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Governo della Regione. Si può fare di più, molto di più. La Sardegna ne ha bisogno. DIBATTITO – VALUTAZIONI e DIBATTITO

pigliaru si fa cdarico
lampadadialadmicromicro1Proseguiamo nella pubblicazione di riflessioni di valutazione critica dell’operato della Giunta regionale (e non solo), auspicando positivi cambiamenti di politiche e, ovviamente, di persone che sappiano interpretarli e rendere efficaci. E’ la volta di Alessandro Mongili che ha scritto l’articolo che sotto riproduciamo per la rivista on line SardegnaSoprattutto.

La fine dell’indipendentismo?
di Alessandro Mongili
- By sardegnasoprattutto/ 12 settembre 2015/ Società & Politica/

disp1Ci sono vicende che segnano, o illuminano, intere fasi politiche. Fra di esse, la dadaista vicenda del sindaco andata/ritorno Delunas sicuramente impressiona, diverte, e insieme deprime. Impressiona per la cecità di questi politici sardi. Diverte perché aggiunge una nota di grottesco e di ubuesco alle solite squallide menate della politica sarda. Deprime perché non si vede alcuna alternativa, non solo a Cuartu Sant’Aleni/Quartu Sant’Elena, ma in tutta l’Isola.

Sgovernata in modi subprefettizi e inefficaci dall’agGiunta Pigliaru-Paci, appena distinguibile dalla precedente (stessi consulenti ora assessori, stesse idee, stesso disprezzo per i Sardi, stessa subalternità ai poteri esterni), la Sardegna assiste sgomenta al suo saccheggio e alla sua svendita al miglior offerente. In tanti non abbiamo dato più fiducia alle forze politiche che, all’interno di un indimenticato clima da suburra politica, hanno partorito questa agGiunta dei sottoprefetti formata ai miti della modernizzazione tzeraca e dell’economicismo conformista.

In molti abbiamo lavorato alla ricerca di alternative politiche. Su questo percorso abbiamo incontrato una vivace tendenza indipendentista che, in Sardegna, ha osato per anni porre i nostri problemi di dipendenza al centro della propria agenda. In questo momento possiamo dire che questo incontro non si sta rivelando molto fruttuoso.

Esiste un’impasse pericolosa. Questo a causa della crisi quasi mortale che ha colpito l’indipendentismo (come cultura e pratica politica) nel suo momento di passaggio da una rete di piccoli gruppi alla scoperta di avere, di poter avere, un consenso elettorale, e dunque di doversi dotare di un’organizzazione meno personalistica, per poter sviluppare una leadership politica rivolta all’insieme della società sarda.

Una parte dell’indipendentismo, ricordiamolo, ha cercato di influenzare l’agenda politica e la composizione del gruppo ora al potere. La vicenda del c.d. sovranismo sardo è cognata del sardo-fascismo e della subalternità sardista alla sinistra, e poi alla destra, nella costante illusione di poter moderare i baroni, senza passare dalla noiosa fase della creazione del consenso e del lavoro politico e culturale insieme. Essa ha prodotto esiti grotteschi su cui, per carità di patria, in tanti evitiamo di esprimerci.

Un’altra parte ha cercato di costruire l’alternativa politica. Essa si è ritrovata davanti una legge elettorale degna di al-Sissi, ma anche ad alcuni propri limiti. Il primo è quello di non aver capito (nonostante l’esperienza grillina che, sotto questo aspetto, è significativa) che l’alternativa alla politica delle agGiunte e delle camarille non può essere solo ideologica o comunicativa, ma soprattutto organizzativa. Infatti, non basta la comunicazione intelligente, né le parole d’ordine che richiamano un’ideologia nazionalitaria (rigidamente in lingua italiana) per andare avanti, ma bisogna fare dei concreti passi indietro nel controllo delle dinamiche da piccolo gruppo di discepoli e amici per la pelle.

Bisogna lavorare alla creazione di un’organizzazione politica che promuova il protagonismo, l’attivismo, e in un quadro democratico. Infatti, la politica dei piccoli gruppi va bene per testimoniare una fede, ma nelle sue dinamiche interne è omologa a quella delle camarille al potere, funziona anch’essa sulla base della fedeltà ai capi e capetti, e sulla cooptazione dei più fedeli. Dunque, è inefficace se la scala si fa più ampia. Ci vuole apertura e la forza di rimettersi in discussione, che è mancata. Ci vuole un superamento del minoritarismo che non c’è stato, ad esempio nell’apertura alle competenze su cui invece Pigliaru ha giocato con efficacia una partita elettorale (per poi, ovviamente, negarla nelle pratiche di governo).

Il secondo è l’attuale tentativo di inserirsi in giochi politici locali che non sembrano avere alcun respiro significativo di medio e lungo periodo, cioè un tatticismo senza visione politica. Infine, la mancanza di una radicalità necessaria ad ogni innovazione, anche politica, puntando su programmi di cambiamento nelle politiche economiche e sociali, e di orientamento culturale. In particolare, l’insensibilità ai temi del reddito e del lavoro, e ai temi della politica linguistica, su cui molte forze e molte energie si sarebbero potute e si devono aggregare.

Se l’interesse è quello di integrarsi nel ceto politico sardo e nelle sue pratiche, gli indipendentisti dovrebbero studiarsi i percorsi analoghi dei sardo-fascisti e del sardismo classico, che in ogni caso ha portato alla marginalità e alla sconfitta dei loro stessi promotori.

Se l’interesse è quello di cambiare la cultura e le pratiche politiche della Sardegna, a me sembra che l’arroccamento ideologico e l’incapacità di fare passi indietro dei piccoli gruppi (e di aprirsi alle forze innovative presenti nella società sarda e nel disterru) contribuisca a segnare i prossimi anni come una fase di stagnazione politica e di assenza di cambiamento. Non si sente la necessità di nuove élite autopromossesi tali, ma di costruire reti eterogenee che generino azione politica innovativa e efficace a difesa dei nostri interessi.
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Platone e Socrate aladin
democraziaoggiIn Sardegna s’invera l’antico sogno: il governo dei sapienti
15 Settembre 2015

Amsicora, su Democraziaoggi

Ma vi sembra che occorresse trasferire pezzi degli Atenei sardi in viale Trento n. 69, giunta regionale, per chiudere le scuole nei paesi e non dotarli dei pullmini necessari per il trasporto a scuola, ridurre la continuità territoriale e i collegamenti col Continente, chiudere gli uffici postali, dismettere caserme dell’Arma, incrementare la disoccupazione, accrescere l’aggressione di faccendieri con pale al vento, pannelli al sole e trivelle sotterra? Attacco dal cielo, dal mare e da terra, vien da dire. Pubblica amministrazione bloccante, comuni ridotti a erogatori non di servizi, ma di divieti, sanzioni pecuniare e tasse. E colmo dei colmi si inaugurano treni superveloci, che però…stan fermi in stazione. Avete visto la foto di Pigliaru e Deiana sul treno? Pronti? Si parte. In poco più di un’ora siamo a Sassari. Ma il treno è lì statico, a far ruggine. Ci vogliono dei cattedratici per questi quadretti di pura comicità, degni di Totò e Peppino?
Può sembrare un paradosso, ma la gestione di gente comune, dotata di ordinaria cultura e di palle di media portata avrebbe dato di più. Sì perché, in fondo, in un assetto istituzionale caratterizzato da una stretta neocentralistica, questo ci vuole, mostrare al governo gli attributi e tenere dritta la schiena. Non è un autonomismo rivendicativo ormai demodé, è l’unico modo di difendere gli interessi e i diritti elementari delle popolazioni in epoca renziana.
Ma i nostri cattedratici, che dovrebbero essere esempio fulgido di autonomia anzitutto intellettuale, si prostrano senza ritegno. Quando mai contestare! Roba da plebi incolte! Non è da loro. Loro han cervello, raziocinio… capiscono le ragioni del governo. E poi, manco a dirlo! sono renziani, non per opportunità, s’intende, sono convintamente renziani.
I cattedratici ci stanno convincendo tutti che la regione e forse meglio abolirla. Quanto risparmio di denaro! Quanta maggiore snellezza nelle procedure amministrative! In fondo 15 mila dipendenti dovranno pur far qualcosa! Procedure, procedure, procedure. Se non ci sono le inventano. C’è una mio amico a cui è crollato un pezzo di tetto nella sua casa in paese ed è sette mesi in attesa dell’autorizzazione per rifarlo. E non è che voglia farsi la solita inutile mansardina. No, il tetto lo deve rifare tale e quale era prima! Ma sapete, nel Sulcis deve ottenere anche il nulla osta nientemeno del parco geominerario! Sissisignori, proprio così, del parco geominerario, oltre che della sovrintendenza e del comune. Ricordo, quando ero bambino, zio Peppino ebbe una incombenza simile. E sapete cosa fece? Chiamò subito il compare Efisio che, per pura sorte, era su maistu de muru de bidda (il maestro di muro, oggi, più volgarmente, muratore) e in quattro e quattr’otto il tetto fu bell’e rifatto, prima delle piogge. Ora invece il mio amico affronterà i rigori dell’inverno con la casa scoperchiata…in attesa di autorizzazione! Poi alla fine Comune, sovrintendenza e parcogeominerario gli diranno l’unica cosa ovvia e scontata, che può rifare il tetto. Ma volete che se gli avete presentato un’istanza per zelo legalitario, non facciano tutti una bella istruttoria, un sopralluogo a testa e una consulenza tecnica congiunta! E infine una efficace conferenza di servizi per decidere l’ovvio! Certo che non si lasciano scappare una bella procedura d’aria fritta per poi giungere al risultato a cui fin dall’inizio il buon senso avrebbe condotto: che il tetto è da rifare!
In tutto questo mare di assurdità, che bloccano l’isola e accrescono a dismisura i costi di qualunque attività, i professoroni, maestri di riforme e di razionalità, non hanno inciso in nulla. E, detto in confidenza nulla faranno. Sembrano lì per vanità o pura sete di comando o, come io credo, per inverare l’antica sogno dei filosofi: il governo dei sapienti. Ma in terra sarda, dal mare a i monti, dai pescatori ai caprari, c’è qualcuno che li prende sul serio? Chi è per il sì alzi la mano!
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chiederò

Governo della Regione. Si può fare di più? La Sardegna ne ha bisogno DIBATTITO – VALUTAZIONI e DIBATTITO

pigliaru si fa cdarico
lampadadialadmicromicro1Proseguiamo nella pubblicazione di riflessioni di valutazione critica dell’operato della Giunta regionale (e non solo), auspicando positivi cambiamenti di politiche e, ovviamente, di persone che sappiano interpretarli e rendere efficaci. E’ la volta di Gianni Loy che ha scritto l’articolo che sotto riproduciamo per la rivista La Collina della Comunità di Serdiana. Per correlazione riportiamo inoltre un articolo di Andrea Pubusa di commento sulle recenti posizioni del direttore de L’Unione Sarda in materia di legge elettorale sarda.
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Regione, cosa è cambiato?
di Gianni Loy*
Non nego di essere affascinato dalla retorica di Freud, dal suo stile letterario, ma non apprezzo più di tanto la psicoanalisi sotto il profilo scientifico. Eppure, la tecnica ideata da Jung di offrire un vocabolo al soggetto chiedendogli di rispondere con la prima parola che gli venga in mente, l’associazione libera, mi ha sempre intrigato.
Perché mai, nell’accingermi ad una riflessione sull’operato della giunta regionale, ha incominciato a rimbalzarmi nella mente il celebre ritornello di Charlie Chaplin: “Io cerco la Titina”?
Nel film “tempi moderni”, a Charlot che si esibiva con fare istrionesco al ritmo di swing, Paulette Goddart, coprotagonista, urlò da dietro le quinte: Canta! Non preoccuparti delle parole! Fu così che divenne famosa una vecchia canzone nonsense, Je cherche après Titine, successivamente entrata a far parte del repertorio, anche in Italia, di grandi artisti, da Natalino Otto, al Trio Lescano, a Gabriella Ferri…
Così come le persone, anche i governi vengono ricordati associandoli ai tratti più salienti del loro operato: un governo di larghe intese, il governo della riforma sanitaria, del rilancio dell’autonomia regionale…
Nel caso della giunta regionale sarda, sinceramente, non saprei con quali termini sintetizzare questi primi 15 mesi. Non riesco ad individuare, sarà miopia, azioni politiche rappresentative e caratterizzanti l’attività politica dell’esecutivo.
Certo, il superamento del patto di stabilità rappresenta un passaggio positivo, nonostante non sia chiaro se la Regione abbia abdicato a qualche legittima pretesa nei confronti dello Stato. L’abolizione del Piano paesaggistico della precedente Giunta è sicuramente da includere tra le poste positive. Non direi, però, che l’apertura dell’ospedale privato di Olbia sia qualcosa di cui menar vanto. Colgo, con più preoccupazione, la facilità con la quale un investitore col portafoglio pieno possa modificare i parametri che la Regione riteneva di aver raggiunto dopo una lunga e complessa procedura di valutazione del fabbisogno di posti letto, né sono certo che il risultato netto, alla fine, sarà positivo.
Per il resto, l’agenda ha dovuto dare spazio alle azioni di reperimento di risorse per l’assistenza dei lavoratori espulsi dal vecchio sistema industriale. Venuti meno i finanziamenti nazionali, occorre trovare ulteriori risorse da destinare, soprattutto, al pagamento della mobilità in deroga. Ma non si intravedono idee o progetti capaci di dare uno scossone ad un sistema ancora incentrato su politiche assistenziali che, per quanto nobili e doverese, quando necessarie, non producono positivi effetti per il sistema economico dell’isola.
Un’Agenzia del lavoro di 800 unità, così come concepita, mi sembra il solito carrozzone. Posto che solo una parte, come gli operatori prevenienti dai Centri per l’impiego, possiede un’adeguata professionalità, servirà a sistemare gruppi di lavoratori, privi di una specifica professionalità, al solo fine di far quadrare il cerchio della riforma degli Enti locali. Conoscendo l’Assessora, stento a credere che possa aver proposto una cosa del genere.
Il programma “garanzia giovani” costituisce una buona occasione per mettere alla prova i servizi all’impiego, avvicinare ad essi numerosi giovani. L’obiettivo dichiarato dalla giunta, del resto, era quello di “coinvolgere, formare e accompagnare al lavoro” tra i 12 ed i 15 mila giovani. Molto bene per il coinvolgimento dei giovani, ma quanti saranno realmente impegnati nella formazione, che stenta a decollare, e, soprattutto, nell’accompagnamento al lavoro?
Non credo interessi, al momento, un’analisi dettagliata dell’azione della giunta che abbia la presunzione di accertare se, nel complesso, il bilancio debba essere considerato positivo o negativo. Del resto, gli indicatori, soprattutto PIL e occupazione, che ci piaccia o no, sono largamente influenzati da fattori estranei e in gran parte indipendenti dall’azione dei governi locali. Anche l’azione annunciata dalla Giunta col pomposo nome di flexsecurity (in italiano: flessicurezza) fa parte di un piano declinato a livello di Unione europea, all’interno del quale il governo locale non può né favorire ulteriori misure di flessibilità, perché non possiede la necessaria competenza legislativa, né, per gli stessi motivi, apprestare nuovi istituti di “sicurezza”.
Tale politica, è certo, non produrrà alcun significativo risultato in termini di occupazione. Ma ciò non potrà essere ascritto né a merito né a demerito del governo locale che, di suo, può mettere solo una migliore efficienza nei servizi per l’impiego, all’interno dei quali, in effetti, sembra che si vada acquisendo maggior consapevolezza.
Si vedrà, più avanti nel tempo, se la Giunta sarà in grado di onorare uno dei suoi impegni più significativi, e cioè la promessa valutazione degli effetti delle politiche di modo che i cittadini possano essere informati dei risultati prodotti. Sarebbe un buon risultato, vista la carenza di riscontri su importanti azioni, a partire proprio dal master and back, che hanno assorbito ingenti finanziamenti.
Oggi possiamo solo limitarci a registrare le prime impressioni, non entusiasmanti, soprattutto per una Giunta che ha posto in cima ai suoi propositi quello di riavvicinare i cittadini alla politica. Obiettivo da condividere, che speriamo si possa realizzare, ma, intanto, ho l’impressione che il feeling tra governo regionale e cittadini, o più precisamente la simpatia (nell’accezione letterale del termine greco: σύν πάϑος) registri una certa freddezza.
Tra i motivi, probabilmente, il venir meno delle aspettative che il presidente aveva riposto nelle capacità tecniche degli assessori. Ho sempre avuto diffidenza, pur prendendo atto di rare e positive eccezioni, del ricorso ai tecnici per la copertura di posti di governo. Non ho mai compreso per quale misterioso motivo un ingegnere sia la persona ideale per occuparsi di lavori pubblici o un medico per occuparsi della sanità. Ammetto che un tecnico, come un Arlecchino, possa servire due padroni, ma non comprendo come sia possibile che un consulente di parte politica avversa, possa essere chiamato, con compiti di governo, in una giunta che trova, tra i suoi obbiettivi, proprio quello di porre rimedio ai guasti prodotti dalla Giunta precedente. Del resto, per quanto a mia conoscenza, non mi pare che il superiore interesse pubblico sia stata la prima preoccupazione dell’ex preside della facoltà di giurisprudenza di Cagliari, ad esempio, e neppure dell’ex pro-rettore dell’Università di Sassari. Oltretutto, è dubbio (cioè assolutamente certo) che alcune delle scelte apparentemente tecniche siano state determinate, in realtà, da ben più tradizionali sistemi di ripartizione tra i gruppi che concorrono alla maggioranza di governo.
Tale limite, peraltro, non riguarda solo la composizione della Giunta, ormai evidentemente inadeguata, ma anche l’attribuzione degli incarichi di gestione, o la nomina negli Enti, sulla base di vere o presunte competenze, a “tecnici” della passata amministrazione. Alla Sfirs, ad esempio, ma non è il solo caso, un ricambio della presidenza sarebbe stato certamente più opportuno.
Entra in gioco, nella valutazione di questo primo scorcio di attività della giunta regionale, anche il carisma del presidente, talvolta eccessivamente preoccupato del politicamente corretto o di un malinteso senso di imparzialità, che lo porta a non intervenire in talune scelte, solo apparentemente tecniche, o ad astenersi dal tackle per paura che il suo venga giudicato un intervento gamba tesa. Il caos della Camera di Commercio di Cagliari, ad esempio, avrebbe richiesto, ed ancora richiede, un più deciso intervento da parte del Governo regionale, la questione dell’inceneritore di Tossilo, di essere affrontata come caso politico strategico e non amministrativo…
“La cerco e non la trovo”. Non trovo quella sensazione di una politica capace di appassionare e di coinvolgere i cittadini, me per primo. Non trovo slancio, coraggio. Lo dico senza disprezzare gli sforzi volti a recuperare risorse, a muovere i primi passi di una riforma dell’Amministrazione che, però, rimane ancora lontana, a riprendere, faticosamente, la strada di una diversa metanizzazione dopo il fallimento del Galsi. E spero davvero che qualche risultato possa arrivare. Non condivido, però, l’abbandono di quel filone identitario, simboleggiato nella festa “nazionale” de Sa Die, che mi pare avvertita, persino con fastidio, da alcuni settori del governo regionale. Non trovo l’attenzione per i processi culturali profondi, i soli che possono fondare non dico l’uscita dalla crisi, perché questa risponde a fenomeni più complessi e ciclici che non ci appartengono, se non in minima parte, ma la ripresa di un cammino di progresso fondato sulla consapevolezza della propria identità e sulla coscienza di essere popolo con un destino comune.
Aspettando che il gallo canti.
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logo La Collina serdiana2Gianni Loy, anche su La Collina

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Pigliaru-sulla-collina 2
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Antony, benvenuto nel club dei democratici!
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democraziaoggi loghetto27 Luglio 2015 su Democraziaoggi

Andrea Pubusa

Ieri in edicola non credevo ai miei occhi. Il titolone di prima de L’Unione sarda recita: “Consiglio, una legge truffa” e al fianco un duro commento del direttore, Antony Muroni, “La legge elettorale dimenticata. Il pasticco e i suoi padri”. Dimenticato da chi? Marco Ligas altri 25 compagni ed io abbiamo fatto un ricorso elettorale al Tar e poi al Consiglio di Stato per contrastare questa legge e l’Unione non ne ha dato neppure notizia, se non di sfroso. Non ha commentato due sentenze piltatesche dei giudici amministrativi e neppure il contenuto dei ricorsi volti a difendere non posizioni dei ricorrenti, semplici elettori, ma la democrazia sarda.
Rivolgendoci ai giudici abbiamo tentato vanamente di difendere l’eguaglianza del voto e la rappresentanza dei sardi attaccata dal PD e dal PDL (ora FI) e non difesa dai sardi stessi.. Che senso ha dare al candidato presidente, che ottiene il 25% dei voti, ben il 55% dei seggi se non quello di prostrarre la volontà degli elettori che non hanno espresso quella volontà? Di più e peggio, che valore ha porre due alte soglie di sbarramento il 5 e il 10% a singole liste o a coalizioni non vincenti? Certo, non quello di assicurare la governabilità, già garantita dal sovrabbondante premio di maggioranza. Ha solo il senso di espungere dal Consiglio le voci fuori dal coro, quelli che non s’inquadrano nelle coalizioni dei due partiti maggiori. E infatti le voci più critiche dell’uno e dell’altro schieramento, Michela Murgia e Mauro Pili, sono rimasti fuori nonostante abbiano preso più di 70 mila e più di 40 mila voti. Ora, è ben noto che l’opposizione vera è il sale della democrazia, precostituite due schieramenti che si alternano alla maggioranza e all’opposizione senza essere alternativi è il peggiore dei mali sul piano democratico. E così è oggi in Sardegna. Un finto gioco di contrapposizione di forze sostanzialmente omogenee. Non a caso il patto scellerato che ci ha dato questa legge è stato vergato da PD e PDL.
Antony ieri ha fatto anche un’altra grande scoperta: si è accorto che il nostro Consiglio con le sue sole quattro donne su 60 consiglieri è un’assemblea più da califato islamico che da regione di uno Stato democratico, ma perché si sveglia a babbo morto? Anche questo contrasto con la Carta fa parte del nostro sfortunato ricorso.
Sia ben chiaro, meglio tardi che mai. Che il maggior quotidiano sardo apra una battaglia contro la legge truffa regionale è importante e dunque ben venga. Ma finora intorno al ricorso che poteva portare la legge elettorale davanti alla Consulta, molti troppi sono stati i silenzi. Perfino coloro che avrebbero tratto vantaggio, Murgia e Pili, sono stati zitti. Come lo sono i nostri ineffabili sovranisti (Sale docet) che pensano evidentemente ad una sovranità per interposti capibastone e a suon di baci alle pantofole dei capi. Una piramide che va dai satrapi dei maggiori partiti fino ad Arbau, Fenu e Gavino Sale. Che bella democrazia!  
A L’Unione sarda si sono accorti della intollerabilità di questa legge perché il Consiglio di Stato ha disposto la sostituzione di quattro consiglieri regionali. Paventa una paralisi del Consiglio. Ma di cosa parla? La sentenza dice il nome dei tre nuovi consiglieri e demanda alla Commissione elettorale centrale della Corte d’appello di dirci, verbali alla mano, chi è il quarto. E indica anche chi deve andar fuori perché illegittimamente eletto. Gli organi regionali devono solo eseguire, se non vogliono subire l’onta del giudizio di ottmperanza e della nomina di un Commissario ad acta ad opera dei giudici di Palazzo Spada, che faccia ciò che il nostro Consiglio è incapace di fare. E certo non sono un problema i vaneggiamenti di Sale e compagni su un ricorso alla Cassazione, mamma mia! con richiesta di sospensione immediata. Le decisioni del Consiglio di Stato non sono impugnabili in Cassazione se non per questioni di giurisdizione (ossia se si contesta la giursidizione nella causa del Giudice amministrativo in favore di quello ordinario). Ma qui – Sale si metta la sua bella anima indipendentista in pace – problemi di giurisdizione non ce n’è. Per l’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti il potere di decidere spetta proprio, pacificamente e senza ombra di dubbio, ai giudici amministrativi.
Caro Antony, benvenuto nel club dei difensori della Costituzione, dello Statuto speciale, che ne è parte, e della sovranità dei sardi, che si manifesta anzitutto attraverso una legge elettorale che riconosce a tutti gli elettori un voto uguale e libero, senza stravolgimenti dopo lo spoglio delle schede. E visto che sei diventato dei nostri, ti faccio una confessione amichevole: Pigliaru & C. non governano, o sgovernano se ti aggrada, non perché sono degli incapaci (anche per questo, s’intende), ma perché non rappresentano nessuno. Hanno il 60% dei seggi a fronte del 19% dei voti, perché a questo gioco truccato molti sardi non partecipano, si astengono. Alle ultime regionali non hanno votato circa il 50% dei sardi. Un disatro! La rappresentanza è un cosa seria, la governabilità non è frutto di trucchi o truffe, ma solo di un coinvolgimento forte dei cittadini, che si manifesta innanzitutto, anche se non solo, attraverso il voto, alle elezioni.

Governo della Regione. Si può fare di più? La Sardegna ne ha bisogno

DIBATTITO – VALUTAZIONI e DIBATTITO Elias Megel_2————————————————————————-

Altri tre anni e mezzo in queste condizioni sono la morte
di Andrea Sotgiu

La Grecia detta, ancora una volta, la rotta. Quante volte ha spinto i suoi Ulisse a solcare i mari per approdare in terre lontane, compresa la Sardegna, l’isola d’argento? Come l’antica Pizia, indica la dolorosa verità di oggi: la proletarizzazione e il declino del popolo europeo, il più civile del mondo; la morte della borghesia, classe di recente invenzione; il monopolio di èlites senza patria e senza nazione che cinicamente usano il linguaggio del rigore ma si comportano come i chicago boys di cilena memoria, senza sporcarsi le mani con colpi di stato.

Un suo giovane figlio, nato da chi cacciò i colonelli ma non la corrotta élite di evasori fiscali, loro base sociale, realizza l’eterno sogno di democrazia. Istruito e consapevole è riuscito a trasformare un paese, il cui Pil vale il 2% di quello europeo, nel centro del mondo. Ha dato speranza a tutte le periferie e a chi crede che la politica e la democrazia, sono il vero antidoto ai chicago boys in grisaglia.

Quale lezione può arrivare all’isola d’argento? Ad una Sardegna digiuna da tempo di personalità di peso nelle rappresentanze parlamentari a Bruxelles, a Roma, a Cagliari?

Ragionando su quanto è accaduto tra Grecia e oligarchie finanziarie non è più un problema di dimensione o di Pil. Si è capito, come dicono molti analisti, che il problema è la presenza di classi dirigenti consapevoli del loro ruolo e della loro responsabilità; di èlites con piena sovranità che smettano di essere litigiose e autorecluse in recinti e il cui familismo, di sangue e di clan, è famelico quanto castrante.

A leggere i quotidiani sardi l’isola d’argento è ben lontana da questa Grecia e non c’è nessun Alexis Tsipras all’orizzonte. I litigi all’interno di una stessa famiglia politica – parlare di partito è troppo – e tra famiglie di una stessa maggioranza è la prevalente attività della politica, a destra e a manca. Scontri tra rappresentanze cooptate nelle istituzioni e che, forse per questo, trascorrono il tempo ad insultarsi piuttosto che ad esercitare il mandato costituzionale.

I loro profili FB sono eloquenti. Slogans su slogans a favore di gruppi dirigenti in campo, a cui in verità le popolazioni, hanno, da tempo, tolto consenso, o contro chi minaccia di non voler seguire gli ordini del clan. Esponenti che giocano nello stesso campionato ma con maglia diversa a seconda della partita. Segretari di partito che falliscono il loro mandato e che per occultare le sconfitte ricorrono a tatticismi e furbizie cercando capri espiatori invece di ammettere la propria inaffidabilità e lasciare a chi è più portato e capace.

Non è meglio la giunta regionale. Si è ormai capito che è in affanno, camuffato da una compulsiva frenesia di annunci con contorno di foto. Che confusione tra comunicazione e informazione! Un gruppo catapultato senza avere alcuna visione della Sardegna e in difficoltà persino nell’ordinaria amministrazione. Guardare per credere l’attività di gran parte degli assessorati o degli uffici. Non basta che assessori vadano a zonzo in quell’inaudito sagrificio che è la Sardegna estiva dove variegate umanità credono di approdare ad Itaca ma in verità nel paese di bengodi, ospiti di un circo autorefenziale, indifferente a quanto accade nei territori negli altri mesi.

Che modello quei greci che ballano e cantano ma esprimono anche gente capace di dignità, etica, orgoglio che ha cacciato dal tempio i mercanti che usavano partiti ed istituzioni per i propri affari. Arriverà quel tempo nell’isola d’argento? Indizi sono all’orizzonte. Bisogna saperli cogliere e prendere il vento.

Francesco Pigliaru azzeri tutto. Faccia una giunta formata da persone di comprovata competenza, senza badare ad appartenenze o a prossimità. Prescinda da una sedicente maggioranza e da presunte maggioranze nella maggioranza! Nella realtà non esistono più e veri o presunti stati generali sono ormai ridicoli. Ricordano troppo i mille tavoli di Cappellacci. Se non è capace di tale autonomia, legittimata dall’investitura che il popolo sardo gli diede in un tempo che sembra oggi lontanissimo, faccia come Alexis Tsipras: ridia la parola al popolo sardo. Altri tre anni e mezzo in queste condizioni sono la morte certificata dell’isola d’argento.
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By sardegnasoprattutto / 8 luglio 2015 / Società & Politica
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Nel riquadro il presidente Francesco Pigliaru in un fotomontaggio della rivista La Collina di Serdiana.

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Esiste in Sardegna una politica industriale?
di Raffaele Deidda

Parrebbe di no, a giudicare dalle considerazioni degli addetti ai lavori che rientrano a pieno titolo nella fattispecie degli stakeholder spesso citata dall’assessore della Programmazione. A cominciare dal Segretario Generale della Cgil Susanna Camusso che, a settembre del 2014 a Buggerru per l’anniversario dell’eccidio, ha rilanciato i temi del lavoro e della vertenza Sardegna, denunciando l’assenza, nell’isola, di una politica industriale. Posizione confermata dai sindacati regionali dei chimici nel mese di gennaio 2015: “Assistiamo finora ad una certa continuità tra la Giunta Cappellacci e la Giunta Pigliaru sulle mancate scelte di politica industriale ed energetica, perchè questo esecutivo non ha fatto molto di più“.

I chimici hanno rilevato come l’azione politica della Giunta regionale sia indirizzata verso un modello di sviluppo economico nel quale l’industria è abbandonata a se stessa, invece di essere indirizzata verso un modello di sviluppo integrato. Non sembra abbia prodotto particolari effetti il contributo, in quell’occasione, del presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau che ha sostenuto: “Questa amministrazione regionale deve fare scelte ragionate in tempi rapidissimi, pena il fallimento di tutta la Sardegna e non solo del settore chimico e industriale. Non ci sono i tempi per fare valutazioni di lunga durata“.

Il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, a Nuoro nello scorso mese di maggio, ha ribadito che in Sardegna manca una politica industriale e un piano straordinario del lavoro. Oltre una visione del futuro che coniughi la difesa dell’esistente produttivamente valido con politiche nuove.

Parlano la stessa lingua questi sindacalisti. Sono giustamente stakeholder, in quanto portatori di interessi dei lavoratori che intravedono in Sardegna l’esistenza di un fenomeno che va oltre il NIMBY (Not in my back yard: non nel mio cortile di casa), riferito alle ostilità, talvolta preconcette, sugli insediamenti energetico-industriali, al NIMTO (Not in my turn office: non durante il mio mandato). Certo sarebbe poco “onorevole” per una Giunta Regionale, o anche per un singolo assessore, non assumersi le responsabilità che gli competono, rifugiandosi nell’immobilismo in attesa di tempi migliori. O, forse, di un banale rimpasto che potrebbe annullare gli incarichi o modificare i mandati e i ruoli.

Tornano le domande: A che punto è l’elaborazione del PEARS (Piano Energetico Ambientale Regionale), strumento attraverso il quale l’Amministrazione Regionale persegue obiettivi di carattere energetico, socio-economico e ambientale? A che punto é, poi, l’approvvigionamento di gas metano una volta deciso l’abbandono del GALSI? Sono sufficienti le rassicurazione dell’assessore regionale dell’Industria che nel mese di maggio ha comunicato: “Stiamo mantenendo fede agli impegni presi, la Giunta farà scelte rapide nell’interesse dei sardi e della Sardegna. La questione energetica è strategica per disegnare il rilancio dell’industria nella nostra Regione”?

Sembra di risentire le dichiarazioni del presidente del Consiglio Regionale di inizio anno: “Questa amministrazione regionale deve fare scelte ragionate in tempi rapidissimi, pena il fallimento di tutta la Sardegna e non solo del settore chimico e industriale”. Tempi rapidissimi quanto? Se la questione energetico-socio.economico-ambientale era la priorità di una Giunta insediatasi sedici mesi fa, ricca anche di competenze accademiche tali da consentire di individuare in tempi rapidissimi le soluzioni più idonee ai problemi lasciati irrisolti dalla pessima gestione Cappellacci?

E’ consolatoria la notizia che entro il 2015 dovrebbe essere avviata ad Ottana un’attività per il riciclo della plastica con l’impiego di circa 30 lavoratori? A fronte dell’insuccesso del Contratto d’Area del 1998, presentato come strumento utile per rilanciare l’industria chimica in crisi, finanziato con oltre 110 milioni di euro per creare 1300 posti di lavoro. In gran parte “saltati” a causa dei progetti non andati in porto.

C’è o non c’è, quindi, una politica industriale regionale? Non lasciamo ai posteri l’ardua sentenza perché, come richiamato da Andrea Sotgiu in questa stessa rivista, altri tre anni e mezzo in queste condizioni sono la morte certificata dell’isola d’argento.
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Raffaele Deidda By sardegnasoprattutto / 9 luglio 2015 / Economia & Lavoro
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