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Europa dei popoli: ripartiamo dalla Grecia
Il Polifemo accecato
di Nicolò Migheli
Non occorre aver fatto il classico. Nel nostro immaginario la Grecia porta con sé i miti fondanti di quel che siamo. In questi anni convulsi in molti hanno scritto che un’ Europa senza la Grecia non è. La stessa Europa è un mito greco, una principessa figlia del re dei Fenici rapita da Zeus travestito da toro bianco. Oggi però l’Europa della finanza apolide che governa, più che la principessa omonima ricorda il figlio Radamanto, che da re e legislatore sapiente si muta in giudice dei morti. Perché in questo l’UE è stata trasformata.
Una classe morta insensibile ad ogni richiesta che contravvenga il principio della remunerazione a breve del capitale finanziario. Chi non è d’accordo, chi ritiene che non debbano essere i ceti deboli a pagare, è sprezzantemente definito populista. Altra parola della neo lingua che ha colonizzato l’immaginario. I padri fondatori avevano pensato ad una unione tra pari, il voto tedesco identico a quello del minuscolo Lussemburgo.
L’Unione monetaria, in assenza di uno stato federale, ha trasformato quel sogno in incubo. In virtù dei differenziali economici e dei tassi di interesse bancari, si trasferisce ricchezza dai paesi poveri a quelli ricchi. Al di là delle vicende dei prestiti greci, su cui non vi è accordo neanche tra gli esperti, una cosa è sicura, la Germania è più ricca e la Grecia sempre più povera. Responsabilità anche della classe dirigente greca, i cui partiti allora maggioritari, Nea Democratia e Pasok, sono stati definiti l’unica mafia che abbia fallito. È stato chiaro fin da subito però che la troika non aveva nessun interesse a negoziare diverse condizioni con Syritza. Tsipras e Varoufakis trattati come mendicanti.
L’obbiettivo primo era abbatterli. In un sistema ben oliato, la religione dell’austerità del costi quel che costi, non poteva accettare alcuna eterodossia. Nella teologia luterana manca il purgatorio, esiste il paradiso o l’inferno. Il debito in tedesco è sinonimo di colpa che va scontata sino in fondo. Però non è possibile mettere spalle al muro l’interlocutore, ogni buona negoziazione questo predica. Invece gli arroganti padroni d’Europa sono rimasti insensibili, sicuri che alla fine la paura del default avrebbe ridotto a miti consigli chiunque.
Il referendum greco è stato il tentativo disperato di Tsipras per avere un investimento popolare che lo legittimasse di più. È andata bene. Il NO a quelle proposte, riporta la Grecia a Bruxelles come membro della UE, di pari valore agli altri. Una randellata sulla testa di quella “sinistra” come Renzi e Martin Schulz, degni dei loro predecessori che nel 1914 fecero prevalere gli interessi delle èlite guerrafondaie su quelle delle classi popolari europee. Quel NO riapre la partita della democrazia nell’UE.
Un segnale forte contro le politiche di austerità che non risolvendo, anzi peggiorando il debito pubblico, hanno avuto come effetto l’impoverimento di milioni di persone. Il Polifemo della troika è stato accecato. E come il ciclope le borse e l’establishment burocratico reagiranno dando mazzate a destra e a manca. Non si rendono conto però che se gli europei non riescono a risolvere una crisi che riguarda il 2% del Pil dell’Unione, cosa può succedere quando si dovrà affrontare una crisi più grave?
Tirando la corda greca, gli gnomi di Francoforte e Bruxelles hanno spezzato il bene più prezioso, quello della fiducia nei loro confronti e nelle istituzioni europee. Venerdì scorso è scoppiata la bolla della finanza cinese col rischio di sommovimenti mondiali. Si racconta che frau Merkel da studentessa, nelle lezioni di tuffi, si lanciasse dal trampolino dopo che era già suonata la campanella. Troppo tardi. La speranza è che la paura di oggi faccia rinsavire le classi dirigenti europee. L’Europa è stata costruita dalle generazioni che avevano vissuto la II GM, le attuali èlite non hanno memoria delle guerre civili europee.
Questa è la realtà e i rischi di guerra si fanno più probabili. Il ministro della difesa polacco a seguito di esercitazioni militari, riferendosi alla paura della Russia, ha dichiarato che il tempo della pace in Europa era durato troppo. A 180 chilometri da Cagliari, la Tunisia dichiara lo stato di guerra con l’ Isis- Daesch. Ancora una volta siamo in mano ai sonnambuli? Parrebbe di sì.
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By sardegnasoprattutto / 6 luglio 2015 / Società & Politica