Risultato della ricerca: sardegna-sicilia

Oggi giovedì 22 luglio 2021

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22 Luglio 2021
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
La conferma della decisione di Terna di realizzare l’elettrodotto Calabria-Sardegna-Sicilia ha suscitato nell’Isola, anche perché accompagnata da qualche dichiarazione discutibile del Ministro della transizione ecologica Cingolani, diverse critiche.
Contestualmente nei giorni scorsi l’AD
di ENEL ha prospettato la dismissione della centrale Grazia Deledda, sollevando a sua volta una serie di preoccupazioni soprattutto […]
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Energia

copia-di-logo-pnrr-aladin
sedia-van-gogh4La sedia
di Vanni Tola
Sardegna: energia elettrica soltanto da rinnovabili e con l’impiego di batterie di accumulo, accantonata o almeno ridimensionata l’ipotesi metanizzazione.
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Con due interviste in contemporanea sul quotidiano La Nuova Sardegna, il governo Draghi presenta il progetto definitivo per la trasformazione del sistema energetico sardo. Parla il ministro della Transizione ecologica Cingolani e il presidente dell’Enel Starace che, congiuntamente, illustrano il piano particolareggiato della cosiddetta rivoluzione energetica per realizzare la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e la sua sostituzione con un uso massiccio dell’elettrico prodotto da energia rinnovabile, in particolare solare ed eolico, e con l’impiego di grandi accumulatori di energia. Entrambi gli intervistati precisano con determinazione che quella illustrata non è un’ipotesi di lavoro o la proposta di un piano da discutere e integrare bensì il piano definitivo presentato dall’Italia all’Unione Europea in sintonia con gli accordi prestabiliti. Una condizione quindi da “prendere o lasciare” dove lasciare significa perdere i finanziamenti del Recovery Plan e con essi rinunciare alla più grande opportunità di trasformazione e sviluppo del sistema energetico italiano del dopoguerra. Rimandando ad altre fonti la descrizione particolareggiata del piano, vediamo di riassumerne i concetti principali e le considerazioni sulla base delle quali tali determinazioni sono diventate il progetto definitivo. Si comincia intanto con l’affermare, è il ministro Cingolani che parla, che tutto ciò che va a carbone deve essere chiuso al più presto seppur considerando la sicurezza della rete elettrica e la salvaguardia dei posti di lavoro. Deve essere abbandonato il progetto di realizzazione della dorsale per il metano in quanto superata da nuove tecnologie più moderne e considerato il fatto che, nello specifico dell’Isola, tale piano sarebbe completato quando sarà già in esercizio il Tyrrhenian Link, il sistema di condotte sottomarine che uniranno la Sardegna con la Sicilia e la Campania completando l’inserimento della Sardegna nella rete elettrica nazionale. Obiettivo strategico del Piano Cingolani sarà quello di moltiplicare per nove la produzione di rinnovabili che saranno messe in esercizio ogni anno. Con il collegamento del Tyrrhenian forse basterà anche meno ma in ogni caso l’incremento delle produzioni di energia da rinnovabili sarà particolarmente importante e sarà supportato da un sistema di accumulo dell’energia prodotta con un avanzato sistema di accumulatori composto di gigabattery distribuite nel territorio.
Alcuni dati del progetto.
Decarbonizzare il sistema produttivo comporterà una riduzione del 55 per cento di emissioni di gas serra entro il 2030 e del 90 per cento entro il 2050. Per farlo senza mandare in crisi il sistema dovranno essere installate grandi quantità di impianti di rinnovabili, eolico e fotovoltaico che produrrebbero un rilevante calo di produzione della CO2 e renderebbero più verde l’isola.
L’idea di transizione prevede implicitamente un periodo di convivenza del vecchio sistema di produzione con il nuovo durante il quale la stabilità della rete dovrà rimanere inalterata. Questo significa che temporaneamente l’energia nelle zone industriali sarà prodotta dal gas e che nel frattempo si affineranno le tecnologie di accumulo per le rinnovabili e si manterranno in funzione anche le centrali a carbone per poi passare a un massiccio e quasi esclusivo impiego di energia elettrica da rinnovabili.
C’è un concetto che il ministro Cingolani ribadisce con forza nel merito del progetto. “Non c’è un piano alternativo: se non facciamo quello che abbiamo promesso, perdiamo i soldi dell’Ue, usciamo dall’accordo di Parigi e saremo più deboli rispetto alle crisi future”. So che decuplicare la quantità di rinnovabili da installare ogni anno è un’operazione incisiva, ma è bene ripeterlo: tutti per ottenere un vantaggio certo devono rinunciare a qualcosa oggi. L’unica condizione non negoziabile è il paesaggio, ma sul resto dobbiamo svoltare, subito e bene”.
Da quest’ultima frase, con la quale il ministro Cingolani, conclude l’intervista, si evidenzia la grande preoccupazione per le reazioni dei sardi di fronte alla prospettiva di dover incrementare notevolmente l’estensione dei parchi eolici, le superfici destinate a nuovi impianti di energia solare se non addirittura alla creazione di centrali solari, la possibilità-necessità di realizzare impianti eolici in alcune aree marine, l’installazione di mega batterie di accumulo di energia da rinnovabili.
E’ questa la questione delle questioni. Comunicare alla popolazione alle forze politiche e ambientaliste locali la filosofia del progetto, i benefici che ne deriverebbero, le diverse fasi che condurrebbero alla transizione avviando una riflessione collettiva diffusa, non ideologica, che superi antichi pregiudizi nei confronti delle imprese che dovranno realizzare il piano e, naturalmente, sviluppando politiche di vigilanza attiva a tutela dell’ambiente e della salute tenendo presente che, comunque, è necessario cambiare per crescere.
Alcune reazioni. Cominciamo dal considerare la reazione “tiepida” della Regione. Il presidente Solinas, pur non essendosi dichiarato contrario all’attuazione, del progetto ha subito tentato di ritagliarsi un proprio spazio sull’argomento. In alternativa all’incremento di eolico e solare propone di variare la produzione di energia elettrica con l’idroelettrico, scelta “preferibile, meno impattante rispetto all’eolico”. Realizzando quindi nuove dighe che probabilmente Solinas considera più convenienti per l’imprenditoria edilizia sarda. Gli risponde a stretto giro di “posta”, Francesco Starace, presidente dell’Enel. “Saremo molto contenti di fare altro idroelettrico ma dobbiamo essere realistici sulla possibilità di fare bacini adeguati in tempi, come dire, umani, perché purtroppo il tempo, in questi scenari è una variabile decisiva. I parchi di batterie per noi sono ormai una buona soluzione: non occupano molto suolo e non fanno rumore. Idroelettrico e accumulo elettrochimico possono convivere, l’importante è disporre di una capacità di accumulo significativa”. Una battaglia appena agli inizi.
Due giorni dopo la presentazione del Piano, la Regione torna alla carica con dichiarazioni molto esplicite che confermano la poco convinta adesione di Solinas e del suo megastaff alle direttrici fondamentale del Piano. Fioccano affermazioni del tipo: ”Disponibili a nuove strategie se è utile ai Sardi” (Assessore all’industria Pili). E ancora: “Il Governo rimetta nelle mani della presidenza della Giunta il coordinamento di un tavolo nazionale che eventualmente aggiorni gli accordi”. Oppure: “Non si può pensare di escludere chi quei territori e quella comunità le amministrano e tutti i livelli e chi le vive ogni giorno”.
Una curiosa e mal celata concezione della democrazia dal basso che dovrebbe vedere seduti attorno a un tavolo di confronto e con gli stessi poteri decisionali tutti i sardi, dal presidente Solinas, agli assessori, ai consiglieri comunali e via dicendo fino all’ultimo iscritto dei circoli di paese per discutere con i migliori staff di progettazione industriale al mondo in merito alle procedure necessarie per definire i modi della riconversione energetica dell’isola.
Più esplicita la presa di posizione dell’esponente del Pd in Consiglio regionale, Piero Comandini che respinge il progetto in quanto servirebbe al Governo soltanto per “soddisfare il bisogno di energie green del paese da trasportare oltre il tirreno con il Tyrrhenian Link”*. Comandini finge di non sapere che il cavo sottomarino, che completa l’inclusione della Sardegna nella rete elettrica nazionale, per quanto concerne il trasporto energetico, è bidirezionale, e che del paese che beneficerà dell’energia green fa parte anche la nostra isola, fino a prova contraria. In realtà l’esponente del Pd, come spiega nella parte conclusiva della sua dichiarazione, preferirebbe che si completasse il vecchio piano di metanizzazione dell’isola.
Conclude la carrellata dei primi contestatori, il presidente del Consorzio Industriali di Sassari che svolge le sue considerazioni per arrivare alla richiesta di una politica integrata da parte del Governo. Parlamento e Regione Sardegna, sentiti anche i grandi gruppi industriali e tenendo conto delle istanze e delle proposte che arrivano dal territorio, dovrebbero definire una azione politica e sinergica sul settore energetico che preveda adeguati stanziamenti e tempi rapidi per investimenti strutturali che guardino al futuro, che incidano soprattutto sul presente. [Di questa posizione in modo più esplicito si fa interprete Mauro Pili (ex presidente della Giunta) nei suoi servizi giornalistici sul quotidiano L’Unione Sarda. È da capire in quale misura questa posizione rappresenti il mondo economico isolano, soprattutto considerando che la sua rappresentanza confindustriale e non solo (associazionismo della piccola industria e artigianato) risulta attualmente guidata, anzi dominata dagli imprenditori del settore edile, fortemente coinvolto nella realizzazione delle dorsali e delle stazioni per lo stoccaggio del metano. A cui si aggiungono le considerazioni sugli altri consistenti interessi in campo].
Ci saranno ancora altre mille prese di posizione analoghe, viene da chiedersi quanti di questi personaggi abbiano letto e compreso il Piano, fermo restando che tutte le opinioni sono legittime. C’è solo da sperare che il progetto cominci a realizzarsi con determinazione e che non prevalgano scelte mirate a paralizzarne l’attuazione. Al Piano non ci sono al momento alternative se si vogliono investire in Sardegna i fondi Ue, l’alternativa non potrebbe che essere quella di far saltare il banco e di affidarsi a nuove scelte derivanti da piani di strategia industriale a denominazione di origine controllata. Ci sarà pure una ragione se nella regione autonoma della Sardegna non si dispone ancora di una rete ferroviaria adeguata, di infrastrutture moderne e se la questione energetica abbia da sempre rappresentato uno dei fattori limitanti delle politiche industriali della regione?
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* sostanzialmente omogenea la posizione delle segreterie regionali di Cgil-Cisl, con particolare esposizione della Cgil, attraverso il suo segretario regionale Michele Carrus e una differenziazione della Uil [vedasi l’articolo su La Nuova Sardegna di domenica 11 luglio]. Decisamente schierata contro l’opzione metano la CSS. In altra sede sarà interessante esaminare le posizioni di tutte le forze politiche e delle Associazioni ambientaliste.
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Spezzando una lancia.
Tonino Dessì su fb

Spezzando una lancia, senza nascondere i problemi.
La conferma della decisione di Terna di realizzare l’elettrodotto Calabria-Sardegna-Sicilia ha suscitato nell’Isola, anche perché accompagnata da qualche dichiarazione discutibile del Ministro della transizione ecologica Cingolani, diverse critiche.
Sul merito va intanto richiamato il fatto che l’opera infrastrutturale ha una valenza strategica europea e che l’Italia sta con essa assolvendo a un impegno, quello di “chiudere” fisicamente il circuito elettrico nazionale portante.
SACOI e SAPEI ne costituiscono attualmente il segmento tirrenico centrosettentrionale, che collega Sardegna e Toscana, via Corsica.
L’obiettivo è quello di assicurare la completa circolarità e la sicurezza, senza soluzioni di continuità, dell’infrastruttura elettrica fondamentale italiana, nell’ambito dell’integrazione dei collegamenti elettrici del Continente, isole comprese.
Questo obiettivo si innesta nell’attuale strategia energetica della UE, connessa alla progressiva riduzione della produzione da fonti fossili e a una transizione che sia pure non escludendo il gas, anzi avvalendosene ancora massicciamente nel medio periodo, intende assicurare diversificazione e pluralità di approvvigionamenti con canali il meno possibile soggetti a turbative geopolitiche.
Purtroppo la destabilizzazione del Nordafrica e del Medio Oriente di questi ultimi vent’anni, provocata dalla congiunta miopia di alcuni Stati Europei, degli USA e della NATO con le avventure in IRAQ, in Libia, in Siria, ha reso del tutto insicuri gli approvvigionamenti dai principali Paesi produttori prossimi al Mediterraneo, il che ha affossato fra gli altri il progetto del gasdotto dall’Algeria che avrebbe coinvolto la Sardegna e ha reso preferibile per la UE ogni aggancio verso Nord-Est, principalmente, ma non esclusivamente, con la Russia.
A mio avviso, in un contesto strategico di tal fatta, difficilmente potranno essere opposte resistenze regionali, che peraltro troverebbero ben pochi appigli nelle norme dell’ordinamento speciale sardo.
D’altra parte, parliamoci chiaro.
Di suo, la Sardegna, o almeno le sue istituzioni, le sue forze politiche e quelle economiche e sindacali isolane stavano puntando su un’infrastruttura “locale”, il gasdotto della SNAM, oggetto a sua volta di critiche e di contestazioni, anch’esse locali, piuttosto incisive (e a mio avviso fondate e condivisibili).
Certo, restano, soprattutto nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa sarda da esponenti del Governo, echi tanto generici quanto confusi di non nuovissime suggestioni, tra le quali la principale riproporrebbe la Sardegna come “piattaforma energetica al centro del Mediterraneo”.
Sul complesso dei problemi implicati bisogna fare una distinzione fondamentale.
La prospettiva del “tutto elettrico”, relativamente agli utilizzi e ai consumi, è conforme alle principali strategie non solo occidentali in materia.
Non è solo un fatto infrastrutturale, ma anche quantitativo e qualitativo: sul fronte della produzione per consumi, l’espansione della fonte solare per le autoproduzioni in campo edilizio-abitativo, agricolo e industriale a livello di singole unità o di gruppi di esse è ormai in atto e promette in Italia una sostituzione valutata come prossima a un terzo dell’energia prodotta da altre fonti.
La tematica generale delle modalità di produzione dalla fonte solare e dall’analoga fonte eolica invece mantiene non poche zone d’ombra.
Fra queste, quella che ci coinvolgerebbe più negativamente, se l’accettassimo, sarebbe la modalità consistente nel realizzare grandi concentrazioni impiantistiche solari o eoliche, la cui finalità non sarebbe per l’autoproduzione diffusa, bensì per la produzione energetica su scala industriale finalizzata al mercato.
Qui non c’è bisogno che mi dilunghi sulle ragioni che dovrebbero spingerci anche in Sardegna a contrastare operazioni del genere: si tratta di ragioni che attengono al rifiuto di sottrarre porzioni importanti di suolo all’uso agricolo e di compromettere il paesaggio per insediamenti dei quali noi non abbiamo affatto bisogno.
La prospettiva di mantenere nell’Isola un parco di produzione elettrica ormai sovradimensionato per le esigenze industriali regionali, dandogli un orizzonte di “esportazione”, l’abbiamo già conosciuta e ancora la stiamo pagando abbastanza cara.
Infine (non è casuale l’ultimo ritaglio che inserisco in coda al post, relativo al trascinarsi della vicenda dell’alluminio), occorre mettere un punto fermo sulla questione della ripresa industriale in Sardegna.
Io non sono mai stato nè mai sarò contro l’industria per principio.
Ma la contemporaneità sta indirizzandosi sempre più verso industrie a basso consumo di energia, non inquinanti e cionondimeno ad alto valore aggiunto delle produzioni e ad alta qualificazione del lavoro umano impiegato.
Ecco: stiamo a questo.

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Gli Editoriali e altro del mondo Aladin

lampada aladin micromicro img_5463È necessario costruire una nuova infrastruttura intelligente di Terza Rivoluzione Industriale. Se su questo si creasse consenso trasversale, avremmo una nuova visione capace di ispirare le prossime tre generazioni in Italia. L’opinione dell’economista americano 220px-jeremy_rifkin_2009_by_stephan_rohldi JEREMY RIFKIN
19 aprile 2018 su L’Espresso
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lampadadialadmicromicro133Ripreso da Aladinews Editoriali
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ArchimedSi riaccende il dibattito sulle Macroregioni/Euroregioni? Ne saremo contenti. Intanto alcuni contributi datati, ma tuttora validi di Aladinews.
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img_5719Significato del 25 aprile 25 Aprile 2018 Festa della Liberazione.
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Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo, su Democraziaoggi.
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l-ferrajoli-manifesto-eg I fondamenti etico-politico, giuridico-costituzionale ed economico-sociale del “reddito di cittadinanza”. di Gianfranco Sabattini.
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Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo

Sardegna Corsica dich intenti A proposito dell’accordo Sardegna Corsica verso una macroregione insulare del Mediterraneo…Archimed
di Franco Meloni
Ripubblichiamo con alcune precisazioni di carattere giuridico l’articolo del 22 giugno 2014. In particolare viene dato atto della distinzione tra i nuovi strumenti di cooperazione europea, come le macroregioni e le euroregioni, argomenti tuttora da approfondire in tutti gli aspetti. La sostanza dei ragionamenti mantiene inalterata validità. Per la Sardegna si tratta di utilizzare nel miglior modo possibile gli strumenti di cooperazione territoriale disponibili e di partecipare al più vasto dibattito per individuare anche altre forme per perseguire principalmente il benessere della sua comunità (f.m)
ape-innovativa2 Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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- Nella foto Pasquale Paoli

Pasquale Paoli

Macroregione europea? Di cosa cosa parlano Pigliaru e Simeoni? Cerchiamo di fare chiarezza. Noi ci proviamo da tempo…

Mediterraneo-Archimedlampada aladin micromicroMacroregione? Oppure o anche Euroregione… o Gect? Di cosa cosa parlano Pigliaru e Simeoni? E’ probabile che con precisione non lo sappiano neppure loro. Cerchiamo allora di fare chiarezza. Noi, nel nostro piccolo, ci proviamo da tempo, non ci sembra che vi sia altrettanto impegno da quanti avrebbero più titoli e risorse per farlo. Su queste tematiche che richiamano capacità innovativa anche di innovazione istituzionale, di cui abbiamo particolare necessità*, s’impegnino allora innanzitutto la Regione e l’Università della Sardegna (come avevamo richiesto nel luglio 2014).
Con riferimento al nostro impegno e come stimolo per altri, ci sembra utile riproporre alcune riflessioni di Nicolò Migheli (Sardegna Soprattutto) e Franco Meloni (Aladinews), che crediamo mantengano intatta attualità. Ovviamente occorre approfondire e andare avanti nella concreta realizzazione di forme di cooperazione internazionale.
Facciamo precedere i citati contributi da una risposta in forma scritta di Johannes Hahn a nome della Commissione Europea (13 settembre 2012) a un’interrogazione dell’europarlamentare Mara Bizzotto (EFD) del 30 luglio 2012. Ci sembra chiara e quindi utile.

“Il concetto di Euroregioni è stato elaborato dal Consiglio d’Europa. Esse sono istituite al di fuori del quadro giuridico dell’UE, da gruppi, in genere di autorità pubbliche, interessati a cooperare a livello transfrontaliero. Tali gruppi sono istituiti conformemente alle rispettive legislazioni nazionali e definiscono le proprie regole di funzionamento. Sebbene il concetto non sia stato elaborato dall’UE, la Commissione è favorevole al ruolo che le Euroregioni possono svolgere nello sviluppo di progetti transfrontalieri e per superare gli ostacoli alla cooperazione, costituendo in questo modo un importante valore aggiunto per il mercato interno.
Fino ad ora gli approcci macroregionali sono stati elaborati sulla base di richieste del Consiglio europeo. Non esiste una procedura formale per l’istituzione delle macroregioni, ma l’esperienza si basa su aree vaste, che condividono sfide e opportunità comuni, che si uniscono per affrontare tali sfide in un quadro ampio che sottolinea il valore aggiunto pratico a livello di UE. Le macroregioni e la loro struttura di governance sono descritte nella comunicazione e nel piano d’azione relativi a ciascuna strategia dell’UE, integrati da orientamenti concordati dai partner partecipanti. Le macroregioni generalmente operano su una scala più ampia rispetto alle Euroregioni. L’agevolazione del mercato interno figura tra le strategie macroregionali esistenti nell’UE.
Vi sono molti tipi di gruppi di cooperazione transfrontaliera, con una struttura più o meno formale. Uno strumento formale disponibile nel contesto della politica di coesione è il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (1). Il regolamento (CE) n. 1082/2006 descrive come istituire e gestire un GECT. I GECT agevolano e promuovono la cooperazione territoriale a vantaggio anche del mercato interno”.
(1) Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio.

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Per quanto riguarda esperienze concrete e recenti di macroregione, possiamo fare riferimento alla Macroregione Adriatica-ionica, approvata dall’Unione Europea nell’ottobre 2014.
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Di seguito i contributi di Nicolò Migheli e Franco Meloni.
mar mediderraneo cartaape-innovativa2La riflessione di Nicolò Migheli sulle macroregioni europee (che sotto riproponiamo da Sardegna Soprattutto) dalla quale emerge la proposta che la Sardegna promuova la costituzione di una “macroregione mediterranea” (così composta: per la Spagna da Catalogna, Valencia, Murcia, Aragona e Baleari; per la Francia da Languedoc-Roussillon e Corsica; per l’Italiada Sardegna, Sicilia e Toscana), che riprendiamo corredandola con un nostro contributo apparso su Aladinews il 23 giugno 2014, ci consente di sollecitare un apposito dibattito. Particolarmente necessario proprio in relazione allo stato delle proposte in campo, che non sono totalmente combacianti, come anche risulta dai due contributi pubblicati, tuttavia convergenti nell’individuazione dello strumento “macroregione” come grande opportunità di nuovo sviluppo per la Sardegna e per le altre entità coinvolgibili, Non ci possiamo permettere di sprecarla. Ci pensino innanzitutto il Consiglio e la Giunta regionale e tutti gli altri soggetti interessati. Tra questi, non ultime, le Camere di Commercio sarde e la loro Unione regionale. Al riguardo un ruolo decisivo potrà giocarlo la commissaria straordinaria della Camera di Cagliari, Paola Piras, che, nonostante il breve tempo del suo mandato, potrà invertire la deprecabile inattività e l’autoreferenzialità che hanno per troppo lungo tempo segnato il sistema camerale sardo e segnatamente la sua parte più rilevante.

Mentre Cagliari guarda Roma, sulle Alpi…
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 12 agosto 2015/ Società & Politica/

Fino ad ora l’allarme dello Svimez ha prodotto un rinfocolarsi di reciproci pregiudizi. Da una parte le accuse allo stato per aver abbandonato il Sud, dall’altra il solito sprezzante giudizio sulle classi dirigenti meridionali. Entrambe le opinioni hanno una base di verità. Il governo risponde con stanziamenti, mirabolanti solo nei comunicati Tweeter. Si scopre infatti che non c’è nulla di nuovo: solo cofinanziamenti per i programmi comunitari 2014-2020.

Compartecipazione obbligatoria da parte dello stato. Senza, i fondi non potranno essere spesi. Soldi che finiranno in gran parte in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata, nei documenti Ue meno sviluppate. Abruzzo Molise e Sardegna, in transizione per le stesse classificazioni, prenderanno molto meno. Un’ulteriore dimostrazione che l’accorpamento Mezzogiorno non ha più senso, se non nelle stanche abitudini di certi commentatori. Tanto meno per la Sardegna, per ragioni geografiche, storiche, di capitale sociale, cultura e lingua.

In quei stessi giorni, la Ue approvava EUSALP, macro regione europea delle Alpi. Ne fanno parte le regioni tedesche Baviera e Baden Wutemberg; le francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), Rodano-Alpi, Franca Contea. Lombardia, Piemonte, Liguria, le provincie autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia per l’Italia. Austria e Slovenia e come regioni associate, Svizzera e Liechtenstein. Settantacinque milioni di abitanti e il Pil pro capite tra i maggiori del continente. Obbiettivi di EUSALP: promuovere innovazione e sostenibilità, sviluppo territoriale, tutela del patrimonio alpino e delle risorse naturali e culturali. Programmi ambiziosi che lasciano intravedere la creazione di un nucleo oltre gli stati nazionali. Sono in arrivo la macroregione baltica, quella del Danubio e Adriatica-Jonica. È in atto un cambiamento che determinerà quale Europa e come volerla.

La Sardegna dal 1996 fa parte di IMEDOC, con Sicilia, Corsica e Baleari. Una macroregione che nell’Ue ha rivendicato, con scarsi risultati, solo il riconoscimento dell’insularità. Uno strumento che la politica sarda ha considerato marginale. Gli occhi sempre rivolti a Roma, percepita come alfa ed omega dei nostri destini. A questo punto però occorre ragionare in maniera diversa. Avere un approccio strategico. Quindi considerare quella che fino ad ora era politica estera dello stato, come politica propria. Se gli interlocutori, quelli che possono realmente determinare il nostro futuro stanno a Bruxelles, è lì che bisogna rivolgersi.

La Sardegna, regione e non stato indipendente, ha una forza limitata, ciò non toglie che possa farsi promotrice di un’aggregazione del Mediterraneo occidentale. Sarebbe come riprendere i rapporti storici che l’isola ha avuto per settecento anni, fino all’avvento dei Savoia. Basterebbe trasformare IMEDOC ed allargarla alle regioni sul mare. Per la Spagna le Comunità autonome: Catalogna, Valencia, Murcia e le Baleari. Benché non rivierasca, l’Aragona andrebbe inserita per ragioni storiche. Per la Francia Languedoc-Roussillon e Corsica. Per l’Italia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Questa, nelle programmazioni europee, ha fatto parte di numerosi programmi INTERREG con le regioni citate.

Si avrebbero circa 23 milioni di abitanti e molti programmi comuni da affrontare: salute del mare, ricerca, agroalimentare, artigianato di qualità, sostenibilità e sviluppo rurale; beni culturali, salvaguardia degli ambienti naturali e delle culture autoctone. Pilastri strategici della politica europea. La regione che potrebbe promuovere questa nuova aggregazione potrebbe essere la Sardegna. In questi anni con i programmi INTERREG, la cooperazione internazionale del Programma LEADER, l’iniziativa euro mediterranea dell’EMPI- la cui sede resterà in Sardegna anche per la prossima programmazione – l’isola si è dotata di professionisti e funzionari che hanno maturato esperienza. La politica dovrebbe farsi promotrice di immaginazione e di un programma ambizioso.

La Sardegna potrebbe uscire dal frangente proponendosi come perno del progetto. Basta crederci. La Catalogna impegnata in elezioni che porteranno, quasi sicuramente, ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, difficilmente può essere regione capofila. Lo scontro con Madrid si annuncia molto duro. Per Barcellona l’aggregazione del Mediterraneo occidentale può rivelarsi un’arma di consenso. Per la Sardegna una modalità per pensarsi centro e non periferia e per prendere in mano il proprio destino come soggetti attivi e non destinatari di scelte altrui. Agire come se Roma non ci fosse. Per quel che è possibile.

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lampadadialadmicromicro133Articolo pubblicato su Aladinews il 23 giugno 2014
Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo.
Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Archimed loghetto1Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica Bomeluzo-Alpmed2-con-UE2-300x212di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento 27 agosto 2015
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
Mediterraneo Archimed
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* A proposito di INNOVAZIONE “Siamo abituati a pensare ad un tale processo in termini di cambiamenti tecnologici. In questo modo di vedere non c’è nessun male, purché si sia ben consapevoli che i cambiamenti organizzativi, amministrativi e istituzionali (che includono i cambiamenti orginati da leggi) possono avere, nel processo dello sviluppo economico, esattamente lo stesso ruolo del processo tecnico inteso nel senso stretto” (Paolo Sylos Labini)
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- Risposta di Johannes Hahn a nome della Commissione Europea ad apposita interrogazione di Mara Bizzotto (13 settembre 2012).

Una o più macroregioni mediterranee che la Sardegna può promuovere e candidarsi a guidare

mar mediderraneo cartaape-innovativa2La riflessione di Nicolò Migheli sulle macroregioni europee (che sotto riproponiamo da Sardegna Soprattutto) dalla quale emerge la proposta che la Sardegna promuova la costituzione di una “macroregione mediterranea” (così composta: per la Spagna da Catalogna, Valencia, Murcia, Aragona e Baleari; per la Francia da Languedoc-Roussillon e Corsica; per l’Italiada Sardegna, Sicilia e Toscana), che riprendiamo corredandola con un nostro contributo apparso su Aladinews il 23 giugno 2014, ci consente di sollecitare un apposito dibattito. Particolarmente necessario proprio in relazione allo stato delle proposte in campo, che non sono totalmente combacianti, come anche risulta dai due contributi pubblicati, tuttavia convergenti nell’individuazione dello strumento “macroregione” come grande opportunità di nuovo sviluppo per la Sardegna e per le altre entità coinvolgibili, Non ci possiamo permettere di sprecarla. Ci pensino innanzitutto il Consiglio e la Giunta regionale e tutti gli altri soggetti interessati. Tra questi, non ultime, le Camere di Commercio sarde e la loro Unione regionale. Al riguardo un ruolo decisivo potrà giocarlo la commissaria straordinaria della Camera di Cagliari, Paola Piras, che, nonostante il breve tempo del suo mandato, potrà invertire la deprecabile inattività e l’autoreferenzialità che hanno per troppo lungo tempo segnato il sistema camerale sardo e segnatamente la sua parte più rilevante.

Mentre Cagliari guarda Roma, sulle Alpi…
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 12 agosto 2015/ Società & Politica/

Fino ad ora l’allarme dello Svimez ha prodotto un rinfocolarsi di reciproci pregiudizi. Da una parte le accuse allo stato per aver abbandonato il Sud, dall’altra il solito sprezzante giudizio sulle classi dirigenti meridionali. Entrambe le opinioni hanno una base di verità. Il governo risponde con stanziamenti, mirabolanti solo nei comunicati Tweeter. Si scopre infatti che non c’è nulla di nuovo: solo cofinanziamenti per i programmi comunitari 2014-2020.

Compartecipazione obbligatoria da parte dello stato. Senza, i fondi non potranno essere spesi. Soldi che finiranno in gran parte in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata, nei documenti Ue meno sviluppate. Abruzzo Molise e Sardegna, in transizione per le stesse classificazioni, prenderanno molto meno. Un’ulteriore dimostrazione che l’accorpamento Mezzogiorno non ha più senso, se non nelle stanche abitudini di certi commentatori. Tanto meno per la Sardegna, per ragioni geografiche, storiche, di capitale sociale, cultura e lingua.

In quei stessi giorni, la Ue approvava EUSALP, macro regione europea delle Alpi. Ne fanno parte le regioni tedesche Baviera e Baden Wutemberg; le francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), Rodano-Alpi, Franca Contea. Lombardia, Piemonte, Liguria, le provincie autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia per l’Italia. Austria e Slovenia e come regioni associate, Svizzera e Liechtenstein. Settantacinque milioni di abitanti e il Pil pro capite tra i maggiori del continente. Obbiettivi di EUSALP: promuovere innovazione e sostenibilità, sviluppo territoriale, tutela del patrimonio alpino e delle risorse naturali e culturali. Programmi ambiziosi che lasciano intravedere la creazione di un nucleo oltre gli stati nazionali. Sono in arrivo la macroregione baltica, quella del Danubio e Adriatica-Jonica. È in atto un cambiamento che determinerà quale Europa e come volerla.

La Sardegna dal 1996 fa parte di IMEDOC, con Sicilia, Corsica e Baleari. Una macroregione che nell’Ue ha rivendicato, con scarsi risultati, solo il riconoscimento dell’insularità. Uno strumento che la politica sarda ha considerato marginale. Gli occhi sempre rivolti a Roma, percepita come alfa ed omega dei nostri destini. A questo punto però occorre ragionare in maniera diversa. Avere un approccio strategico. Quindi considerare quella che fino ad ora era politica estera dello stato, come politica propria. Se gli interlocutori, quelli che possono realmente determinare il nostro futuro stanno a Bruxelles, è lì che bisogna rivolgersi.

La Sardegna, regione e non stato indipendente, ha una forza limitata, ciò non toglie che possa farsi promotrice di un’aggregazione del Mediterraneo occidentale. Sarebbe come riprendere i rapporti storici che l’isola ha avuto per settecento anni, fino all’avvento dei Savoia. Basterebbe trasformare IMEDOC ed allargarla alle regioni sul mare. Per la Spagna le Comunità autonome: Catalogna, Valencia, Murcia e le Baleari. Benché non rivierasca, l’Aragona andrebbe inserita per ragioni storiche. Per la Francia Languedoc-Roussillon e Corsica. Per l’Italia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Questa, nelle programmazioni europee, ha fatto parte di numerosi programmi INTERREG con le regioni citate.

Si avrebbero circa 23 milioni di abitanti e molti programmi comuni da affrontare: salute del mare, ricerca, agroalimentare, artigianato di qualità, sostenibilità e sviluppo rurale; beni culturali, salvaguardia degli ambienti naturali e delle culture autoctone. Pilastri strategici della politica europea. La regione che potrebbe promuovere questa nuova aggregazione potrebbe essere la Sardegna. In questi anni con i programmi INTERREG, la cooperazione internazionale del Programma LEADER, l’iniziativa euro mediterranea dell’EMPI- la cui sede resterà in Sardegna anche per la prossima programmazione – l’isola si è dotata di professionisti e funzionari che hanno maturato esperienza. La politica dovrebbe farsi promotrice di immaginazione e di un programma ambizioso.

La Sardegna potrebbe uscire dal frangente proponendosi come perno del progetto. Basta crederci. La Catalogna impegnata in elezioni che porteranno, quasi sicuramente, ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, difficilmente può essere regione capofila. Lo scontro con Madrid si annuncia molto duro. Per Barcellona l’aggregazione del Mediterraneo occidentale può rivelarsi un’arma di consenso. Per la Sardegna una modalità per pensarsi centro e non periferia e per prendere in mano il proprio destino come soggetti attivi e non destinatari di scelte altrui. Agire come se Roma non ci fosse. Per quel che è possibile.

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lampadadialadmicromicro133Articolo pubblicato su Aladinews il 23 giugno 2014
Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo.
Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Archimed loghetto1Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica Bomeluzo-Alpmed2-con-UE2-300x212di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento 27 agosto 2015
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
Mediterraneo Archimed

Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo

Archimed
di Franco Meloni
Ripubblichiamo con alcune precisazioni di carattere giuridico l’articolo del 22 giugno. In particolare viene dato atto della distinzione tra i nuovi strumenti di cooperazione europea, come le macroregioni e le euroregioni, argomenti tuttora da approfondire in tutti gli aspetti. La sostanza dei ragionamenti mantiene inalterata validità. Per la Sardegna si tratta di utilizzare nel miglior modo possibile gli strumenti di cooperazione territoriale disponibili e di partecipare al più vasto dibattito per individuare anche altre forme per perseguire principalmente il benessere della sua comunità (f.m)
ape-innovativa2 Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!

Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)

Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. Il Mediterraneo nello Statuto Sardo. L’interesse della Sardegna di far parte di due Macroregioni europee del Mediterraneo

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ape-innovativa2di Franco Meloni
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Oggi e nei giorni scorsi abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica (Aladinpensiero 19/6/2014 oggi 22/6/2014). Si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione (1), come è ovvio, non fa parte la Sardegna (2) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che dai documenti pubblicati (4) appare un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno concreto di tutte le istituzioni interessate. Dice al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola (su questa problematica ci siamo soffermarti nell’ultimo editoriale di Aladinews), non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione della Macroregione Adriatica-Ionica. Dunque questa realizzazione per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici… costituisce un modello per le Macroregioni di cui fa parte e potrà far parte la Sardegna. Di una, quella delle Isole, chiamata Archimed, abbiamo parlato in maniera approfondita su Aladinpensiero. L’attuale situazione di precaria esistenza di questa realtà appare lontana dall’impostazione data alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. - segue –