Tag Archives: Costituente Terra aladinpensiero online Chiesadituttichiesadeipoveri

Costituente Terra Chiesadituttichiesadeipoveri News

Ripudiare la guerra per la paceEROI DI UNO SCEMPIO MILLENARIO costituente-terra-logologo76
Newsletter n. 110 del 29 marzo 2023 Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 291 del 29 marzo 2023.

Cari amici,

A Zelensky che chiede sempre nuove armi, l’Inghilterra ha risposto annunziando l’invio di un milione di proiettili all’uranio impoverito. Non risulta che Zelensky li abbia rifiutati, mentre al fronte ispeziona i carri armati tedeschi giunti in Ucraina a combattere la Russia come i panzer tedeschi che la attraversarono per la loro invasione nella seconda guerra mondiale. Intanto tornano al campo di battaglia i militari ucraini inviati in Germania, in Inghilterra e in Italia per imparare l’arte delle nuove tecnologie dell’industria di guerra.
I proiettili ad uranio impoverito sono armi anticarro a bassa potenzialità nucleare, come di ridotta radioattività sono le armi atomiche tattiche rispetto a quelle strategiche. Come ha spiegato il 23 marzo il Corriere della Sera, giornale che sostiene la fornitura di armi all’Ucraina, l’uranio impoverito, il “DU (depleted uranium)” causa “un aerosol micidiale che permane nell’ambiente migliaia di anni e intossica chi lo inala o lo ingerisce, e si sospetta che arrivi a modificare il DNA causando linfomi, leucemie e malformazioni dei feti”. Noi conosciamo questi effetti nei soldati italiani contaminati nelle missioni all’estero, come quella in Bosnia Erzegovina e Kosovo, e sono note le conseguenze a lungo termine delle atomiche sul Giappone; e fu per l’orrore di quelle armi che l’Imperatore del Giappone decise di porre termine alla guerra. Ma qui non c’è nessun imperatore che pensa alla sorte del popolo, e non sappiamo che cosa accadrà nella annunciata battaglia di primavera nel teatro di guerra del Donbass, che l’Ucraina vuole riconquistare come condizione per mettere fine alla guerra; ma se pure l’uranio impoverito non arriverà a contaminare il resto d’Europa, certamente produrrà lo scempio previsto e potrà permanere per migliaia di anni nella popolazione del Donbass. E allora perché preferire che muoia pur di non perderla, devastarla per farla stare da una parte o dall’altra del confine? Si vede qui tutta la nequizia, che noi già conosciamo, del nazionalismo irredentista: per far sventolare una bandiera si mandano al macero centinaia di migliaia (e in una guerra mondiale, milioni) di persone.
Tutto ciò mette a nudo la mistificazione di cui la povera Ucraina è vittima. Si esalta infatti il popolo ucraino che combatte fino alla morte (come viene celebrato in Televisione e nei collegamenti da remoto) per la sua indipendenza e libertà, ragione per cui si rifiutano i negoziati e il cessate il fuoco, perché, come dice Biden e sulla sua scia dicono gli ucraini, non servirebbero ad altro che a permettere alla Russia di riorganizzare le sue truppe per l’invasione del Paese e magari di altri pezzi d’Europa. Ma tutti sanno che la posta in gioco di un negoziato e della pace non è affatto l’indipendenza, la sovranità e la propensione europea dell’Ucraina, ma sono la sua neutralità tra la Russia e la NATO, lo statuto definitivo del Donbass, la fine del contenzioso sulla Crimea e la garanzia della inoffensività della Russia.
Non è dunque per l’esistenza stessa dell’Ucraina, per la libertà e la felicità del suo popolo che l’Ucraina è vittima di una guerra a cui non si vuole porre fine; altri sono i moventi di ciascuno dei protagonisti: si combatte per il dominio mondiale della coalizione atlantica, per la frustrazione dell’Europa interessata più ai motori a scoppio che alla pace, per l’intransigenza di chi ritiene così di difendere la Patria aggredita. Ma non si combatte per le persone gettate nella fornace, non per cittadini immolati a ideali artefatti e non veri, non per un mondo che guarda attonito alla strage ed è a rischio di una guerra planetaria.
Perciò è tempo della pace.
Pubblichiamo nel sito l’articolo del Corriere della Sera sull’uranio impoverito e un articolo di Raniero La Valle, “Ahi serva Europa”, uscito oggi su “Il Fatto quotidiano” [vedi di seguito]. Infine: la preghiera che il Papa pronunziò in piazza san Pietro durante la pandemia, che sarà ritrasmessa a partire dal 10 giugno 2023 da un’orbita spaziale.
Con i più cordiali saluti,

Costituente Terra – Chiesadituttichiesadeipoveri (Raniero La Valle)
————–——————-
bbc60fe4-f5bc-4551-9414-653459790fca
AHI SERVA EUROPA
29 MARZO 2023 / COSTITUENTE TERRA / LA CONVERSIONE DEL PENSIERO/
L’Unione Europea ha fallito sulle sue due massime responsabilità, la pace e l’immigrazione, in cui ne andava della sua identità

Raniero La Valle

“Ahi serva Italia, di dolore ostello…”. Quando Dante scriveva queste parole l’Italia era un faro di civiltà, un giardino di bellezza, la culla del pensiero. Però non sapeva leggere i segni dei tempi, era in balia dei potenti, tradiva le sue origini e non riusciva a stare senza guerra.

Questo si potrebbe dire oggi dell’Europa, serva delle armi e del denaro, chiusa nel suo egoismo, dimentica dei suoi ideali, sovversiva delle ragioni stesse per cui è nata. Era nata per chiudere con le guerre, per togliere le dogane al carbone e all’acciaio al fine di costruire, e non ai cannoni e ai carri armati al fine di distruggere, era nata per abbracciare i suoi popoli e farsi amica e accogliente a quelli di altre comunità e perfino era decisa a fare rinunzie alla sua sovranità non per farsi serva di nessuno bensì per contribuire alla pace e alla giustizia tra le nazioni. E prima ancora di Spinelli e di Spaak, di Schumann e di Monnet, di Ursula Hirschmann e Simone Weil, di Adenauer e di De Gasperi, l’”idea di Europa” era cresciuta lungo un millennio, come l’avevano illustrata Erich Przywara e Friedrich Heer, tanto cari a papa Francesco, e come aveva ispirato le lettere dei condannati antifascisti (l’identità cancellata da Giorgia Meloni) della Resistenza europea.

Ed ora che cosa è diventata? Sono i segni di questo suo tempo che ce lo hanno rivelato e l’ultimo Consiglio europeo ce l’ha mostrato con la massima evidenza. L’Unione Europea ha fallito sulle sue due massime responsabilità, la pace e l’immigrazione, le due massime cure in cui ne andava della sua “identità culturale”, secondo il “progetto di pace e amicizia che ne è il fondamento”, come aveva detto Francesco al Consiglio europeo del 25 novembre 2014. La pace l’hanno licenziata a tempo indeterminato non solo i suoi cattivi capi, i suoi membri più atlantici, a cominciare dal Regno Unito, che arriva a promettere armi a componenti nucleari, ma anche i due personaggi che ne dovrebbero rappresentare l’unità e lo sguardo sul mondo, Ursula Von der Leyne e Jens Stoltenberg, l’una pavesata con i colori di un Paese in guerra, l’altro, dimentico della storia, andato a chiedere di votare i “crediti di guerra” ai partiti socialisti a Bruxelles, come alla vigilia della prima guerra mondiale.

Ma non solo: l’Europa non capisce nemmeno quello che, se mossi da probità professionale, le stanno dicendo gli esperti di geopolitica: che il suo vero “competitore” sono gli Stati Uniti, che per averla vassalla sono interessati a tenerla in guerra senza fine, vogliono dominarla col loro gas e i loro prodotti più avanzati, che non per niente hanno fatto saltare l’oleodotto che univa la Russia al resto dell’Europa. E non c’è nemmeno bisogno di particolari doti interpretative: l’hanno scritto gli Stati Uniti nella loro “Strategia della sicurezza nazionale” che la loro sicurezza, la loro difesa e l’obiettivo della loro bulimia militare stanno nel fatto che non vi sia alcuna potenza al mondo che non solo non superi, ma “nemmeno eguagli” la potenza americana. E se c’è una potenza che potrebbe osare eguagliarla non è la Russia, data già per disfatta, né la Cina, designata come suprema sfida del futuro, ma è l’Europa che, se facesse una politica meno suicida, potrebbe già ora competere economicamente e grazie alla proiezione della sua cultura, con l’egemonia degli Stati Uniti; ciò che potrebbe e dovrebbe fare proprio restando loro amica ed alleata per costruire insieme “un mondo libero, aperto, prospero e sicuro”, come essi lo vogliono, aiutandoli a evitare gli errori, come quello che fanno, e che facevano ben prima dei crimini di Putin, col volere la fine della Russia.

Certo non è alzando l’età di pensione e gettando un Paese intero in una lotta sociale ad oltranza, non è stando appesi alle labbra e al “Crimea o morte” di Zelenski, non è dicendo “nazione” per non dire “fascismo”, né incentivando le fabbriche a stipulare contratti pluriennali per la costruzione di armi che avranno bisogno di altrettanti anni per essere consumate sui campi di battaglia, sulle città e sui famosi vecchi e bambini costretti a morire anche loro in guerra, non è con queste scelte che l’Europa potrà ritrovare la sua dignità, la nobiltà delle sue origini, gli ideali che l’hanno spinta ad unirsi. È per quegli ideali, non per essere “provincia” di un Impero che l’Europa è nata, con la vocazione ad attraversare il Mediterraneo e a guardare a Sud, a Israele alla Palestina e al mondo arabo, ad Est, alla Russia e alla Turchia, e ad Ovest, non solo a un’America sola, ma a tutte e due; e non è togliendo ai suoi popoli la loro tutela sociale che l’Europa unita sarà in grado di prevalere, politicamente e culturalmente, sui sovranismi. Ma allora quale politica dovremmo fare? E quanto dobbiamo aspettare per vedere arrivare qui una vera Schlein, non il dominio del passato ma il coraggio del cambiamento?

Raniero La Valle

Articolo pubblicato su Il fatto quotidiano del 29 marzo 2023

News

costituente-terra-logologo77
una Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola

Costituente Terra Newsletter n. 78 dell’11 maggio 2022
Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n. 262 del 11 maggio 2022

IL MONDO PROSSIMO VENTURO

Cari Amici,
Non c’è bisogno di aspettare l’Apocalisse. Il libro si sta aprendo in questi giorni, in queste ore. Lo dice la NATO: la guerra sarà lunga. Ha dichiarato infatti Jens Stoltenberg che ne è il segretario generale: “I membri della NATO non accetteranno mai (il corsivo è nostro) l’annessione illegale della Crimea e il controllo russo su parti dell’Ucraina orientale” (ovvero i due territori del Donbass). Ha commentato il Corriere della Sera: “L’abbraccio troppo caloroso degli alleati potrebbe alla fine rivelarsi imbarazzante per Zelensky”. Pochi giorni prima, il 26 aprile, nella base americana di Ramstein, su invito degli Stati Uniti i ministri della Difesa di 40 Stati di tutto il mondo (fino alla Nuova Zelanda e all’Australia) avevano stipulato una sorta di Santa Alleanza (come l’ha chiamata Domenico Gallo) “per aiutare l’Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia”.
Ancora prima, all’inizio della guerra, Biden annunciando sanzioni contro la Russia quali mai si erano viste prima, le aveva assegnato un futuro da “paria”, che vuol dire di esclusione e di umiliazione, come è in India la condizione degli ultimi che sono ultimi non solo in senso sociale, ma metafisico. A sua volta l’inglese Johnson aveva incoraggiato l’Ucraina a usare l’intelligence e le armi americane, inglesi, polacche, italiane e turche della NATO per ritorcere la guerra di Putin contro di lui e colpire i russi in profondità nel loro stesso territorio, dunque non più solo sul mare. Forse proprio per sfuggire a questo abbraccio mortale dello zelo inglese, Zelensky, stremato per la rovina del suo popolo, parlando in un momento di lucidità, naturalmente per televisione, al pubblico inglese attraverso il Reale Istituto “Chatam House” di Londra, aveva avanzato la disponibilità ad uscire dalla guerra se i russi si fossero ritirati sulle posizioni oltre frontiera del 23 febbraio, anche a dover pagare per questo obiettivo il costo della rinunzia a rivendicare la Crimea (ormai entrata col referendum sotto la sovranità russa) e di non parlare del Donbass; notizia questa che in Occidente veniva dichiarata falsa benché tanto vera da aver suscitato la citata reazione di Stoltenberg; questi, mettendo di traverso la NATO aveva chiarito chi fosse il vero signore della guerra, disponendo dell’Ucraina come se questa già appartenesse alla NATO. E la guerra, secondo il dirigente atlantico, poteva durare anche “per mesi e per anni”, fin quando Zelensky avesse deciso di continuarla; in tal modo egli metteva in mano al presidente ucraino il potere di pace e di guerra, nel momento stesso in cui gli negava il diritto di porre fine al conflitto rinunziando alla Crimea e magari promettendo un’Ucraina inoffensiva e non inclusa nella NATO.
Da questa rapida cronaca risulta che lo scenario allestito o ipotizzato dall’Occidente è quello di una guerra di lunga durata. Ma non è uno scenario improvvisato. In sede di analisi esso era stato descritto già un anno prima, il 12 aprile 2021, in un articolo di Lucio Caracciolo che aveva così illustrato la programmazione in corso in America volta a “liquidare la Russia e isolare la Cina”: “Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale – aveva scritto il direttore di Limes – gli americani si trovano a fronteggiare due grandi potenze, la seconda e la terza del pianeta, in una partita che segue ormai la logica di guerra. Somma zero”. In questo schema triangolare, spiegava, l’America ha “un’opzione che comincia a circolare a Washington. E che Biden sta illustrando ai soci atlantici ed asiatici, perché certo da sola l’America non ce la può fare”; “per i cugini britannici” e per i Paesi della NATO baltica e russofoba, come per gli americani, questa opzione significava “la disintegrazione della Russia. Sulle orme del collasso sovietico del 1991”.
Descrivendo lo stato di avanzamento di questi lavori l’articolo riferiva poi che sul fronte del Mar Nero gli ucraini stavano spostando armi e truppe verso il Donbass, mentre i russi stavano facendo lo stesso in direzione opposta e contraria. “La tensione attorno alla Crimea ma anche nell’area di Odessa sta salendo”. E aggiungeva: “Per terra e/o per mare potrebbero accadere ‘incidenti’ dagli effetti imprevedibili…”
E la Russia? si chiedeva Caracciolo. “Non va troppo per il sottile. In caso fosse alle strette, Mosca sarebbe pronta alla guerra. Perché ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza”. E concludeva: “I prossimi mesi ci diranno se questa crescente pressione americana, via Nato, sulla Russia, sarà contenuta o se, magari inavvertitamente, produrrà la scintilla di un conflitto dalle imponderabili conseguenze”
Ora i mesi che sono passati da allora ce l’hanno detto. Ma se Lucio Caracciolo sapeva tutte queste cose è difficile che non le sapesse anche Putin: ciò spiega l’affermazione da lui fatta il 9 maggio sulla piazza Rossa che “il pericolo cresceva ogni giorno” e che perciò quella della Russia era stata una reazione preventiva all’aggressione, “una decisione forzata, tempestiva e l’unica giusta di un Paese sovrano”. Una decisione che è stata però un errore e un crimine.
Tutto questo dice che la guerra sarà lunga. Ma quanto lunga? Secondo Limes il futuro sarà tutto un “percorso di tregue interrotte, non certo di vera pace”; secondo l’analista militare Nicola Cristadori sarà una guerra perpetua perché “la guerra, nostro malgrado, è connaturata all’uomo, ragione per cui non ci si può adagiare sui prolungati periodi di pace”: Lo aveva detto anche Eraclito, ai primordi della nostra cultura che la guerra è “padre di tutte le cose, di tutte re, e gli uni disvela come dèi, gli altri come uomini”. Per questa ragione “show must go on” come canta il quartetto rock dei Queen, cioè lo spettacolo deve andare avanti. La guerra è questo spettacolo, non più solo guerra ma warshow; tale ormai è diventata sui nostri schermi televisivi e tale ormai sempre sarà, tolte le guerre dimenticate e locali, fino all’ultima che, se sarà atomica, non potrà essere filmata da nessuno. né potrà essere interrotta dalla pubblicità in alcuna maratona o talk show televisivo. Del resto oggi tutta la realtà, non solo la guerra, è diventata spettacolo; spectaculum facti sumus, aveva detto profeticamente san Paolo.
Con la parata del 9 maggio sulla piazza Rossa, lo spettacolo doveva raggiungere il suo culmine. Per settimane era stata preannunciata come l’evento del secolo, quando Putin avrebbe esibito la sua forza, svelato le sue mire sui Paesi vicini, annunciato la guerra mondiale, minacciato quella atomica, o celebrato la conquista dell’Ucraina e la vittoria della sua guerra. Qualcosa però ha guastato questo spettacolo, il loggione di quasi tutti i nostri giornali l’hanno fischiato, i titoli di prima pagina hanno giocato con “la malaparata”, che magari era la loro, hanno detto “la festa non c’è”, hanno raccontato di un Putin malato e sconfitto, che aveva abbassato la cresta, che aveva ammesso le perdite, che aveva detto no alla guerra totale, che aveva escluso l’atomica. In effetti Putin non aveva mostrato la forza, non aveva fatto volare gli aerei, la sfilata più imponente era stata quella di un milione di persone che recavano milioni di fotografie dei morti nella seconda guerra mondiale, la “guerra patriottica” contro il nazismo che così veniva celebrata.
E a guastare la festa e interrompere lo spettacolo ci si è messo anche Macron, che ha mandato a dire all’America: “Non siamo in guerra contro la Russia. Abbiamo una pace da costruire con Ucraina e Russia attorno al tavolo, ma non si farà né con l’esclusione né con l’umiliazione’”, ed ha aggiunto che l’Europa è più ampia dell’Unione Europea, che non deve cedere ai revanscismi e alle vendette, che deve diventare una vera comunità politica.
Dunque è posta l’alternativa. La guerra oggi in corso è cominciata con la sfida americana alla Russia (l’abbaiare della NATO al suo confine, evocato anche dal Papa) è continuata con la catastrofica e genocida risposta di Putin. Essa contempla un mondo senza la Russia e contro la Cina. Secondo la previsione di “Limes”, “se l’America vincerà questa semifinale sbarazzandosi di Putin – fors’anche della Russia – potrà concentrarsi sulla partita del secolo contro la Cina privata dello scudo russo , circondata per terra e per mare”.
Questo è il futuro che ci viene prospettato, che spiega le posizioni che sulla guerra abbiamo preso fin qui. Ma noi possiamo accettare questo? Possiamo accettare che la guerra accada non per un artificio della nostra cultura ancora così primitiva, ma per una necessità di natura? Possiamo rinunciare al ripudio della guerra? Possiamo adattarci a un mondo dove, come dicono i cinesi, l’Europa obbedisce alla pulsione che la spinge a volere un solo vincitore definitivo e despota del mondo intero? Possiamo desiderare un mondo senza la Russia e in lotta contro la Cina? Se non lo vogliamo dobbiamo inserirci nel varco aperto da Macron, forse anche dalla Germania di Scholz e della Merkel, e immaginare e lottare per un progetto alternativo. È questo il compito che ci resta da assolvere.
Nel sito pubblichiamo l’articolo di Domenico Gallo sulla “Santa alleanza di Ramstein”, uno di Raniero La Valle “Liberare gli altri per salvare sé stessi”, un appello del premio Nobel per la pace Adolfo Perez Ezquivel “Disarmare la ragione armata”, un articolo di Roberta De Monticelli “La Russia confina con Dio” e la lettera al papa per un’ambasceria da mandare a Biden e Putin integrata con le ultime firme (non coincidenti con quelle registrate da Change.org).
Cordiali saluti,

www.costituenteterra.it
———————-
68c521c6-7933-4dbb-9e94-807b986cabc6
El mundo en manos de irresponsables?
DISARMARE LA RAGIONE ARMATA

11 MAGGIO 2022 / EDITORE / DICONO LA LORO /
La humanidad vive tiempos de incertidumbre, los avances tecnológicos y científicos han acelerado el tiempo que cambia la realidad, donde el presente condiciona el futuro y tener conciencia que lo que sembramos recogemos. La carrera armamentista desgraciadamente es una realidad, buscan seguridad, cada día más insegura.

Vuelve a desatarse la tragedia de Caín y Abel a través del tiempo sin tiempo. Las sagradas escrituras nos muestran el camino que Dios dio al ser humano, “la libertad” y es éste quien decide el camino a seguir entre luces y sombras. La humanidad sufre 25 guerras en diversas partes del mundo, como la de Ucrania y Rusia en una escalada cada vez más peligrosa y cruenta, con peligro que se desate una guerra nuclear.

La II Guerra Mundial marcó para siempre la vida planetaria, las bombas atómicas arrojadas sobre Hiroshima y Nagasaki fueron determinante para el mundo que dejo de ser lo que era y aún con las heridas sangrantes se sumaron otras guerras y conflictos con total desprecio a la vida humana.

¿Olvidaron lo vivido y sufrido?- es como un espejo roto en mil pedazos – ¿Olvidaron el Holocausto, los campos de concentración, los millones de muertos?-¿Olvidaron la Guerra de Vietnam, la guerra entre Israel y Palestina, como otras más que se sumaron a la tragedia de la humanidad?. Es urgente oír el clamor de los pueblos y llamar a la memoria de las nuevas generaciones.

Hay que optar entre la “bomba o la Vida”, para optar por la Vida los pueblos deben rebelarse y no permitir que los sometan y dominen, asumirse como protagonistas de sus propias vidas y constructores de su historia.

Se apagó el faro de la misericordia y la dignidad, sumergieron la humanidad en el oscurantismo, la incertidumbre y el dolor violando los derechos de la persona y de los pueblos.

Los irresponsables tienen rostros y llevan el sello de la bestia 666 en sus frentes y almas, van destrozando vidas, pueblos, se niegan a ver los rostros de hombres, mujeres, niños/as que cuestionan e interpelan y reclaman un lugar digno para vivir en Paz. Están ciegos por la soberbia del poder y el odio y buscan justificar lo injustificable.

Quienes son los responsables de la guerra entre Ucrania y Rusia? Putin, Zelinsky?-Es necesario ver más profundo y poner al descubierto el manejo siniestro del poder dominación mundial de los EEUU, la UE y la OTAN que en forma directa e indirecta ya están involucrados en la guerra.

Los pueblos de Europa deben despertar y no ser satélite de los EEUU y la OTAN que los arrastra al desastre.

Rusia debe parar la guerra, establecer una tregua conjuntamente con la ONU nombrar una comisión de mediación internacional para lograr fronteras seguras y no ser devorado. Esa decisión no puede ser unilateral, debe ser compartida por las potencias involucradas en la guerra y generar espacios de diálogo y soluciones justas para las partes.

El Orden Mundial actual es el mayor desorden mundial.

Ucrania es el peón en el tablero del poder de las grandes potencias, su pueblo es víctima de la guerra, no les interesa los muertos, los refugiados, la destrucción de las ciudades, hay que alimentar la guerra con más armas y dinero, la Bestia no se sacia con la sangre derramada, exige más y más.

Los EEUU y la OTAN en su voracidad de dominar el mundo buscan imponer su política, económica y militar y destruir a sus oponentes, la realidad enseña que las grandes potencias no tienen amigo ni aliados, tienen intereses, basta ver su accionar en el mundo.

Europa ha perdido identidad y valores y depositado en la OTAN su destino. Los pueblos deben saber que ningún ejército es garante de la Paz.

En esta confrontación las amenazas y peligros crecientes de una guerra nuclear afecta a todos los países grandes y pequeños, ricos y pobres, las distancias no cuentan y ponen al mundo en el límite de la existencia planetaria. Todas las potencias involucradas poseen armas nucleares y están dispuestas a utilizarlas sin medir las consecuencias.

Es un grave error considerar a “Rusia, un Oso con rugido de ratón“ y a China un “Tigre de papel”.

El faro de la ONU permanece apagado, hay que ayudarle a despertar y volver a encenderlo para que ilumine a la humanidad antes que sea tarde. En otras notas señale que: “todos saben cómo comienzan las guerras, nadie sabe cómo terminan”. No es posible que los gobiernos gasten recursos en enviar armas a Ucrania para incrementar el conflicto y no tengan el coraje de presentar alternativas para poner fin a la guerra y que todo dependa de las decisiones de los EEUU.

La Paz no se regala se construye, se necesita mucho coraje y sabiduría para alcanzarla. Es urgente “desarmar la razón armada”, hacer posible lo imposible, “transformar las armas en arados”- (Isaias)

Muchas voces en el mundo reclaman el fin de las guerras que afectan a la humanidad y la urgencia de sumar esfuerzos y recursos para combatir el hambre, la pobreza y la desigualdad social. Voces que no son escuchadas por gobiernos irresponsables y por los medios hegemónicos de comunicación .

La solución es política. Los pueblos sufren la violencia de gobiernos que los arrastra a la guerra. Es urgente la unidad en la diversidad y ser protagonistas, levantar y hacer suyo la proclama de la ONU en 1945: “Nosotros los pueblos del mundo” A preservar a las generaciones venideras del flagelo de la guerra que dos veces durante nuestra vida ha infligido a la humanidad sufrimientos indecibles…”

Es un error acorralar a Rusia con sanciones comerciales , censurar su cultura y a los deportistas y suspender a Rusia en la Comisión de Derechos Humanos de la ONU y guardar silencio de las atrocidades y violaciones de los DDHH y de los pueblos cometidas por quienes votaron las sanciones contra Rusia. El Evangelio dice: Aquel que esté libre de culpa que arroje la primera piedra “

Es necesario que los gobiernos tengan valores éticos y coraje para no degradarse y caer en la hipocrecía.

Los pueblos no pueden ser indiferentes y espectadores de la tragedia que vive la humanidad. Es necesaria la rebeldía para evitar ser arrastrados a otro holocausto.

Como dice el antiguo proverbio- “La noche más oscura es cuando comienza el amanecer”

Adolfo Pérez Esquivel

3-5-22
—————-

Costituente Terra – Chiesadituttichiesadeipoveri

costituente-terra-logouna Terra
un popolo
una Costituzione
una scuola

Newsletter n. 65 del 23 febbraio 2022

DAL CONFLITTO SULLA SOVRANITÀ DEGLI STATI AL CONFLITTO SUL DIRITTO DEI POPOLI

Care amiche ed amici,
Con l’azzardo di Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Luhansk (Donbass) la crisi ucraina cambia natura e da conflitto sulla sovranità degli Stati diventa un conflitto sul diritto e la liberazione dei popoli. Se finora la disputa era sul diritto sovrano dell’Ucraina a entrare nella NATO senza doverne rispondere ad alcuna istanza superiore ad essa e sul diritto della Russia a muovere le sue truppe dentro i suoi confini per essere pronta a difendersi, la mossa di Putin introduce un elemento nuovo che mette al centro della crisi non più solo gli Stati ma i popoli; da un lato infatti è in gioco il diritto del popolo russo a non avere sulla porta di casa missili nemici capaci di raggiungere Mosca in trenta secondi, dall’altro il diritto dei popoli del Donbass a rimettere in discussione il proprio status nel contesto degli altri popoli e di un potere centrale percepito come oppressivo e intenzionato ad espropriarli della loro identità e della loro cultura, dalla lingua alle tradizioni e alla stessa Chiesa ortodossa che si vorrebbe autonoma dal patriarcato di Mosca. Ed è sui popoli che ricadono le conseguenze dell’aggravarsi della crisi non solo per le minacce di guerra ma già per le “sanzioni” annunciate da Biden con l’esplicita intenzione di provocare “dolore” nelle popolazioni che ne saranno colpite (ma non nella sua), sanzioni che saranno, come ha detto il presidente americano, quali la Russia non ha mai subito prima; esse peraltro colpiranno anche l’Europa e noi. Per questo le reazioni sono altrettanto devastanti delle azioni, e si innestano in una spirale perversa che ha preso avvio dall’internazionalizzazione del conflitto interno dell’Ucraina fino al coinvolgimento della NATO e quindi alla trasformazione del conflitto politico in conflitto militare potenzialmente mondiale.
Il mondo assiste attonito al precipitare degli eventi mentre sul territorio il doloroso esodo degli abitanti in fuga incrocia il movimento temerario delle armate.
Questo cambiamento della natura del conflitto avrebbe dovuto comportare una diversa reazione degli Stati ad esso estranei e della stessa comunità mondiale; la reazione ragionevole sarebbe quella primaria di escludere la guerra, promuovere un vero negoziato ed esigere che la volontà dei popoli coinvolti sia urgentemente e debitamente accertata con un controllo internazionale adeguato. Purtroppo le reazioni dell’Occidente sono state finora quelle tradizionali degli Stati che non fanno altro che identificare il nemico e contemplare come esito finale la guerra.
Nel prendere atto della mutata natura del conflitto bisognerebbe invece tener conto di due cose. Anzitutto non ignorare le gravissime accuse mosse dal presidente russo al potere statale dell’Ucraina responsabile di una gestione della cosa pubblica riassumibile nella denuncia agostiniana dei regni della terra quando, senza giustizia, sono solo dei grandi ladrocini. In secondo luogo bisogna uscire dalla falsa alternativa tra una resa dell’Occidente o una sua inflessibile reazione fino alla guerra. Finora la risposta, coerente alla cultura di Biden, ha solo a che fare coi soldi ed è rivolta allo strangolamento dell’economia e al blocco delle forniture di gas; ma la difesa militare “di ogni centimetro dell’Ucraina”, come è stato promesso, sarebbe, per dirla con papa Giovanni, “fuori della ragione”. Tutte le guerre intraprese dall’Occidente dopo la seconda guerra mondiale sono state del resto perdenti e sbagliate, dal Vietnam alle guerre del Golfo (infatti ce ne sono volute due), dalla guerra contro la Iugoslavia, addirittura appaltata alla NATO, all’Afghanistan; per non parlare della guerra contro i migranti combattuta alzando muri e reticolati ai confini, negando l’approdo nei porti o perfino finanziando i lager libici; ma quest’ultima guerra, a partire dal cuore dell’Europa, potrebbe essere veramente quella “finale”. Al contrario non sarebbe “una resa” quella che si facesse carico della salvezza dei popoli e costruisse un’alternativa che ne riconoscesse i diritti fondamentali.
L’affermazione del diritto all’autodeterminazione e alla liberazione dei popoli vanta in Italia una ricca tradizione, dalle iniziative di Lelio Basso al Tribunale permanente dei popoli a “Costituente Terra”. Certamente tale diritto deve essere contemperato col valore della stabilità dei confini ed essere esercitato con metodi negoziali e non violenti, e con le necessarie cautele e garanzie per evitare derive populiste e antistatali. Ma senza dubbio uscire in avanti dalla terribile crisi in atto, in alternativa agli automatismi della contrapposizione e della vendetta, sarebbe un passo importantissimo verso un mondo più equo, come quello che era stato sognato alla fine della guerra fredda, quando si era parlato di “un dividendo della pace” e di un mondo “libero dalle armi nucleari e nonviolento”. Quelle speranze sono state stracciate, benché nel frattempo il mondo sia entrato in un’epoca nuova, e non solo per il clima; ma purtroppo non se ne sono accorti i responsabili delle nazioni. È questo il tempo di riprenderle e realizzarle.
Pubblichiamo nel sito un articolo sulle industrie delle armi come le vere beneficiarie della crisi in Ucraina.
Cordiali saluti,

www.costituenteterra.it

P. S. Ricordiamo l’IBAN per il pagamento della quota associativa per il 2022, necessaria alla continuità del nostro lavoro, nella misura suggerita di 100 euro o nella misura decisa da ciascuno: IT94X0100503206000000002788 (dall’estero BIC BNLIITRR) sul conto BNL intestato a “Costituente Terra”. Grazie.
Facebook
——————
logo76Newsletter n. 250 del 23 febbraio 2022

IL DOLORE DEI POPOLI

Carissimi,
Con l’azzardo di Putin di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Luhansk (Donbass) la crisi ucraina cambia natura e da conflitto sulla sovranità degli Stati diventa un conflitto sul diritto e la liberazione dei popoli. Se finora la disputa era sul diritto sovrano dell’Ucraina a entrare nella NATO senza doverne rispondere ad alcuna istanza superiore ad essa e sul diritto della Russia a muovere le sue truppe dentro i suoi confini per essere pronta a difendersi, la mossa di Putin introduce un elemento nuovo che mette al centro della crisi non più solo gli Stati ma i popoli; da un lato infatti è in gioco il diritto del popolo russo a non avere sulla porta di casa missili nemici capaci di raggiungere Mosca in trenta secondi, dall’altro il diritto dei popoli del Donbass a rimettere in discussione il proprio status nel contesto degli altri popoli e di un potere centrale percepito come oppressivo e intenzionato ad espropriarli della loro identità e della loro cultura, dalla lingua alle tradizioni e alla stessa Chiesa ortodossa che si vorrebbe autonoma dal patriarcato di Mosca. Ed è sui popoli che ricadono le conseguenze dell’aggravarsi della crisi non solo per le minacce di guerra ma già per le “sanzioni” annunciate da Biden con l’esplicita intenzione di provocare “dolore” nelle popolazioni che ne saranno colpite (ma non nella sua), sanzioni che saranno, come ha detto il presidente americano, quali la Russia non ha mai subito prima; esse peraltro colpiranno anche l’Europa e noi. Per questo le reazioni sono altrettanto devastanti delle azioni, e si innestano in una spirale perversa che ha preso avvio dall’internazionalizzazione del conflitto interno dell’Ucraina fino al coinvolgimento della NATO e quindi alla trasformazione del conflitto politico in conflitto militare potenzialmente mondiale.
Il mondo assiste attonito al precipitare degli eventi mentre sul territorio il doloroso esodo degli abitanti in fuga incrocia il movimento temerario delle armate.
Questo cambiamento della natura del conflitto avrebbe dovuto comportare una diversa reazione degli Stati ad esso estranei e della stessa comunità mondiale; la reazione ragionevole sarebbe quella primaria di escludere la guerra, promuovere un vero negoziato ed esigere che la volontà dei popoli coinvolti sia urgentemente e debitamente accertata con un controllo internazionale adeguato. Purtroppo le reazioni dell’Occidente sono state finora quelle tradizionali degli Stati che non fanno altro che identificare il nemico e contemplare come esito finale la guerra.
Nel prendere atto della mutata natura del conflitto bisognerebbe invece tener conto di due cose. Anzitutto non ignorare le gravissime accuse mosse dal presidente russo al potere statale dell’Ucraina responsabile di una gestione della cosa pubblica riassumibile nella denuncia agostiniana dei regni della terra quando, senza giustizia, sono solo dei grandi ladrocini. In secondo luogo bisogna uscire dalla falsa alternativa tra una resa dell’Occidente o una sua inflessibile reazione fino alla guerra. Finora la risposta, coerente alla cultura di Biden, ha solo a che fare coi soldi ed è rivolta allo strangolamento dell’economia e al blocco delle forniture di gas; ma la difesa militare “di ogni centimetro dell’Ucraina”, come è stato promesso, sarebbe, per dirla con papa Giovanni, “fuori della ragione”. Tutte le guerre intraprese dall’Occidente dopo la seconda guerra mondiale sono state del resto perdenti e sbagliate, dal Vietnam alle guerre del Golfo (infatti ce ne sono volute due), dalla guerra contro la Iugoslavia, addirittura appaltata alla NATO, all’Afghanistan; per non parlare della guerra contro i migranti combattuta alzando muri e reticolati ai confini, negando l’approdo nei porti o perfino finanziando i lager libici; ma quest’ultima guerra, a partire dal cuore dell’Europa, potrebbe essere veramente quella “finale”. Al contrario non sarebbe “una resa” quella che si facesse carico della salvezza dei popoli e costruisse un’alternativa che ne riconoscesse i diritti fondamentali.
L’affermazione del diritto all’autodeterminazione e alla liberazione dei popoli vanta in Italia una ricca tradizione, dalle iniziative di Lelio Basso al Tribunale permanente dei popoli a “Costituente Terra”. Certamente tale diritto deve essere contemperato col valore della stabilità dei confini ed essere esercitato con metodi negoziali e non violenti, e con le necessarie cautele e garanzie per evitare derive populiste e antistatali. Ma senza dubbio uscire in avanti dalla terribile crisi in atto, in alternativa agli automatismi della contrapposizione e della vendetta, sarebbe un passo importantissimo verso un mondo più equo, come quello che era stato sognato alla fine della guerra fredda, quando si era parlato di “un dividendo della pace” e di un mondo “libero dalle armi nucleari e nonviolento”. Quelle speranze sono state stracciate, benché nel frattempo il mondo sia entrato in un’epoca nuova, e non solo per il clima; ma purtroppo non se ne sono accorti i responsabili delle nazioni. È questo il tempo di riprenderle e realizzarle.
Pubblichiamo nel sito un appello del papa per la pace in Ucraina e una nota di Domenico Gallo sui falsi argomenti dei referendum sulla giustizia.
Cordiali saluti,

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it