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Nazional-Popolare
di Tonino Dessì
NAZIONAL-POPOLARE. Gramsci focalizza l’attenzione metodologica sulla vicinanza delle opere letterarie alla realtà concreta dei problemi, degli interessi e dei sentimenti di un popolo o nazione. L’oggetto dello studio letterario si estende al nesso fra intellettuali e nazione, fra intellettuali e realtà popolare e dunque sul carattere nazional-popolare di determinate opere e correnti letterarie. In particolare Gramsci riprende e corregge Croce su tre punti: 1) tende a rivalutare il contenuto di pensiero di un’opera e perciò, per esempio, a considerare positivamente anche la struttura della “Commedia” dantesca, che invece Croce condannava come “non poesia”; 2) studia il rapporto tra scrittore e società, proponendosi di inserire la storia degli scrittori e degli artisti all’interno della storia degli intellettuali e dunque di condizioni storiche e sociali precise e determinate; 3) tenta una mediazione tra critica estetica e critica politica, sull’esempio di De Sanctis. L’assunzione di De Sanctis a modello è funzionale alla proposta di una critica militante capace di fondere “la lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo, la critica del costume, dei sentimenti e delle concezioni del mondo con la critica estetica o puramente artistica”.
Solo per aiutare almeno i giornalisti a essere consapevoli dei termini che usano. Non cè nulla di male, ma meglio saperlo. Baudo, infatti, che era totalmente ignorante in materia, quando gli diedero del nazional-popolare si offese a morte, ignorando che (forse) gli stavano facendo un complimento.
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LA FAVOLA DI MARIEDDA
di Gavinu Dettori
MARIEDHA de NUGO’RO ( Nuoro), ma anche di ogni luogo.
di Pasquale Dessanay
Fit una die de ierru, mala e fritta,
fit bentu, e fit frocandhe a froca lada.
Mariedha, tota tostorada,
ghirabat chin sa broca dae Istiritta.
A cada passu fachiat s’arresciada
Sulandhesi sas’ungras poverita.
E dae sa fardita istratzulada,
chi essiat s’anchichedha biaita.
Mentres ch’andhabat gai, arressa arressa,
istabat pompiandhesi sa frocca,
chi imbiancabat una murichessa.
Tandho trambucat,
e a terra sa broca.
Mariedha pranghendhe tandho pensat,
chi li catzan su frittu chin sa scocca.
MARIEDDA di NUORO ( traduzione letterale)
Era una brutta giornata d’inverno, molto fredda
Era freddo e nevicava a larghi fiocchi.
Mariedda tutta intirizzita,
rientrava con la brocca da Istiritta.
Ad ogni passo faceva la sosta,
per soffiarsi le unghie, poveretta.
E da sotto il vestito,tutto stracciato,
si vedevano le caviglie livide.
Metre camminava così, facendo le soste,
contemplava i fiocchi di neve,
Che imbiancava un gelso.
Così inciampò,
e la brocca cadde a terra.
Mariedda, piangendo , allora pensa,
che le scacceranno il freddo con la fune.
Una favola! Commovente, a sfondo educativo; una poesia, un quadro nitido di un momento di vita d’altri tempi, ma non tanto lontani ( negli anni cinquanta eravamo ancora così )
E’ la triste storia di una bambina povera, che come tutti i bambini,eravamo dediti alle commissioni ( in particolare la raccolta dell’acqua era l’onere primario dei bambini) Ed era un momento educativo, la prima assunzione di responsabilità: saper fare la commissione,…… ricordarsi quel che si doveva dire,…. Mariedda doveva andare alla sorgente per prendere l’acqua, con la brocca di terracotta sulla testa, ( solo le donne erano capaci di equilibrare i pesi sulla testa) poggiata e sostenuta dal “tidilighe“ ( una sorta di cerchio di straccio arrotolato , poggiato sulla testa, per proteggerla e distribuire il peso). La fonte era fuori della città ( non esisteva ancora l’acquedotto) nella zona di Istiritta, oggi quartiere popolato,( In quel quartiere è stato dopo, costruito l’Istituto per geometri che io ho frequentato). La fontanella, alimentata da una sorgente più in alto, era lì vicina a ridosso del mattatoio comunale. ……. ….
La commissione è andata male, una piccola distrazione,…….. Nonostante il freddo, Mariedda contempla la bellezza del nevicare, i fiocchi di neve che cadono volteggiando,…….Innocenza,curiosità e inesperienza: la bambina inciampa, cade e si rompe la brocca. Conosce che non scamperà dalla punizione, per il danno e la distrazione……E’ il momento della presa di coscienza della responsabilità affidatale e disattesa, e sa che non mancherà alla punizione. Pensava che con qualche sferzata di fune di cuio ( sa “socca”: si usava per prendere al laccio i bovini ) le sarebbe passato il freddo!………
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Illustrazione n.1: San Remo visto da Bomeluzo.
Illustrazione n.2: La fontana di Istiritta – Monumento a Mariedda – Nuoro 1999
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PENSIERI
Cecco Angiolieri “S’i fossi foco”
S’i fosse fuoco, arderei ‘l mondo;
s’i fosse vento, lo tempestarei;
s’i fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s’i fosse ‘mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S’i fosse morte, andarei a mi’ padre;
s’i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi’ madre.
Si fosse Cecco com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.
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