Risultato della ricerca: convegno start up
Per un modello di imprese basato sulla centralità del lavoro
La coesistenza competitiva tra due modelli di impresa
di Nino Lisi
Sbilanciamoci!, 26 Agosto 2020 | Sezione: Lavoro, primo piano.
Landini e Pennacchi recentemente sono tornati a parlare di un modello economico che abbia il lavoro come baricentro. E ciò fa tornare attuali le riflessioni iniziate ai primi anni Ottanta in ambito Cisl ma anche nella Cgil e nella Convenzione dell’Alternativa sul capitale sociale.
Maurizio Landini, il segretario generale della maggiore confederazione sindacale di lavoratori italiana, intervistato da “La Repubblica” il 6 agosto scorso su “qual è il modello di sviluppo che proponete?”, ha risposto: “Un nuovo modello deve mettere al centro il lavoro e mettere al centro gli investimenti su sanità pubblica, istruzione – con obbligo scolastico sino a 18 anni -, deve prevedere asili nido dove non ci sono e formazione permanente. C’è da gestire la transizione ambientale e produttiva, con addio al carbone alle fonti fossili, gestire la manutenzione del territorio e trasformare cultura, turismo e storia d’Italia in elementi di crescita. Vanno fatti ripartire investimenti fisici su infrastrutture, Mezzogiorno e ferrovie ma dobbiamo anche dotarci di una rete digitale che non abbiamo. E serve un ruolo pubblico che indirizzi investimenti ed indichi le priorità a partire dalla mobilità sostenibile”.
Difficilmente si sarebbe potuto dire di più e meglio in poche battute per delineare un orizzonte che richiama chiaramente quello descritto da Laura Pennacchi nel libro collettaneo Lavorare è una parola (Donzelli 2020, pag. 214.€ 15,00). Trattando de “Lo Stato nell’economia e nel Lavoro” e delineando una funzione strategica dello Stato nell’economia, Laura Pennacchi propone “una strategia volta a porre le basi di un nuovo modello economico creando direttamente lavoro” (pag. 234). E caratterizza il nuovo modello come quello “in cui gli interrogativi sul “per chi, cosa, come produrre trovano risposta anche in una innovazione piegata a soddisfare domande sociali”. Coerentemente raccomanda di puntare “senza negare l’importanza delle esportazioni sulla domanda interna e sui consumi collettivi” il che consentirebbe per altro di allargare lo spettro delle produzioni, di aprire nuovi campi di ricerca, di sviluppare nuovi bisogni”. Un modello capace di recuperare l’ispirazione autentica dei Piani di Lavoro del New Deal di Roosevelt e farne “non una misura che si aggiunga alle altre” ma “il baricentro dell’intera politica economica”, il pilastro di una “politica della speranza” opposta ad una “politica della paura”.
Il quadro di questo nuovo modello si completa con l’indicazione – data dallo stesso Landini in un’intervista televisiva solo di qualche giorno fa – del sindacato come presidio e garanzia di libertà nel posto di lavoro e fuori di esso non soltanto per il lavoro dipendente ma per tutto il lavoro.
Quella che viene proposta dalla Cgil dunque, come da chiunque – e sono molti in questi giorni – sostiene la necessità di un modello nuovo dell’economia, è una trasformazione economica e sociale assai profonda del Paese e dello stesso sindacato. Alcuni decenni fa per esprimere la qualità e le dimensioni della trasformazione auspicata si sarebbe parlato di riforme di struttura per non usare un termine più esplicito da cui si rifuggiva perché delle parole si può aver paura.
Comunque lo si chiami bisogna avere e dare contezza della imponente sfida che si ha dinanzi proponendo di cambiare modello di società e di economia.
Il primo interrogativo da porsi riguarda il modello di impresa che occorra per realizzare una politica economica che abbia nel lavoro il suo baricentro. Non voglio addentrarmi nella diatriba sulla possibilità o meno che il capitalismo si riformi e di quanti siano i capitalismi esistenti. Vorrei solo provare a trovare una risposta alla domanda posta. Ritengo che l’impresa votata al profitto ed alla sua massimizzazione non rappresenti il modello adatto e provo a spiegarlo. Il profitto si forma e si calcola per sottrazione dei costi di produzione dai ricavi. Minori sono i costi più alto è il profitto e viceversa. Taluni costi sono pressoché incomprimibili, come quelli delle materie prime, dei semilavorati, delle fonti energetiche, etc. Anche i contributi, le imposte e le tasse lo sarebbero se non si facesse troppo spesso ricorso alla elusione e alla evasione. Il lavoro invece è comprimibile sia perché è sostituibile con le tecnologie, sia perché si può riuscire in vari modi a pagarlo meno. Mi sembra quindi evidente che sia inverosimile che un’impresa votata al profitto possa porre il lavoro al centro della propria organizzazione ed attività
Altrettanto inverosimile sarebbe immaginare un’economia senza imprese volte al profitto, tanto più in democrazia. Se quindi si vuole puntare ad un modello economico che “deve mettere al centro il lavoro” non c’è che ricorrere ad un’economia a doppio binario, ovvero con un duplice sistema di imprese: uno di quelle che assumono la centralità del lavoro e l’altro di quelle che assumano come centrale il profitto. Ambedue connessi in una sorta di coesistenza competitiva.
Una stravaganza ferragostana in tempi di coronavirus? Ma no. Imprese non votate al profitto ci sono sempre state. E ci sono. Soltanto che sono tra loro sconnesse e non hanno rilievo.
Quando nel 1983 cominciava ad essere chiaro che il sistema delle imprese non avrebbe più assicurato alti livelli di occupazione e Pierre Carniti lanciò l’idea del prelievo dello 0,5% dei salari, proprio su di un modello di imprese che assumessero come centralità il lavoro e venne imperniato un progetto messo a punto, nella sede nazionale della Cgil in corso d’Italia a Roma, sotto l’egida del Coopsind, da un gruppo di lavoro coordinato da Silvano Levrero. I lavori iniziarono ai primi di gennaio e si conclusero a maggio di quell’anno. Fu prevista la nascita di un “Fondo di Investimenti dei Lavoratori” sull’esempio dei primi Fondi Comuni di Investimento che si andavano formando in quel periodo. Avrebbe dovuto raccogliere il prelievo su base volontaria dello 0,5% dei salari per finanziare la creazione di nuove imprese autogestite, con le quali apprestare su tutto il territorio nazionale una risposta concreta alla richiesta di occupazione e promuovere un’economia fortemente legata ai singoli territori. Il progetto prevedeva anche apposite strutture tecniche in grado di assicurare la progettazione di imprese e la loro assistenza alle start up. A questo riguardo fu anche riservatamente esplorata la disponibilità dell’Eni a supportare il progetto con lo staff dell’Indeni, una finanziaria di sviluppo che si cimentava con il ricollocamento al lavoro, mediante la creazione di nuove imprese, delle maestranze espulse da aziende private in dissesto.
Il progetto venne trasmesso dal presidente del Coopsind, Mario Zigarella, alla segretria confederale della Cgil nel maggio del 1983 e a settembre di quell’anno fu presentato al Convegno che la Cisl tenne al Castello Giusso di Vico Equense in provincia di Napoli sul tema “Fondo di Solidarietà. Una scelta per il Lavoro e lo Sviluppo”. In quella sede si poté constatare che fra il progetto della Cgil e quello della Cisl c’erano molte coincidenze e la medesima ispirazione.
Nessuno dei due Fondi però ebbe vita, perché sulla prospettiva di allentare la presa del Capitale sul Lavoro prevalsero la ritrosia ad effettuare un prelievo sui salari, ancorché su base volontaria e in misura pressoché irrilevante, e la preoccupazione che il sindacato, esorbitando dalle consuete proprie funzioni di tutela, potesse snaturarsi.
Una nuova occasione per riproporre lo sviluppo di imprese che assumessero la centralità del lavoro si presentò esattamente vent’anni dopo, con la crisi dell’area industriale di Marghera.
Negli ambienti della nuova sinistra si pensò di organizzare un convegno da tenersi a Venezia per dibattere su come affrontare il problema del lavoro nelle aree di crisi. Era la sera dell’8 novembre del 1993 quando, in una stanza della redazione de il manifesto, che all’epoca era in via Tomacelli, venne discusso e approvato da un apposito gruppo di lavoro quella che avrebbe potuto essere la relazione di base del convegno. Si era ripromessa di promuoverlo la “Convenzione per l’Alternativa”. Preso atto del passaggio d’epoca in atto e della problematicità con cui si presentava l’occupazione della “forza-lavoro”, il documento sosteneva che non si sarebbe dovuto più lasciare al capitale “l’iniziativa e l’onere di assorbire la forza-lavoro nei suoi cicli produttivi e distributivi in base alla propria logica, ai propri meccanismi di accumulazione, al proprio modo di produzione, ai propri modelli di consumo”, ma che era giunto il momento in cui “le soluzioni che il capitale non è capace di mettere in campo devono essere perseguite per altre vie, dandosi carico di coprire in proprio, ma con una diversa logica, con diversi modelli, con la propria struttura di valori, gli spazi che l’avversario non è in grado di coprire e di gestire o non ha interesse a farlo. Non si tratta – proseguiva il testo – di sostituirsi all’avversario. Si tratta di passare da una coesistenza subalterna (tra lavoro e capitale) ad una coesistenza competitiva” tra due sistemi di imprese.
Il convegno non si tenne per una sopravvenuta crisi di governo che spostò l’attenzione e le tensioni su altri temi. Ma molte cose erano frattanto avvenute. L’onda del neoliberismo aveva investito anche diversi settori della sinistra. Non pochi di essi nutrirono l’illusione di poter cavalcare la “globalizzazione buona” e promuovere la “globalizzazione dei diritti”. Con il duplice risultato del dissolvimento della sinistra, allontanatasi dall’ottica dei lavoratori, e dell’impoverimento dei diritti del lavoro.
A dimostrazione che l’esigenza di un diverso approccio al tema del lavoro permane, al di là dei cambiamenti di epoca e di fase, l’argomento fu riproposto dodici anni dopo da A.R.C.O., Associazione per la Ricerca e la Comunicazione, guidata dal professor Giovanni Battista Montironi, docente di Sociologia del lavoro all’Università degli Studi di Perugia. Montironi, scomparso purtroppo di recente, aveva curato la ristrutturazione organizzativa dell’Alfa Romeo di Arese mostrando che le nuove tecnologie, se favorivano il Capitale riducendo i suoi fabbisogni di lavoro, fornivano però, al Lavoro, l’occasione di modificare a proprio vantaggio i rapporti di forza in fabbrica. Tanto è vero che la Fiat, appena entrata in possesso dello stabilimento di Arese, eliminò la riorganizzazione di Montironi, pur avendone in precedenze adottato nelle proprie scuole per la formazione dei dirigenti, il testo in cui se ne dava conto.
A.R.C.O. presentò le proprie “Idee per un Programma Politico” il 28 ottobre del 2005, ospite nel salone in via Ostiense 152/b della Comunità di Base di San Paolo, sorta da tempo per la spinta profetica di Giovanni Franzoni, già padre conciliare e abate della Basilica di S.Paolo. Pure le “idee” di A.R.C.O. non ebbero però seguito.
Ultimo in ordine di tempo a rilanciare il tema di un modello di impresa che ponesse il lavoro al centro della sua organizzazione è stato il compianto professore Bruno Amoroso, economista dell’Università di Roskild (Danimarca) con il suo Centro studi Federico Caffè di Roma.
Illustrò il progetto sul numero 2 del 2011 della Rivista Giuridica della Cgil sotto il titolo “Lavoro e Redditi – Dagli Ammortizzatori Sociali a Nuove Forme di Organizzazione Economico Sociale”, nel quale sosteneva che la disoccupazione aveva ormai carattere strutturale e che quindi risultava inadeguato il sistema esistente di ammortizzatori sociali, concepito per far fronte agli effetti transitori della congiuntura economica. Per affrontare la disoccupazione di carattere strutturale doveva quindi porsi mano alla creazione di posti di lavoro e a tal fine si sarebbe dovuto ricorrere a “nuove forme di organizzazione economico sociale”, in altri termini si sarebbe dovuto ricorrere ad un modello di imprese che assumessero la centralità del lavoro e portare a sistema il gran numero di imprese esistenti che non facevano del profitto la propria funzione obiettivo. E sono davvero molte le imprese con questo requisito: sono le imprese sociali, quante costituiscono quello che secondo alcuni sociologi ed economisti costituirebbero il cosiddetto capitalismo molecolare che, secondo altri loro colleghi, di capitalistico avrebbero poco o niente. Sono ancora le organizzazioni produttive promosse dalla imprenditoria che Angelo Detragiache definì popolare, sorta per lo più da “spin-off “di imprese ristrutturatesi esternalizzando fasi del proprio processo produttivo o taluni servizi. Sono un’infinità. Non riescono a fare sistema in mancanza di una politica che le sostenga e, così frammentate, restano spesso subordinate, come anche lo sono molte volte alcune forme di lavoro autonomo, alle imprese di tipo capitalistico, quasi alla pari del lavoro dipendente, senza averne però le garanzie, da esso conquistate con le lotte.
Il progetto prevedeva tra l’altro anche la costituzione di un “Fondo Solidale per l’Occupazione”. Si trattava, insomma, dello stesso impianto, ovviamente aggiornato, del progetto del Coopsind del 1983, che non a caso venne citato nel seminario svoltosi nel salone Di Vittorio della sede nazionale della Cgil per illustrare il progetto. Pure quella volta non vi furono sviluppi.
Ora però l’esigenza di un nuovo modello economico, di cui tanti parlano in questi giorni, anche se chiamandolo secondo me impropriamente di sviluppo, e sulla quale autorevolmente insiste molto Maurizio Landini, rende improcrastinabile che ci si renda conto e ci si responsabilizzi del fatto che un nuovo modello economico richiede imprescindibilmente di sottrarre il Lavoro dalla subordinazione al Capitale, sviluppando e portando a sistema il modello di impresa nel quale il Lavoro come funzione obiettivo si affianchi in una proficua coesistenza competitiva nell’impresa avente il profitto come funzione obiettivo.
Che a promuovere lo sviluppo di “formazioni economico sociali” di questo tipo sia il sindacato o siano altri soggetti sotto la spinta di forze politiche che ritrovino nel Lavoro il loro principale riferimento, o ambedue, non importa. Un dato, però, appare certo: senza che il Lavoro entri nello scenario economico come soggetto non subalterno ad alcuno, non vi sarà alcuna riconversione né ambientale né sociale di alcuna economia.
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Lavorare meno un antidoto alla crisi? Le proposte di Germania e Finlandia
di Michele Pignatelli
Sbilanciamoci!, 27 Agosto 2020 | Sezione: Lavoro, Nella rete
Lavorare meno per lavorare tutti, con più produttività. Le proposte di IG Metall e della premier finlandese riportano di attualità il dibattito. Da Il Sole 24 Ore.
[segue]
Parte il progetto Jump. Un ciclo di incontri sulla mediazione penale minorile e la giustizia riparativa
Un ciclo di incontri per promuovere la conoscenza della mediazione penale minorile, di altri percorsi di giustizia riparativa e del relativo documento proposto dall’AGIA (Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza): parte Jump, il progetto organizzato dall’associazione di promozione sociale Efys Onlus, in collaborazione con F4CR Network e la Cooperativa Sociale Il Giardino di Clara. Il progetto, finanziato dall’AGIA, intende promuovere la cultura della mediazione, del dialogo e dell’inclusione e favorire il ricorso alla mediazione penale minorile quale percorso che promuove i valori della persona, l’educazione alla legalità e i diritti. [segue]
Oggi lunedì 29 ottobre 2018
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Come cambia il lavoro, un Convegno ed un libro
29 Ottobre 2018
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti. Atti Convegno, Cagliari 4-5 ottobre 2017. A cura di Fernando Codonesu, Aracne Edizioni.
Dalla Costituzione si parte, dal valore della persona, ’secondo la solenne enunciazione dell’art.1, che pone il lavoro a base della Repubblica’, nell’introduzione di Andrea Pubusa alla raccolta sugli Atti del Convegno Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti. […]
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I cattolici e l’impegno in politica
Elezioni. Il mondo cattolico alla politica: puntare su giovani, sussidiarietà, famiglia [di Truffelli, Prosperi, Rossini, Costalli, Martinez, Poli, Goller, Battilana, Spanò, Serra]
Su Avvenire, By sardegnasoprattutto / 7 gennaio 2018/ Società & Politica
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Avvenire.it 7 gennaio 2018 . Movimenti e associazioni chiedono ai partiti meno slogan e più progetti concreti per dare prospettiva ai ragazzi. Fondamentali la formazione e una visione valoriale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha battuto un colpo. A due mesi dal voto, nel messaggio di fine anno ha chiesto ai partiti «programmi realistici». Due parole, nulla di più. Ma il dibattito si è inevitabilmente acceso. Perché i cittadini sono stanchi di promesse elettorali. E perché chiedono, con sempre maggior forza, proposte concrete.
“Avvenire” ha deciso di interpellare prima i leader dei partiti che il 4 marzo chiederanno il voto agli italiani. Poi è intervenuto il Forum delle associazioni familiari che ha proposto a tutti la firma di un Patto per la natalità. Quindi è stata la volta delle parti sociali. Ai leader di sindacati e imprese abbiamo rivolto tre domande sulle loro priorità riguardo a occupazione, giovani e natalità. Le stesse che oggi, infine, abbiamo rivolto ad alcuni movimenti e associazioni cattoliche perché indichino al mondo politico, oltre a ricette pratiche, anche le linee valoriali, gli orizzonti e le attese del mondo cattolico alla vigilia della consultazione elettorale.
Le tre domande:
1) Nel messaggio di fine anno il presidente Sergio Mattarella ha indicato come priorità per il Paese le questioni dei giovani e del lavoro. Facendo appello alle forze politiche affinchè, nei programmi elettorali, avanzino su questi temi proposte realistiche e realizzabili. Raccogliendo tali indicazioni, quali sono, secondo lei, le ricette realizzabili che le forze politiche dovrebbero inserire nei programmi per favorire l’occupazione e lo sviluppo?
2) E come valorizzare la condizione dei giovani, anche per evitare il distacco delle nuove generazioni dalla partecipazione alla vita politica e sociale?
3) Un’altra emergenza, in parte collegata ai temi del giovani e del lavoro, è sicuramente quella della denatalità che colpisce il nostro Paese. Quali misure andrebbero proposte per favorire la formazione di nuove famiglie e le nascite? (Segue)
Materiali del Convegno per il Lavoro.
Intervento di Giacomo Meloni al Convegno “Lavorare meno. Lavorare meglio. Lavorare tutti”
Cagliari 4-5 ottobre 2017
Non vi parlerò come sindacalista, ma, viste le polemiche di questi giorni, voglio precisare che sono contro ogni intervento dei Governi sui sindacati, che devono necessariamente riformarsi ed adeguarsi alla società contemporanea.
La vera riforma del sindacato è quella di regolare per legge la rappresentanza, affidandola a libere elezioni tra i lavoratori col sistema proporzionale.
(segue)
Verso il Convegno sul Lavoro promosso dal Comitato d’Iniziativa Sociale Costituzionale Statutaria, 4 e 5 ottobre 2017
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
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Tra i relatori Silvano Tagliagambe (filosofo), Gianfranco Sabattini (economista), Domenico De Masi (sociologo), Maria Tiziana Putzolu Mura (esperta formazione professionale), Romano Benini (giornalista economico), Ettore Cannavera (psicologo e responsabile della Comunità La Collina), Gisella Trincas (presidentessa Asarp)
Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti.
Il lavoro come fondamento della Repubblica
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Perché il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria riprende la sua attività con un convegno sul lavoro? Perchè il criterio generale per qualificare il valore sociale della persona e dare unità al nostro ordinamento è il lavoro, secondo la solenne enunciazione dell’art. 1 della Costituzione, che pone il lavoro a base della Repubblica.
Se la dichiarazuione dell’89 rivoluzionario fra i diritti “naturali e imprescrittibili” poneva la libertà, la sicurezza, la resistenza all’oppressione, nonché la proprietà, mentre il lavoro veniva considerato sotto l’aspetto negativo del divieto di ostacoli alla sua libera esplicazione, nella nostra Carta l’art 1 accoglie ed enuncia una concezione generale di vita secondo la quale deve vedersi nel lavioro la più efficace affermazione della personalità dell’uomo, perché nel lavoro ciascuno riesce ad esprimere la propria capacità creativa. Il lavoro, dunque, non fine a sé né mero strumento di guadagno, ma mezzo necessario per l’affermazione della persona e per l’adempimento dei suoi fini spirituali.
Oggi a questa concezione se ne accompagna un’altra che non nel lavoro vede la realizzazione della personalità, ma nel possesso di un reddito garantito.
Diritto al lavoro o diritto al reddito? Due visioni non collimanti anche se, forse, non antitetiche. Ma anche su questo dilemma, centrale nel dibattito pubblico attuale, il convegno vuole indagare. (Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria)
- Segue IL PROGRAMMA –
Oggi giovedì 25 maggio 2017
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La globalizzazione e la perdita dei diritti
Paolo Maddalena su Democraziaoggi.
Si è svolto a Napoli un convegno dal titolo “Uscire dalla crisi attuando la Costituzione”, indetto da Paolo Maddalena, già vicepresidente della Corte costituzionale, che come componente del Comitato nazionale per il NO, sta svolgendo ora un’azione per l’attuazione della Costituzione nella parte economica. Ecco la parte iniziale della sua relazione, dedicata all’esame dell’orizzonte culturale […]
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Da Sinistra Italiana un fondo per i progetti sociali: 100mila euro per la solidarietà
Pubblicato il bando sul sito del partito. Possono concorrere associazioni, attivisti e start up no profit. I finanziamenti messi a disposizione dai parlamentari che hanno versato il 70% delle loro indennità: “Non imitiamo i grillini, ci autotassiamo da sempre. Ci ispiriamo a Syriza e Podemos”
di Monica Rubino su LaRepubblicaonline.
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SOCIETÀ E POLITICA »CAPITALISMO OGGI » PER FARE
Disapprendimento e pensiero creativo
di Marco Deriu su eddyburg.
«Le diverse crisi in corso costringono ad abbandonare certezze, immaginari, linguaggi e schemi cognitivi, a ripensare l’insieme delle relazioni sociali». comune-info, 22maggio2017 (c.m.c.)
Oggi sabato 6 maggio 2017
Legittima difesa o grossolana cavolata?
6 Maggio 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
La legittima difesa, conosciuta praticamente da tutti gli ordinamenti in tutte le epoche, risponde ad esigenze di diritto naturale. E’ un principio logico prima che giuridico pensare che chi sta per ricevere un’offesa possa nell’immediatezza reagire con un’azione di difesa idonea a neutralizzare il pericolo. Nello Stato di diritto […]
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SOCIETÀ E POLITICA » LIBRI SEGNALATI
Canfora: “Dobbiamo credere nell’utopia dell’uguaglianza”
di Giacomo Russo Spena
Giacomo Russo Spena intervista Luciano Canfora. «L’utopia dell’egoismo nella storia inizia quando l’uomo scoprì l’oro e la proprietà privata. Gli anticorpi consistono nella spinta all’uguaglianza che mette in discussione la supremazia dell’egoismo proiettato verso il profitto». MicroMega online, 4 maggio 2017 (c.m.c.)
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Martin Ford: «L’innovazione? Toglierà lavoro ai medici, non agli operai»
La profezia del celebre imprenditore e futurologo della Silicon Valley: «Le grandi aziende californiane stanno investendo nell’intelligenza artificiale e nell’apprendimento delle macchine e i progressi sono velocissimi. Il reddito di cittadinanza? Nel breve è l’unica soluzione»
di Francesco Cancellato su Linkiesta.
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FUTURO DEL LAVORO
I robot non ci sostituiranno (perché i nostri stipendi saranno sempre più bassi)
Albert Wenger, vc americano: più delle macchine che sostituiscono gli umani, dovremmo preoccuparci delle macchine che lasciano agli umani solo lavoro a basso costo. Le soluzioni che arrivano dal mondo della tecnologia
di Lidia Baratta su LinKiesta.
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“Ho portato Obama a Milano ma mi vergogno per lo stato delle nostre startup”
Parla Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato a cibo e tecnologia: «Non abbiamo fatto nulla per aiutare l’ecosistema delle startup. La responsabilità è di imprese e finanza». Obama? «Ci aiuterà a capire tutte le potenzialità che abbiamo e ignoriamo»
di Fabrizio Patti su Linkiesta.
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IL LAVORO. Oggi Convegno della Caritas a Cagliari.
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Non ci sarà ripresa economica senza un effettivo rilancio del valore umano del lavoro
L’annuale messaggio della commissione Cei per il 1° maggio
- Mario Girau su Il Portico.
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Nell’isola non c’è lavoro e i sardi rifanno le valigie
Sempre più giovani se ne vanno all’estero. In aumento anche gli over 65
di Alessandro Pirina su La Nuova Sardegna online.
Che fare per il LAVORO?
Come abbiamo scritto alcuni giorni or sono, ritenendo che il tema del lavoro sia fondamentale per ogni ipotesi di sviluppo in generale e – per quanto ci riguarda e considerato il nostro specifico ambito di intervento – con particolare riferimento alla Sardegna, ne abbiamo fatto un argomento di interesse prioritario e in tale direzione supportiamo il Gruppo di Lavoro per il Lavoro (Lavoro al Quadrato) costituitosi di recente nell’ambito del Comitato d’Iniziativa Sociale Costituzionale e Statutaria. Tale impegno si concretizza nella pubblicazione dei documenti prodotti dallo stesso Gruppo e di altra documentazione pertinente, prevalentemente reperita in rete e, ancora, nel dare tribuna sull’argomento a esperti e cittadini interessati e, ancora, pubblicizzando iniziative convegnistiche, seminariali e comunque di dibattito. Ecco allora di seguito il documento di impostazione varato in data 4 maggio dal medesimo Gruppo di lavoro. Come esplicitato dagli estensori, si tratta di un documento aperto, suscettibile di integrazioni che lo arricchiscano anche in vista di importanti scadenze programmate, per certa parte contenute nello stesso documento. Il documento e il dibattito sulla tematica del lavoro e sulle relative iniziative troveranno ospitalità, oltre che sulla nostra News, su Democraziaoggi, su il manifesto sardo e su diverse pagine fb.
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IL LAVORO INNANZITUTTO
DOCUMENTO APERTO DEL GRUPPO DI LAVORO “LAVORO PER IL LAVORO” DEL COMITATO D’INIZIATIVA COSTITUZIONALE E STATUTARIA DI CAGLIARI
PRINCIPI
La nostra Carta costituzionale all’art. 1 recita “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Il lavoro era visto dai costituenti come elemento fondante dell’intera comunità perché con il lavoro ciascun uomo si realizza, sviluppa e tutela la propria dignità e contribuisce al benessere di tutta la comunità. Diversi sono gli articoli dedicati dalla Carta al tema del lavoro, in particolare l’art. 36 che prevede il diritto ad una retribuzione commisurata alla quantità e qualità del lavoro svolti, purché sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa. E’ alquanto evidente che le politiche poste in essere in questi anni con l’introduzione del Jobs Act non vanno in questa direzione rendendo il lavoro sempre più precario senza risolvere, tra l’altro, il problema della disoccupazione. Il tema del lavoro non può però essere declinato senza affrontare le problematiche relative allo sviluppo creato dalle imprese, al riguardo la Carta Costituzionale è chiara, l’art.41 difatti recita “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. In un contesto come quello attuale, incentrato sulle teorie liberiste, è importante rilevare il ruolo necessario dello Stato capace di regolare il mercato in un ottica di benessere collettivo. In particolare bisogna ottimizzare la gestione delle risorse, sopratutto quelle naturali, avendo come punto di riferimento la tutela delle generazioni future.
SARDEGNA
Le politiche di austerità imposte dalla BCE e dalla Commissione Europea hanno sempre di più impoverito le persone denotando oltre a questo un problema di non poco conto: oggi le decisioni fondamentali per la vita delle persone vengono prese lontane dai territori interessati, così l’U.E. decide per gli Stati membri e lo Stato Centrale decide per le Regioni. Abbiamo, dunque bisogno di una amministrazione Regionale forte capace di rapportarsi con decisione con gli organismi centrali. La situazione in Sardegna è quanto mai drammatica con un elevato tasso di disoccupazione e con una probabilità di trovare lavoro per i più giovani quanto mai difficile. Purtroppo sono sempre di più i giovani che di fronte alle difficoltà crescenti abbandonano l’isola. Un sistema industriale completamente estraneo al contesto sardo basato sulle importazioni più che sulle esportazioni con industrie come la chimica, la petrolchimica, la produzione dell’alluminio che hanno portato disoccupazione e miseria lasciando tra l’altro l’ambiente circostante fortemente compromesso a causa dell’inquinamento. Oggi è una priorità procedere alle bonifiche, richiamandosi alla politica ambientale dell’Unione Europea con il principio del “chi inquina paga”. Gli operatori economici sono tenuti ad adottare misure preventive in caso di minaccia per l’ambiente. Qualora il danno si sia già verificato, essi sono obbligati ad adottare le misure adeguate per porvi rimedio e a sostenerne i costi. E’ necessario, dunque, ripensare un nuovo modello di sviluppo che debba essere sostenibile, ponendo al centro il rapporto ambientale che deve salvaguardare la salute e la qualità della vita. Come priorità è necessario puntare sull’agroalimentare, sul turismo, nell’economia del mare, investire nell’agricoltura e sulle energie rinnovabili, tutelando la piccola e media impresa.
IMPRESA
Il lavoro viene creato dalle imprese e a tal fine è opportuno avere un corretto approccio nell’intraprendere un’attività imprenditoriale che sia duratura e capace di creare sviluppo e occupazione. La fase iniziale (start up) è sicuramente la più difficile ed è opportuno affrontarla con un’adeguata dotazione di capitale proprio, consci che un forte indebitamento con bassa redditività, tipica di questa fase, amplifica le perdite. Ciò significa che si può fare ricorso ai finanziamenti esterni avendo una buona struttura del capitale, ovverosia un giusto equilibrio tra capitale proprio e capitale di terzi. E’ auspicabile un intervento pubblico sotto forma di incubatori di impresa, capace di predisporre un ambiente favorevole alla nascita dell’impresa fornendo servizi amministrativi volti a fronteggiare la burocrazia iniziale. L’amministrazione pubblica deve a tal fine velocizzare i tempi di erogazione dei contributi per evitare situazioni di illiquidità pericolosi per la vita aziendale.
AGROALIMENTARE
Considerato l’altissimo volume di importazioni che caratterizzano il settore agroalimentare della nostra regione che interessano i formaggi, la carne, le farine, la verdure, il pesce ecc. al punto che le importazioni vengono quantificate all’incirca nell’80% dei consumi, è doveroso programmare un aumento della nostra capacità produttiva che consenta, con una tempistica a tre – cinque anni, di far crescere la bilancia commerciale regionale a nostro vantaggio almeno del 20%, riportando almeno intorno al 40% la nostra capacità di autoproduzione dei prodotti destinati ai nostri consumi alimentari. Ma la produzione può crescere soprattutto con l’innovazione, migliorando la qualità dei prodotti e riuscendo a rendere permanenti e convenienti le filiere corte sul mercato locale. Capacità di produzione e innovazione significano anche recupero delle numerose, troppe, grandi superfici del territorio regionale oramai abbandonate, considerate marginali rispetto alla produzione agricola. L’aumento della produzione e della qualità del prodotto potranno utilmente consentire di esportare una parte della produzione nel mercato nazionale ed internazionale contribuendo quindi a dare nuovo slancio e capacità di attrazione alla terra e alla produzione di cibo di qualità.
TURISMO
E’ opportuno puntare su un modello alternativo, sulla destagionalizzazione, la combinazione di tempo libero, sport, vita all’aria aperta, beni culturali e paesaggio. Ovviamente questo implica adottare strategie innovative per intercettare una domanda dai connotati molto diversi rispetto al turismo tradizionale. L’ambiente favorisce questa opportunità, ma è necessario porre particolare attenzione sulla qualità compromessa da poca attenzione dei cittadini alla propria terra, alle infrastrutture e al livello dei servizi. L’opportunità turistica si combina quindi con altri fattori, ognuno dei quali va sviluppato in modo coordinato. Ci si riferisce ai beni culturali, al paesaggio, all’artigianato, al design e all’industria manifatturiera, quella che vorremmo, s’intende.
La cultura dell’isola affonda in radici lontane nel tempo che si è manifestata con artefatti estremamente originali e ricchi di significato, dalla civiltà nuragica a quella dei bronzetti. Segni tangibili e ricchi di mistero, basta pensare ai Giganti di Mont’e Prama che sono elementi di straordinaria attrattività, ma dovrebbero essere valorizzati in un’ottica di comunicazione, di messa a sistema nell’offerta culturale e di forme nuove di turismo culturale.
COMMERCIO
In Sardegna la situazione è preoccupante per l’eccessiva presenza della grande distribuzione. Uno studio del 2006 che analizzava l’anno 2004, sosteneva che la relazione “tra la superficie di vendita tra ipermercati e supermercati e la popolazione registra nell’isola la media più alta in Italia: in Sardegna 130,9 mq ogni mille abitanti, contro i 130,4 mq dell’Italia centrale e gli 87,4 mq del Nord Italia”. La situazione non è migliorata, anzi è peggiorata, con la continua richiesta di apertura di nuovi Centri Commerciali Artificiali. E’ opportuno ricordare che l’ordinamento comunitario impone l’affermarsi del regime concorrenziale in quanto esso consente una più efficiente ripartizione della ricchezza fra produttori e consumatori. In Sardegna, invece, si è venuto a creare un vero e proprio regime di oligopolio dove la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi operatori economici che hanno la possibilità di determinare unilateralmente il prezzo dei prodotti portando al collasso gli esercizi di minori dimensioni. Cosa si può fare dunque? E’ necessario incoraggiare la nascita di attività imprenditoriali che creino ricchezza nel nostro territorio, con poli commerciali che favoriscano la permanenza dei guadagni all’interno del territorio. Favorire la nascita dei Distretti del Commercio creando un modello di governance capace di racchiudere associazioni di categoria, Camera di Commercio e Amministrazioni locali che siano in grado di mettere in campo pianificazione strategica per dare risposte adeguate.
ECONOMIA DEL MARE
Il 93,2% dell’import-export (pari a 12 miliardi circa nel 2014) della Sardegna viaggia via mare, e al riguardo bisogna dire che l’importanza del Mediterraneo in questi anni è aumentata. I rapporti con i paesi del Nord Africa e Turchia hanno avuto un incremento del 75% . Il Mediterraneo attualmente è oggetto del 25% del traffico marittimo mondiale e questo dato dà il peso dell’opportunità di cui si parla. Si osserva che siamo di fronte ad un comparto con un mercato diretto e indotto significativo e che potrebbe aprire opportunità per la Sardegna. I numeri in gioco sono rilevanti: 200.000 mercantili con oltre 100.000 T di stazza, ma anche 2.000 traghetti,1.500 navi, 2.000 mezzi commerciali . L’opportunità si manifesta sia nel mercato diretto, ad esempio in attività di bunkeraggio, ma anche nell’indotto per la cantieristica , rimessaggio etc. che potrebbero aprire specifici spiragli di sviluppo per l’isola Investire nel settore marittimo e nei porti vuol dire generare un effetto moltiplicativo di ricchezza: secondo stime Confindustria, infatti, il moltiplicatore degli investimenti del trasporto marittimo dice che un euro investito nel trasporto marittimo ne genera complessivamente 253 nell’intera economia.
LA NUOVA ECONOMIA della SOLIDARIETA’ e l’applicazione del principio della SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE, con specifica attenzione alla gestione dei “beni comuni”
Particolare attenzione intendiamo rivolgere alla cd “nuova economia” che si basa sulla creazione di lavoro legato alla solidarietà e alla risposta ai bisogni dei cittadini, attraverso nuove forme di intervento, in realtà riscontrabili nella storia, per esempio alla nascita dei movimenti operai nei periodi dell’industrializzazione e proseguiti in forme diverse (welfare volontario, cooperazione, società di mutuo soccorso, etc) fino all’intervento massiccio dello Stato con il welfare pubblico. S’intende anche indagare sul rapporto tra l’applicazione del principio di sussidiarietà, con specifico riferimento a quella “orizzontale”, recepito dalla Costituzione attraverso l’art.118 e la gestione dei “beni comuni”, per quanto tale connubio possa consentire la creazione di opportunità di lavoro.
REDDITO DI CITTADINANZA
Si intende riflettere sulle diverse esperienze in atto in tema di “reddito di cittadinanza” nelle diverse accezioni e forme e sulle diverse proposte in campo per quanto possano essere attuate (anche precedute da adeguate serie sperimentazioni) nel nostro paese e, in particolare, della nostra Regione.
FINALITA’
Questo documento è stato redatto al fine di sensibilizzare la classe politica Sarda ad una maggiore attenzione sulla necessità di un adeguato cambio di passo possibile solo con la creazione di un nuovo modello di sviluppo. A tal fine si perseguiranno momenti di incontro con realtà aziendali che hanno dato dimostrazione di essere competitive e che possano essere da esempio per chi vuole intraprendere nuove iniziative. Siamo convinti che cambiare si può e non ci vogliamo arrendere al lento declino oggi imperante nella nostra terra. Crediamo che ci siano le condizioni per creare un futuro di prosperità capace di arginare il continuo emigrare dei nostri giovani. E’ un dovere che sentiamo nei confronti delle nuove generazioni convinti che per le battaglie giuste vale sempre la pena impegnarsi.
ALCUNE SCADENZE
Il Gruppo di Lavoro intende “costruire” entro il mese di settembre 2017 un importante Convegno che “riepiloghi” e “rilanci” il lavoro di indagine e riflessione dei mesi precedenti.
A tale rilevante scadenza si intende pervenire mediante un percorso a più tappe individuate nelle riunioni del Gruppo, tutte aperte e pubbliche e da singole iniziative di carattere specialistico rispetto alla tematica generale.
Il Gruppo di lavoro esprime un giudizio positivo e una conseguente grande aspettativa per l’iniziativa della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017, sulla tematica espressa dal motto suggerito da Papa Francesco IL LAVORO CHE VOGLIAMO: LIBERO, CREATIVO, PARTECIPATIVO E SOLIDALE .
L’iniziativa sarà seguita dal Gruppo nella sua fase preparatoria e attuativa.
DOCUMENTAZIONE
Sul rapporto tra sviluppo della tecnologia e lavoro si veda il saggio-breve di Fernando Codonesu, pubblicato di recente su Democraziaoggi e Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=66832.
Start up e impresa innovativa, progetti su cui puntare. Buono l’esempio di Trieste. E noi?
Su Repubblica di oggi (domenica 28 febbraio 2016), pag. 21 a cura di Paolo Berizzi.
Startup e ricerca nel centro storico così Trieste diventa la “Silicon” italiana
… “La nostra sfida parte dai giovani” IL COMUNE. A Trieste, nella foto, il comune metterà a disposizione spazi in centro e fondi così da creare un polo destinato agli inventori di start up…. I NUMERI. Case per i giovani: 60 appartamenti recuperati nel centro storico (la metà destinata a giovani coppie, famiglie e singoli; l’altra metà destinata a residenze temporanee per i giovani studenti e ricercatori. 10 locali ex comunali destinati a imprese under 35. 250.000 euri stanziati per il bando comunale a sostegno delle imprese under 35, con contributi a fondo perduto. TILT: la Silicon Valley per start up innovative. SPAZIO PROGETTI SOCIALI: 1.600 mq. di un ex ospedale psichiatrico ristrutturati dal Comune. 8.450.000 duri l’investimento del Comune nei progetti, di cui 4,2 milioni di fondi europei destinati a una piattaforma per imprese hi-tech.
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E a Cagliari? Il Comune smantella la “Città dell’Impresa” già destinata a Incubatore d’impresa e sostegno alle start up. Il Sindaco Zedda, decisamente impreparato, partecipa a una manifestazione dell’Università di Cagliari (19 febbraio u.s.) e, non sapendo cosa dire nel merito dei contenuti dell’evento, s’inventa una riproposizione del pre-salario universitario, senza minimamente preoccuparsi di dire cosa ha fatto finora per la giovane impresa (nulla) o, almeno, cosa potrebbe fare in futuro la nuova Amministrazione. Il presidente Pigliaru promette finanziamenti (previsti nella programmazione dei fondi europei 2014-2020) per le start up e, in generale, per l’innovazione. Ha l’onestà intellettuale di non attribuirsi il merito dei progetti innovativi creati dall’Università (Clab in primis) quando ricopriva la carica di pro-rettore alla ricerca. Per dirla tutta avrebbe dovuto ammettere di averli ostacolati, ma lasciamo perdere, perché è più importante come la pensa oggi. La Camera di Commercio non pervenuta. Eppure ha importanti competenze, a partire dalla gestione del Registro delle start up innovative, ma non solo. Nell’aprile del 2013 collaborammo, mobilitando anche l’Università, all’organizzazione di un Convegno sulla nuova legge di incentivazione delle start up innovative, nella indifferenza della dirigenza camerale. Poi il vuoto assoluto di idee e progetti… Situazione che perdura tutt’oggi. Tra le varie proposte, che qui ribadiamo, quella di destinare una parte della Fiera all’innovazione anche con l’ospitalità delle imprese innovative e dei loro progetti. La risposta? Un silenzio assordante, che noi vogliamo contribuire a squarciare!
Digital fabrication e internet of Everything
Digital fabrication e internet of Everyting: un nuovo business model
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di Alessandro Ligas, trasferimentotecnologico
Venerdì 23 Maggio si è tenuto ad Olbia presso la sala convegni dell’Aeroporto Costa Smeralda il convegno “III rivoluzione digitale dalla digital fabrication ad internet of Everything” durante il quale si è riflettuto e si sono analizzati i cambiamenti introdotti dalle innovazioni tecnologiche e in particolare ci si è soffermati sulle trasformazioni innescate dall’uso diffuso di Internet.
I lavori sono stati aperti da Costanza Cuncu, coordinatrice delle attività del progetto I’M Sardegna, che ha sottolineato che quello di Olbia è il settimo di un ciclo di eventi organizzato dal Formez PA e rientra fra le attività del Progetto I’M Sardegna, realizzato su affidamento della Regione Autonoma della Sardegna-Centro Regionale di Programmazione. “Un ciclo di eventi” ha detto Costanza “che rappresenta una sfida: portare al centro della Sardegna un dibattito sull’innovazione. Un tema affascinante che mette insieme la più alta tecnologia e la normalità, intraprendendo sempre di più il cammino dell’innovazione”.
“Gli incontri territoriali” ha aggiunto Nicola Pirina, consulente scientifico del progetto I’M Sardegna, “hanno il compito di intercettare i canali futuri dei processi dell’innovazione. Oggi abbiamo il piacere di discutere con persone che non soltanto predicono il futuro ma che lo influenzano, e questo è il giusto mix nei processi di innovazione.” – segue –
Segna in agenda
Sardegnaricerche anticipa il prossimo evento che organizzerà al parco di Is Molas il 27 settembre dal titolo eloquente: SISTEMA STARTUP 2013. Si tratta dell’evento conclusivo del bando start up innovative. Sono state selezionato 27 idee di impresa successivamente inserite in un percorso di accompagnamento e di tutoraggio al business planning. Nei prossimi giorni partirà la fase di valutazione dei BP e a settembre ci sarà l’incontro di presentazione agli investitori e VC.
Nell’ambito dell’evento è stata previsto una tavola rotonda sul crowdfunding nel corso della quale verrà illustrato il recente regolamento Consob.
Fondazione Sardinia, Aladinews, Vitobiolchiniblog,Tramas de amistade, insieme ad altre entità organizzate e a singole persone, promuovono un Convegno-confronto sulla modifica della legge elettorale (italiana) per la costituzione di una “circoscrizione Sardegna” che garantisca rappresentanti sardi nel prossimo Parlamento europeo. Si propone la data di lunedì 16 settembre, con inizio alle ore 17.30, presso l’Ostello della gioventù Scalette San Sepolcro Cagliari.
Inaugurazione del nuovo Centro Informativo Europe Direct della Regione Sardegna. L’Assessore regionale alla Programmazione inaugurerà, venerdì 19 luglio alle h. 10.00 presso la Mediateca del Mediterraneo di via Mameli a Cagliari – il Centro Informativo Europe Direct “Regione Sardegna”. Il nuovo punto informativo verrà gestito sino al 2017 dal Centro Regionale di Programmazione. Direttore del nuovo Centro Europe Direct è Franco Ventroni (nella foto).
Sinnova2013: non sono tempi per far festa!
Nei due giorni di Sinnova2013 la macchina regionale dell’innovazione si è messa in mostra con una grande kermesse di sportelli, startup in cerca di improbabili venture capital, conferenze, premi e varietà. E ha chiamato le aziende sarde innovative a fare da testimonial, nella splendida cornice delle Torri di Santa Gilla appositamente allestite a festa.
Tutto bene. Se vogliamo fare uno spot per Cagliari territorio intelligente cose di questo tipo sono benvenute. Ma la strada per lo sviluppo non può passare per spot e fabbriche di sportelli dimenticando la realtà che ci sta dietro.
Il 49 % delle risorse europee 2007-2013 restano non spese, la disoccupazione giovanile è al 50%, le banche rifiutano il credito alle aziende, gli apparati regionali preposti alla innovazione e internazionalizzazione delle imprese fanno grandi annunci, salvo affondare in una burocrazia inestricabile e senza tempo quanti cercano di accedere alle misure da loro gestite.
Questi sono fatti: serve una svolta.
Non si può pensare che siano aziende come Entando (per chi non la conosce è una delle poche vere startup nate in Sardegna, che produce un software accreditato da Google a livello mondiale), a risolvere i problemi delle migliaia di disoccupati e cassaintegrati e della grave recessione del mercato interno.
Un territorio intelligente nasce con una seria politica di internazionalizzazione delle aziende sarde, affidata a management dotati di visione in grado di portarla avanti.
Una chiara visione tiene a mente che le risorse destinate alle imprese e al loro sviluppo non devono remunerare gli apparati degli enti o restare ferme nelle banche. E’ indispensabile ridurre e semplificare la filiera istituzionale-amministrativa, coi rispettivi enti, dove in generale operano ottime persone, ma dove chi lavora per obiettivi è penalizzato mentre purtroppo prevalgono i burocrati del non fare = non fallare, i quali si applicano col massimo zelo alle procedure più stupide e inutili.
Ci aspettiamo da coloro che nel settore pubblico sono preposti al servizio alle aziende per l’innovazione e l’internazionalizzazione che facciano il loro lavoro con efficacia, concretezza e tempi certi. Meno annunci, meno spot autoreferenziali, meno complicazioni burocratiche.
Le aziende richiedono sostegno per esportare i loro prodotti innovativi, non per farli certificare dagli apparati e dagli sportelli.
Solo così potremo diventare territorio attrattivo e intelligente, e solo allora sarà giustificato fare festa, perchè a festeggiare saranno imprese e lavoratori.
La LAMPADA di ALADIN
Martedì 16 luglio convegno a Cagliari sull’agricoltura
La Consob pubblica il regolamento sul Crowdfunding (Comunicato stampa Consob del 12 luglio 2013). La Consob ha pubblicato oggi il regolamento in materia di “Raccolta di capitali di rischio da parte di imprese start-up innovative tramite portali on-line“ (equitycrowdfunding).