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Ricordando Radhouan: Formidabili quegli anni!

Ben Amara ft micro
di Gianni Loy

COSÌ FAN TUTTI.
Così fan tutti. Vanno via, ad uno ad uno. A volte, senza neppure salutare. A volte, con pena, lasciano di stringere la mano che cerca di trattenerli, vivendo e lasciando vivere il distacco. Altre volte, è quando la notizia rimbalza sullo schermo o sulla carta stampata, all’improvviso, per un attimo di sgomento. Era malato? Ci chiedono. Non lo sapevi? Allora c’è una spiegazione! No. Non c’è niente da spiegare. Non c’è niente da capire.
E’ accaduto! Gli è toccato. Come ci toccherà.
Così fan tutti. Così faremo anche noi, nel cordoglio, nella pena. Ma senza quella rabbia che abbiamo coltivato in altre epoche, quanto avevamo l’ardire, e la pretesa, di sfidare persino il destino. Sarà che non ne abbiamo più la forza. Ora prevale la rassegnazione: prendiamo atto. Mentre ci manteniamo in fila attendendo il turno. Consapevoli che l’ordine non sarà rispettato.
Intanto, proprio ora che l’estate è alle porte, se ne vanno come vanno gli uccelli, che dove vanno, nessuno lo sa. Così fan tutti.
Radhouan è stato mio compagno di banco, in un’aula turbolenta, per cinque anni, quanto dura un liceo. In un’aula gremita, talvolta, sin sopra gli spalti. In un’aula dove, spesso, siamo rimasti soli, ma dove non abbiamo mai ceduto di un millimetro. Mario avrebbe detto: Formidabili quegli anni! Ed invece no! Non sono stati formidabili. Siamo stati sconfitti e non solo da una maggioranza che Radhouan era solito apostrofare con apostrofi severi, ma anche da quella che sarebbe dovuta, o potuta, essere la nostra squadra. Per tanto, abbiamo fatto solo una squadretta: lui ed io. Però ha funzionato. “Angela io, due, che ci frega” cantava un tempo Ivan Della Mea, in due “già siamo in tanti, una lega”. Perché l’importante era, ed è, che l’idea non sia morta: Forza Giuan!
Forse ha ragione Gonaria. Per Radhouan non era facile costruire una squadra. Eppure posso confermare che le battaglie fatte assieme, in squadra, foss’anche solo in due, erano per lui fondamentali. Quando si riusciva a lavorare insieme era davvero soddisfatto. Eravamo diversi, per formazione e per cultura. Io ero più individualista, persino capace di vivere alla giornata.
Radhouan, al contrario, era metodico, razionale. Preparava sempre con cura gli interventi, spesso leggeva. Era persino severo. Il nostro sodalizio è stato solido, duraturo. Quando non suonavamo all’unisono, ciascuno pizzicava, secondo la propria propensione, le differenti note che compongono il medesimo accordo. Non ho ricordo di disaccordi, di contrasti. Se ciò è avvenuto, la memoria potrebbe farmi difetto, ha riguardato fatti di marginale importanza, oppure l’ho rimosso.
La cosa più bella, più gratificante, è stata la fiducia reciproca. Potevo fidarmi di Radhouan, come lui poteva fidarsi di me. Una fiducia piena ed incondizionata che, negli ambienti che frequentavamo, non era cosa da poco.
Eppure, durante cinque lunghi anni, ho sempre sentito addosso il suo sguardo vigile. Ho sempre avuto l’impressione che mi scrutasse, che mi controllasse, che non mi avrebbe perdonato il minimo errore, nel senso di venir meno al mandato. Era davvero rigoroso.
Ma ci siamo anche divertiti. L’ambiente si prestava all’ironia e Radhouan non si tirava indietro. Indignazione e celia, in lui, convivevano perfettamente. Ne abbiamo fatte. Come quando abbiamo esposto la bandiera della pace nel balcone del Municipio, durante la seduta, senza che nessuno dei consiglieri se ne accorgesse. O come quando…
Non siamo riusciti ad impedire che la storica passeggiata di via Roma fosse definitivamente trasformata in parcheggio: E’ solo per il tempo necessario alla risistemazione della carreggiata, ci dicevano. Né siamo riusciti ad impedire che quanto rimaneva del Poetto venisse invaso dalla terra nera: si presentavano in aula, accompagnati da improbabili tecnici, e di fronte all’evidenza dei campioni: Presto questa sabbia diventerà bianca, ci dicevano.
Almeno una volta, un emendamento da noi presentato è stato approvato: una delibera che prevedeva la trasmissione in diretta delle sedute del consiglio comunale. A nostro avviso, si trattava di un tentativo di moralizzazione dell’ambiente, immaginavamo che molti consiglieri, sentendosi spiati da una telecamera, avrebbero mantenuto un comportamento più dignitoso. Ci vorrebbe del tempo, per ricostruire, giorno per giorno, ora dopo ora, quella lunga esperienza. Eravamo sempre i primi ad arrivare, contrari all’interruzione delle sedute del Consiglio comunale in coincidenza con le partite della Coppa dei Campioni. Radhouan amava viaggiare, per non perdere nessuna occasione di arricchimento culturale. Io no. Era sempre presente alle riunioni delle commissioni. Io no. Negli intervalli, o nell’attesa, quando la stagione lo consentiva, amava godere di un gelato alla crema sotto i portici della via Roma. Caro Radhouan. Hai fatto il tuo dovere. È stato bello condividere con te quell’esperienza. Ora che riaffiorano ricordi che credevo rimossi, mi assale la nostalgia.
Facciamo finta che nessuno ci senta e abbandoniamoci ai ricordi: Formidabili quegli anni!