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Oggi 31 maggio 2024 Venerdì
La separazione dei PM dalla giurisdizione è pericolosa
31 Maggio 2024
A.P. su Democraziaoggi.
La separazione delle carriere nella magistrarura fra P.M. e giudici è stata sollevata con forza da Berlusconi, Craxi ed altri personaggi coinvolti in procedure giudiziarie. Quale idea sta al fondo di questa posizione? Si afferma che i P.M. ed i giudici facciano fronte comune in danno dell’imputato. Dividendo le carriere il difetto verrebbe eliminato.
Per […]
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GIORGIA MELONI SUI VESCOVI … DELLA NAZIONE CHE HANNO DELLE OPINIONI
May 31, 2024 – 07:47:56 – CEST Su PoliticaInsieme.
————————————-Emergenza bimbi poveri
La guerra resa banale
Il grande gioco della guerra e il numero dei morti
17-02-2023 – Su Volerelaluna
di Domenico Gallo
L’accoglienza trionfale di Zelensky, venuto a Bruxelles la settimana scorsa a chiedere armi per portare avanti la guerra, cioè il massacro (incluso quello del proprio popolo), è un segnale inequivocabile della banalizzazione della guerra. Le classi dirigenti dei paesi europei si accalorano a discutere di carri armati, cacciabombardieri, missili e sistemi di artiglieria, come se la guerra fosse un gioco. Per questo la guerra da remoto che la Santa Alleanza occidentale sta conducendo contro la Russia per mezzo del martoriato popolo ucraino, appare sempre di più come un war game. Si schierano cannoni, carri armati, veicoli blindati, treni di munizioni e si controllano dall’alto gli avanzamenti o arretramenti del fronte. Si valuta quanto siano performanti i razzi per i sistemi di lancio Himars a guida Gps, quanto sia esteso il raggio d’azione dei nuovi missili Glsdb che Washington si appresta a fornire a Kiev, quanto sia superiore la tecnologia delle armi occidentali rispetto a quelle russe, per la maggior parte risalenti ai tempi dell’ex Unione sovietica.
L’informazione televisiva, con i suoi nugoli di inviati sul campo, ci fornisce la motivazione per partecipare al war game e per alzare la posta. Ogni giorno ci riferisce delle bombe cadute su questa o quella città, su questo o quel condominio, e ci recita la litania quotidiana dei morti civili, mostrandoci anche qualche volto addolorato, quanto basta per mantenere viva l’immagine disumana del nemico. Le riviste specializzate ci forniscono l’elenco dettagliato dei sistemi d’arma spiegati, delle munizioni consumate, dei costi sostenuti e di quelli programmati. Da lontano osserviamo il war game e vi partecipiamo facendo il tifo e incoraggiando gli attori internazionali ad andare avanti e sviluppare nuove strategie di forza. Del resto nell’opinione pubblica occidentale è stato scalzato quel tabù della guerra, che si era radicato nella coscienza collettiva dei popoli alla fine della seconda guerra mondiale.
Il primo war game a cui abbiamo partecipato è stato indubbiamente la guerra contro la Jugoslavia condotta dalla NATO nel 1999. La prima volta di una guerra senza morti (nostri). Dalla televisione si vedevano solo le piroette dei jet che incrociavano nel cielo dei Balcani e i bagliori delle esplosioni nella notte. Non si sentiva il puzzo della carne bruciata, le urla dei feriti, l’odore del sangue, la disperazione delle madri. Quando la televisione serba ha cercato di farci vedere qualcosa degli effetti prodotti dai bombardamenti, la NATO l’ha immediatamente tacitata, la notte del 16 aprile, con un bombardamento chirurgico che ha causato “solo” 16 morti. Quindi abbiamo potuto guardare a quel conflitto, senza inquietudine, come se si trattasse di un video-gioco. Adesso che siamo passati a un gioco molto più pesante, la guerra viene accettata perché giocata da remoto, noi non ne siamo direttamente implicati, non mandiamo i nostri figli al fronte, non li vediamo tornare indietro nelle bare. Per questo possiamo lanciare proclami intransigenti sulla guerra giusta, o meglio sulla pace giusta, che può essere conseguita solo al prezzo della “vittoria” sul nemico. Tuttavia, nonostante il gran battage mediatico, la realtà della guerra viene nascosta e censurata da entrambe le parti. Come ha scritto Domenico Quirico (la Stampa, 4 febbraio): «La guerra avanza nel suo processo di disumanizzazione, riduce l’uomo a cosa, nel furore, comodo, di combattere una guerra a distanza […]. In Occidente stiamo perdendo il contatto con il genere umano».
Nessuna fonte indica il numero dei soldati uccisi, e quando azzardano delle cifre mentono spudoratamente. Secondo Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dall’inizio del conflitto armato, Kiev avrebbe registrato tra le 10.000 e le 13.000 vittime tra le forze armate, ma la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, il 1° dicembre aveva dichiarato che le perdite ucraine ammontavano a 100.000 soldati uccisi. Nello stesso periodo il Capo di Stato Maggiore del Pentagono, gen. Mark Milley aveva dichiarato che le perdite dei russi ammontavano a circa 100.000 uomini. Duecentomila giovani, russi e ucraini spazzati via, cancellati per sempre i loro sogni e la loro vita.
È questo un costo umano che nessuno vuole vedere, non costituisce oggetto di dibattito pubblico. Scrive sempre Domenico Quirico: «Le cifre degli obitori e dei cimiteri sono l’unico dato che restituisce il senso vero della guerra». Queste cifre ci vengono rigorosamente nascoste, nessuno ci mostra il caos degli ospedali militari riempiti di feriti e di morenti, né i cimiteri dove questi giovani vengono sepolti. Sappiamo soltanto che la macchina militare sta procedendo massicciamente al reclutamento. Kiev si aspetta che Mosca mobiliti 300-500.000 persone per gettarle sul campo di battaglia, mentre l’Ucraina ha avviato un’operazione di reclutamento forzato che punta ad arruolare 200.000 nuove unità da inviare al fronte. È fin troppo facile prevedere che le previste offensive e controffensive di primavera produrranno una nuova montagna di morti.
Come nella Prima guerra mondiale, centinaia di migliaia di vite verranno sacrificate per spostare un confine un po’ più avanti o più indietro. Siamo condannati a rivivere gli orrori di Verdun o di Stalingrado, come se non avessimo imparato nulla dalla storia. Ha senso tutto questo? Dobbiamo concludere che è sempre attuale la lezione di Quasimodo, espressa nella lirica Uomo del mio tempo? «Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, / con le ali maligne, le meridiane di morte, / alle ruote di tortura. Ti ho visto: eri tu, / con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio».
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Le armi nucleari e l’Italia: che fare?
16 Febbraio 2023 by Fabio | su C3dem
Le armi nucleari e l’Italia. Che fare?
Un incontro con il card. Matteo Zuppi
Bologna, sabato 18 febbraio 2023 ore 15-17, Sala Santa Clelia, via Altabella 6
Ogni giorno in più della guerra senza fine in Ucraina apre anche allo scenario di una apocalisse nucleare come ci avverte il Comitato per la Scienza e la Sicurezza del Bulletin of the Atomic Scientists. Nella notte del 31 dicembre 2022 la marcia della pace promossa dalla Chiesa italiana ha rilanciato ancora una volta l’appello che abbiamo promosso, fin dal maggio 2021, come realtà del mondo cattolico italiano e dei movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, per chiedere al nostro Paese di ratificare il “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”.
Non è più rimandabile un serio dialogo e un confronto pubblico, e in sede parlamentare, sulla proposta lanciata dalla campagna “Italia ripensaci” e promossa dai rappresentanti in Italia della coalizione Ican, Nobel per la pace 2017, anche in considerazione del fatto che stanno per essere stoccate a Ghedi e a Aviano le nuove bombe atomiche B61-12.
Per continuare nella riflessione e nell’azione volta a contrastare la logica della guerra e delle armi, sabato 18 febbraio 2023 si ritroveranno a Bologna i rappresentati delle organizzazioni cattoliche e dei movimenti ecumenici e nonviolenti su base spirituale che hanno firmato l’appello per chiedere l’adesione dell’Italia al Trattato di proibizione delle armi nucleari.
All’incontro sarà presente il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, per condividere un momento di discernimento sul drammatico momento che stiamo vivendo e su come continuare con coraggio a operare per la pace in un tempo di guerra.
L’appello è firmato dai Presidenti e dai Responsabili nazionali di: Acli, Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi, Fraternità di Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Sermig, Gruppo Abele, Libera, AGESCI (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani), FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), Argomenti 2000, Rondine-Cittadella della Pace, MCL (Movimento Cristiano Lavoratori), Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, Città dell’Uomo, Associazione Teologica Italiana, Coordinamento delle Teologhe Italiane, FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario), Centro Internazionale Hélder Câmara, CSI (Centro Sportivo Italiano), La Rosa Bianca, MASCI (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), Fondazione Giorgio La Pira, Fondazione Ernesto Balducci, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, Fondazione Don Primo Mazzolari, Fondazione Don Lorenzo Milani, Comitato per una Civiltà dell’Amore, Rete Viandanti, Noi Siamo Chiesa, Beati i Costruttori di Pace, Associazione Francescani nel Mondo aps, Comunità Cristiane di Base, Confcooperative, C3dem, MEC (Movimento Ecclesiale Carmelitano), AIDU (Associazione Italiana Docenti Universitari Cattolici), Arca di Lanza Del Vasto, Fondazione Magis, UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi), IPRI-CCP (Istituto Italiano Ricerca per la Pace-Corpi Civili di Pace), AIMC (Associazione Italiana Maestri Cattolici), Ordine Secolare Francescano OFS, FESMI (Federazione Stampa Missionaria Italiana).
- Leggi l’appello integrale
- Scarica il volantino
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Dibattito
Cattolici e Politica
Elezioni. De Rita: il voto dei cattolici e la disaffezione alla politica
Su Avvenire 15 febbraio 2023.
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Pensiero forte e coinvolgimento popolare
M5S, come uscire dall’angolo stretto dell’alleanza
Le proposte. Riscrivere il Jobs Act, rovesciare la logica aziendalistica della “buona scuola”, assumere l’iniziativa su corruzione e conflitto di interessi, avviare una politica sul Mezzogiorno
Massimo Villone su il manifesto
EDIZIONE DEL 21.06.2018 [segue]
Quanto valgono i sondaggi lo sappiamo, ma l’impatto del sorpasso della Lega su M5S è innegabile. Inoltre, la crescita della Lega non sembra essere a spese degli alleati del centrodestra, e la coalizione avanza.
Se il trend si consolidasse, il centrodestra potrebbe trovare conveniente tornare alle urne. Dunque, l’arretramento di M5S non interessa solo all’oligarchia che ne tiene il timone.
Forse era scritto. Potrebbe aver pesato l’incidente ultimo sul palcoscenico romano, ma la tendenza si mostra ben altrimenti fondata. L’insostenibile leggerezza di M5S ha ceduto di fronte alla Lega, partito strutturato, radicato, già egemone in parti decisive del paese, e con lunga consuetudine di governo.
La parola chiave è: paura. In un paese frastornato, appesantito da milioni di poveri, segnato dalla peste della precarietà, diviso nei territori e nella distribuzione sempre più diseguale delle ricchezze, il rozzo messaggio di Salvini ha fatto breccia: uniti contro lo straniero, meno tasse, più sicurezza. Incide ancor più laddove si avverte l’aggressione di organizzazioni criminali, come mostra da ultimo la bomba di camorra a Napoli. E peserà anche l’uscita sui Rom, in specie nelle periferie urbane degradate. Sapevamo che l’esperimento gialloverde era sbilanciato a destra. Ma preoccupa che il paese segua il governo e scivoli a destra a sua volta. Bisogna fermare la deriva. Le opposizioni – il Pd e la sinistra – non sembrano al momento in partita. Il Pd è in un cono d’ombra dal quale non uscirà prima di aver fatto i conti con gli anni del renzismo, e l’ostacolo maggiore è proprio Renzi. Ma è una via obbligata. L’alternativa è ritirarsi nei bunker familistici e clientelari dei cacicchi locali. E deve cercare nuove strade anche la sinistra. Afona e impegnata in una battaglia navale di ceto politico che interessa solo chi ne è partecipe.
M5S è nell’angolo. Di Maio sui Rom ha ragione. Ma alla paura non si risponde con il diritto costituzionale. Si risponde con una nuova speranza, una idea di futuro. Anche la posizione sui riders è apprezzabile. Ma è solo una goccia nel mare della precarietà. Le proposte M5S rischiano di sfumare nella nebbia. Il ministro Tria, con il Def gialloverde, in parlamento si è posto in sostanziale continuità con il predecessore Padoan. Risorse poche, i vincoli di sempre, e con la Ue si tratta. Attenzione piena ai mercati. Sul reddito di cittadinanza avanti pianissimo. E intanto? Come si bilancia Salvini?
Qualcosa si può fare. Riscrivere il Jobs Act per ritrovare il lavoro buono e stabile, e uscire dall’ultimo posto nella classifica europea dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano. Rovesciare la logica aziendalistica della “buona scuola”. Ridare centralità a ricerca e università. Assumere l’iniziativa su corruzione e conflitto di interessi. Avviare una politica sul Mezzogiorno. Il ministro Toninelli elenca interventi per contrastare il deficit infrastrutturale che schiaccia il Sud. Bene.
Con quali risorse, quali tempi?
Non si illuda M5S che la battaglia decisiva si combatta sulla rete e sulla piattaforma Rousseau. A parte ogni considerazione sull’affidabilità, non si può sequestrare il consenso di quasi undici milioni di elettori ed elettrici nelle decisioni di poche decine di migliaia di militanti. M5S e i suoi parlamentari devono fare i conti con una vastissima platea che non prende ordini dalla rete. Piuttosto, sarebbe utile guardare alla parte del contratto sulla democrazia diretta. Un intervento di semplificazione su referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare, anche limitato alla sola legge ordinaria 352/1970, sarebbe facile e rapido. E sarebbe apprezzato anche da chi può temere attacchi a diritti faticosamente conquistati, come il fine vita, le unioni civili, l’aborto.
Incertezze, immobilismi, vuoto di idee esaltano il messaggio rozzo e iper-securitario di Salvini. Non saranno le esortazioni, i richiami alla Costituzione a sconfiggere le paure, ma solo le nuove speranze. E certo non serve censire i raccomandati. Anzi, meglio una moratoria. A qualcuno potrebbe venire in mente di proporlo sui politici incapaci.
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Ricordando Salvatore Loi, con una sua riflessione, datata 1971, ma sempre attuale
La fatica e il coraggio di essere uomini.
di Salvatore Loi, Guamaggiore agosto 1971.
Mi hanno sempre colpito due frasi del Vangelo: una è di San Luca “ma il Figlio dell’uomo, alla sua venuta, troverà forse la Fede sulla terra?” (Lc. 18,8) e l’altra è di San Matteo “per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità di molti” (Mt. 24,12).
A pensar bene sono due frasi drammatiche: sembra che Gesù veda con amarezza tempi in cui fede e amore entreranno in agonia. E l’agonia della fede e dell’amore coincide con l’agonia di Dio nel mondo, ma anche con l’agonia dell’uomo.
Forse oggi essere uomini significa vivere accettando la terrificante condizione umana senza lasciarsene vincere.
Se abituassimo i nostri occhi a superare le barriere dell’apparenza e il nostro cuore ad avere il coraggio di guardare fino in fondo anche ciò che non vorremmo vedere, ci accorgeremmo che siamo povera gente presa dalla paura di tutto.
Il peggio è che questo tutto te lo senti di fronte e di spalle e di fianco e non riesci ad afferrarlo, te lo senti in fondo al cuore e non sai che sia.
Siamo spesso come il povero ebreo errante che sente su di sè il peso di una vita che non riesce a portare, come il pellegrino in viaggio verso una terra che desidera e teme. Gente seduta alla porta di casa a sognare e mentre sogna si accorge che arriva la fine e che il sogno finisce.
La nostra esperienza non è stata voluta per uscire dalla condizione di ogni uomo: guai a coloro che per essere cristiani dimenticano di essere uomini.
È stata voluta come un momento in cui insieme potessimo ricuperare dal fondo del nostro essere quella nostalgia di fede e di amore che ci facessero sperare che è ancora possibile essere uomini veri, con Dio e in Dio.
Il mistero dell’uomo, ha scritto il Concilio Vaticano II, trova spiegazione alla luce del mistero di Cristo. Perciò abbiamo cercato di porre Cristo al centro della nostra esperienza: la sua Parola, il suo Sacrificio e la sua Carità.
Non è che la sua presenza abbia reso la nostra vita più superficialmente tranquilla.
Io non mi so dire perché Dio preferisca piangere con l’uomo piuttosto che dargli una gioia che l’uomo non ha la felicità di costruirsi, ma so, voglio sapere che Dio non è tanto occupato da non ascoltare il pianto di chi non sa ricevere, come di chi non sa dare.
La presenza di Dio: ora consolante e ora sconvolgente, però tale che non ci toglierà la fatica di essere uomini.
Ci darà solo il coraggio di esserlo fino in fondo, se noi vorremo.
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Aladin
STATUTO DELL’ASSOCIAZIONE SOCIO-CULTURALE ALADIN
art. 1 - COSTITUZIONE
Con la denominazione “ALADIN” viene costituita una associazione ai sensi dell’art. 36 del Codice Civile. Fini e metodi dell’associazione sono quelli enunciati nel presente Statuto. (…)
art. 2 – FINALITA’
L’Associazione, senza finalità speculative, si propone i seguenti scopi:
a) promuovere e gestire, direttamente e anche indirettamente, iniziative editoriali e di informazione in generale, di diffusione delle notizie e delle informazioni, di comunicazione privata e/o istituzionale, sia di pubblico e generale interesse, che di interesse settoriale o specialistico, attraverso la stampa e ogni altro mezzo di diffusione delle idee, compresi i mezzi tecnologicamente più avanzati;
b) promuovere e gestire iniziative complementari, studi, seminari, convegni, attività culturali e in genere, sia in connessione con le attività previste al punto a), sia con valenza propria, sui temi attinenti direttamente e indirettamente gli scopi sociali;
c) favorire e gestire anche direttamente corsi di formazione professionale, di aggiornamento, di perfezionamento, di specializzazione degli operatori comunque impegnati nelle attività di cui al punto a) o altre attività, anche con modalità e metodologie e-learning;
d) promuovere e gestire circoli culturali, centri sociali o di aggregazione sociale, librerie, centri di studio e documentazione, centri di informazione per i giovani, per le categorie sociali svantaggiate, per la promozione della cultura imprenditoriale, per la promozione e per la gestione di fondi comunitari,
e) produrre, acquistare, vendere, distribuire e diffondere pubblicazioni e audiovisivi (libri, riviste, giornali, film, documentari, cinegiornali, etc.), di interesse sociale;
f) svolgere qualunque altra attività connessa ed affine a quelle sopra elencate, nonché compiere tutti gli atti e concludere tutte le operazioni contrattuali, anche di carattere immobiliare, necessarie o attinenti, direttamente o indirettamente, agli stessi.
Con riferimento a tutte le attività sopra elencate la missione dell’associazione si indirizzerà particolarmente:
1) all’impegno per lo sviluppo sociale, culturale ed economico della Sardegna, specie per il suo ruolo attuale e rafforzato nell’ambito dell’Unione Europea e della cooperazione internazionale con specifico riferimento ai paesi del Mediterraneo;
2) a favorire le relazioni di pace e cooperazione tra i popoli, con riferimento particolare anche se non esclusivo, a quelli dei paesi mediterranei.
L’associazione curerà la promozione e l’attuazione dei programmi dell’Unione Europea, con specifico riferimento a quelli sostenuti dai fondi strutturali gestiti dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalle altre Regioni e Amministrazioni pubbliche o da quelli di diretta gestione comunitaria. A questo scopo potrà effettuare attività di consulenza a organismi pubblici e privati e gestire direttamente e/o collaborare alla progettazione e/o gestione di programmi comunitari. Tali possibili interventi potranno riguardare anche programmi di altre Amministrazioni pubbliche e/o entità private.
Per il raggiungimento degli scopi suesposti e per la pratica realizzazione delle attività necessarie, la società potrà avvalersi della collaborazione di enti pubblici e di privati e a tali fini stipulare apposite convenzioni.
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- Lo Statuto integrale
Un po’ di autoreferenzialità: Aladin è anche un’associazione a cui poter liberamente aderire. Aderite!
STATUTO DELL’ASSOCIAZIONE SOCIO-CULTURALE ALADIN
art. 1 - COSTITUZIONE
Con la denominazione “ALADIN” viene costituita una associazione ai sensi dell’art. 36 del Codice Civile. Fini e metodi dell’associazione sono quelli enunciati nel presente Statuto. (…)
art. 2 – FINALITA’
L’Associazione, senza finalità speculative, si propone i seguenti scopi:
a) promuovere e gestire, direttamente e anche indirettamente, iniziative editoriali e di informazione in generale, di diffusione delle notizie e delle informazioni, di comunicazione privata e/o istituzionale, sia di pubblico e generale interesse, che di interesse settoriale o specialistico, attraverso la stampa e ogni altro mezzo di diffusione delle idee, compresi i mezzi tecnologicamente più avanzati;
b) promuovere e gestire iniziative complementari, studi, seminari, convegni, attività culturali e in genere, sia in connessione con le attività previste al punto a), sia con valenza propria, sui temi attinenti direttamente e indirettamente gli scopi sociali;
c) favorire e gestire anche direttamente corsi di formazione professionale, di aggiornamento, di perfezionamento, di specializzazione degli operatori comunque impegnati nelle attività di cui al punto a) o altre attività, anche con modalità e metodologie e-learning;
d) promuovere e gestire circoli culturali, centri sociali o di aggregazione sociale, librerie, centri di studio e documentazione, centri di informazione per i giovani, per le categorie sociali svantaggiate, per la promozione della cultura imprenditoriale, per la promozione e per la gestione di fondi comunitari,
e) produrre, acquistare, vendere, distribuire e diffondere pubblicazioni e audiovisivi (libri, riviste, giornali, film, documentari, cinegiornali, etc.), di interesse sociale;
f) svolgere qualunque altra attività connessa ed affine a quelle sopra elencate, nonché compiere tutti gli atti e concludere tutte le operazioni contrattuali, anche di carattere immobiliare, necessarie o attinenti, direttamente o indirettamente, agli stessi.
Con riferimento a tutte le attività sopra elencate la missione dell’associazione si indirizzerà particolarmente:
1) all’impegno per lo sviluppo sociale, culturale ed economico della Sardegna, specie per il suo ruolo attuale e rafforzato nell’ambito dell’Unione Europea e della cooperazione internazionale con specifico riferimento ai paesi del Mediterraneo;
2) a favorire le relazioni di pace e cooperazione tra i popoli, con riferimento particolare anche se non esclusivo, a quelli dei paesi mediterranei.
L’associazione curerà la promozione e l’attuazione dei programmi dell’Unione Europea, con specifico riferimento a quelli sostenuti dai fondi strutturali gestiti dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalle altre Regioni e Amministrazioni pubbliche o da quelli di diretta gestione comunitaria. A questo scopo potrà effettuare attività di consulenza a organismi pubblici e privati e gestire direttamente e/o collaborare alla progettazione e/o gestione di programmi comunitari. Tali possibili interventi potranno riguardare anche programmi di altre Amministrazioni pubbliche e/o entità private.
Per il raggiungimento degli scopi suesposti e per la pratica realizzazione delle attività necessarie, la società potrà avvalersi della collaborazione di enti pubblici e di privati e a tali fini stipulare apposite convenzioni.
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- Lo Statuto integrale
giovedì 20 febbraio, in giro con la lampada di aladin su aladinews e dintorni
- Vanni Tola
- Salvatore Cubeddu
- Nicolò Migheli
- Bustianu Cumpostu
- Elezioni regionali: chi ha vinto che cosa?- Gonario Francesco Sedda su Democraziaoggi
Oggi San Mauro, Elettorando…
Si racconta di San Mauro che i pagani lo posero nell’acqua bollente ed egli si lamentò che il bagno fosse troppo
freddo; il governatore pagano mise stoltamente la mano nell’acqua per controllare, e si ustionò
(Umberto Eco)
by Bomeluzo
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… la speranza di un futuro dei sardi “liberos, rispettados e uguales”
OK, PARLO DELLE ELEZIONI REGIONALI
MI DISPIACEREBBE
- se la sinistra non vincesse
- se dentro la coalizione di sinistra non avessero buoni risultati quelli che rappresentano l’area sardista sovranista indipendentista
- se tra questi non avesse ottimi risultati il Partito dei Rossomori
- se Michela Murgia non avesse un significativo risultato
MI PIACEREBBE
un risultato complessivo che facesse emergere la speranza di un futuro dei sardi “liberos, rispettados e uguales”.
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EDGAR ALLAN POE
A Boston il 19 gennaio 1809, da una coppia di attori (Elizabeth e David Poe), nasce Edgar Poe, che aggiungerà Allan al cognome perchè, persi i genitori a due anni, fu adottato dal ricco commerciante John Allan, che lo fece studiare in Inghilterra.
Dai genitori ereditò intelligenza e memoria straordinarie con analogo temperamento nervoso ed eccitabile. In soli 40 anni di vita è stato capace di divenire uno dei nomi più notevoli della letteratura mondiale.
Morì a Baltimora il 7 ottobre 1849 (vedi Aladin pensiero, 7 ottobre 2013).
All that we see or seem
is but a dream within a dream.
Tutto ciò che vediamo o sembriamo
non è che un sogno dentro un altro sogno.
PIERRE-JOSEPH PROUDHON
Il 19 gennaio 1865, alle due di notte, muore Proudhon. Alla domanda “che cos’è la proprietà?” rispose “la proprietà è un furto”, meno lapidariamente che la proprietà è un privilegio che viola il principio di eguaglianza che sta alla base della democrazia. Pubblica l’opera con questo titolo nel 1840 e, pur non contenendo affermazioni assolutamente originali – altri autori, dai tempi di Pascal, fino a Rousseau e oltre, hanno espresso di tali concetti -, ha subito un successo straordinario.
Proudhon era nato a Besançon il 15 gennaio 1809, figlio di un artigiano e di una contadina: “sono nobile! i miei antenati paterni e materni furono tutti lavoratori liberi… celebri per la loro audacia nel resistere alle pretese dei signori”.
Personaggio contradditorio, disse di sè stesso: “d’avere un qualche talento, ma un talento incompleto, sconnesso, ineguale, pieno di soluzioni, di negligenze, di intemperanze… ma sono stato, credo, un uomo onesto”.
Primo intellettuale a definirsi anarchico, ma anche padre del socialismo francese, antesignano dell’astensionismo elettorale, partecipò nel ’48 ai moti rivoluzionari, ricavò tre anni di carcere dall’aver contrastato nel ’49 Luigi Napoleone: “un infame avventuriero, eletto da un’illusione popolare per presiedere ai destini della Repubblica, osa chiederci la tirannide”, ma esitò di fronte all’ascesa di Luigi Napoleone, complice l’apatia popolare.
Il suo nome ogni tanto ritorna alla ribalta: tra i comunardi del 1871, e nel ’900 nel contrasto tra Jugoslavia e Russia, e nell’epoca di Craxi, che lo preferiva a Marx, riconoscendo come Ghino di Tacco (noto ladrone di strada) la fondatezza della tesi che il furto è alla base della ricchezza.
- nel riquadro Pierre Joseph Proudhon e i suoi figli. Dipinto di Gustave Courbet, 1865.
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CHI PAGA LA BONIFICA?
Figuratevi se non sono d’accordo per i lavori di bonifica di territori inquinati in Sardegna da industrie e insediamenti militari… ma si fa a spese di chi?
Saggezza antica vuole che chi rompe paga e chi sporca pulisca. No?
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NADIA GALLICO SPANO
Una delle 21 donne della Costituente, il 19 gennaio 2006 muore a Roma.
Nadia Gallico nasce a Tunisi, figlia di emigrati, il 2 giugno 1916, aggiunge il cognome Spano nel 1939, quando sposa Velio, dirigente comunista sardo, inviato dal partito a Tunisi per animare la resistenza degli emigrati italiani.
Da comunista oltre che costituente, fu parlamentare e presidente dell’Unione donne sarde fino al 1958. L’abbiamo ricordata anche il 2 giugno 2013 (vedi Aladin pensiero), anniversario della nascita.
Indipendentisti e Sovranisti divisi e inesorabilmente destinati all’insuccesso?
Indipendentisti e Sovranisti divisi e inesorabilmente destinati all’insuccesso. Le considerazioni di tre indipendentisti (seppur su diverse posizioni) con un appello destinato in tutta evidenza a cadere nel vuoto (“Vox clamantis in deserto”).
Francesco Casula
Gli Indipendentisti verso la disfatta elettorale?
Temo che il variegato mondo indipendentista, diviso e frantumato in mille rivoli, rischi di precipitare, rovinosamente, in un baratro. Ha già deciso e proposto ben 4 candidati-Presidenti. Con una decina di liste. E mancano ancora Sardigna libera, IRS, Sardigna Natzione, Rossomori, Il Partito dei Sardi e altri. Che proporranno altre liste e altri candidati-Presidenti. Un delirio immane. Un regalo ai Partiti italioti. Che continueranno a vincere e “macellare” la nostra Terra.
Gavinu Dettori
Sembrava che il momento storico, per l’unione dei SARDI fosse arrivato! Credo che se i sardi avessero visto, nella seppur variegata rosa di partiti o movimenti di ispirazione “SARDISTA”, una strategia unitaria con una prospettiva di governo ” inter nos “, queste elezioni avrebbero potuto rivelarsi una sorpresa in positivo, per vedere finalmente un popolo unito nel credere nell’autogoverno. Ma se neanche i capi che guidano questa miriade di movimenti riescono a trovare l’accordo, su quali basi e argomentazioni cercano consenso nella popolazione? Dimostriamo di essere veramente ridicoli. Ma quali saranno le differenze fra di loro! io credo che non ce ne siano, o meglio: il programma di uno potrebbe completarsi con il programma degli altri, pur anche con qualche rinuncia da parte di ognuno. Se i programmi fossero tanto incompatibili, vuol dire che che sarebbero da buttare tutti a mare. Anche la Murgia è comparsa come una meteora! e può essere giustificata solo pensando in termini elettoralistici in quanto conosciuta, ma non mi sembra sia stato il modo migliore di proporsi, per giunta “escludente”… poi qualche programma che si adatti ai nostri problemi si imbastisce sempre.
Giacomo Meloni
La decisione di Grillo di non rendere disponibile il simbolo del Movimento 5 Stelle per la prossima regionali del 16 febbraio 2014 apre un grande spazio e una grande opportunità che dovrebbero saper cogliere intelligentemente i movimenti INDIPENDENTISTI E SOVRANISTI, che, invece di correre ognuno per sé, dovrebbero trovare un terreno comune ed un candidato condiviso.
Faccio appello all’intelligenza di BUSTIANU CUMPOSTU ( SNI ), di GAVINO SALE ( IRS ), di CLAUDIA ZUNCHEDDU ( SARDIGNA LIBERA ), di PAOLO MANINCHEDDA e di FRANCISCU SEDDA ( PARTITO DEI SARDI ), di EFISIO ARBAU ( LA BASE ), di GIGI SANNA (ZONA FRANCA ), dello stesso CRISTIANO SABINO e PIETRO DEVIAS (‘A MANCA ), di FRANCO BRANCA e PAOLO BIANCU (CASA SARDEGNA), di GIOVANNI COLLI e GIANNI RUGGERI (PSD’AZ ), LABORATORIO GALLURA, e della stessa MICHELA MURGIA (PROGRESS-SARDEGNA POSSIBILE )
Farei lo stesso appello a DODDORE MELONI, ma penso che non sarei ascoltato anche se dubito che abbia la capacità di raccogliere le firme necessarie per presentare la lista…
Cagliari tra le sei città selezionate per la candidatura a Città Europea della Cultura 2019
CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019: LA PRESELEZIONE DELLA GIURIA
Comunicato del MIBAC, pubblicato il 15 novembre 2013
La giuria europea, presieduta da Steve Green e composta da membri italiani e stranieri, scelti e concordati con la Commissione Europea, al termine delle audizioni, quale momento conclusivo della valutazione intrapresa dopo il 20 settembre 2013, data ultima di consegna dei dossier di candidatura, ha annunciato la redazione di un testo di preselezione delle città che concorreranno all’ultima fase dell’Azione comunitaria “Capitale Europea della Cultura”.
Le città sono Cagliari, Lecce, Matera, Perugia-Assisi, Ravenna e Siena.
La giuria tornerà a riunirsi nell’ultimo trimestre del 2014, per valutare i progetti modificati delle città preselezionate, sulla base delle raccomandazioni che saranno formulate dalla giuria stessa.
Roma, 15 novembre 2013
Ulteriori informazioni: www.capitalicultura.beniculturali.it
Complimenti a tutti coloro che hanno contribuito a questo eccezionale risultato, in primis all’assessore alla Cultura Enrica Puggioni e al sindaco Massimo Zedda. Dopo un momento di meritato compiacimento: al lavoro!
(segue)