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#civuolecoerenza!

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sedia-van-gogh4 Giochi di prestigio

di Vanni Tola
“Mille nuove scuole in mille giorni”
. Era l’ennesima bugia dell’ “Udinì” della politica, un uomo che alle bugie che racconta non crede neppure lui tanto che, alle volte, gli scappa un sorrisetto beffardo dopo che ha raccontato l’ennesima frottola. Durante la scorsa estate il suo governo avrebbe avviato tutti i lavori necessari per la messa in sicurezza delle scuole e a Settembre gli alunni sarebbero entrati in aule sicure, rinnovate e, perfino, belle. Non è accaduto niente, i soffitti delle aule continuano a crollare (vedi scientifico di Sassari e altre scuole). Acqua passata, perché parlarne ancora. Ora il pifferaio suona un’altra musica. L’Expo di Milano, l’anno Felix dell’Italia, e molti italiani sembrano ancora credergli mentre altri attendono che un altro Messia, l’otto marzo, scenda in campo con l’ennesimo codazzo di giocolieri, nani e ballerine per cambiare l’Italia. Dio, se ci sei… batti un colpo, anzi due.

La politica renziana della non coerenza
di Raffaele Deidda

“Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori”. L’aveva detto, con enfasi, Matteo Renzi in una trasmissione di Porta a porta del 2013, prima di diventare segretario del Pd e presidente del Consiglio. Si riferiva al vincolo di mandato escluso dall’art. 67 della Costituzione, utilizzato a piene mani dai parlamentari che passano da un partito politico all’altro. Eppure lo spirito dell’art. 67 è ben altro e va contestualizzato con la fine del fascismo.

Specificamente, l’articolo non intendeva dire che un parlamentare una volta eletto può fare quello che gli pare, ma determinava un meccanismo di sicurezza per non rendere i parlamentari dipendenti e sottomessi al leader del loro partito o al capo del Governo, in caso di “deriva” autoritaria da parte di questi.

Non é l’unica frase celebre di Renzi, forse è una delle più datate. Ve ne sono altre, più note e di grande effetto mediatico, quali: “Mai al governo senza voto” – “Mai al governo con Berlusconi” – “Enrico stai sereno”. Anche chi non segue con l’attenzione dell’osservatore le vicende italiane sa benissimo quali sviluppi abbiano avuto queste solenni dichiarazioni. Contro i “voltagabbana”, individuati in particolare in Sergio Cofferati, si sono recentemente scatenati i politici di fede renziana che hanno utilizzato i social network per lanciare durissimi proclami del tipo: “Cofferati lascia il Pd? Se è così si dimetta da parlamentare europeo, i voti che ha preso sono del Pd”, accompagnati dall’hashtag #civuolecoerenza! Per rendere più enfatici i messaggi è mancato solo il termine usato dal Comandante De Falco per sollecitare Schettino a tornare a bordo della Costa Concordia.

Accade ora che otto parlamentari di Scelta Civica abbiano deciso di passare al Pd, avendo accolto l’invito di Renzi per “un percorso e un approdo comuni”. In quel percorso e in quell’approdo non c’è spazio per le invettive e il monito “Se uno cambia partito deve andare a casa per rispetto degli elettori!” per Renzi non vale più. Al bando questi inutili moralismi! Che invece vengono evidenziati dal sottosegretario all’Economia Zanetti: “Entrare nel Pd solo perché Renzi chiama senza nessun tipo di progetto preciso e di cambio di linea equivale a rispondere a una chiamata di potere e di volontà di mantenere lo scranno parlamentare”.

Può essere una scusante il fatto che il trasformismo è sempre esistito nella politica italiana e sono centinaia i casi di parlamentari che hanno “trasfugato”? Forse a Renzi e ai suoi sostenitori poco importa, ma chi si ostina a coltivare un’idea di politica corretta e coerente nelle idealità e nelle azioni fa fatica ad accettare l’idea che la politica intesa come arena del cinismo e dell’opportunismo non sia appannaggio solo di quel vituperato centro destra a forte caratterizzazione berlusconiana, ma anche di un partito che continua a dichiararsi di sinistra.

Fa fatica anche ad accettare il fatto che il Pd abbia respinto la richiesta di autorizzazione a procedere contro il senatore della Lega Calderoli che aveva dato dell’orango a Cecile Kyenge, facendo immaginare alla ex ministra il sussistere di vergognosi calcoli elettorali. Fanno fatica i democratici sardi, iscritti al Pd e no, ad accettare che sia stato il sardo Giuseppe Cucca, capogruppo Pd nella Giunta delle elezioni e immunità parlamentari, a dichiarare che “La Giunta delle immunità ha ritenuto che la fattispecie dell’istigazione all’odio razziale non sussistesse”.

Lo stesso Cucca, già componente del gruppo di dissidenti del Pd contrari alla nuova legge elettorale in quanto “Fatta con Belusconi anziché con il Pd e il centrosinistra”, poi coerentemente allineato nel voto a favore dell’Italicum. Si potrà forse obiettare che si tratta di questioni secondarie, insignificanti rispetto ai “veri” problemi del Paese che il Governo Renzi affronta con grande determinazione ed efficacia (?).

L’assenza di coerenza fra enunciazioni ed azioni porta però a riflettere su come Enrico Berlinguer avesse ragione nel dire a proposito dell’allora presidente del Consiglio: “La cosa che mi preoccupa in Craxi è che certe volte mi sembra che pensi soltanto al potere per il potere”. Per questo, caro Renzi, non siamo affatto sereni
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By sardegnasoprattutto/ 8 febbraio 2015/ Società & Politica/
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Riflessioni domenicali e oltre
Lavagna
di Antonio Dessì
1)Viva la Russia, anche se Putin non è simpatico. Hollande ha detto che se fallisce la mediazione in corso sull’Ucraina non ci sarà alternativa alla guerra. Una dichiarazione folle. Francia e Europa non sono affatto in buone mani.
2)Viva la Grecia, nonostante Tsypras e Varoufakis siano al picco del gradimento femminile e molti di noi rosichino meschinamente. Rilevazioni empiriche riportate da molte fonti di informazione rivelano non solo che il nuovo Governo greco sta guadagnando consensi interni anche tra quelli che non hanno votato Syriza, ma che l’opinione pubblica occidentale maggioritariamente tifa per la piccola Grecia. Qualche ragione ci sarà.
3) Vivail Papa. Bergoglio non si esprimerà come un raffinato teologo (e non so se questo sia un bene), ma è in sintonia con un mare di persone e di popoli, quando dice che il problema della fame nel mondo nasce dall’ingiustizia economica, da una speculazione finanziaria priva di scrupoli e dalla rapina delle risorse ambientali del pianeta a vantaggio di pochi. Poi dice che uno si butta … a sinistra.
4)Abbasso il Governo italiano. Tralasciamo la “pugnalata nella schiena” ai cugini greci. Come nel 1940, anche allora a seguito dei soliti Tedeschi contro la Francia ormai in ginocchio, l’Italia si è fatta di nuovo conoscere nel mondo per il caldo sostegno dato a un Paese amico in grave difficoltà. La novità è invece che ieri abbiamo scoperto di avere un ministro dell’Agricoltura il quale, tomo tomo, cacchio cacchio, ha prospettato l’introduzione nella Costituzione della Repubblica del diritto all’alimentazione. Insomma del diritto a mangiare. Eppure se il Governo si impegnasse a promuovere il diritto al lavoro e quello a una retribuzione adeguata, che in Costituzione sono solennemente scolpiti, la gran parte della gente mangerebbe a sufficienza. Detto come lo dice Martina, sembra piuttosto che si voglia formalizzare il diritto alla carità: ma anche così sarebbe molto meno del dovere di solidarietà, che parimenti in Costituzione c’è già. Un altro cazzone. Scusate il termine.
5)Abbasso noi tutti, in Sardegna, o almeno buona parte di noi. Non sono mai stato per l’abolizione delle Province. Sarebbero (state) lo strumento decisivo per far dimagrire l’elefantiasi burocratica della Regione, trasferendo molte funzioni amministrative e gestionali a un livello intermedio congruo. Eliminarle è del tutto conforme a un obiettivo centralistico e all’inesausta bulimia del ceto politico e burocratico regionale. (Intanto a Roma si pensa di fare altrettanto con le Regioni: altro tipo di bulimia, stavolta neo-ministerialista). Tuttavia, ora che la fesseria è fatta, non condivido neppure tutta la resistenza dei politici e degli amministratori locali alla prospettiva della gestione associata intercomunale di molti servizi. Non c’è ragione alcuna per non costruire e promuovere un processo che non sarebbe solo di collaborazione tra istituzioni, ma anche di solidarietà consapevole e di senso civico diffuso tra comunità limitrofe, molto più avanzato dello sbando attuale in cui si versa sotto tanti campanili.
6)Abbasso il grigio ragionierismo della Regione, ma anche le giaculatorie ipocrite e strumentali. In una situazione di calo demografico e di spopolamento, assicurare organizzativamente un adeguato livello di istruzione alle nuove generazioni resta la priorità delle priorità e non si può farlo difendendo l’esistenza in ogni paese di scuole ridotte a poche pluriclassi. Ignorare questa priorità evocando la felicità dei tempi passati è un esercizio retorico poco convincente. Strumentalizzare le resistenze a scopi politici non è solo meschino: è criminale. Anche per questo servizio di straordinaria essenzialità vale la pena di pensare a forme organizzative associate e alla condivisione di responsabilità fra comunità vicine. Non c’è proprio alcuna perdita nel frequentare le scuole insieme a compagni di paesi confinanti, tra i quali le affinità, come anche le differenze, sono una ricchezza da condividere, che può compensare ampiamente qualche sacrificio materiale in termini di mobilità. Certo, operazioni di questa portata richiederebbero modalità di coinvolgimento e persino di comunicazione tali da dar loro quell’anima di consapevolezza epocale che dovrebbe accompagnarle. Nascono invece morte, se vissute come conseguenza di un’impotenza progettuale, rivestita appena da ragionamenti finanziari dei quali, onestamente, siamo arcistufi e sui quali non immotivatamente siamo diffidenti.
7) Chiudo. E passo.
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