo il medesimo candidabile alla presidenza della Sardegna o a un ministero del prossimo auspicabile governo Bersani). In questo – a parte le considerazioni sul ruolo attuale e potenziale di Soru sullo scenario politico, che qui non voglio trattare – leggo una sottovalutazione dell’importanza dell’Europa e delle implicazioni delle politiche europee per la Sardegna. Personalmente (in sintonia con altri e con formazioni politiche italiane e sarde, in primis i Rossomori) credo che la Sardegna si salvi solo dentro una prospettiva europea, chiaramente di una Europa diversa da quella attuale e che l’Europa sarebbe comunque valorizzata da una forte presenza autonoma della Sardegna. Per questo occorre costruire una coerente politica europeista (in Italia e in Sardegna), a partire dal cambiamento della legge per l’elezione dei rappresentanti italiani nel parlamento europeo, al fine di superare l’attuale vergognosa esclusione della rappresentanza sarda. Su questa questione mi pare vi sia peraltro un preciso impegno di Bersani. Non occorre soffermarsi, ma giova ripetercelo, come le risorse più importanti per risollevare l’economia della Sardegna verranno proprio dai fondi europei (in particolare fondi strutturali della programmazione 2014-2020), che, evidentemente, devono essere spesi e spesi bene, in controtendenza rispetto a quanto finora avvenuto. Abbiamo dunque necessità di una forte, autorevole, presenza della Sardegna a Bruxelles. E l’efficacia di una presenza non è certo solo un fatto formale. E’ questione di persone. Scusatemi qui una digressione riflettendo sul passato: il posto di presidente della Democrazia Cristiana ha sempre contato bel poco sul piano del potere in quel partito e fuori dallo stesso; eppure quando quel ruolo fu coperto da Aldo Moro, venne giustamente considerato come il centro del potere politico italiano, tanto è che le sciagurate Brigate rosse lo assunsero come il cuore del sistema borghese, da abbattere, con tutto quello che ne seguì con l’assassinio dell’uomo politico in quel momento davvero più importante del paese. Ma è un’altra storia. Qui voglio solo dire che Renato Soru rappresenterebbe davvero un riferimento europeo per la Sardegna, ovviamente in un’ipotesi di un nuovo decente governo di centro sinistra della Regione. Almeno così l’ho pensata facendo la proposta dalla quale sono partito. Stando sull’argomento mi pare che la storia della “sottovalutazione” venga confermata dalla tiepidezza attribuita a Francesca Barracciu nell’assumere l’incarico di parlamentare europeo, a cui sembrerebbe voler rinunciare proprio in vista di  traguardi considerati di maggior valore  (sempre la possibile candidatura alla presidenza della Giunta regionale?).

Mah! Per farla breve, da questo piccolo e modesto pulpito, voglio ribadire la necessità di un impegno europeo per Cagliari e per la Sardegna, ma non solo. Dobbiamo cogliere per questo tutte le occasioni, dalle più piccole (la promozione delle iniziative europeiste nelle scuole. master di progettazione europea…) a quelle più rilevanti in relazione alle risorse necessarie per organizzare eventi di rilievo internazionale, ai tavoli veri che bisogna costruire per gestire con competenza e consenso diffuso la programmazione dei fondi 2014-2020… Il discorso è ormai aperto, anche se  al riguardo avvertiamo una forte sensazione di inadeguatezza, di scarsa consapevolezza e perfino di allarmante disinteresse, in  Sardegna e non solo, ma è della Sardegna che ci dobbiamo innanzitutto preoccupare. Noi ce la metteremo tutta!
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Cagliari-Sardegna-Europa. Considerazioni che non perdono di validità. Anzi!

IL RUOLO DI CAGLIARI PER LA COSTRUZIONE DI UNA POSSIBILE NUOVA EUROPA*

di Franco Meloni

Un tempo contestando il malgoverno della cosa pubblica in diverse realtà si diceva che anche la sola “buona amministrazione” costituisce di per se un fatto rivoluzionario. Mi è venuto in mente pensando a diversi interventi del sindaco di Cagliari Massimo Zedda, che mi è capitato di leggere sulla stampa e seguire sulle televisioni. Fare una buona amministrazione per la nostra città come il sindaco vuole fare e crediamo faccia significa fare di per se una scelta rivoluzionaria a vantaggio dei cittadini cagliaritani. Tuttavia io non credo che l’Amministrazione Zedda debba limitarsi a ciò. Cagliari ha in Sardegna un ruolo decisivo, una funzione fondamentale di guida dell’intera regione, di peso paragonabile a quello dell’Istituzione Regione. Come capita a tutte le capitali di questo mondo, per esercitare questa funzione dispone di risorse specifiche, che al di là delle critiche universalmente rivolte a tutte le capitali del mondo, deve congruamente restituire in benefici non solo ai suoi abitanti ma a tutti i cittadini che gliele hanno affidate. Nel caso di Cagliari a tutti i sardi. La Sardegna e i sardi abbiamo bisogno di praticare nuove politiche di sviluppo attraverso la realizzazione di nuovi modelli sociali ed economici. Siamo proprio in questa fase. Al riguardo è richiesto sopratutto a Cagliari – ovviamente insieme alla Regione e agli altri Enti locali, in modo speciale insieme alle altre città della Sardegna e, pertanto, in primo luogo ai Sindaci di queste città – di cimentarsi in una sfida epocale. Ci sono tanti modi per farlo concretamente. Io credo che la stella polare della ricerca di nuove strade sia l’Europa. Certo non si tratta di accontentarsi dell’attuale Europa, peraltro in crisi perchè troppo chiusa nella cura dei mercati e degli interessi dei mercanti, quanto invece di una nuova Europa che dobbiamo costruire: l’Europa dei popoli. In questo ritornando al passato, alle origini, quando, all’indomani della seconda guerra mondiale, i padri fondatori dell’Europa comunitaria misero le basi della cooperazione economica pensando e preconfigurando come un sogno l’integrazione politica europea. Purtroppo tuttora, dopo tanti decenni, l’integrazione dell’Europa attraverso una vera e propria Confederazione di Stati è solo un sogno, e l’integrazione politica è attuata solo in piccola parte, carenza che costituisce la principale causa dei guai attuali dell’Unione Europea.
Allora Cagliari deve essere città sarda e insieme europea, in grado di tracciare nuove strade per se stessa, per la Sardegna e per l’Europa. Un’impostazione di questo tipo, appena qui tratteggiata, ha moltissimi risvolti pratici, concretizzandosi pertanto anche nelle scelte del quotidiano amministrare. In questo quadro, appena delineato, la stesse “opzione indipendentista” (comunque la vogliamo nominare) per la Sardegna può essere praticata con condivisione maggioritaria, non quindi come concezione separatista minoritaria o scelta estremista, proprio in quanto si può sviluppare con piena cittadinanza e dignità nell’ambito europeo, nella costruzione della possibile nuova Europa che abbiamo prospettato.

Ripubblicazione di un editoriale del 12 marzo 2012