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Agenda Onu 2030 in Italia
La spesa dello Stato secondo l’Agenda 2030
Maria Letizia D’Autilia
Su Sbilanciamoci! 15 Luglio 2021 | Sezione: Apertura, Economia e finanza
Un ottimo studio sperimentale pubblicato dalla Corte dei conti riclassifica il bilancio dello Stato in funzione degli obiettivi e dei target dell’Agenda 2030 dell’Onu. Nel 2020 segnato dalla pandemia, molta la spesa pubblica su disuguaglianze e povertà, poca quella su ambiente, clima e sostenibilità.
La pandemia e gli Obiettivi dell’Agenda 2030
Nel preambolo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dichiara che il programma d’azione universale tracciato nei 17 Obiettivi e 169 traguardi mira a “fare passi audaci e trasformativi”, necessari a “portare il mondo sulla strada della sostenibilità e della resilienza”. L’Agenda si presenta quindi come lo strumento per qualificare in modo immediato obiettivi di policy interconnessi e indivisibili che, declinati in azioni più specifiche, possano bilanciare le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: quella economica, sociale e ambientale.
La Corte dei conti, nell’ambito della Relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2020, ha individuato nell’Agenda 2030 una nuova chiave di lettura per rappresentare la varietà dei fenomeni che incidono sulle decisioni di bilancio dell’operatore pubblico. Il bilancio dello Stato riclassificato per Obiettivi/target dell’Agenda potrebbe consentire, in prospettiva, di interpretare – come si rileva nella presentazione del lavoro – i risultati delle politiche di spesa adottate dal legislatore anche alla luce dell’incidenza che queste avranno sul conseguimento degli stessi target e obiettivi dell’Agenda 2030. Anche per questo motivo, lo studio sperimentale avviato dalla Corte nell’ambito della programmazione dei controlli per il 2021, apre una prospettiva nuova, sotto il profilo metodologico, a tutti quegli enti delle amministrazioni pubbliche, soprattutto Regioni ed enti locali, che hanno inserito l’Agenda nella loro attività di programmazione finanziaria.
L’impiego di classificazioni condivise permette, del resto, di rendere confrontabili i risultati delle politiche di bilancio adottate sia dalle diverse istituzioni pubbliche che operano sul territorio e a livello centrale, sia tra i diversi Paesi che hanno scelto di riconoscersi negli obiettivi dell’Agenda. Si tratta di un confronto ancora più necessario in questa particolare fase della crisi determinata dalla pandemia.
Va segnalato, in tal senso, che secondo le Nazioni Unite impegnate nel monitoraggio dell’Agenda 2030, sarà proprio la strategia scelta da ciascun Paese per superare la crisi a determinare le politiche di bilancio dei prossimi anni nel segno della sostenibilità. Gli Stati avranno la possibilità di superare gli effetti sociali ed economici della pandemia se sapranno individuare una via d’uscita fondata su interventi rivolti soprattutto a incrementare e rendere accessibili i sistemi sanitari nazionali a tutti (Goal 3), a predisporre misure coordinate di politica monetaria e finanziaria a sostegno del lavoro (Goal 8), a rafforzare i sistemi nazionali di protezione sociale (Goal 10).
In perfetta sintonia con le Nazioni Unite, l’atto appena assunto (il 22 giugno scorso) dal Consiglio dell’Unione Europea afferma che la crisi generata dal Covid-19 non permette più di scegliere se perseguire gli Obiettivi dell’Agenda 2030, ma rende necessaria un’accelerazione delle politiche di investimento verso il loro raggiungimento anche attraverso il varo di riforme strutturali urgenti.
Cresce, pertanto, il livello di responsabilità degli Stati membri per l’attuazione dell’Agenda e aumenta contestualmente – come auspicato dal Consiglio europeo – la necessità di integrarla negli strumenti di pianificazione nazionale, nelle strategie di sviluppo, nonché nei quadri di bilancio.
Classificare e misurare per riconoscere le politiche
Entrando nel merito del lavoro della Corte dei conti si rileva che l’esercizio di riclassificazione è stato svolto sui dati di spesa (stanziamenti definitivi) del Rendiconto generale dello Stato per il 2020. Le linee guida del metodo utilizzato possono essere riepilogate in pochi punti.
Va detto, in premessa, che lo schema classificatorio dell’Agenda 2030 per Obiettivi/target è stato utilizzato per individuare specifiche aree di policy al primo livello (Obiettivi) e puntuali azioni di policy al secondo livello (Target). Trattandosi di una prima sperimentazione, il metodo utilizzato ha “filtrato” la descrizione degli Obiettivi/target da specifici riferimenti a misurazioni, scadenze e target finalizzando l’operazione a individuare esclusivamente l’area di policy.
Le questioni connesse alla misurazione e valutazione delle politiche da realizzare con l’attuazione degli Obiettivi/target saranno affrontate – come viene spiegato nel lavoro – solo in una fase successiva, con la messa a punto di metodologie, strumenti e indicatori specifici di carattere sia quantitativo che qualitativo.
La Spesa primaria finale del Rendiconto 2020 ha costituito il campo di osservazione per la riclassificazione, che ha tuttavia riguardato soltanto le funzioni cosiddette istituzionali delle amministrazioni, ossia quelle relative alla loro attività caratteristica, mentre le spese per il personale e il funzionamento degli uffici (escluse, quindi, dalla spesa primaria finale) saranno analizzate e attribuite nella seconda fase della sperimentazione una volta consolidato il metodo.
Le spese del bilancio dello Stato secondo l’Agenda 2030
Il primo risultato che emerge dalla riclassificazione secondo l’Agenda 2030 mostra che il metodo utilizzato ha consentito di intercettare circa il 60 per cento della spesa primaria finale impiegata per la realizzazione delle attività caratteristiche dei Ministeri.
Fonte: Corte dei conti, Relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2020
Si tratta di oltre 470 miliardi di euro di stanziamenti definitivi di spesa che si concentrano (circa 153 miliardi, come si vede nel grafico qui sopra) in particolare nell’Obiettivo 10-Ridurre le disuguaglianze. Guardando, poi, al livello dei target, emerge che il 90 per cento della somma è stata destinata a finanziare “Politiche salariali e di protezione sociale” (target 10-4).
In un anno caratterizzato da interventi di sostegno a gran parte dei settori economici e di aiuti alle famiglie, gli Obiettivi dell’Agenda hanno permesso di rappresentare in modo particolarmente efficace l’orientamento della spesa pubblica. I riflessi finanziari dei provvedimenti adottati dal legislatore per fronteggiare, con misure straordinarie di spesa, l’emergenza sociale ed economica generata dalla crisi, si possono cogliere infatti in modo immediato attraverso lo schema di classificazione dell’Agenda 2030 così fortemente caratterizzato da traguardi di sostenibilità, inclusione, protezione sociale.
Le diverse misure varate per attenuare gli effetti determinati dal blocco delle attività produttive hanno, del resto, modificato in modo profondo, nel 2020, il Bilancio dello Stato nel corso della sua gestione. L’emanazione di numerosi e specifici provvedimenti legislativi emergenziali (dl 18/2020 “Cura Italia”, dl 23/2020 “Liquidità, dl 34/2020 “Rilancio”, dl 104/2020 “Agosto”, dl 137/2020 “Ristori”) hanno comportato, infatti, l’individuazione di nuovi capitoli o piani gestionali, nonché l’introduzione di variazioni, anche significative, sulle dotazioni già previste.
Si è trattato di interventi che hanno inciso in modo significativo sulla distribuzione della spesa corrente e di quella in conto capitale, sottolineando il carattere assolutamente straordinario dell’esercizio finanziario, nonché lo sforzo effettuato dalle amministrazioni centrali per dare effettività e concretezza alle notevoli risorse stanziate.
Lo sforzo finanziario, nel complesso, si è concentrato in poche missioni di spesa riconducibili ad alcuni Obiettivi “Pilastro” dell’Agenda. Come la riclassificazione mette bene in evidenza, oltre a concentrarsi nell’Obiettivo 10 mirato alla riduzione delle disuguaglianze (con il 32,6% di risorse stanziate), le risorse statali hanno alimentato con ulteriori 180 miliardi di euro i target relativi all’Obiettivo 3 “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età” (19,1%) e 8 “Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti” (18,9%).
La straordinarietà della crisi pandemica, a cui è stata data risposta con misure altrettanto straordinarie, ha pertanto fortemente indirizzato l’esercizio di riclassificazione verso tali Obiettivi, influenzando di conseguenza anche il punto di osservazione iniziale. Sarà pertanto necessario continuare a svolgere l’esercizio anche per gli anni successivi per verificare l’effettivo orientamento dei governi verso gli Obiettivi di sostenibilità.
Sul versante opposto, la residualità che si osserva per gli stanziamenti nel settore della sostenibilità climatica e ambientale (Goal 14) e di gestione delle acque e delle strutture igienico-sanitarie (Goal 6), oltre a mettere in evidenza quali siano state le priorità assegnate alle politiche nel 2020, segnala quanto sia importante provare a individuare nell’orizzonte del legislatore i legami e le strette interconnessioni tra le dimensioni economiche, ambientali e sociali delle misure di policy emanate.
Un’angolazione, questa, che potrebbe essere introdotta, in prospettiva, anche allo scopo di individuare, nelle politiche di spesa attuate dalle amministrazioni, le trasversalità e le interconnessioni tra le dimensioni citate. Ricostruire il quadro sistemico sottostante a tali decisioni permetterebbe infatti di interpretare in modo più approfondito gli obiettivi di policy collegati all’Agenda 2030 e consentirebbe di corredare i dati di bilancio anche con gli indicatori per la misurazione dello sviluppo sostenibile e il monitoraggio dei suoi obiettivi prodotti dall’Istat (in coerenza con l’Inter-agency and Expert Group on SDG Indicators, IAEG-SDGs).
Il quadro fornito dall’Istat, nel maggio 2020, nel momento più drammatico della pandemia, era riuscito in tal senso a descrivere – seppure sulla base delle prime informazioni disponibili a quella data – le interconnessioni tra gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e la pandemia. Gli indicatori statistici facevano emergere i forti i legami tra gli Obiettivi economici e ambientali: a partire dalla Salute e benessere (Obiettivo 3), le interconnessioni osservate mostravano che gli effetti della pandemia si iniziavano a osservare soprattutto nell’aumento della Povertà (Obiettivo 1) e delle Disuguaglianze (Obiettivo 10). Gli stessi Obiettivi su cui si rilevano, nella sperimentazione svolta dalla Corte dei conti sul Rendiconto dello Stato, gli interventi di spesa più consistenti attuati nel 2020. Gli stanziamenti di bilancio riconducono, infatti, alle “Politiche di protezione sociale” (10.4) gran parte dei provvedimenti, varati nel corso del 2020, finalizzati a trasferire le risorse per finanziare misure previdenziali e di protezione speciale “straordinarie” per mitigare gli effetti della crisi sui lavoratori.
La classificazione proposta dalla Corte dei conti segnala, in conclusione, che è stato individuato un metodo da cui si potrebbe partire per integrare gli Obiettivi dell’Agenda 2030 nelle diverse fasi del ciclo del bilancio, a partire dal momento della programmazione fino alla fase della rendicontazione.
Riconoscere in modo immediato con quali priorità le risorse pubbliche vengono destinate a realizzare politiche sostenibili e orientate al benessere collettivo, permette di comprendere i processi decisionali di bilancio e di svolgere monitoraggi trasparenti e accessibili anche in vista dell’avvio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’invito della Commissione Europea a integrare gli Obiettivi dell’Agenda 2030 nel semestre europeo, nel quadro finanziario pluriennale (QFP) e nello strumento per la ripresa Next Generation EU potrebbe rappresentare l’occasione per consolidare un metodo di monitoraggio.
* Maria Letizia D’Autilia, ricercatrice Istat distaccata presso la Corte dei conti.
** Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni dell’autrice, senza impegnare la responsabilità delle istituzioni di appartenenza.
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Clima e Green Deal, la Commissione accelera a metà
Monica Frassoni
Su Sbilanciamoci! 16 Luglio 2021 | Sezione: Ambiente, Apertura
Rischi e omissioni nelle 12 proposte legislative chiamate “Fit for 55” con cui Ursula von del Leyen e la Commissione europea hanno aggiornato gli obiettivi del Green Deal per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 istituendo un Fondo sociale per ridurre l’impatto della transizione.
La presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen insieme ai Commissari Timmermans, Gentiloni, Simson, Aldean, Wojciechowski ha presentato il 14 luglio quello che è uno dei più consistenti pacchetti legislativi mai completati nella sua storia. Il pacchetto di proposte legislative si chiama “Fit for 55”. Si tratta di 8 proposte di revisione di direttive e regolamenti esistenti e di 4 nuove iniziative in materia soprattutto energetica che rappresentano un pezzo centrale del Green Deal europeo, il programma partito due anni fa per portare la UE a essere il primo continente a emissioni zero nel 2050 attraverso una lunga lista di norme in tutti i settori dell’economia, industria, ambiente, accompagnate dal riorientamento e dall’aumento delle risorse a disposizione della UE. Il Green Deal è un elemento chiave di Next Generation EU ed è quindi integrato anche nello sforzo di uscita dalla crisi pandemica intrapreso a livello europeo.
La decisione di aumentare dal 40% al 55% gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e di raggiungere la neutralità climatica nel 2050, racchiusi nella Legge sul Clima che entra in vigore questo mese, sono una conseguenza diretta dei richiami incessanti di scienziati ed esperti, delle grandi mobilitazioni dei “Friday for Future” e della crescente consapevolezza dell’estrema minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia e la vita tout court. L’idea è cioè che il Green deal sia una “strategia per la crescita” alternativa a quella attuale ancora fondata sui combustibili fossili. Il piano ha anche l’obbiettivo di portarci fuori dalla crisi, di dare nuove prospettive di lavoro e di inclusione sociale, di ridisegnare il nostro modo di muoverci, di abitare, di consumare, il tutto riducendo le diseguaglianze e il nostro impatto su risorse e ambiente.
Un sogno? Forse, e come vedremo i problemi non mancano. Bisogna però riconoscere che al di là del merito, il grande lavoro fatto dalla Commissione europea, con il suo scarso (in termini numerici) e spesso criticato staff, è stato davvero straordinario e rappresenta il senso e l’utilità del progetto europeo. In questi mesi c’è stato anche uno sforzo reale di ascolto dei vari attori in campo, dalle ONG all’industria, anche se ovviamente alcune voci sono forse state più ascoltate di altre.
[segue]