Risultato della ricerca: restart italia
Non siamo saliti sul carro di Draghi, ma la sua Agenda è la nostra Agenda. Come realizzarla è la vera questione. Cosa cambia con Enrico Letta?
di Franco Meloni
Riproduciamo ancora una volta l’editoriale che Luciana Castellina ha scritto per Sbilanciamoci! perchè nella sostanza esprime con esemplare chiarezza la mia posizione sul governo Draghi, con qualche precisazione e aggiornamento soprattutto in relazione alla elezione di Enrico Letta alla segreteria del Pd. Parlando di prospettive, cioè del “Che fare?” assumo poi come riferimento il contributo di Alfonso Gianni, sul Manifesto, ripreso anche dal manifesto sardo e da aladinpensiero.
Ribadiamo: l’Agenda del governo Draghi è la nostra Agenda. Vi sono elencati i titoli delle priorità da affrontare ora e per lungo tempo, durante e dopo la pandemia. Come non apprezzare il fatto che Draghi richiami l’Agenda Onu 2030 sullo Sviluppo sostenibile, così come assunta e declinata dall’Unione Europea, in particolare nell’adozione del Next Generation Eu? E’ evidente che la vera questione è come realizzare detti obbiettivi, per definizione tutti virtuosi, e quali interessi si vogliono tutelare e in qual modo e in quale misura… Al riguardo si possono richiamare le diverse questioni, ma mi limito in questa sede agli aspetti della “transizione ecologica” con la citazione della posizione di Greenpeace, che condivido, invitando ad aderire alla relativa Campagna [vedi sotto]. Comunque, certamente Draghi ha a cuore gli interessi di tutti, ma secondo la sua scala di priorità, che è quella di un esponente dell’alta borghesia, che tutela la sua classe innanzitutto, tuttavia è un keynesiano e anche un cattolico-sociale che non trascura il popolo. Il conflitto di classe che non è morto, serve proprio a spostare gli interessi, per noi appunto verso il popolo, verso la generalità dei cittadini. Per questo occorrerebbe una forte Sinistra, non importa se al governo o all’opposizione, purchè ben salda nei principi e decisa nell’attività politica al servizio delle masse popolari, come si diceva un tempo. Questa Sinistra oggi non c’è, almeno rispetto alle necessità della fase storica. Ne avremo bisogno. E bisogna costruirla. Come? Per noi partendo da quanto si muove nel Paese, fuori da palazzo, nei movimenti di cui parlano Luciana Castellina, Alfonso Gianni e altri, anzi soprattutto altre, come Norma Rangeri e Elly Schlein. Dobbiamo certo collegare l’esterno con l’interno, cioè quanto si riesce a fare di organizzato nel territorio (i movimenti della democrazia di base, le organizzazioni sindacali, etc.) con le forze buone dei partiti che agiscono sopratutto negli ambiti istituzionali. Una porta tra questi due mondi (l’interno e l’esterno, per semplificare) per quanto riguarda il Pd ci sembra individuabile nella proposta di Enrico Letta delle Agorà democratiche, su cui, contrariamente a quanto sostiene Alfonso Gianni, io credo occorra investire e, quindi, impegnarci di conseguenza. E, ancora, la conquista dello ius soli è uno degli importanti obbiettivi che condividiamo e che dobbiamo praticare con convinzione. Che dire poi sul Next Generation Eu – Recovery Plan? C’è moltissimo da lavorare da qualsiasi parte si stia. Noi sappiamo dove.
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Le lacune di Draghi
Luciana Castellina
Sbilanciamoci! 24 Febbraio 2021 | Sezione: Editoriale, Politica
Quanto mi delude e mi allarma del governo Draghi non è la presenza dei partiti di Salvini o Brunetta, in qualche modo scontata quando si ricorre a un governo di emergenza. E’ invece soprattutto la scelta dei tecnici di fiducia operata dal nuovo presidente del Consiglio che in questo si è fidato solo di manager. […]
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Appena si è saputo che è a Mario Draghi che sarebbe stato affidato il governo d’emergenza proposto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’area politica vasta ma destrutturata cui io appartengo – la sinistra – ha immediatamente protestato. ”E’ un banchiere” – hanno gridato quasi tutti con orrore.
Io no. Perché, poiché non mi pare ci si trovi in un tempo in cui è pensabile l’eliminazione a breve delle banche, che lui sia uno abituato a dirigerle non mi è apparso uno scandalo. Ho anzi considerato buona cosa che dopo una così accesa e ormai prolungata ondata di sovranismo ci sarebbe stato in Italia un primo ministro non certo di sinistra e però leader autorevolissimo di quell’ala, fino ad oggi assai minoritaria, impegnata a battersi per cambiare l’Unione nel senso in cui ogni ragionevole esponente della sinistra dovrebbe voler andare. E cioè su una linea che preveda un bilancio comune, una autonoma capacità fiscale, il potere di emettere eurobond e di abolire le più rigide (e catastrofiche) regole relative al pareggio dei bilanci, rendendo così disponibili le risorse indispensabili ad avviare uno sviluppo sostenibile. Insomma, una correzione sostanziale della pessima struttura disegnata dai Trattati.
In questa direzione Draghi si è in effetti mosso da parecchi anni, al limite delle sue competenze (e persino un po’ oltre).
Poiché io sono fra quelli che ritengono quanto accade a livello europeo di massima importanza, della sua nomina ero dunque contenta. Credo infatti che la dimensione nazionale non sia più sufficiente a recuperare la sovranità popolare che la globalizzazione ha cancellato, e che dunque solo quella europea potrebbe, forse, consentirci di tornare ad esercitarla. Così restituendo ruolo alla politica, cioè agli umani, per limitare il potere deliberativo oggi affidato quasi esclusivamente al pilota automatico del mercato.
Ad una settimana dal conferimento dell’incarico a Draghi sono tuttavia molto scontenta: trovo infatti – come del resto quasi tutta la sinistra – davvero impresentabile la compagine governativa messa insieme dal nostro primo ministro. Che in questo si è rivelato proprio un banchiere, fiducioso solo nei manager, come se il disastro ambientale non fosse soprattutto responsabilità delle miopissime scelte per lo più operate dalla loro categoria, per la quale obiettivi prioritari sono profitto e Pil.
Stridono – a fronte delle scelte compiute da Draghi – le sue belle parole sull’importanza dell’ecologia, visto che non c’è, fra i tecnici che proprio lui ha scelto, neppure un ecologo, che è come portare un malato a curarsi da un ingegnere anziché da un medico. Così come la centralità che attribuisce all’innovazione tecnologica, quando l’elemento decisivo è piuttosto il mutamento dell’umanità, sempre più drammaticamente ignara di esser solo l’insignificante 0,6 % delle specie che abitano la terra con le quali se si vuole sopravvivere si dovrà ben interagire. Non servono a molto manager e tecnocrati per passare ad una economia circolare, concetto a loro per lo più oscuro e però centrale se si vuole davvero una trasformazione del nostro modo di consumare, produrre, vivere, della gerarchia dei nostri piaceri.
Dice Draghi che non andranno più finanziate le aziende che non sono vitali. Ma chi è vitale? Chi guadagna un sacco di soldi riempiendo i supermarket di prodotti superflui che consumano risorse non rinnovabili? Chi giudicherà quali sono le aziende migliori: i “migliori” fra coloro che hanno contribuito a portarci al dissesto che è sotto i nostri occhi? La cosa più preoccupante che questa crisi politica ci rivela è la scarsissima conoscenza della complessità dell’ecosistema da parte dell’establishment politico del nostro paese. E Draghi non sembra fare eccezione.
Non è un caso che fra i riferimenti delle linee guida dei bandi del Recovery Plan e quelli dei progetti annunciati, sia dal PNRR del governo Conte, sia, ora e ancor più, da quelli annunciati da Draghi, vi sia tanta poca coincidenza. Basta guardare alle parole: 109 volte la parola “ecosistema” nel documento europeo, 2 in quello italiano, tanto per fare un esempio. La stessa proporzione per parole altrettanto importanti, quali, per esempio, “biodiversità”, che non si protegge facendo crescere qua e là dei bei boschetti. Il rischio che Bruxelles ritenga le nostre richieste incompatibili con i requisiti fissati non è fantasia!
Sono osservazioni che possono sembrare pignolerie, ma sono invece indici allarmanti della storica sottovalutazione del dramma ambientale e dunque di quello sanitario, che al primo è strettamente collegato. Per un governo che è stato definito d’emergenza proprio in nome dell’urgenza della questione salute e di quella ecologica, non c’è male.
Ma è considerazione che riguarda anche la questione sociale, perché sembra non si capisca che pensare di affrontare in modo serio la questione sociale grazie alla ripresa del vecchio modello di sviluppo, magari accelerato da un prevedibile “sblocca cantieri”, non è “efficienza” e “modernità”, ma cultura da dinosauri.
Quanto mi delude e mi allarma del governo Draghi non è dunque la presenza dei partiti di Salvini o Brunetta (in qualche modo scontata quando si ricorre a un governo di emergenza). E’ invece soprattutto la scelta dei tecnici di fiducia operata dal nuovo presidente del Consiglio: la transizione ambientale affidata a Cingolani, specialista di nanotecnologie che, quando si è pronunciato sul cambiamento energetico, ha parlato più del gas che di rinnovabili; l’accorpamento del ministero dell’Ambiente con quello dello Sviluppo che non solo non si fa come pure promesso, ma quest’ultimo viene affidato a un esponente del partito che vuole il ponte di Messina; l’innovazione tecnologica nelle mani di Colao che, oltre ad aver dato vita alla prima commissione di esperti fallita ancor prima di cominciare, viene ora decantato perché brillantissimo manager della Vodafone, fautore della modernizzazione 5G, quando la vera modernità sarebbe portare la rete nei territori, e quartieri definiti in gergo “non interessanti per il mercato” perché poveri di clienti e che infatti dalla sua azienda, così come dalle altre, proprio per via di questa povertà sono state lasciate senza collegamenti digitali. (Questo rischia fra l’altro di far fallire ogni tentativo di riportare i giovani nelle campagne per animare la trasformazione più indilazionabile che è quella dell’agricoltura).
La cosa più preoccupante è che queste scelte appaiono dettate soprattutto dall’arretratezza culturale dell’establishment che compone questo governo, di destra, di centro, e di buona parte di quella che si definisce di sinistra. Non è un bello spettacolo.
Un’ultima aggiunta: la delusione maggiore che mi ha dato Draghi è proprio sul terreno su cui mi aspettavo di più: quello della politica europea. Perché forse per la prima volta non ci sarà più un ministro per gli Affari europei. Capisco che Draghi l’abbia ritenuto inutile visto che c’è lui che ne sa più di ogni altro, ma, santiddio, il simbolico pesa in politica, eccome! E non sarà un bel segnale: adesso, infatti, avremo probabilmente a sostituzione del ministro, un sottosegretario agli Esteri incaricato dell’Europa. Tanto per far capire al mondo che noi, l’UE la consideriamo “estero”, non la Comunità di cui facciamo parte e con la quale quotidianamente condividiamo scelte che non hanno a che vedere con la politica estera.
Prima di concludere: dal nuovo governo credo non possiamo aspettarci molto, visto che nasce da una sconfitta della sinistra: la deliberata operazione liquidatoria animata da Matteo Renzi (per conto di forze ben riconoscibili) per togliere di mezzo il governo Conte, pieno di difetti e sorretto da una maggioranza confusa e fragile, ma pur sempre orientato a sinistra e forte di una conduzione del paese nel momento di una crisi senza precedenti assai migliore di quanto chiunque si sarebbe aspettato. Nonostante le mie amare considerazioni su quanto è prevedibile che ora accada non sono pessimista: non tutto dipende per fortuna dal governo, in Italia sopravvive una società per nulla passiva, animata da una gran quantità di organizzazioni ambientaliste autorevoli e molto attive, da sindacati forti, da movimenti sociali radicati sul territorio, da una combattiva presenza femminista. La sua rappresentanza politica istituzionale è frantumata e perciò poco visibile. Ma c’è, e si farà sentire. Se Draghi è bravo e ben intenzionato, dovrebbe esser capace di utilizzare la sua mobilitazione.
La versione tedesca di quest’articolo appare sulla rivista online IPG della Friedrich Ebert Stiftung, la fondazione della Spd tedesca, http://www://ipg-journal.de/
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Al Letta di governo rispondiamo con la sinistra
16 Marzo 2021
di Alfonso Gianni.
(…) C’è un’unica possibilità. Aprire un processo costituente inclusivo, in cui forze più o meno organizzate, associazioni, gruppi, esperienze di lotte territoriali si possano incontrare considerandosi transitorie per raggiungere un esito non predefinito e non predefinibile, essendo appunto il frutto di un processo costituente. Le energie per aprire un simile processo non mancano se si guarda non tanto a ciò che resta della sinistra d’alternativa organizzata, ma soprattutto alla vivacità di azione e di pensiero che è emersa, proprio in questa drammatica crisi pandemico-economica, a livello della società civile.
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TRANSIZIONE ECOLOGICA: dalle parole ai fatti. La Campagna di Greenpeace.
Verso il convegno Innovazione e start up innovative: documentazione utile
>>> DOCUMENTI DA SCARICARE (dal sito MISE):
Legge 17 dicembre 2012, n. 221 (DL Crescita 2.0 recante norme su startup)
Rapporto “Restart, Italia!” della Task Force sulle startup
Rapporto “Restart, Italia!” della Task Force sulle startup (English version)
Rapporto “Restart, Italia!” – Executive summary
Rapporto “Restart, Italia!” – Executive summary (English version)
Executive summary of the new Italian legislation on start-ups (English version)
Executive summary della nuova normativa sulle startup
Infocamere – Guida sintetica alla registrazione delle startup innovative
Decreto incubatori – in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
Startup – Bilancio di un anno di Governo, stato dell’arte, iniziative recenti
Bando per il sostegno di start up in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (MIUR)
Occhio a questa nuova idea: il Contamination Lab (Clab)
Il Contamination Lab: Si è tanto parlato della nascita delle idee non nei garage, bensì tra i corridoi e alle caffetterie delle Università. Adesso le idee nasceranno nel “contamination lab”. Questo nasce allo scopo di promuovere l’incontro tra giovani laureandi o neolaureati per la creazione di percorsi imprenditoriali attraverso uno spazio dedicato, risorse digitali, accesso a banche dati, networking con professionisti, startupper ed investitori, anche attraverso una piattaforma dedicata (dal progetto Restart, Italia!)
… ne hanno parlato recentemente Alessandro Fusacchia (Mise) e Paolo Fadda (Unica)
Cosa bolle in pentola? Lo scopriremo a breve.
La Sardegna si propone come Territorio Intelligente (ecosistema favorevole ai processi innovativi), anche in previsione di un prossimo bando del Mise
Intanto la Regione organizza un Convegno “Sardegna isola dell’innovazione. Dall’idea all’impresa”. Ecco il programma diramato da Sardegna Ricerche. Come abbiamo segnalato in altre occasioni siamo in attesa di un apposito bando da emanarsi a cura del Ministero dello Sviluppo che prevederà l’attribuzione della qualità di “territorio intelligente” a quegli ecosistemi innovativi in grado di proporsi come esempio e traino dei processi innovativi e, conseguentemente, attrattori di investimenti in persone e attività produttive. Connessi a questa attribuzione di qualità sono previste sperimentazioni e incentivazioni di varia natura (fiscale, promozionale, semplificazione burocratica, etc). Le risorse a disposizione per questa operazione sarebbero consistenti, ma tali da premiare solo pochi territori italiani (si parla di 4 o 5). Non sappiamo poi se intere regioni possano proporsi come “territorio intelligente” o porzioni territoriali più ridotte. Certo è che i territori che vorranno candidarsi dovranno porsi in competizione per cogliere tale opportunità. Senza esagerare, ma solo per rendere chiaro il concetto, si tratta di una sorta di candidatura alla sede dei giochi olimpici. I territori che si candidano devono già possedere una serie di attributi-condizioni, quali ad esempio l’esistenza di imprese innovative (sopratutto start up innovative), l’esistenza di consistenti attività di ricerca e di formazione, l’esistenza di infrastrutture che facilitino le attività formative e di ricerca (dalla banda larga alle condizioni di vivibilità dei territori) e, aggiungiamo, devono essere in grado di adeguarsi rapidamente rispetto a determinati standard. L’iniziativa seminariale che la Regione propone (e di cui si da dettagliata notizia nel proseguo), coglie opportunisticamente il momento (lo diciamo in senso positivo, a merito degli organizzatori), ma se vorrà essere produttiva dovrà porsi esplicitamente come occasione per mettere le basi a operazioni più consistenti e partecipate. La cartina di tornasole potrebbe essere costituita proprio dal fatto che si trovino a partire dal Convegno accordi per le iniziative future a partire dall’individuazione di precise modalità organizzative per la partecipazione al bando di cui si è detto. Al riguardo è fondamentale che si costituisca un tavolo operativo tra le istituzioni (la Regione e gli Enti locali e, tra questi ultimi, sopratutto le amministrazioni di Cagliari e delle altre città più grandi), le Camere di Commercio (e la loro Unione regionale), le Università e gli altri Centri di ricerca e le Associazioni di categoria, soprattutto con riferimento alle imprese innovative. Le quali ultime sono nella quasi totalità piccole e spesso micro imprese, a volte non rappresentate dall’associazionismo tradizionale, cosa che consiglia specifiche forme di tutela della rappresentanza delle stesse. Ovviamente la partecipazione deve essere massimamente estesa e perciò andare oltre rispetto alle stesse organizzazioni citate, coinvolgendo i singoli, siano essi studenti o semplici cittadini che hanno voglia e intelligenza da mettere a fattor comune a beneficio di tutta la comunità. Occorre parlarne, con il massimo sforzo di chiarezza, tenendo conto dei tempi brevi a disposizione, che richiedono concretezza, con un supplemento di impegno e dedizione al compito da parte degli uomini e delle donne che rappresentano le Istituzioni e le Imprese.
Cagliari capitale della Sardegna Territorio Intelligente
Cagliari capitale della Sardegna Territorio Intelligente (*)
(*) Tratto dal documento RESTART ITALIA!
Appunti sul provvedimento per le start up e dintorni
di Franco Meloni
Corrado Passera: «Con le start-up rilanciamo l’occupazione»
- ASPETTANDO GODOT. Riprendiamo integrale un articolo del Corriere della Sera on line di oggi 27 settembre 2012, aspettando domani, nella speranza che il Consiglio dei ministri adotti gli auspicati provvedimenti per favorire la nascita e lo sviluppo delle star up, così come suggeriti dal rapporto Restart Italia.
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO A TECHCRUNCH ITALY «Con le start-up rilanciamo l’occupazione». Venerdì il giorno della presentazione del pacchetto «Crescita2» per stimolare la ricerca e l’innovazione
Non ci sono solo i disastri del sistema industriale sardo. Qualcosa di buono si muove: è la giovane impresa
di Aladin
Sono interessanti i dati sulla partecipazione dei giovani under 35 alle imprese* forniti dal cosidetto “cruscotto”, gestito da InfoCamere per il sistema camerale italiano, soprattutto per quel che ci riguarda, i dati della Sardegna e della provincia di Cagliari, allineati con i dati nazionali, ma indietro di qualche punto rispetto ai dati dell’area meridionale. E’ da tener d’occhio il dato della giovane impresa perchè a partire dai mesi di agosto/settembre subirà, presumibilmente, un notevole balzo in avanti. Una spinta in certa parte dovuta all’ingresso nell’agone economico delle nuove imprese create con le nuove tipologie di srl (società a rl semplificata, società a rl a capitale ridotto) e che, sempre presumibilmente, si accentuerà con l’attesa istituzione della società a rl innovativa (iSRL) promossa (e promessa) dal ministro Passera (vedi progetto Restart Italia). Tenendo conto del blocco delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche e della stasi delle assunzioni nelle imprese private, giocoforza migliaia di giovani tenteranno l’avventura dell’impresa. Giocheranno ovviamente come ulteriore stimolo le importanti provvidenze pubbliche (in gran parte di fonte europea) presenti o di prossima presenza sul campo (esempi: Promuovidea, Impresa donna, Impresa innovativa, Microcredito)**, ma anche (timidamente) di fonte privatistica (promozioni delle Banche, come buon ultima la recente iniziativa di Intesa-Banca di Credito Sardo). In tutto questo possono leggersi opportunità o annunciati fallimenti, entusiasmi e disperazione e così via… ma è una situazione per la nostra società (italiana e sarda) in gran parte inedita, da volgere per quanto possibile in positivo. Qui deve intervenire in aiuto il concetto gramsciano dell’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione.
Non dimentichiamo certo che tutto cammina sulle gambe degli uomini (per noi: dei sardi), tra questi sopratutto i giovani, capaci di credere nell’innovazione e di perseguirla con convinzione, facendola.
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Note
* Definizione di Imprese giovanili (InfoCamere): l’insieme delle imprese in cui la partecipazione di persone ‘under 35′ risulta complessivamente superiore al 50% mediando le composizioni di quote di partecipazione e cariche attribuite
** L’elenco è parziale: non si può evitare di osservare la frammentazione e dispersione di interventi, spesso privi di collegamento e connessioni, con anche duplicazioni e sovrapposizioni e comunque segnati dall’inesistenza di una visione sistemica. Un autentico disastro che, al di là di una serie di risultati positivi, provoca disfunzioni e perdita di risorse, di cui in ultima analisi sono vittime le giovani generazioni.
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Start up, ecco il rapporto. Passera: “Prime norme entro settembre”
Si è tenuta questa mattina la presentazione del rapporto sulla Task Force per le start up, con l’intervento del ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera.
L’evento, che si è svolto presso la sede di HFarm (Roncade, Treviso), fa seguito all’Open Day dello scorso 26 maggio, nel corso del quale il ministro aveva raccolto le proposte di startupper, investitori e diversi operatori del mondo dell’innovazione italiana.
>>> RAPPORTO <<<
Rapporto della Task Force Startup (pdf, 17 Mb)