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DIBATTITO su la Sardegna di oggi e di domani. Verso il baratro ?

lampadadialadmicromicro133Sulle tematiche trattate da Salvatore Cubeddu è in corso un ampio dibattito, che tuttavia riteniamo sia insufficiente e in certa parte paludato. Cerchiamo di dargli respiro e farlo crescere. Salvatore non usa mezze misure per descrivere la situazione dal suo punto di vista. Com’è noto Aladin ha dato spazio a diverse posizioni, per certe parti opposte. Ricordiamo al riguardo i molti articoli pubblicati (che abbiamo rubricato – riduttivamente – come “chimica verde”) e, in particolare, i servizi approfonditi del nostro Vanni Tola. E’ nostro compito precipuo, da piccolo organo di informazione, dare spazio a tutte le argomentazioni per favorire il confronto e illuminare le scelte sull’oggi e sul futuro della Sardegna, chiunque le stia già facendo e le debba fare. E, ovviamente, ci riferiamo anche alle decisioni e comportamenti di chi legittimamente si oppone e indica strade diverse. Di più, allo stato, non possiamo fare, ma per noi è molto.
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Si, la Sardegna va verso il baratro! E vi spiego il perché.

di Salvatore Cubeddu *

A Sassari l’hanno chiamata Matrìca, a Carbonia si chiamerà Mossi&Ghisolfi, a Nuoro vorrebbe farlo Clivati, anche per Chilivani è già stato approvato un progetto per la realizzazione di impianto di biogas con materia prima proveniente dall’agricoltura. Neanche se la Sardegna fosse il doppio di quella che è, basterebbe a nutrire questi impianti voraci. Si tratta di notizie riprese negli ultimi giorni. Con una nuova e peggiore, che va loro incontro: non è vero che il governo rinuncia a far pagare l’Imu dei terreni agricoli, ne ha solo spostato a gennaio il versamento.
Mentre noi si viaggia nelle strade per protestare contro l’occupazione militare delle nostre terre e l’arrivo delle scorie nucleari, la conferma del solito meccanismo di sviluppo ci si para davanti agli occhi, in avvio per i prossimi trenta-cinquanta anni. E se, come affermato ieri, pare che il PD di Soru voglia essere partecipe dei movimenti anti-servitù, lo stesso partito risulta il protagonista politico e l’interlocutore sardo dell’invasione delle campagne sarde con le coltivazioni di cardi e di canne, le cui caratteristiche infestanti e consumatrici di acqua e suolo lascio descrivere agli esperti agronomi. Comunque, una tragedia per l’agricoltura e per l’economia sarda.
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L’autunno caldo in Sardegna: il dramma della disoccupazione, gli annunci, le promesse e le speranze. Il dibattito e oltre

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Meridiana 1nov14
di Vanni Tola

Dopo una lunga stagione estiva è arrivato l’autunno. Un autunno caldo come da tradizione. Ed in effetti questo autunno caldo lo sarà per davvero. Guardiamoci un po’ intorno. Milleseicento dipendenti di Meridiana rischiano il licenziamento. La lotta sindacale, ancora in corso, probabilmente riuscirà a limitare il numero di licenziati ma la vicenda si concluderà certamente con un ulteriore incremento della disoccupazione regionale. Altra vicenda. Durante l’estate, una serie di problemi burocratici e procedurali ha fatto correre il rischio alla Sardegna di vedere sfumare uno dei più grandi finanziamenti mai proposti per l’isola. Ci riferiamo naturalmente all’investimento della Quatar Foundation per la realizzazione ad Olbia di un importante centro ospedaliero e di ricerca medica. Un progetto da 1,2 miliardi di euro con una previsione occupazionale di almeno mille unità e la prospettiva di generare attività indotte. La società General Eletric ha già confermato un intervento di 100 milioni per la realizzazione le apparecchiature elettroniche dell’ospedale e la Cisco un investimento per quelle informatiche. Nell’occasione la burocrazia e la lentezza della pubblica amministrazione si sono riconfermate come uno dei principali ostacoli per lo sviluppo. Fortunatamente la vicenda ha avuto esito positivo, il progetto sarà realizzato con i tempi e le modalità dei grandi imprenditori capaci di programmare e gestire grandi investimenti. Il tutto accadrà in cinque o sei mesi in una regione nella quale, per realizzare pochi chilometri di una arteria stradale, si impiegano decenni. Certamente una salutare lezione per la programmazione regionale. Altro tema caldo del nostro caldo autunno, la Chimica Verde. Qualche mese fa abbiamo partecipato alla solenne inaugurazione degli impianti Matrìca di Portotorres. Era presente il ministro Galletti e i maggiori responsabili del progetto. La produzione dell’impianto sarebbe dovuta iniziare dopo qualche mese ma ancora non se ne ha notizia. Molto poche le comunicazioni sulla materia prima da impiegare, quel cardo che è stato oggetto di tante discussioni. Si è saputo soltanto che la sperimentazione della coltivazione si è conclusa positivamente. Tra le righe degli interventi dei relatori abbiamo colto la notizia che, nella fase iniziale della attività produttiva, la materia prima non sarebbe stato il cardo locale ma una sostanza oleaginosa di origine vegetale proveniente dalla Spagna attraverso il mare. In queste settimane si è registrato grande fermento negli ambienti sindacali che lamentano un ritardo da parte dell’Eni nel completamento del progetto e nell’avvio della produzione. Il timore è che l’Eni possa procedere ad un drastico dimensionamento del progetto Chimica Verde in coerenza con la propria strategia industriale che prevede una riduzione del numero degli impianti operanti in Italia. Pronta la smentita del Presidente della Regione Francesco Pigliaru che, in occasione di un recente convegno di studi svoltosi a Sassari, ha dichiarato di aver avuto assicurazione dalla Ad di Matrica Katia Bastioli che l’investimento su Portotorres non avrebbe subito rallentamenti. Intanto però si registra la decisione di Matrìca di non realizzare la centrale a biomasse prevista inizialmente dal progetto e la sua sostituzione con due impianti minori per la produzione di vapore, con buona pace di chi temeva che tale impianto potesse essere trasformato in un inceneritore di rifiuti. La mancata realizzazione della centrale a biomassa, che da sola rappresenta un investimento di ben 230 milioni dei 730 complessivi , é indubbiamente un taglio significativo dell’investimento inizialmente programmato. Un altro dato certo, indicatore di un ridimensionamento del progetto in atto, è rappresentato dal cambio di velocità di Matrica nella realizzazione degli impianti. Gli altri cinque impianti previsti all’interno del progetto “Chimica Verde” infatti non saranno realizzati comunque ma soltanto in relazione alle condizioni di mercato. Il che significa che potrebbero anche non essere realizzati o realizzati soltanto in parte. Meglio attendere ancora un po’ e raccogliere altri elementi prima di trarre conclusioni definitive ma l’allerta è d’obbligo. Noi riteniamo comunque che, a prescindere dalla fondatezza o meno delle notizie relative alla completa realizzazione del progetto Matrìca resti aperta una questione di fondo che chiameremo la “campagna del cardo”. Ancora oggi non è dato sapere infatti quanti ettari di terre marginali siano state coltivate a cardo per alimentare l’impianto della chimica verde, eccezion fatta per i campi sperimentali gestiti direttamente da Matrìca. Attendiamo di sapere che risultati concreti abbia determinato l’accordo Matrìca-Coldiretti per promuovere tra gli agricoltori la coltivazione di cardo. Questo perché è un dato di fatto – e lo si desume da precise ed esplicite affermazioni dei tecnici di Matrìca – che l’operazione chimica verde ha un senso ed una validità economica soltanto in funzione della capacità di reperire la materia prima (cardo) in prossimità degli impianti e in un raggio di poche decine di chilometri. L’approvvigionamento di materia prima da altre aree geografiche (cardo o altre essenze oleaginose) può avere un senso soltanto nella fase iniziale di avvio della produzione ma non può rappresentare la soluzione definitiva. Certo se fosse fallita la “campagna del cardo” e non esistesse una soluzione di ricambio (impiego di altre colture oleaginose disponibili) la situazione sarebbe realmente problematica. Un ultima riflessione. Si registra un crescente interesse da parte di imprenditori stranieri per investire nell’isola i loro capitali. Il Presidente Pigliaru ha dichiarato che “ il 2015 sarà l’anno dell’agricoltura perché il mondo vuole cibo di qualità e i cinesi hanno iniziato a bere latte. E io ho la fila di investitori esteri che vogliono terra, produzione sicura, contratti”. Prospettive di occupazione e ulteriore sviluppo anche in agricoltura? Naturalmente saranno le benvenute. Come pure sarà certamente ben accolto il progetto della svizzera Keelfeld di investire nell’area industriale di Truncu Reale (Portotorres)50 milioni di euro per creare 400 posti di lavoro. L’industria produrrebbe macchinari destinati al settore alimentare. Insomma ci pare di poter affermare che l’autunno sardo sarà un autunno con molta carne al fuoco, con molte proposte in discussione, con molte dinamiche in atto nel comparto industriale. E’ sempre più urgente e necessario che la Regione Sardegna riesca a dotarsi di una razionale, efficiente e realistica politica industriale che sappia orientare, dirigere e controllare le politiche dello sviluppo e per l’occupazione.
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UNGARETTI : SOLDATI

Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

La Sardegna e la bioeconomy: la chimica verde

chimica-verde-Maste-Unissape-su-limoni-IMG_4811-1024x575-150x150sedia-van-gogh-4-150x150-bis1di Vanni Tola
Prosegue la nostra analisi delle comunicazioni presentate nel convegno “ Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde” organizzato a Sassari, nello scorso mese di Settembre, dal Consorzio provinciale industriali e dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università. Ci soffermeremo, questa volta, sull’analisi sviluppata da Gianni Girotti, direttore ricerca e sviluppo della società Versalis, la più grande azienda chimica italiana. La società è attiva nella produzione di quasi tutte le plastiche tradizionali e dei monomeri di partenza e opera con tredici siti produttivi localizzati in Italia e in Europa. Da qualche anno Versalis è impegnata in una radicale trasformazione caratterizzata da tre direttrici fondamentali:
- Una forte internazionalizzazione dell’impresa con la creazione di joint venture con partner in Asia per creare, in quell’area, grandi complessi petrolchimici per la produzione di elastomeri operando con tecnologie proprietarie;
- La realizzazione di consistenti investimenti finanziari negli impianti europei finalizzati principalmente al recupero dell’efficienza e alla riduzione dei consumi energetici;
- L’intervento nella chimica verde.
Per comprendere le trasformazioni in atto nel comparto chimico è necessario confrontare una raffineria tradizionale con una bioraffineria. La differenza principale, quella maggiormente evidente, è rappresentata dal fatto che la raffineria tradizionale opera con materie prime sostanzialmente composte da carbonio e idrogeno mentre la bioraffineria opera con materie prime che contengono, oltre carbonio e idrogeno, anche l’ossigeno. In un impianto petrolchimico si opera con materie prime caratterizzate da un determinato livello di complessità molecolare. Le molecole complesse vengono distrutte completamente per essere scomposte in piccoli “mattoncini” che sono poi ricombinati per creare nuove strutture molecolari molto complesse. Un procedimento molto lungo, in termini di consumo energetico. La bioraffineria invece si caratterizza per il fatto che si parte da materie prime che hanno una complessità sicuramente superiore a quelle utilizzate nel ciclo tradizionale le quali, però, non subiscono un processo di distruzione o scomposizione totale ma soltanto parziale. Cosi facendo si salva una parte consistente del valore energetico contenuto nelle molecole di partenza utilizzate per produrre i materiali biologici. Questo concetto, esposto in estrema sintesi, sta alla base del procedimento della nuova chimica e apre la strada alla necessità di sviluppare un’altra mentalità produttiva nel settore e una differente piattaforma tecnologica. Un’innovazione di grande portata con la quale si stanno misurando ricercatori di tutto il mondo e che modificherà radicalmente il concetto stesso di “fare chimica”. Va pure ricordato che quando si parla di bioraffineria ci si riferisce a una tecnologia che muove i primi passi. Esistono già una serie di esempi produttivi indicativi ma siamo certamente nella fase tecnologica ascendente del nuovo processo tecnologico. Non esiste a tutt’oggi una bioraffineria che produca prodotti chimici da una biomassa utilizzando tutte le potenzialità della materia prima impiegata, cioè completando l’intero ciclo produttivo. Molto opportunamente la Comunità europea ha colto la necessità di destinare consistenti interventi per il sostegno e lo sviluppo della bioeconomy e della chimica verde.
(segue)

LA SARDEGNA E LA BIOECONOMY

chimica-verde-Maste-Unissape-su-limoni-IMG_4811-1024x575-150x150sedia-van-gogh-4-150x150-bis1di Vanni Tola
Sassari – Il Consorzio provinciale industriali ed il Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università di Sassari hanno promosso un convegno avente per tema: “Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde” al quale hanno partecipato esperti internazionali. I temi principali, la chimica verde e la bioeconomy, sono stati sviluppati dai relatori con approcci differenti ma decisamente molto interessanti. Si è parlato di bioeconomia come prospettiva di sviluppo sostenibile, della filiera della trasformazione delle bioplastiche, della filiera della chimica fine applicata agli estratti vegetali, dello sviluppo delle tecnologie ambientali e della filiera dei biocarburanti. Alcuni relatori locali hanno poi illustrato importanti iniziative industriali avviate in Sardegna relativamente alle nuove metodologie ed alle tecnologie della bioeconomy. Riteniamo utile riportare in sintesi i contenuti di alcuni interventi per favorire una migliore conoscenza del dibattito in corso relativamente alla riconversione dei sistemi produttivi locali e internazionali. Cominciamo con l’analisi dell’intervento della Dott.ssa Giulia Gregori, esperta di politiche europee e responsabile della pianificazione strategica di Novamont, che ha svolto una relazione sul tema: “La bioeconomy, una prospettiva di sviluppo sostenibile”. Con il previsto aumento della popolazione mondiale fino a sfiorare 9 miliardi di abitanti nel 2050 e l’esaurimento delle risorse naturali, il nostro continente ha bisogno di risorse biologiche rinnovabili per produrre alimenti e mangimi sicuri e sani ma anche materiali, energia e altri prodotti. Il termine Bioeconomy indica una teoria economica proposta da Nicholas Georgescu-Roegen per realizzare un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile. Parlare di bioeconomia significa quindi riferirsi a un’economia che si fonda su risorse biologiche provenienti della terra e dal mare e dai rifiuti, che fungono da combustibili per la produzione industriale ed energetica e di materia prima per la produzione di alimenti e mangimi. Significa anche parlare dell’impiego di processi di produzione fondati su bioprodotti per un comparto industriale sostenibile. L’Europa deve passare a un’economia ‘post-petrolio’ e ad un maggiore utilizzo di fonti rinnovabili. Non è più soltanto una scelta ma una necessità. L’obiettivo è quello di promuovere il passaggio a una società fondata su basi biologiche invece che fossili, utilizzando i motori della ricerca e dell’innovazione. La Commissione Europea ha adottato, da qualche tempo, azioni strategiche per indirizzare l’economia verso un più ampio e sostenibile impiego delle risorse rinnovabili. “L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa” è una strategia della Commissione Europea che prevede un piano d’azione basato su un approccio interdisciplinare, intersettoriale e coerente al problema. L’obiettivo è creare una società più innovatrice e un’economia a emissioni ridotte, conciliando l’esigenza di un’agricoltura e una pesca sostenibili e della sicurezza alimentare con l’uso sostenibile delle risorse biologiche rinnovabili per fini industriali, tutelando allo stesso tempo la biodiversità e l’ambiente. Il piano europeo per la bioeconomia si basa pertanto su tre aspetti fondamentali:
- Sviluppare tecnologie e processi produttivi nuovi destinati alla bioeconomia;
- Sviluppare mercati e competitività nei diversi settori della bioeconomia;
- Stimolare una maggiore collaborazione tra i responsabili politici e le parti interessate.
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La SEDIA di VANNI: ascoltiamo di chimica verde e di bonifiche…

L’antropologo Bachisio Bandinu e il regista/filosofo/agricoltore Tore Cubeddu ogni settimana si confrontano sui grandi temi della modernità in una trasmissione di Radio Rai Sardegna. Nella prima puntata del nuovo ciclo si parla di comunicazione e WEB. Nella puntata che segnaliamo (n.4/2013, registrata il 3 giugno 2013) si parla in modo appropriato soprattutto di CHIMICA VERDE. In trasmissione interviene anche il dott. Vincenzo Migaleddu, radiologo, esperto e impegnato ambientalista (esponente dell’Isde Sardegna – Associazione dei Medici per l’Ambiente).

(Nelle foto. Foto 1: Bachisimo Bandinu e Tore Cubeddu con Giovanni Sanna, al centro, che aveva collaborato al primo ciclo della trasmissione. Foto 2: Vincenzo Migaleddu)

Chimica verde, quando i conti non tornano

di Vanni Tola

 
Chimica verde, quando i conti non tornano
L’aspetto principale del progetto “chimica verde” – che per altri versi rappresenterebbe una valida alternativa per il recupero e la riconversione industriale dell’area del petrolchimico di Portotorres – è rappresentata dal fatto che i conti non tornano. Procediamo con ordine partendo da una considerazione fondamentale. Portotorres e Sassari sono individuate da un rapporto del Ministero della salute del 2011 come siti d’interesse nazionale (SIN) per le bonifiche, cioè aree nelle quali il livello di inquinamento dell’aria, dei suoli e delle falde, determinato dalla presenza industriale, mette a serio rischio la salute delle popolazioni. L’area di Sassari e Portotorres rientra tra i quarantaquattro siti classificati come zone a maggior rischio di tumore in Italia. Portotorres in particolare ha fatto registrare un eccesso di tutte le principali cause di morte, oltre i tumori, una serie di altre patologie riguardanti i principali apparati del corpo umano. E’ evidente che, chimica verde o no, nell’area resta drammaticamente urgente un intervento di radicale bonifica e risanamento dell’ambiente non più rinviabile i cui costi dovrebbero, per gran parte ricadere sui soggetti che li hanno determinati, in primo luogo il gruppo Eni. Per essendosi registrato un pressoché unanime consenso sulla drammaticità della situazione interventi di bonifica non ne sono ancora stati avviati. E’ in questo contesto che si colloca e si materializza il progetto di “chimica verde” di Matrìca. Un intervento di riconversione industriale del polo petrolchimico che vede tra i protagonisti il gruppo Eni, il gruppo Novamont e altri, per la realizzazione di un nuovo stabilimento che dovrebbe produrre derivati di oli vegetali naturali non modificati, con un impianto di produzione di oli lubrificanti biodegradabili da materie prime derivate da fonti rinnovabili, funzionalmente integrati e aventi capacità produttiva rispettivamente di 40.000 tonnellate/anno di monomeri biodegradabili e di 30.000 tonnellate/annue di oli lubrificati biodegradabili. Gli interventi di risanamento ambientale in corso sono irrilevanti mentre procedo l’ avvio del progetto Matrìca. Si tenta cosi di far credere che la realizzazione del progetto di chimica verde comporti, di per se, la bonifica e il risanamento ambientale. Cosi non è. Una delle questioni più spinose riguarda, infatti, gli impianti petrolchimici dell’Eni. Per essi e per le aree nelle quali gravitano, non sarebbe, infatti, previsto alcun intervento di bonifica integrale ma semplicemente degli interventi di riconversione degli impianti per adeguarli alle nuove produzioni. Ne deriva che gli interventi di bonifica ambientale, qualora fossero attuati, sarebbero limitati soltanto alle aree circostanti gli impianti e alle pertinenze, sarebbero cioè molto più limitati ( e meno onerosi per il gruppo Eni) di quanto necessario. Altri conti che non tornano. Un terzo del combustibile impiegato per far funzionare l’impianto di chimica verde sarebbe costituito dal FOK un combustibile di origine fossile residuo del processo industriale di produzione dell’etilene, molto pericoloso e cancerogeno, del quale esiste una consistente disponibilità nell’area industriale. Una sostanza che, in pratica, sarebbe smaltita bruciandola nei nuovi impianti “ecologici” della chimica verde. E i conti che non tornano non finiscono qui. Il restante 70% del combustibile necessario per il funzionamento degli impianti di chimica verde dovrebbe essere fornito da biomassa naturale. Secondo stime della Facoltà di Agraria in Sardegna esisterebbe un potenziale di biomassa disponibile di circa 300.000 tonnellate che potrebbe essere sufficiente per raggiungere una produzione di potenza pari alla metà di quella necessaria per il progetto Màtrica. Per reperire la parte mancante di biomassa bisognerebbe quindi destinare a coltivazioni di mais non meno di 10.000 Ha e 230.000 per le coltivazioni di cardo. Cioè bisognerebbe mettere a disposizione, per la produzione della biomassa necessaria alla nuova chimica, una superficie agraria superiore a quella ora impegnata in Sardegna per l’attività agricola. E’ evidente che non può essere questa la soluzione. E’ altrettanto evidente che l’impianto di chimica verde di Portotorres avrà bisogno di altre fonti di alimentazione per utilizzare le potenzialità per le quali è stato progettato. A questo punto non occorre certo la sfera di cristallo per comprendere in quale direzione si andrà. Sarà quindi necessario utilizzare dell’altra biomassa, quella ricavabile dalla parte biodegradabile dei rifiuti solidi urbani. Cosi l’impianto industriale per la produzione dei prodotti di chimica verde diventerebbe, anche se non soprattutto, un grande impianto per lo smaltimento della parte organica dei rifiuti solidi urbani dell’intera area con tutti i problemi connessi allo smaltimento dei rifiuti nel rispetto dell’ambiente in un’area il cui equilibrio ecologico è già abbondantemente alterato. E’ quindi urgente ottenere fin da subito le necessarie assicurazioni e garanzie sull’avvio degli interventi di bonifica del sito industriale di Portotorres e delle aree limitrofe (mare compreso) indipendentemente dall’attivazione dell’attività del progetto Matrìca. Come pure è necessario e urgente ottenere impegni precisi sul tipo di alimentazione degli impianti per la produzione di bioplastica soprattutto con riferimento alla possibilità che gli stessi non si trasformino in un mega impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

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ULTIMORA

13.03.2013. Apprendiamo che durante la riunione del Comitato dell’Area di crisi della Provincia di Sassari, svoltosi il 12 c.m. L’Eni ha annunciati che rinuncerà ad utilizzare il Fok per l’alimentazione della caldaia secondaria del l’impianto Matríca sostituendolo con il GPL. [Vedi commento da La Nuova Sardegna del 14.03.13]

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Approfondimenti su Aladinews
Verso il convegno su le prospettive dell’agricoltura sarda

Progetto chimica verde: la trasparenza è la prima garanzia per l’ambiente e la salute

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Riprendiamo da La Nuova Sardegna di domenica 24 FEBBRAIO 2013 un interessante contributo di Sfefano Deliperi del “Gruppo d’intervento giuridico onlus”, che si pone nella stessa linea dei servizi di Aladinews, curati da Vanni Tola. In particolare l’articolo riprende l’interrogativo in merito alla possibilità che si usi come combustibile una parte dei rifiuti urbani, con tutti i problemi che ne conseguirebbero. Presto altri approfondimenti di Aladinews sull’argomento
Chimica verde e salute. Occorre trasparenza
di STEFANO DELIPERI
Il progetto di Porto Torres attende l’ok per la valutazione ambientale Tanti i punti critici, anche sul piano sociale ed economico.