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LA SEDIA di VANNI TOLA. La chimica verde, una fiaba per adulti. Aladinews seguirà l’evoluzione del progetto e il dibattito in corso con altri interventi di approfondimento. In fondo, se è una fiaba, chi meglio di Aladino?
di Vanni Tola
L’idea è semplicemente geniale, coniugare la chimica con l’agricoltura per realizzare prodotti chimici biodegradabili da vegetali e con processi produttivi non inquinanti. Un grande progetto di sistema che rilancerebbe nel mondo l’industria petrolchimica tradizionale ora in crisi. Le materie prime le fornirebbe l’agricoltura con prodotti quali il girasole, il mais o il cardo selvatico, ma sarebbero utilizzabili anche gli scarti della pastorizia o della pesca, opportunamente trattati. Queste materie prime daranno origine a polimeri biodegradabili dai quali si potranno realizzare una miriade di oggetti di uso comune con un impatto ambientale ridottissimo. La coltivazione delle materie prime avverrebbe recuperando a uso produttivo i terreni degradati e marginali generalmente incolti mentre gli impianti sarebbero realizzati con la riconversione dei vecchi stabilimenti petrolchimici. La Sardegna ridiventerebbe quindi uno dei nuovi poli di sviluppo per l’industria petrolchimica nazionale che, questa sarà di chimica verde. Una bella storia, quasi una fiaba accolta con interesse e speranza anche da coloro che negli ultimi cinquanta anni sono stati prima incantati e poi delusi dalla fiaba dei Piani di Rinascita e del Piano per la Pastorizia. La protagonista assoluta della fiaba si chiama Matrìca, una joint tra Polimeri Europa del gruppo Eni e Novamont, l’azienda ex Montedison oggi leader mondiale nelle bio-plastiche. Matrìca è nata in Sardegna con l’obiettivo di trasformare il petrolchimico Eni di Porto Torres in uno dei più grandi poli industriali di chimica verde a livello internazionale. Nel vecchio polo petrolchimico di Portotorres, adeguatamente bonificato e riconvertito, dovrebbe produrre 350mila tonnellate all’anno di prodotti biodegradabili di origine vegetale, partendo dalle coltivazioni locali, in questo caso il cardo, ricavate mettendo a coltura i terreni marginali. L’investimento complessivo è di tutto rispetto, un miliardo. 500 milioni, a carico del gruppo Eni, servirebbero per la bonifica dell’area e 300 milioni per la realizzazione da parte di EniPower di una centrale a biomassa che utilizzerà i residui vegetali delle lavorazioni agricole. A regime si ipotizza la costruzione di sette nuovi impianti – con una spesa di 250 milioni che entrerebbero in funzione tra il 2014 e il 2016. In termini di occupazione la realizzazione del progetto consentirebbe di salvare gli attuali 550 posti di lavoro dell’industria chimica che diventerebbero 685 a completamento dell’investimento. Questa la situazione di partenza. La discussione è aperta, molte le opinioni differenti e contrastanti a confronto. Giusto per elencare alcune questioni aperte cominciamo con l’alimentazione della centrale a biomasse, il cuore del progetto. Abbiamo sufficiente disponibilità di materia prima per alimentare la centrale con prodotti vegetali ricavati dalle terre marginali messe a coltura e con i residui delle lavorazioni agricole? E qualora questa condizione non si realizzasse quali garanzie ci sono che la centrale, una volta realizzata, non si trasformi in un inceneritore per una parte consistente dei rifiuti solidi urbani? Aladinews seguirà l’evoluzione del progetto e il dibattito in corso con altri interventi di approfondimento. In fondo, se è una fiaba, chi meglio di Aladino?