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Narratopia: la difficoltà di raccontare i luoghi. Riflessioni suggerite dal romanzo di Antonia Iaccarino “Il figlio della santa”

Aladinbozo libri

di Emiliano Manca

Il romanzo Il figlio della santa, di Antonia Iaccarino (Fandango libri 2011), mi ha condotto lungo una lettura straniante che si è imposta al di là di qualsiasi giudizio critico sull’opera. La trama si muove attorno (o meglio dentro) a due personaggi, madre e figlio, che all’inizio del racconto sono separati dall’oceano. Lei vive a Napoli, lui a Santiago de Chile. L’occhio dell’autrice segue i due percorsi in maniera volutamente non virtuosistica, senza evoluzioni e giochi formali nei cambi di piano tra lo scenario latinoamericano e quello italiano. Serve che i due personaggi siano percepiti dal lettore come in due dimensioni parallele per buona parte della narrazione, e ciò viene realizzato nello spirito scientifico del “rasoio di Okham”: attraverso la via più economica. Ossia, separando i luoghi fisici delle due vicende. Tant’è che il termine “trama”, sopra utilizzato, non è calzante nel caso di questo romanzo. In effetti, in rapporto alle circa 170 pagine del testo, gli snodi narrativi non fanno da protagonisti: sono pochi, tecnicamente necessari e liquidati in rapidi passaggi.